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Autore: Mikirise    11/08/2016    5 recensioni
Nico può riportare in vita i morti e possiede un fast food. Calypso usa la sua abilità per risolvere crimini. Will era morto e ora non più. Leo era uscito per avere un po' di divertimento e adesso si sente un tantino attaccato.
[Pushing Daisies!AU]
[Caleo&Solangelo]
Genere: Mistero, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Slash | Personaggi: Harley, Leo/Calipso, Nico/Will
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Avvertimenti: Pushing Daisies!AU; character death; slow building; slow development; roba lunga;  no, davvero. Moooooolto lunga. 
 
Coppia: Caleo & Solangelo (Octachel accennata)
 
Raiting: Giallo-Arancione 
 
NdA: Avevo promesso a mia sorella una  Solangelo. Rido. Rido proprio. Anche perché doveva essere una cosa corta. Rido anche peggio. È uscita una roba abnorme più Caleo che Solangelo e con una relazione da costruire, direi da capo. È un mistero. Perché, per me è così facile far muovere quei bei bambini di Leo e Calypso, ma Nico in una relazione…ugh. Quindi non lo so. Non so come sia venuto fuori Will, poi. Non ne sono sicura, ho l'ansia dell'OOC e la mia piccoletta è tipo no, tranquilla, se faceva schifo te lo dicevo. Non è vero. Lei è la mia supporter numero uno, che mette stelline sui miei lavori perché sa che altrimenti mi deprimo e piango accoccolata nel mio letto. Dio mio. Avrei dovuto concentrarmi sui Solangelo per lei. 
 
Detto questo, nuova storia, tre capitoli, abnorme. Yeah. Mi dispiace. 






 




Un amore difficile




 
Who said it's easy, to be loved,
When you look over your shoulder and only see the wasteland?
Just got to carry what you can,
Have the heart of a giant, but know you're a man.
~Little giant, Roo Panes









Calypso è esasperata. Poggia i gomiti sul tavolo e ignora le occhiate di Leo, che mangia torta dietro il bancone. Sospira, ma viene ignorata. Allora sospira più forte, ma niente.

Nico e Will stanno lì. Si guardano. Si fissano da minuti interi e non dicono una parola, non ascoltano una parola. E intanto, Calypso, Detective Nightshade, avrebbe, per caso, un delitto da risolvere. Per caso, eh. Un delinquente da acchiappare. Un assassino da mettere in gatta buia. Tanto per rendere l'idea. “Ma no, voi continuate a fissarvi e fare gli occhi dolci!” sbotta, ma viene ancora una volta, completamente ignorata.

Schiocca le dita davanti ad entrambi e poi tira la testa all'indietro. Eh. Sarebbero anche carini, se solo lei non avesse roba da fare. “Va bene. Sapete che vi dico?” Si alza in piedi sul divanetto rosso e spiega la gonna con le dita. Poi salta verso la porta, così da non dover far spostare Will-sonotroppooccupatoafissareiltipodellamorte-Solace. “Grazie per l'aiuto!” Seguito da uno spassionato: “Oh santo cielo!” quando nessuno dei due si volta a guardarla.

“Ti potrei aiutare io!” si offre Leo, con un sorriso a trentadue denti. “Cioe, sì, ho promesso ad Harley che lo avrei portato al circo, questo weekend, ma…”

“Oh santo cielo!” ripete la castana, uscendo dal locale.



~•~




Ecco la storia.

Il 28 gennaio 1990, alle 23.54, nasce Nico di Angelo, capelli e occhi scuri, tre chili netti, polmoni deboli e qualche problema a piangere nei primi minuti della sua vita. È un bambino speciale, dice suo padre, quando lo prende per una gamba il primo anno della vita del bambino, di nascosto, e, quando gli infermieri danno il permesso ad Ade di Angelo di prendere in braccio il figlio, il bambino cade a terra e non piange, apre gli occhi, piuttosto, e fissa il padre come a voler giudicare il suo modo di essere genitore.

Maria di Angelo, 29 anni, 3 mesi e 4 giorni, ha riso divertita, accarezzando i due uomini della sua vita e sorridendo verso Bianca di Angelo, sua unica figlia.

Ed erano una famiglia felice con una casa su una collina, un cane e il pesce rosso.

Niente, nei primi anni di Nico, suggeriva che le parole del padre dette al figlio potessero rappresentare una realtà. Nico tutto sembrava tranne che un ragazzo così speciale. Intorno ai tre anni ha imparato a parlare. A quattro anni e otto mesi ha imparato a mangiare da solo. A cinque anni, undici mesi e dodici giorni, ha spinto il figlio dei Solace da uno scivolo, perché aveva osato toccargli la spalla e sorridere, prima di sorpassarlo sulle scale.

Nico amava gli hamburger e odiava le patatine, aveva una predilezione per il colore rosso, come la maggior parte dei bambini della sua classe, e odiava con tutto se stesso le persone che non conoscevano la mitologia greca, per qualche insana ragione ereditata da suo padre. Niente di speciale, quindi.

Questo fino ai suoi dieci anni, sei mesi e una settimana, quando, attraversata da una scossa elettrica causata da un elettrodomestico malfunzionante in casa di Angelo, sua mamma è morta.

Poi Nico, timoroso, l'aveva trovata a terra, con gli occhi aperti e una bruciatura sulla mano, le aveva accarezzato la fronte, facendo in modo che il corpo di Maria di Angelo respirasse di nuovo, avido di aria. E di vita. La mamma aveva ripreso a canticchiare, dopo essersi rialzata da terra e aver aperto la finestra della cucina. Parlava di una torta e di un impasto venuto male.

Dopo trenta secondi della ritrovata vita di Maria, la donna vide dalla finestra la sua figlia maggiore, Bianca, che giocava in giardino con il suo cane, correre verso la strada, inseguita da Jeanpierre, arrivare in mezzo alla strada, voltarsi verso casa quando la mamma ha chiamato il suo nome, essere investita da una macchina e morire sul colpo.

Nessuno ha lasciato che il corpo della sorella fosse toccato da Nico e, quando Maria, piena di dolore, aveva poggiato la fronte sulla fronte del figlio, piangendo e sussurrando qualche preghiera in un italiano stretto e un po' cantato. Appena la pelle della donna toccò quella del bambino, il suo corpo s'irrigidì, gli occhi si sbarrarono e Maria di Angelo morì per la seconda volta, quella settimana. Non importò quante volte il dito di Nico si poggiò sulla guancia della mamma. La seconda volta si muore e basta. Se da morto non rimani morto, qualcuno muore al posto tuo.

Nico si guardava il dito, mangiucchiandosi l'interno della guancia e aggrottando le sopracciglia, durante il funerale di sua madre e di sua sorella maggiore. Si chiedeva che razza di scherzo della natura fosse.

Il figlio dei vicini Solace gli aveva stretto la spalla con una mano, quella volta. Nico aveva alzato gli occhi al cielo.

Ai suoi dieci anni, sei mesi, due settimane e un giorno, Nico di Angelo e suo padre si trasferirono a 345 chilometri da Couer d'Couer, e ne erano stati sollevati.

A New Orleans, Nico pensava di poter dimenticare di essere quello che è.



~•~



Okay. Fa da sola. Ha detto che fa da sola. Ma sono passati anche anni da quando ha fatto da sola l'ultima volta. Quindi sospira, passandosi due dita sulla fronte e cerca di riprendere il controllo di questa stupidissima situazione.

Prima cosa. Calma. È questo che ci vuole.

Si avvolge nella giacca a vento rosa e fissa la scena del crimine davanti a lei. Si accovaccia a terra e posa la mano sulle pietre delle rive del fiume. Gli occhi del ragazzo morto sono puntati verso di lei. Il corpo è orientato dal lato opposto. Che bello. Studia la posizione e annuisce a se stessa. Può non essere stato un omicidio. Può essere morto annegato e le rocce avrebbero potuto… no. La pancia non è gonfia. Non ha ingoiato acqua. Il ragazzo è morto prima di toccarla, ma è stato trasportato dalla corrente. Questo, forse, vuol dire che non è di Daisy City e per questo motivo il suo viso non le è familiare. Forse, nessuno lo sta cercando in questa città, ma una mamma disperata piange suo figlio nelle Garden City. E per questo la polizia locale le ha scaricato addosso il caso. Poggia la mano e abbassa la testa parallelamente alla terra. Deve muovere il cadavere. Allargare le ricerche tra le persone scomparse per dare un nome al povero ragazzo.

