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Autore: mxrlynians    13/08/2016    1 recensioni
“Potrei scegliere di sprecare il mio tempo
a soffrire perché sto morendo,
o meglio,
gioire per il semplice fatto
di aver Vissuto”
Genere: Angst, Drammatico, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Merlino, Principe Artù, Un po' tutti | Coppie: Merlino/Artù
Note: Missing Moments, OOC, Traduzione | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nel futuro
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Quello che io ho vissuto con Te


Quando da dietro alla porta sentì un colpo, Merlin saltò sul posto. “Caio?” si avvicinò e aprì, ma quella che vide non era affatto il suo mentore. Arthur era accasciato vicino allo stipite, con il viso rosso e in preda al panico.

“Arthur! Cosa c'è che non va?” si inginocchiò e cercò di far respirare il suo amico, ma invano. Così lo prese da sotto il braccio e lo trascinò su una sedia.

“Merlin.... Merlin... I-Io non posso...” cercò di dire ma venne zittito dal servo, “non parlare, fai dei respiri profondi e rilassati” lo esordì.

Era in iperventilazione e Merlin sapeva che se non gli fosse tornato il respiro regolare, alla svelta anche, sarebbe svenuto. Prese coraggio e si sedette accanto all'amico.

“Hey, cosa c'è che non va?” chiese piano mentre con la mano sfregava contro la schiena di Arthur, ma lui si limitò a scuotere la testa. “Voglio solo aiutarti Asino Reale” disse puntando il suo sguardo in quello tremante dell'altro.

Ancora nessuno risposta.

Merlin prese la grande mano del biondo e lo strinse a se, “almeno cerca di respirare...” disse piano, “per me” concluse e il biondo cercò con tutte le suo forze di trattenere le lacrime che minacciavano di scendere sulle sue guance, chiudendo gli occhi cercò di respirare.

In quell'istante entro Caio, “cosa ha Arthur!?” chiese Merlin nervosamente, “sta avendo un attacco di panico, vai a prendere una bacinella d'acqua fredda e un panno!” disse avvicinandosi, quando Merlin fu uscito dalla stanza Arthur strinse forte la camicia del medico.

“Dimmi come ti senti ragazzo mio” disse il vecchio, mentre sedeva alla sua destra.

Ha cercato di soffocare le lacrime, ma facendo questo il respiro divenne ancora irregolare, “non devi combatterlo, piano respira....” disse piano, “respira...” ripeté, e il ragazzo prese alla lettera quello che diceva l'uomo.

Poi parlò, “non... non riesco... a... a respirare...” disse facendo dei respiri, o almeno provandoci, “il mio cuore sta per saltare fuori dal mio petto” le mani tremavano, e giocavano fra loro per districare l'ansia, gli occhi gli pizzicavano, voleva piangere ma aveva sempre una dignità da proteggere.

Merlin tornò con uno straccio, e un secchio colmo di acqua cristallina, che Caio premette contro il volto del Re, che sentì la freschezza e si rilassò, calmando il suo respiro. Era riuscito a non far scendere nemmeno una lacrima, con calma si ricompose, tremava ancora ma almeno era molto meglio di come era prima.

“Mi dispiace... Non so cosa mi sia preso” disse piano i suoi occhi azzurri, fissavano il pavimento.

“Ho fatto qualcosa di sbagliato?” chiese Merlin, Arthur si guardò le mani appoggiate al suo grembo, e scosse la testa, “no nulla, assolutamente”.

Caio sospirò, “Merlin accompagnalo nella sue stanze, verrò dopo per degli accertamenti” dopo aver detto quella frase uscirono tutti quanti dalla stanza.

Appena arrivati nella camera, Merlin fece sedere Arthur sulla sedia della scrivania mentre lui accendeva un bel fuoco.
Aveva lo sguardo stanco e sembrava che guardasse altrove.

“Ti fa ancora male Merlin?” chiese il Re, era teso ma si rilassò quando vide gli occhi del suo amico.

“Sto bene Sire!” sorrise dolcemente.

“Ma ti fa ancora male vero?” chiese insistente, muoveva le gambe in cerca di calore, era talmente orgoglioso che non avrebbe mai ammesso di avere freddo.

Il ragazzo scosse la testa, poi si voltò verso il suo Asino Reale, “dovrebbe pensare ha se stesso, deve riposare”.

“Ti stai sovraccaricando di lavoro, non ti fermi da sta mattina presto, sei peggio di una trottola!” disse alzandosi, “ora Merlin ti fa ancora male la testa?” il servo si lasciò sfuggire una timida risata.