Le sue labbra diventano una linea sottile e aggrotta le sopracciglia. Il collo spezzato. Gli occhi ormai spenti sono puntati al cielo nuvoloso. Deve chiudergli, e lo fa. È passato troppo tempo da quando ha fatto da sola. Forse non ha più il fegato di investigare in modo tradizionale. Magari dovrebbe semplicemente tornarsene a casa. Questo ragazzo era così giovane. Quanti anni? Nemmeno venti. Ed è già morto. Dio mio. No. Il vento soffia forte e non farà tornare a respirare questo John Doe. Lo hanno ucciso? È stato un incidente? Muove la frangia del ragazzo all'indietro, per studiare il viso dormiente. Alcuni lividi si stanno formando sotto le braccia. È stato ucciso. Ovviamente. Il ragazzo non teneva lo smartphone in tasca, o gli sarà caduto, trascinato via dalla corrente. Forse dovrebbe immergersi in acqua e iniziare a cercare.

“Sei più delicata con i morti che con i vivi.”

Alza la testa e trova Leo, nel suo giubbotto da aviatore e i ricci che ballano su e giù, coprendo gli la faccia. “Ti vorrei rispondere, ma non ricordo il tuo nome.” Calypso si alza sulle ginocchia, togliendosi i guanti dalle mani. Fa quella smorfia che hanno definito antipatica, per poi lanciare un'occhiata al cadavere.

Leo sbuffa. “Nico non verrà” dice e alza le spalle. Lui non sa nulla. Niente di niente. Non capisce perché Will non tocca Nico. Non sa perché Nico l'aiuta con le indagini. Non sa perché lei è esterna alle forze di polizia. Sarebbe un cieco in mezzo ad una battaglia. Una palla al piede. “Forse ti potresti accontentare di me.” Lei, comunque, non sa perché lui la voglia aiutare così tanto. Magari è semplicemente un idiota.

Lo sguardo di entrambi cade di nuovo sul corpo.

“Presto saranno qui per prendere il corpo” mormora, alzando il mento verso le colline. Inclina la testa. “Mi potresti aiutare portandomi i caffè e la borsa” suggerisce lei, alzando un sopracciglio. Spera che lui si scoraggi. Odia quando Leo si mette in mezzo a cose che non sono da -da Leo. Il suo campo sono le torte. E le macchine quando iniziano a fumare, certo. Omicidi? Complotti? Giusto nelle serie TV.

Lui si morde l'interno delle guance e sospira. “O potrei colpirti con le mie fantastiche doti deduttive.”

Lei rotea gli occhi e inizia a camminare verso la fonte del fiume, senza degnarlo di una risposta. Lo zaino a tracolla su una spalla, scivola qualche volta sul fango. Non si guarda indietro.

“Oppure potresti anche abbandonarmi qui.” Alza le spalle e la segue, perché non ha nulla di meglio da fare.


~•~



“Saresti dovuto andare.” Will si preoccupa di chiudere le serrande e controllare che nessuno sia rimasto all'interno del locale, mentre il moro sta seduto al tavolo, giocherellando con una moneta di due centesimi. Gli lancia a malapena unì sguardo. Poi sospira. “Penso che Calypso abbia veramente bisogno di te.” S'infila la giacca e chiude a chiede le porte, iniziando ad avviarsi verso l'uscita posteriore.

“Faccio quello che mi pare.”

Ricominciare una vita è più difficile, quando scopri di poterne togliere una ad un'altra persona. Nico lo sapeva.

A undici anni, tre settimane e quattro giorni, non aveva amici. New Orleans è una città troppo grande e le persone non ti capiscono molto bene. Troppo rumore per fare attenzione ad una persona. Troppo movimento per potersi fermare. Lui non s'infila la giacca. Il freddo è il suo habitat naturale e affianca Will verso l'uscita. Ne ha fatta di strada per arrivare fino a lì.

Nico chiedeva tutte le notti di avere qualcuno con cui condividere le giornate. Una vera fortuna. Una vera sfortuna. Essere soli vuol dire anche essere invisibili. Voler essere accettati vuol dire anche dover scendere a patti. A nessuno piace un ragazzino con l'ossessione per gli scheletri e le torte alla mela. E portare frutta marcia a scuola non aiutava, anche se poi, quando le toccava, tornavano colorate e saporite. Vivevano di nuovo. E la merenda di qualcun altro marciva nello zaino. Divertente.

Ade era troppo preso da altro per rendersi conto degli hobby di suo figlio. Per lui, ricominciare una vita, è stato più facile. E a quattordici anni, sette mesi e una settimana, Nico si era ritrovato in giacca e cravatta a dover testimoniare nel nuovo matrimonio di suo padre. Che bello.

Persefone non gli stava poi così antipatica, ma far morire le piante nel suo orto sarebbe stato il passatempo preferito di Nico per tutta la sua adolescenza.

Will sospira, girandosi verso la macchina nera, davanti al locale. “Sì, ma non per questo non aiuti un'amica che ha bisogno di te.” Apre la macchina con un tic del telecomando e cerca di mantenere quel viso sereno con cui tutti lo conoscono. Deve essere ad un passo dalla crisi di nervi.

Nico alza un sopracciglio. “Guarda. Mi sarebbe piaciuto giocare a Cluedo, barando, con Cal, ma ho la prescrizione del medico. Mi ha detto di andarmene a Couer d'Couer proprio oggi.”

Will sorride e arte lo sportello della macchina. “Io sono il tuo medico” sussurra, sospirando una risata.

Per qualche secondo ha la malsana idea di prendere la mano di Nico e tenerla tra le sue, per sempre, ad esempio. Ma si ferma giusto in tempo. Giusto pochi millimetri prima di fare un errore. E perde il sorriso per un'altra frazione di secondo.



~•~




“E il mio caffè?” sbuffa annoiata Calypso, senza distogliere lo sguardo dal portatile. Sbatte il dito sul puntatore due volte. Si aprono due pagine su Rose City e sbuffa. Ne chiude una e inizia a scorrere verso il basso, cercando il file di un ragazzo biondo trai diciotto e i ventiquattro scomparso nelle ultime quarantotto ore, che possa combaciare con il corpo del ragazzo trovato sul fiume Gem. Sono scomparsi solo due ragazzi a Rose City con queste caratteristiche. Magnus Chase e Malcom Pace. Nessuno dei due assomiglia minimamente al suo John Doe. Lancia un'occhiata annoiata a Leo, che beve della cioccolata calda seduto davanti a lei. “Il. Mio. Caffè.”

“Raggio di Sole,” inizia lui con uno sbuffo, poggiando il bicchiere di carta sul tavolo. “Sono stato qui a chiederti cosa volevi bere per un'eternità. Un'eternità. E solo per gentilezza, visto che non hai fatto altro che ignorare la mia esistenza da, tipo, sempre. Io voglio davvero aiutarti. In realtà voglio aiutare Nico, che ha da fare, ma, ehi, per te esisti solo tu, vero? No, okay.” Alza le mani e prende un respiro profondo, chiudendo gli occhi. Si è fermato immediatamente dal dire qualsiasi cosa volesse dire. Come se fosse lei quella che non sa cose, quella che gira per la città completamente cieca. Calypso alza un sopracciglio. Se solo Leo sapesse. Se solo sapesse. “Scusa. Non è quello che volevo dire. Davvero. Io dico solo che -magari parlare ad alta voce ti fa ragionare meglio. E visto che ci sono io intorno a te, potresti non sembrare, non lo so, pazza. Usami come, beh, il tuo Watson. O, se proprio vuoi, come il teschio…”

“Non capisco le citazioni.” Lancia un'occhiata veloce al portatile. Apre la finestra coi file di Violet City, poi sospira. Leo è elemento di distrazione. Altro punto a suo sfavore.

“M-ma davvero?” balbetta lui. Scuote la testa. “Sherlock. Seriamente? Non conosci -oh, cavolo. Non conosci Sherlock Holmes?”

Lei ruota gli occhi.

Di nuovo, lui alza le mani come per dimostrare di essere disarmato. Alza un lato delle labbra e cerca gli occhi di lei. “Io ti porterò la borsa. E pure il caffè. Ma fatti aiutare. Fammi -fammi prendere il posto di Nico. Solo finché non…” Si lecca le labbra. “Will non si fida a lasciarti da sola. Un caffè per i tuoi pensieri… sul caso. Certo. Sul caso.”

Calypso ci pensa. Ci pensa per più di qualche secondo. Si fruga nelle tasche, sospira e arriccia le labbra. E quindi si alza dalla sedia, chiudendo il portatile con una mano.

“Dove vai?”

“A prendermi un caffè.”




~•~


“Ti ricordi?” grida ad un certo punto Will. Indica con il dito un punto alla destra della macchina, forse uno dei lati della strada. “Lì mi hai buttato giù dallo scivolo perché dicevi che ti avevo superato nella fila.” Lo dice con troppo entusiasmo, come se fosse il ricordo di qualche ricordo rubato, o di un sorriso fugace.

Nico ruota gli occhi e scrolla le spalle. “Non ricordo niente del genere” mente. Alza il volume della radio e guarda oltre il finestrino. “E tieni gli occhi sulla strada.”

L'altro ridacchia. Certo. Quando mai no.

Will Solace, 27 anni, 4 mesi e 5 giorni, ha avuto diverse sbandate in tutta la sua vita, ma mai nessuna sembra riuscire ad eguagliare quella per Nico di Angelo. E nessuno mai lo avrebbe potuto far sentire così, arrabbiato, soddisfatto, frustrato, amato, quanto lo faceva sentire lui. Mai, in tutta la sua nuova vita. Si morde l'interno della guancia.

“Quella è l'altalenta che ti ha lasciato quel brutto segno rosso in faccia per settimane.” Lo indica con un sorriso e si arriccia una ciocca di frangia. “Non l'avresti avuta, se mi avessi lasciato darti quel bacio, sai? E adesso avremmo un ricordo di un bacio. Almeno uno, anche se eravamo dei bambini.” Lascia tornare le mani sul volante, con quel rammarico nel tono, che nessuno dei due può sopportare.

Nico sbuffa. “Sei sempre stato un bambino precoce.”

“No, non è vero. Volevo baciarti perché mamma mi ha sempre detto che, a volte, è così che doveva dimostrare il suo amore a papà. Diceva anche che, forse, se lo avesse baciato di più, gli avesse dimostrato quanto teneva a lui, lui sarebbe rimasto. Non volevo fare lo stesso errore. Volevo che rimanessi con me.” Alza le spalle continua a gridare. “Anche -e forse proprio perché ti ho un po' scoperto, ai tempi. Magari non era proprio amore ma…”

“Naomi ha sempre avuto l'anima dell'artista, vero?” Il vetro si è appannato e Nico ci passa sopra il dito, come un vagabondo ubriaco. “Non avevo mai pensato di tornare qui” mormora.

Will abbassa i finestrini e indica ancora, un giardino coperto di neve con un albero solitario. “Guarda. Lì è dove ci siamo conosciuti.” Accosta. Tira il freno a mano e nemmeno si aspetta una risposta. Semplicemente, esce dalla macchina, sbattendo lo sportello violentemente e lansciando il moro a sospirare.


~•~


Leo è quel tipo di persona che ha ancora delle mappe delle città, in supporto al GPS nel cellulare. Ne tira fuori una e inizia ad impiastricciarla con un pennarello rosso, mormorando frasi incomprensibili alle orecchie di Calypso.

Il sole sta tramontando e il caso non è chiuso. Il fiume scorre ancora verso la foce. Il corpo del ragazzo è stato portato all'obitorio. Nessuno che non sia Calypso, o Nico, tocca i corpi che sono stati affidati alla detective Nightshade, il che adesso è un piccolo problema, con Nico fuori gioco. C'è qualcuno che piange quel ragazzo, da qualche parte. C'è qualcuno che lo sta cercando, ma che non ha denunciato la sua scomparsa. Non capisce perché. Sospira. A volte vorrebbe veramente essere così brava come tutti quanti pensano lei sia. Portare giustizia grazie ad un suo talento, non grazie ad un bididi-bodidi-bu di un proprietario di fast food di lusso. Si passa la mano sul viso e sospira di nuovo. Ma, prima, quando non c'era Nico, il capo, lo ricordava il suo nome? Francis -no, il commissario Drake la chiamava qualcosa come ragazzina. Eh, sì. Ragazzina. Pivella. Quella nuova. Adesso è Detective-Nightshade-e-Ragazzo-Pallido. Tutto un nome. Immagina che questo sia una mezza specie di promozione. Che lei non merita. Ovvio. Certo. Non è riuscita nemmeno ad identificare un-… “Cavolo, Scarabocchio. Se ti metti a giocare lì con le tue mappe, comprometterai la scena del crimine.”

“Tecnicamente” inizia il ragazzo, ma un colpo di vento lo zittisce, tirandogli addosso la mappa. “Okay.” Stira di nuovo il pezzo di carta e lo ferma a terra, posandoci sopra dei sassi abbastanza pesanti. “Tecnicamente questa non è la scena del crimine, perché il tipo è stato trovato qui, ma non può essere stato ucciso qui.” Ha le ginocchia puntate a terra e alza la testa verso la ragazza.

Calypso si stringe nella sua giacca e non dice niente. Starebbe cercando di prendere un respiro e racimolare quel poco di autostima che ha, per potersi convincere di essere abbastanza per chiudere un caso da sola. Non disturbare. Grazie.

“Nico non tornerà prima della fine delle vacanze di Natale, comunque.” S'infila il pennarello in bocca e torna a guardare verso il basso. Chissà cosa gli piace tanto dell'essere continuamente ignorato. Comunque Nico fuori per quasi un mese è un brutto inconveniente. Autostima autostima autostima. Magari se la chiama ad alta voce arriva da lei. “Doesti fatti aiutae da 'e.”

Eh. Ma da Leo? Non c'è nessun altro. Proprio nessuno che la possa aiutare. Non senza mettere a rischio la sua falsa reputazione. No? Chiunque però è meglio di Leo. Anche suo fratello più piccolo. Quello piccolino che sembra uno hobbit, piccolo e carino. Come si chiama? Quello che deve portare al…

Calypso sbatte le palpebre. Si guarda intorno e poi verso la fonte del fiume Gem. Boccheggia, per poi accovacciarsi vicino a Leo. Studia le mappe, con movimenti veloci degli occhi, leccandosi il labbro inferiore e aggrottando le sopracciglia. Appoggia anche il dito indice sulla striscia blu che dovrebbe simboleggiare il fiume. Certo. Certo, perché non ci ha pensato prima?

“Che?” Il pennarello balla tra le labbra di Leo e la sua spalla sfiora appena il ginocchio di lei. Fantastico. Si dovrebbe spostare, prima che inizi a urlare qualcosa sulle molestie sessuali. Uhm. Si allontana in po' e sputa il pennarello, infilandoselo nelle tasche. “Che c'è?”

“Tuo fratello. Devi portare tuo fratello al circo, hai detto. Questo weekend.”

“Uhm, sì. Sono mesi che Harley si lamenta con Nyssa e il tempo di qualità” inizia lui. “È fantastico avere un fratellino che ti adora, soprattutto dopo che papà se n'è andato con zia Atena in un viaggio di aggiornamento ingegneristico e non è più tornato ma…”

“Non ho chiesto la storia della tua vita” lo interrompe lei, alzando una mano e scuotendo la testa. Guarda ancora la mappa e poi il cielo violetto della sera. E arriccia le labbra, in un gesto stizzito. “Ci andiamo domani.”