“Si, qualche volta mi fa male...” abbassò le mani, che stringevano un accerino, “ma me la cavo benissimo!” sorrise ancora una volta, ma quel sorriso non tranquillizzò affatto il Re.

“Lo sai che puoi prenderti tutte le pause che vuoi!” si risedette mentre fissava Merlin.

“Mi piace lavorare” confessò imbarazzato, poi riprese ad accendere il fuoco.

“No, okay forse non mi sono spiegato sufficientemente bene” disse rialzandosi, e piazzandosi a pochi centimetri dal servo, “tu prenderai una pausa ogni volta che ne hai bisogno” scandì le ultime due parole e un silenzio calò sulla stanza.

“Non sono un bambino Arthur!” fronteggiò a testa alta il Re, “conosco i miei... i miei limiti” concluse riabbassandosi e maledicendosi, perché non aveva ancora acceso quel maledetto fuoco?
In quella stanza si stava morendo di freddo.

Un brivido gli attraversò tutta la schiena, fino ad arrivare al collo e alle orecchie, che cominciarono a fischiare.

“Non sai proprio quando fermarti è?” sussurrò piano Arthur.

“Testa da fagiolo” Arthur sorrise all'insulto, loro lo facevano spesso, ma quello che dicevano non lo pensavano sul serio, ringraziò il cielo Merlin aveva ancora il suo, scadente doveroso da dire, umorismo.

Si sedette sul letto, e ripensò a quando tutto ero iniziato pochi mesi prima.


§


Era tardi e Merlin non gli aveva ancora portato la colazione, “Merlin!” chiamò ad alta voce, “dov'è la mia cola-” ma la sua domanda fu interrotta da suono sordo e un gemito di dolore. Merlin era inciampato e aveva fatto cadere tutta la colazione del Re.

Il suo valletto era impacciato sì, ma non così tanto! Aveva fatto quella strada così tante volte, che se per qualche motivo avesse perso la vista, si saprebbe orientare a memoria, per quella parte del castello.

“Mi dispiace! Mi dispiace tanto. Vado a prendervi la colazione Sire, pazienti ancora un po’” asserì debolmente, e in quel momento Arthur capì che c'era qualcosa che non andava con il suo valletto. L'angoscia nella voce del corvino lo fecero preoccupare non poco, ma il colpo di grazia arrivò quando per uscire dalla stanza, inciampò un’altra volta, cadendo, rovinosamente a terra.

“Merlin!” il Re scattò in piedi, e con fare preoccupato si avvicinò all'amico, che non sembrò averlo notato. “Cosa c'è che non va?” chiese me non ricevette risposta, Merlin continuò imperterrito a raccogliere i pezzi dell'argenteria, sparsi per tutto il pavimento.

Solo dopo rispose alla domanda, “nulla sto bene... Anche i migliori sbagliano no?” rispose mentre raccoglieva una posata, per poi alzarsi, ma vacillò prima di arrivare alla porta.

“Woaw, okay ora tu posi queste cose, chiamerò qualcun'altro per sistemare il casino, ti vai a sedere e ti riprendi”

“Sciocchezze! Devo andare a prendere la vostra colazione...di nuovo” Arthur gli afferrò le spalle e lo girò in modo che fosse davanti alla sedia della scrivania, si avvicinò quando vide le gambe di Merlin cedergli e farlo cadere sulla sedia, “cos'hai?” chiese serio.

“Nulla ve l'ho già detto!” insistette l'altro, ma si chinò in avanti e mise una mano sugli occhi, per coprirli dal troppo sole che c'era in quella stanza.

“Non è vero, è successo qualcosa?” domandò agitato, non sapeva cosa fare, e se Merlin fosse svenuto? Lui non sapeva come comportarsi! Il panico lo assalì, ma si diede un contegno e fece scendere la paura, fino a tranquillizzarsi.

“Certo che no, mi fa solo... un po’ male la testa...” confessò, poi mise gomiti sulle ginocchia e ci appoggiò la testa che pulsava violenta.

“Caio ti ha dato qualcosa per il dolore?” chiese Arthur.

“Ho preso qualcosa sta mattina, e sembrava essermi passato,” rise nervosamente, “ma invece è ancora qui” terminò la frase liberando un sospiro che non sapeva di aver trattenuto.

“E Caio non lo sa?!” il tono di voce di Arthur era troppo alto, e Merlin gliel'ho fece notare stringendosi la testa tra le mani tremanti.