“Cosa? Dove?”

“Al circo ci andiamo domani. Io, te e Hartmon.” Si alza in piedi e sbatte le mani sulle ginocchia più volte, per togliere la polvere dagli jeans. “E porti le mappe con te. Vi vengo a prendere al Pie Hole… secondo te, perché Nico ha chiamato un fast food Pie Hole? Pie. Perché?” Si sistema la borsa sulla spalla, scuotendo la testa.

Certo, ovviamente, perché non ci ha pensato prima? È per questo che nessuno ha denunciato la scomparsa. Per questo nessuno sembra star cercando quel povero ragazzo.

“Allora, ho delle domande. Prima di tutto, tu non hai una macchina. La seconda domanda è: ma chi ti credi di essere? Se volevi un appuntamento potevi chiedermelo direttamente, senza mettere in mezzo mio fratello, che comunque si chiama Harley, e un ragazzo morto.” Leo parla e parla. E Calypso non l'ascolta. Il loro rapporto è questo, o così sembra. Se lei scomparisse, qualcuno andrebbe a denunciare la sua scomparsa? “La terza cosa è: io non sto certo accettando, ma, ehi, tu non hai una macchina e il circo non sta qui, per questo ci saremmo andati durante il weekend.” Parla e parla. Chi potrebbe mai notare la sua mancanza? Zoe? Se n'è andata anni fa e sa che è viva solo perché ogni tanto le manda degli auguri fatti a caso, nei giorni sbagliati. A lei non importa quale sia il suo vero giorno del compleanno. “E, ancora, ma -non mi stai ascoltando, vero?” Magari Eco. Eco si sarebbe resa conto se lei avesse smesso di piombare nel loro appartamento nel bel mezzo della notte, per prepararsi il tè. No? Però, ultimamente i loro orari sono così diversi che si vedono per pochi secondi al giorno, si sorridono e continuano la loro routine malandata. Forse nemmeno Eco avrebbe denunciato la sua scomparsa. Nessuno si sarebbe preoccupato per davvero. “Raggio di Sole?”

“Domani alle tre?” chiede lei, sbattendo di nuovo le palpebre e cercando di rimanere nel mondo reale. Sono cose che stanno succedendo spesso, ultimamente. Le distrazioni. La testa tra le nuvole.

Leo sospira. “È il tuo modo contorto per dire che stai accettando il mio aiuto?”

“Non so dove sarà il circo. Né di che circo parliamo.” Fa una pausa e scuote la testa. “E non ho una macchina.”

Lui si lecca le labbra e annuisce. “Ti veniamo a prendere noi. Alle due. E mio fratello si chiama Harley.”

“Harley, ricevuto.” Annuisce anche lei. Il suo umore è migliorato. Ha una traccia. Una pista da seguire, che ha capito tutta da sola. Più o meno.

“E parla con me.”

Calypso si mordicchia il labbro e lascia passare qualche secondo, prima i rispondere: “Va bene,” fa una breve pausa. Sa di aver capito. Ma non capisce il perché. Prende un respiro e annuisce. “Leo” aggiunge, tanto per essere sicuri.

E lui sorride, chiudendo la mappa con pochi movimenti. “Bene” dice e non aggiunge altro.



~•~


“Che c'è?” chiede Nico, con le mani in tasca e il mento nascosto sotto la sciarpa. Appena ha finito di parlare, lascia che una nuvoletta di anidride carbonica prenda forma davanti al suo viso e, attraverso questa, guarda Will.

Will, girando intorno all'enorme albero, continua a girarci intorno, senza nemmeno degnarlo di uno sguardo. Non si preoccupa della macchina, o delle chiavi -le avrà Nico. Non si preoccupa nemmeno di aver sbattuto lo sportello, prima di uscire. Gira solo intorno all'albero e poi si siede sulla neve, affondandoci le mani, già arrossate, e guardando verso i rami spogli.

“A volte, ho la sensazione che tu ce l'abbia con me, sai?” dice Nico. Gli tira i guanti, non si avvicina nemmeno di un passo. “Ma non sono sicuro del motivo.”

Will non raccoglie i guanti. I suoi vestiti si stanno bagnando e lui stesso si sta bagnando. Abbassa lo sguardo e annuisce. Non sa nemmeno a cosa sta annuendo. Lui non è arrabbiato con Nico. È arrabbiato con tutto il resto. È spaventato da tutto il resto.

Sarebbe potuto tornare a casa prima. Sarebbero potuti essere due ragazzi normali, sai? Se Nico fosse tornato a Couer d'Couer, magari, okay, non nella sua vecchia casa, magari in un altro quartiere, in un'altra già si sarebbero rincontrati, e non sarebbero stati vicini di casa, come quando erano piccoli. Si sarebbero ritrovati alla caffetteria di Miranda, magari, alle 7.15 di ogni mattina. Will andava lì a prendersi un caffè, prima o dopo un turno di lavoro. Sempre alla stessa ora. Magari Nico ci sarebbe capitato per caso, là. Magari sarebbe diventato un socio di Miranda e lo avrebbe visto, ogni giorno alle 7.15. Magari all'inizio non gli avrebbe parlato. Nessuno dei due lo avrebbe fatto, Will sarebbe stato troppo preso dai suoi pensieri, dal papà che voleva cambiare nome per ragioni legali e di cuore, per Kayla e i suoi viaggi per le gare di tiro con l'arco, per Austin, che girava per le strade con il suo sassofono e faceva impazzire le ragazze con un solo occhiolino. Però un giorno avrebbe alzato gli occhi dal suo caffè e lo avrebbe visto. No, ma tu sei Nico! E lui avrebbe risposto qualcosa come scusami tanto, la potresti smettere di parlarmi? Ma chi ti conosce? E si sarebbero ritrovati. Vero? Si ritroverebbero sempre, loro. Sarebbe stato lì per lui, se glielo avesse chiesto. Lo avrebbe ascoltato parlare delle sue giornate e lamentarsi di suo padre. Si sarebbe lamentato anche lui di suo padre. Allora avrebbero fatto la gara a chi dei due, Apollo o Ade, fosse il padre più impossibile e avrebbero riso. Avrebbero scommesso, certo. Chi perde paga i biglietti per il nuovo film della Marvel. Avrebbe perso Will. E lo sarebbe andato a prendere con il motorino di Kayla a casa, lo avrebbe preso in giro, avrebbe rovinato la prima parte del film con domande sulle conoscenze basilari sul protagonista e, molto casualmente, avrebbe sbadigliato nella sala buia e lo avrebbe stretto a lui, avrebbero visto l'intero film così. Si sarebbero potuti toccare, sfiorare i piedi sotto il tavolo, accarezzare il viso, baciare. Eh. La cosa del baciare non gli va proprio giù. Si sarebbero potuti baciare. Avrebbe potuto sapere se le labbra di Nico sanno di patatine fritte, o pizza. Adesso non lo sa.

“Non lo so.” Nico scuote la testa e continua a non muoversi verso Will. Fa male fisicamente, questo. “Non so se ci saremmo incontrati di nuovo, se tu non fossi morto.” Alza un lato delle labbra, in un sorriso amaro. Sta rispondendo alle sue domande, immagina. Spera. “Mi dispiace” aggiunge.

Nico non sarebbe mai tornato indietro, siamo sinceri. Couer d'Couer non ha niente, per lui. Ma forse… con un po' di fortuna… con… un po'…

“Non mi è mai piaciuta questa collina” dice Nico. “Soprattutto in primavera. Con tutti quei fiori che sbocciavano e diventavano quel…” Gesticola e arriccia il naso. “Con tutto quel giallo innaturale al posto del verde.”

Will si morde le labbra e punta lo sguardo su di lui. “Secondo te, Apollo si è ricordato delle gare di Kayla? Lei lo cerca sempre, tra la folla, prima di lanciare.” Tira le ginocchia al petto e aggrotta le sopracciglia. “Lui non c'era mai, ma prima c'ero io e lei diceva che le bastavo. Secondo te c'era qualcuno alle gare di Kayla questo novembre?”

Il moro abbassa lo sguardo. “Immagino lo scopriremo presto. Dai, torniamo in macchina.”




~•~


“Quindi Drew e Nyssa continuano a pensare che noi non sappiamo nulla di loro due?” Leo gira il volante verso destra e ridacchia, lanciando un'occhiata veloce al fratellino che beve Coca-Cola, nel sedile di fianco al suo.

“Ieri sono state al telefono per tutta la notte. Nyssa pensava stessi dormendo.” Si gratta la testa e allunga il collo per vedere fuori dal finestrino l'insegnante del Pie Hole sbucare da dietro la via. “Se ho capito bene, la porterà a casa per Natale.”

“Natale?” Leo sbuffa e fa gli occhi in bianco. “Non ho comprato neanche il tuo regalo, come faccio a prendere qualcosa a Drew-Snob-Tanaka?”

“La nostra nuova sorella.” Harley sospira una risata e guarda verso i suoi piedi. “E non mi hai preso il regalo ad una settimana da Natale?”

“Ho avuto cose da fare.”

“Tipo?”

Cose.” Fa di nuovi quella cosa col volante, girandolo con una sola mano e puntando lo sguardo sugli specchietti retrovisori. “Erano bei tempi quando ancora credevi in Babbo Natale, nei Re Magi che suonavano alla porta il 6, al Cipitillo…” Appoggia la mano al sedile di Harley e gira la testa, stando attento a non andare a sbattere con la macchina dietro di loro. Un parcheggio un po' obliquo. Ma così è anche la sua vita, quindi, a chi importa?

“Nyssa mi aveva fatto credere veramente che tu fossi un aiutante di Babbo Natale, Leo. Che costruivi giocattoli al Polo Nord. E non lo sei. La mia vita è una bugia, mi avete mentito per tutta la mia vita e non vi perdonerò mai per questo.” Ahi. Harley s'imbroncia. Ferita ancora aperta questa, eh.

“Possiamo diventare veramente aiutanti di Babbo Natale.” Leo gli dà un buffetto in testa. “Costruire giocattoli in garage e regalarli ai bambini. Questo ci renderebbe i folletti di Santa Claus, no?”

Il ragazzino ci pensa su, prima di allungare di nuovo il collo e trovare una figura femminile. È per questo che non risponde. Dice: “È lei la ragazza che stiamo cercando?” Si lecca le labbra e lancia un'occhiata veloce a Leo, che, aggrottando le sopracciglia e avvicinando la testa a quella di Harley, per avere il suo stesso punto di vista. “È carina.” Abbassa lo sguardo e annuisce un po'. Sperava fosse una brutta.

Il fratello maggiore sbuffa. “Ad essere bella è bella. Peccato che sia una spina nel fianco con nemmeno un minimo di personalità.” L'ha trovata, ma lei non si gira, aspetta che arrivino dall'altra strada, quella a destra. “Non puoi morire dietro ogni bel faccino.”

“Tu muori dietro ogni bel faccino” risponde scetticamente Harley.

Allora Leo apre lo sportello della macchina e inizia ad agitare le braccia sopra la testa, chiamando a gran voce questo nome. Che nome buffo. Ma come la…?

La ragazza si muove velocemente verso di loro, cercando di coprirsi meglio nella sua giacca a vento rosa, mentre un vento freddo inizia a spettinarle i capelli. Lancia un'occhiata al sedile anteriore, prima di aprire lo sportello di dietro ed infilarsi nella macchina, sospirando di sollievo. Non ha i guanti e nemmeno un cappello. Le sue mani sono rosse e screpolate. Harley si è girato per guardarla meglio, e studiarla. È carina. Anche troppo.

“Ciao” saluta lui.

“Ciao” sbuffa lei, nascondendo tra le gambe le mani, con un sorriso dolce. Ad Harley piace quel sorriso. Di conseguenza, gli piace la ragazza.

“È vero che ti chiami Calypso come il ballo caraibico?”

Lei alza un sopracciglio e fa una muta domanda al fratello maggiore, che scoppia a ridere, girandosi verso il sedile del piccoletto. “Lo sai che è la stessa domanda che le ho fatto io la prima volta?” Poi il suo sorriso diventa un po' più duro. Gli dà una pacca sulla spalla. “E lo sai che stiamo andando al circo anche per risolvere un mistero? Che pista stiamo seguendo?” chiede a Calypso, che apre la bocca per rispondere al Figo! del ragazzino. Ma poi scuote la testa. Si dovrebbe concentrare. Esita. Ancora sperava che Leo l'avrebbe aiutata senza fare domande, come fa Nico. Che non chiedesse di entrare veramente nel magico mondo dei detective. (Nel suo mondo.)

“Le mappe” risponde lei, sospira. Si sente anche stupida. Prende il cellulare dalla tasca dietro i pantaloni e mostra la mappa delle Garden City. “Otto città. Quattro esterne, quattro interne e, al centro Couer d'Couer. Noi siamo qui.” Indica col dito un punto nello schermo e ingrandisce su Daisy City. “Il fiume Gem passa per Rose City, Violet City, Couer d'Couer , Daisy City e Olive City dalla fonte. E il corpo di John Doe è stato trascinato dal fiume a riva.”

“Quindi hai pensato che il ragazzo fosse di una di queste città” dice Leo, annuendo. E annuisce anche Calypso, quindi Harley li imita e continua a far passare il suo sguardo da uno all'altro.

“Ovviamente.” Calypso mantiene il suo sguardo e aggrotta le sopracciglia. Magari sta dicendo solo cavolate. Magari dovrebbe fermarsi qui. Non dire niente. “Ho passato in rassegna la lista delle persone scomparse, prima nelle ultime settantadue ore, poi nell'ultima settimana. In tutto sono scomparsi sei ragazzi e otto ragazze, più o meno della stessa età, biondi e abbastanza alti. Jason Grace, Malcom Pace, Magnus Chase, Annabeth Chase, Valentina Diaz, Alice Miyazawa e Julia Feingold, Cecil Markowitz, Sadie Kane. Lo so che sembra una stupidaggine ma nove ragazzi su quindici scomparsi hanno le stesse caratteristiche e… con il nostro John Doe il numero sale. Quindi sono entrata leggermente nel panico e mi sono detta una cosa alla volta. Una. Quindi, prima di tutto, questo ragazzo deve aver avuto una famiglia e tutto, quindi ho pensato, chi potrebbe non aver denunciato la scomparsa di una persona? Magari un gruppo che si muove in continuazione, in cui è normale l'aggiunta e la diminuzione delle persone che viaggiano insieme.”

“Un circo.”

“Sì, o quello, o una banda di criminali. Non sapendo da quale città è scomparso e a che età, ho esteso le ricerche di ragazzi scomparsi negli ultimi vent'anni a tutte le Garden City. Ma è come cercare un ago in un pagliaio. Magari, ho pensato, i ragazzi del circo hanno pensato che John Doe sia andato a trovare la sua famiglia. O che sia rimasto, con la sua famiglia. Quindi, circo. Per dare un nome a quel ragazzo e, forse, portare la notizia. Sapere e far sapere.” Arriccia le labbra e nasconde un altro po' le mani tra le gambe. Si è messa i jeans. Non parla di Luke Castellan. Non dice nemmeno il nome. Ma lui è stato il primo a scomparire. È una teoria troppo assurda. Non può pensare che Luke e John Doe siano collegati. No. Non può essere.

“Va bene.” Leo si gira verso il volante, si gratta la testa e annuisce, girando la chiave nel quadrante. “Allora si parte. Harley, guidami verso la nostra nuova avventu- Harley?”

Il ragazzino è in ginocchio sul sedile, osserva Calypso e aggrotta le sopracciglia. “Sei un poliziotto? Hai mai ucciso una persona?”

Il fratello sospira e dà una pacca sulle spalle al piccoletto per farlo sedere. La ragazza boccheggia e poi cerca di sorridere. Scuote la testa, lentamente e la tiene bassa, inclinata. Harley si ritiene soddisfatto, si siede e ricomincia a bere Coca-Cola.