“No, non lo sa...” disse in un soffio, “ha già troppo a cui pensare”.

“Potresti essere malato!” disse alzando ancora la voce.

“È solo un mal di testa Arthur... Tu ti preoccupi troppo” scherzò l'altro, ma il Re non lo ascoltò.

Con presa ferrea tirò vicino un'altra sedia e ci si sedette sopra, proprio davanti a Merlin.

“Da quanto tempo?” Merlin sembrò non capire cosa stesse effettivamente dicendo il suo amico, Arthur sospirò e riformulò la domanda; “da quanto tempo hai questo mal di testa?”

“Oh solo da un po’” disse esitante.

“Un po’ quanto?”

“Un mese penso”

“E Caio non lo sa!?” ripeté il Re.

“Non c'è bisogno di urlare” disse passandosi le mani tremanti sul volta pallido, “il mal di testa viene solamente di mattina, non c'è bisogno di preoccuparsi” sospirò e si appoggiò allo schienale della sedia.

“Ne sei sicuro?”

“Certo non è nulla che io non possa gestire” sorrise, “ora posso fare il mio lavoro?” domandò e l'altro annuì, lo fece passare e tutto tornò alla normalità. Arthur aveva fiducia nel suo servo, se lui diceva che andava tutto bene, molto probabilmente era così, e poi, Merlin era una sotto specie di adulto, quindi sapeva badare a sé stesso, giusto?

Almeno questo era quello che pensava il Re.
Dopo quella chiacchierata andò a lavorare alle scartoffie, mentre Merlin raccattava tutto e usciva dalla porta. Ma dopo pochi secondi sentì uno schianto e un grido sofferente proveniente dalle scale.
Il Re uscì svelto dalla camera e si fiondò nel corridoio, fece vagare il suo sguardo e cercò di trovare il responsabile di quel disastro. Pregò con tutto il suo cuore che non fosse stato lui.

Merlin era in fondo alla scala, si era già messo seduto, se non fosse stato per quello che era successo prima, Arthur non si sarebbe curato della caduta dell'amico, ma adesso dopo quei mancamenti aveva pregato che non si trattasse di Merlin.
Senza pensarci due volte scese le scale e si avvicinò al suo valletto, tremava, e la sua mano era ferita; una taglio di medie dimensioni attraversava il palmo destro del mago, il sangue caldo cadeva sulla nuda pietra.

“Merlin aspetta ora te lo fascio” il Re non gli lasciò nemmeno il tempo di replicare che aveva già stretto la mano ferita con uno straccio bianco, che si macchiò del sangue del ragazzo.

“Hai battuto la testa?” chiese mentre gli passava una mano sulla fronte, era freddo, gelido, come la pietra del castello.

“No, sto bene” disse in tono monotono, si alzò e cercò di stare in piedi davanti allo sguardo del Re, che lo fissava con evidente disapprovo.

“Avanti smettila! Quanto ti costa ammettere di essere malato!?” urlò alzandosi e fissando con evidente ira il mago.

“Sto bene Arthur”

“Hai camminato su e giù per questa scalinata da oramai quattro anni se non più! Trasportando molto di più di della semplice argenteria! Non hai un solo viaggio da fare vero? Hai altro nella mia stanza da portare giù?” annuì confermando i sospetti di Arthur.

“Va bene, andiamo da Caio”

“N-no sto bene” ribadì falsamente Merlin.

“Non mi interessa, prevenire è meglio che curare giusto?” ha aiutato Merlin ad alzarsi, ma il nobile vedeva la fatica del servo, “cosa c'è che non va?” chiese.

“Non lo so...” confessò.
Merlin stava diventando frustrato con se stesso, non riusciva a stare in piedi, faticava per fare due passi, e il suo senso dell'equilibrio era sciamato in pochi secondi.

Il Re capì che c'era un altro problema, così lo sollevò con estrema facilità.
Per un primo momento Merlin era teso, imbarazzato della sua debolezza, ma dopo poco si rilassò tra le braccia forti del suo adorato Re.

Il fatto che non avesse combattuto per il suo gesto aveva reso Arthur inquieto, la situazione era così seria?

Abbassò lo sguardo e vide il volto del mago, aveva chiuso gli occhi, e la fronte era corrugata per il forte dolore, doveva sbrigarsi.
Le ombre sotto gli occhi erano aumentate, quante notti insonni aveva passato per ridursi così?
Arthur si chiese se un po’ era colpa sua, era stato lui ha causare tutto questo a Merlin?