Leo ogni tanto guarda Calypso, seduta dietro, che guarda fuori dal finestrino e si morde le labbra, furiosamente.

“Guidaci verso la nostra nuova avventura, Harley.”




~•~


“No, stavo scherzando.” Will dà le spalle alla porta di casa, e inizia a muoversi verso la macchina, con la testa bassa e i pugni chiusi. “Ciao.”

Nico lo prende per il cappuccio del giubbotto. Ha i guanti, non corrono rischi. Vero? “Smettila di fare l'idiota.” Suona di nuovo il campanello e lascia andare Will, che sembra volersi mettere a piangere davanti le porte di casa sua. Allora, tanto ha i guanti. Gli prende la mano, senza nemmeno fare contatto visivo e lo sente prendere un respiro profondo, mentre annuisce.

“Cosa gli dico?”

“Che sei morto, ma poi sei tornato in vita. E che il tuo funerale, con tutti vestiti di giallo, era abbastanza fuori luogo” risponde il moro, tirando un po' su col naso.

“E perché non sono tornato subito da loro?” È terrorizzato. Vorrebbe soltanto scomparire. “E poi cosa dovrò fare? Tornare a casa da te? Rimanere qui a casa con loro?” Will ha -aveva delle responsabilità nei confronti della sua famiglia, di Couer d'Couer. Nico lo sa. E non può fare altro se non alzare le spalle e guardare dritto davanti a lui. Questa non è una scelta sua. Niente di tutto questo lo è mai stato.

Magari se spera forte forte, nessuno apre la porta e questi pensieri, queste decisioni, potranno essere affrontati più tardi. Magari. Un miracolo di Natale. Un desiderio per una stella cadente. Ma lo sanno tutti che la vita di Nico è tutto una decisione, qui e ora. Quindi niente. La porta si apre e Will stringe la mano guantata del moro e trattiene il respiro.

Kayla tiene la porta aperta e rimane ferma, immobile, studiando le figure davanti a lei. Non riesce a respirare. Si porta una mano davanti alla bocca, l'altra la immerge trai capelli verdi. Poi scoppia a piangere abbassando la testa e chiude la porta.

La sentono singhiozzare, da dietro la porta. E quando riapre, non ci pensa due volte, prima di buttarsi tra le braccia del fratello maggiore e affondare il viso tra le sue clavicole. E piangere. Piangere. Piangere.

Nico lascia andare la mano di Will.

Stanno piangendo entrambi, abbracciati, cercando di mantenersi in piedi e non cadere in ginocchio, sul vialetto ancora pieno di neve.

“Ero morto” ripete lei. “Dio mio. Eri morto.”


~•~



“Hanno le montagne russe smontabili!” urla Harley, agitando le mani e saltando sul posto.

Leo sorride e il ragazzino gli offre un sorriso a sua volta. È sera e le luci intorno a loro si stanno accendendo. Sembra una fiera di paese, una di quelle in cui lui e Nyssa litigavano per lo zucchero filato e l'angolo di tiro per avere un orsacchiotto di peluche. Gli piace questo circo New Rome. Gli è anche familiare. Ma non sa perché.

“Non sapevo tu avessi jeans. Pensavo te ne andassi in giro con la tua uniforme da poliziotto, anche nei weekend” dice, grattandosi, con l'indice, la guancia. Certe situazioni non saranno mai abbastanza naturali per lui.

“Già” risponde lei. Non la smette di guardarsi intorno, chiedendosi a chi dovrebbe parlare, quando sfilare dalla tasca il cellulare, per mostrare la foto del suo John Doe.

Harley corre sempre davanti a loro. Leo lo tiene d'occhio, per paura che scompaia tra la folla. Calypso li osserva, mordendosi l'interno delle guance, sentendosi leggermente in colpa. Forse ha rovinato un po' un bel momento in famiglia. Odia quando inziano a salirgli sul petto i sensi di colpa. Vorrebbe solo spingerli in qualche posto profondo, da qualche parte nel suo petto e far finta di niente. Soprattutto quando non c'è motivo che questi esistano. Lei non ha mai chiesto a Leo di accompagnarla (tecnicamente) e Leo avrebbe anche potuto dire no (effettivamente). Quindi, tecnicamente ed effettivamente, tutta la colpa va a Valdez e alla sua stupida faccia da folletto. Stupido Valdez.

“Questa cosa è imbarazzante” mormora Leo, accarezzandosi il ponte del naso. “Sono dieci minuti che non parli. Seriamente. Per favore. Parla.”

“Uhm.”

“Grazie, questa perla di saggezza mi aiuterà ad intavolare una conversazione per ore intere. Ah!” Alza gli occhi al cielo sempre più scuro e inizia a camminare più velocemente, guardando, di tanto in tanto, un orologio digitale sul polso.

“Perché vuoi parlare con me?” chiede allora Calypso, senza velocizzare il passo, e infilandosi le mani nelle tasche del giubbotto. Le scarpe, da rosa, sono diventate marroni. Ultimamente deve aver piovuto molto, a Sunflower City. Ci sono ancora pozzanghere, e ogni tanto scivola sul fango. “Sono mesi che facciamo finta che l'altro non esista.” È questo il nostro rapporto, vorrebbe aggiungere. Lei lo insulta, lui fa battute, lei lo ignora, lui continua a fare battute. È così che va. E così va bene.

“Siamo colleghi.” Lui si ferma in mezzo alla folla e scuote la testa. La sta aspettando, così, al parlare, lei non avrebbe visto soltanto le sue spalle e lui avrebbe visto qualcosa di lei. È divertente, perché Calypso si deve un po' abbassare per fare in modo che si possano guardare negli occhi, senza che Leo debba alzare il mento, o almeno gli occhi. Sono nemmeno cinque centimetr di differenzai. Zoe pensa che anche un solo centimetro di altezza in più conti, per i ragazzi. Per questo sono stupidi. Calypso appoggia il peso su una sola gamba e piega l'altra. Così i centimetri di differenza saranno tre. Lo fa automaticamente. Non ci pensa consciamente. “Dovremmo, non lo so -qualcosa dovrebbe cambiare, no?”

“Cosa? Dovrei invitarti a casa mia, per farci i bigodini e parlare di ragazzi?” Sbuffa, scuotendo la testa. E incrocia le braccia, tirando indietro il busto. Ahi. Si sta mettendo sulla difensiva. Evvai, di nuovo.

“Perché no? Pensi che aiuti a costruire fiducia tra no-…”

“Io mi fido di te!” Sospira e abbassa lo sguardo, mordendosi le labbra. Ci sono tanti motivi, però, se non parla con Leo. Lui sembra quel tipo di persona, quello che potrebbe anche capire, e lei non è pronta. Meno sai di una persona, meno ti affezioni. Meno ti farà male quando se ne andrà. “Ma non ti voglio nella mia vita.”

Leo fa un passo indietro. Okay. Colpito e affondato. Sembra esserlo fisicamente, in effetti. Non si era nemmeno resa conto della loro vicinanza, finché non ha percepito il freddo sul petto, dovuto ad un venticello gelido, che corre tra le bancarelle di dolci e palloncini. Lui scuote la testa. “La cosa non è rilevante” mormora a se stesso e si gira verso la folla, alzando entrambe le mani in alto, in segno di resa. Lei non capisce a cosa si riferiva. Non capisce nemmeno il punto della conversazione, o cosa l'abbia scatenata.

Ma lo ha appena respinto, vero? Ha respinto un tentativo di andare d'accordo, vero? Ha bruciato un punto d'incontro. Lo avrà fatto milioni di volte. Lo sta facendo da quando, la prima volta al Pie Hole, a Leo è caduta una tazza di tè sulle sue scarpe nuove. E lui non ha chiesto scusa, però. Lo ha respinto ripetutamente. Il significato nascosto di ogni sui parola riferita a Leo è no. Il suo nome intero è Calypso-LeoNo-Nightshade. Allora perché? Perché adesso sembra la cosa più sbagliata che lei avesse potuto fare? È colpa dello sguardo. E lei non sa nemmeno perché ha questa stupidissima impressione. Ma ce l'ha. Forse questa è stata la prima volta che Leo è uscito allo scoperto, per lei. E lei lo ha ferito. Sono speculazioni, certo. Magari è tutto nella sua testa. Cosa dice Eco? Prima pensa a te stessa. Che poi, è vero, lo dice col linguaggio dei segni e non parla perché non può, ma okay. Prendersi il proprio tempo va bene. Avere paura di essere feriti, va bene. (Ma ferire le persone per paura di essere feriti no.)

Inizia a camminare verso di lui, e stira il braccio, per fermarlo. “Leo” borbotta. Magari potrebbe dire questo. Magari potrebbe dire tutta la verità, così le parti sarebbero invertite e Leo si dovrebbe vergognare per essere una persona che vuole, casualmente, parlare con lei. Vergogna. Non è che ti odio, dovrebbe dire, semplicemente non ti voglio parlare perché ti conosco da qualche mese e prima mi sembravi un deficiente con la patente, ma, sai?, è possibile che tu non lo sia, perché, alla fine, adori i bambini, sorridi quando servi ai tavoli, prepari piatti incredibili e Nico mi ha detto che hai aggiustato un paio di volte il mio motorino. E mi potresti piacere e, scusami tanto, nella mia vita ho posto solo per due amici, posti già presi da Eco e Nico, più una sorella, che sfortunatamente ho già, Zoe. Ma, ehi, se mai capitasse qualcosa di brutto a Zoe, potresti diventare la mia sorella di riserva, che dici? Uhm. Sembra un buon discorso. Forza, fallo Calypso.

Lei apre la bocca, raggiungendo Leo, ma, prima che possa dire niente, Harley si butta addosso al fratello maggiore, con un balzo che avrebbe potuto farli cadere entrambi.

“Un'indovina dice che vuole leggere il tuo futuro! Ha detto il tuo nome! Ha detto,” prende fiato, tirando il giubbotto rosso verso il basso. “Ho un messaggio per Leo Valdez! Vedo il futuro di Leo Valdez.”

Il ragazzo e di cattivo umore, sta per aprire la bocca per dire qualcosa di poco carino al più piccolo, per scaricarsi, forse, o perché lui, semplicemente, nella magia non ci crede. Ma è Harley, che lo guarda con quegli occhioni scuri e quel faccino adorabile. È già si deve far perdonare per la bugia di tutta una vita, Babbo Natale e compagnia bella. Quindi niente, annuisce e afferra la mano del fratellino, facendosi trascinare tra la folla, neanche troppo sicuro che Calypso li stia seguendo.



~•~


È la cosa più imbarazzante del mondo. Nico se ne rende conto, perché, sta lì, in mezzo a quel salotto e, vicino ai muri, Kayla, Austin e Apollo guardano Will, che si tortura le mani, senza riuscire a spiccicare una parola.

Che bello.

Decide che la cosa migliore deve essere iniziare a guardare le fotografie sui muri e le coppe sui libri. Magari trova un qualche passaggio segreto e può scomparire tra tunnel oscuri. Ha deciso che, appena conquisterà il mondo, il suo castello sarà pieno di queste cose, per quando non vuole parlare con la gente, o affrontare le proprie responsabilità. È un buon piano di vita, in fondo.

Apollo avanza verso suo figlio. Lo prende per le spalle, studia i suoi lineamenti, sta per scoppiare a piangere anche lui. Kayla non ha mai smesso. “Il mio ragazzo” mormora e Nico sente la voce spezzarsi a metà. Lo abbraccia, lascia che cada il silenzio di nuovo. Lo hanno visto morto. Lo hanno seppellito. Lo hanno pianto. “Ma sei uno zombie?” Ma niente può mettere al tappeto il cattivo senso dell'umorismo dei figli di Apollo. Forse proprio a causa del padre. Con un capofamiglia come Apollo, un po' di problemi ce li devi avere, ma nessuno t'incolpa.

Nico rotea gli occhi.

Will ride, immerso nel petto del papà. “Se dici che sono un non-morto, Nico inizierà a piangere perché non puoi non essere qualcosa. O sei vivo o sei morto.” Lo abbraccia. Da quanto tempo non abbracciava una persona? Ne assorbe il profumo di shampoo del discount. “Sono un tornato in vita. O qualcosa del genere.”

“E come sei tornato in vita?”

“Eri morto” piange Austin. “Era morto” si passa una mano tra le treccine in testa e non ce la fa. Si deve sedere. Gli mancherà il respiro ancora per molto. Magari sverrà. Lo sanno tutti che la persona con più forza emotiva nella loro casa è Kayla. E Kayla non riesce a fermare quelle lacrime silenziose che le cadono dagli occhi.

“E Kayla era bionda, una volta.” Will allunga il collo, lasciando che il mento si appoggi sulla spalla di Apollo. Anche lui ha gli occhi rossi. “Sto via qualche mese e inizi a tingerti i capelli?”

La ragazza si lascia sfuggire un sorriso bagnato. E cerca di asciugarsi il viso, con un gesto rude della mano. “Stupido” mormora. E lo abbraccia, da sopra le braccia di Apollo che non lo vogliono lasciare andare. Anche Austin, allora fa sbattere la sua testa contro le braccia degli altri. E sembra voler vomitare. Ugh. Spera che non vomiti.

Nico infila le mani nelle tasche dei pantaloni e continua a guardare le pareti. Imbarazzante. Magari dovrebbe chiamare Leo.



~•~


“Ehi, ciao. Solo io sono accecato? Perché sei uno splendore.” Leo appoggia la mano sul banchetto e alza un sopracciglio alla ragazza davanti a lui.

Harley rotea gli occhi e scuote un po' la testa, decidendo che l'atmosfera intorno a loro è più interessante di suo fratello che viene respinto per l'ennesima volta. Calypso non può dargli torto. Una caverna. La cosiddetta indovina si trova in una vera e propria grotta, arredata con tende scure, statuine e candele. Un sacco di candele. Tutte accese.

“E tu devi essere un falò, perché sto prendendo fuoco” risponde la riccia, con un sorriso divertito.

Harley e Calypso girano di colpo la testa, guardando verso il banchetto, con la bocca aperta e suoni inconsistenti che escono dalle loro bocche. Cosa? La ragazza sta, per caso, accettando…?

Le orecchie della punta di Leo sono diventate rosse. Rosse quasi quanto il rosso delle bandiere nuove. Quelle appena comprate che la gente sventola allo stadio. E lui deve un attimo riprendersi, perdere uno o due battiti, per poi riprendere a sorridere come un idiota. “Allora potresti essere le mie scintille” spara. E ridacchia anche, quando lei si alza in piedi e i loro occhi sono quasi allo stesso livello. È più alta di lui, ovviamente. Ma è anche più alta di Calypso. Forse anche più alta di Pip. Poco male. Adora le ragazza più alte.

“Ah, Leo Valdez” ride lei, inclinando la testa. “Sei adorabile.”

“È tutta la vita che provo a convincere di essere incredibilmente divertente e bello.” Alza le spalle. “Grazie.”

Calypso si schiarisce la gola, abbastanza teatralmente, portandosi anche la mano chiusa in un pugno davanti alla bocca. La ragazza dai capelli rossi e ricci si gira verso di lei, mantenendo il sorriso che stava riservando a Leo. “Ciao” saluta. Sembra solo divertita dalla situazione. Da Leo che ha le orecchie rosse e le avrà così per tutta la sera, forse. Calypso non ha mai visto Leo arrossire. Non pensava fosse nemmeno possibile. Come puoi imbarazzarlo? Come puoi non farlo sentire a suo agio? Leo Valdez è sempre a suo agio.

“Hai detto Leo Valdez” dice ad alta voce, alzando un sopracciglio e avvicinandosi a lei. Incrocia le braccia, quando si ritrova spalla a spalla con il ragazzo. “Nome e cognome. Come -come hai fatto a saperli?” Sente di averla già vista, da qualche parte, questa ragazza. Ma non riesce ad entrare nel contesto. Non riesce a ricordare i dettagli. Le lentiggini. Aveva pensato già che le piacevano le sue lentiggini.

“Divinazione.” La ragazza aza gli indici, la riccia, facendoli roteare. Sta indicando la grotta. O tutto quello che c'è nella grotta, probabilmente. “Ho fatto una domanda e la risposta è stata Leo Valdez e qualcos'altro. Dicono che io ho un'informazione per lui, e lui ne ha una per me.” Punta gli occhi in alto a destra, aggrottando le sopracciglia, come se avesse dimenticato qualcosa. “Sono Rachel. Cioè, sì, potete anche chiamarmi il Potente Oracolo, ma preferirei Rachel.”

Calypso assottiglia lo sguardo e afferra una candela dai lati del tavolo, per avvicinarla al viso di lei. Rachel. Rachel Rachel Rachel. Perche le sembra così familiare? Rachel. Rachel-Qualcosa. Rachel-Qualcosa-Qualcosa.

“Non parla più?” chiede l'indovina a Leo, cercando di sopprimere una risata. Calypso la sta fissando. E non si rende nemmeno conto che stanno continuando a parlare.

Rachel. Rachel. Rachel. Qualcosa deve scattare nella sua testa. Rachel…?

Leo alza le spalle. “Fa spesso così. Pensa così forte che si dimentica che ci sono persone intorno a lei. Will dice che è colpa della sua infanzia isolata. È per questo che sono qui.” Si accarezza la fronte e lancia uno sguardo ad Harley, che si è arrampicato su delle scale di ferro per arrivare ad afferrare un acchiappasogni. “Ma tu lo sapevi già, no?” È ovviamente scettico. E se non è scettico, odia il posto in cui si trova.

Rachel. Rachel con i capelli rossi e ricci. Rachel con gli occhi verdi. Rachel.

“Non è così che funziona la divinazione.” Scuote la testa. “Se fosse così, avrei già risolto il mio problema. Ci sono delle regole, delle leggi nella natura. Un semplice essere umano non può osare andarci contro.”

Osare. To dare. Rachel Osare. Rachel To Dare. Rachel…

E quale sarebbe il tuo problema? Leo apre la bocca per chiederglielo, con un sopracciglio alzato. Gli verranno le rughe a forza di fare espressioni strane. Dovrebbe smetterla. Viene fermato, comunque. Da Calypso, che gli dà una pacca sul petto, come a farlo allontanare, mentre lei fa un passo verso Rachel.

“Rachel Elizabeth Dare!” urla. Certo. Come ha fatto a non capirlo prima? “La ragazzina di Tulip City che è scappata di casa otto anni fa! Certo. Ecco dove. I tuoi genitori hanno fatto quattro denunce di scomparsa. Ognuna a distanza di…”

Rachel rotea gli occhi e fa un passo indietro. “Lo conosco il mio curriculum. Grazie. Ora ho l'età legale per fare quello che mi pare, e comunque voi non siete polizi-…” Li osserva. Lancia anche uno sguardo ad Harley, che sta cercando qualche biscotto vicino alle tende. Troverà solo orsetti gommosi. “Voi non siete poliziotti.”

Leo alza le mani, Calypso appoggia le mani sui fianchi e alza un lato della bocca. Non può dire a tutti che è complicato. Per tutti lei è nella DCPD. Presto sarà integrata anche formalmente. Presto. Continua a sorridere.

La rossa scuote la testa. No. No. “No, voi non… non potete… voi…” Si passa una mano sul viso e deglutisce. “Voi siete poliziotti.” Chiude gli occhi e sospira. “In che guaio ti sei cacciato?” Si siede e inizia ad accarezzarsi la fronte. Sembra semplicemente voler riprendere la sua calma, prima di ricominciare a parlare. Prende un respiro profondo. Incrocia le dita delle mani. È vestita in maniera troppo semplice per uno spettacolo. Jeans macchiati di vernice. Maglietta bianca con uno smile in alto a destra. E adesso sembra anche preoccupata.

“Qual è il tuo problema da risolvere?” chiede Leo.

Rachel sospira. “Il mio ragazzo” dice.

Leo alza un sopracciglio. “Quindi quello tra noi -mi sento molto sedotto e ingannato.” Scuote la testa.

“Il mio ragazzo” ripete. Rachel gli sorride. Ma non gli risponde direttamente. “Cioè non è proprio il mio ragazzo è più un -senti, non lo so, è complicato. Noi non -andiamo avanti così da tanto e alla fine non abbiamo mai veramente parlato di questo. Parliamo di tante cose e qui tutti lo odiano, quindi, apposto. Ma -comunque non vi devo certo spiegazioni. Lui è -avevamo una mezza specie di appuntamento. Lo voleva organizzare lui. Dopo due anni un appuntamento, ci credete? Ottaviano era nervoso. Andava avanti e indietro per le tende e mi sembrava… preoccupato. Sì, preoccupato è la parola giusta. Come se dovesse -a dirla tutta, pensavo fosse per l'appuntamento. Lui non è tipo da appuntamento. Odia queste cose. Finché non è arrivato un signore, uno con la barba lunga e sembrava, non lo so, che ne avesse viste tante, come se avesse vissuto dall'inizio del mondo. E chiedeva per Ottaviano Young, Ottaviano Young. Qui nessuno lo chiama Ottaviano -tranne me, certo. Lo chiamano tutti Octavian, non mi chiedete il perché. E quel signore aveva un'aura -non so come spiegarlo. Negativa, immagino. Non mi è piaciuto per niente. Allora ho mentito e, quando ho raccontato ad Ottaviano dell'uomo, lui ha -cambiato espressione. Era più preoccupato. Se n'è andato il giorno dopo. È venuto da me e sembrava terrorizzato. Ha detto cose -non penso avessero senso. Mi ha dato un bacio ed è andato via. Mi aveva detto di dargli una settimana, qualcosa così. Ma sono preoccupata lo stesso. Non ha chiamato, non ha mandato un messaggio. Tutti pensano sia andato dalla sua famiglia, era tanto che non lo vedeva e, forse, non lo so, il signore che chiedeva per lui era un suo familiare. Non gli assomigliava per niente, e nemmeno a Apollo, ma…” Tace. Appoggia l'indice sulle labbra e chiude gli occhi. “Ho solo chiesto di avere sue notizie.”

Calypso apre la bocca e poi la richiude. Cerca il suo cellulare nelle tasche e lo sblocca. Ma non ha il coraggio di mostrare la foto. “Ottaviano è biondo?” chiede.

“Sì.”

“Alto poco più di un metro e settantacinque.”

“Sì.” Rachel sorride e alza un lato della bocca.

“Occhi azzurri.”

“Già.”

“Ottaviano Young.”

“Ottaviano Young.” Rachel prende il cellulare e mostra una foto di un ragazzo con un sorriso vistosamente forzato (con i denti in bella mostra e le labbra stirate) e un peluche blu. John Doe. “Non è tipo da foto, ma avevo vinto il suo peluche, me ne doveva una…” Sospira e batte le dita sul tavolino. “Cos'ha fatto? Aggressione ad un pubblico ufficiale? Disturbo della quiete pubblica? Abbiamo abbastanza soldi da non preoccuparci dei soldi… scommetto su atti osceni in luogo pubblico. Avrà squartato un altro orsacchiotto, spero non quello che gli ho regalato.” Punta lo sguardo su di loro, in attesa di una risposta.

Leo e Calypso si scambiano un'occhiata preoccupata. Alla fine aveva ragione. Un'informazione per un'informazione. Harley s'infila l'ennesima caramella in bocca, diventando piccolo piccolo nell'angolo della stanza.

“Ottaviano è stato trovato sulle rive del fiume Gem, a Daisy City.” Calypso gira lo schermo del cellulare e lo mostra a Rachel, che fissa il suo sguardo sullo schermo. Scuote la testa, chiude gli occhi. “Morto.”

L'indovina non dice niente. Si tappa la bocca con entrambe le mani e poi abbassa la testa. Non fa rumore. Non sospira nemmeno più. Ma piange. È evidente che stia piangendo.

Leo e Calypso non sanno cosa devono esattamente fare.




 
  
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