In poco tempo arrivarono nelle stanze del medico, non c'era nessuno, molto probabilmente era fuori a fare qualche commissione.
Entrò nella stanza di Merlin, e posò sul letto il corpo del ragazzo. Lo guardò e sospirò, per poi chiudersi la porta alle sue spalle.
Visto che il padrone di casa non c'era, gli aveva lasciato un biglietto con scritto;

 “Caio,
Merlin è malato.
Occupatene,
tornerò al crepuscolo.

Arthur.”


§


Il fuoco era acceso, ma un brivido si fece strada tra le membra di Arthur, quando se ne accorse, Merlin gli posò una coperta sulle spalle.

“Grazie”, poi spostò lo sguardo sulla finestra, e cambiò argomento. “Non ha ancora nevicato” concluse stringendosi la coperta, dava più calore quella che il fuoco.

“No, è un peccato, io amo la neve” disse Merlin mentre caricava il fuoco, “vado a mettere questi vestiti nella lavanderia, torno subito” disse prendendo il cesto dei panni sporchi, uscì dalla camera, ma il rumore dei passi si fermò dopo poco.
Il nobile pensò che il suo valletto avesse dimenticato qualcosa, ma quando sentì la voce debole e strozzata dell'altro si alzò in piedi e aprì la porta.

“Arthur?” chiamò ancora, la sua voce tremava, aveva paura, il Re percorse tutto il corridoio e gli andò incontro, gli mise una mano sulla spalla e lo scrollò un po’.

“Cosa c'è?” chiese dolce, ma si spaventò quando vide lo sguardo spento e freddo dell'altro, aveva paura, lo leggeva nei sui occhi, erano finti, inutili.

“Arthur...” ripeté facendo cadere il cesto, “Merlin?”.

“Non... Non vedo Arthur...” disse in un soffio, piano piano, come se fosse un segreto tra loro due, nonostante questa rivelazione il Re si impose di rimanere calmo e di pensare lucidamente.

“Non preoccuparti, va tutto bene” lo consolò il biondo, ma Merlin non aveva bisogno di consolazioni, aveva bisogni di sapere cosa stava succedendo. Come per miracolo, Arthur sentì il vecchio medico, lo chiamò. Il tono di voce urgente.

“Sire?” chiese Caio.

“Non io ma Merlin” a quelle parole Caio salì le scale ad una velocità notevole per la sua età.

“Caio” disse singhiozzando, cercava in tutti modi di non piangere.

“Cosa c'è che non va ragazzo mio?” ma prima che Merlin potesse rispondere Caio aveva già capito tutto.

“Oh” prese Merlin per un braccio e lo condusse lontano dalle scale, “va tutto bene devi solo concentrarti” disse stringendogli il braccio, ovviamente stava mentendo, entrambi stavano mentendo, Caio e Arthur stavano dicendo bugie su bugie a Merlin, non stava andando tutto bene, la situazione poteva solo andare a peggiorare.

“Portiamolo in camera mia” propose il nobile, e a Caio andava più che bene, non potevano rischiare con le scale.

Non erano tanto lontani della camera, quando furono entrati, fecero sedere Merlin su una sedia, per il suo rango non voleva assolutamente sedersi sul letto reale.
Per tutto il tempo Merlin rimase in silenzio e il cuore di Arthur si sentì frantumarsi quando vide i meravigliosi occhi di cristallo, del suo Merlin vuoti e senza vita.
Strinse i pugni, e si maledisse, dopo poco si accorse di tremare, guardò la borsa di Caio al suo interno v'era una boccetta, che molto probabilmente conteneva la sua medicina.
Dopo uno sguardo d'intesa, il Re prese la boccetta e ne bevve il contenuto, il tremolio cessò e il respiro, prima irregolare, tornò alla normalità. Caio si sedette accanto al suo pupillo, e gli parlò dolcemente, come un padre affettuoso.

“Devi dirmi cosa hai provato in questi ultimi giorni” gli strinse la mano e il volto di Merlin si fece tranquillo, anche se lui non poteva vederli, sapeva che gli sarebbero sempre stati accanto, e lo avrebbero aiutato ad affrontare ogni suo ostacolo.

Merlin sospirò, poi cominciò a parlare lentamente, come se dovesse spiegare una cosa difficile ad un bambino molto piccolo, scandendo ogni parola, e con dei lunghi spazzi tra le parole.

“Sono stato assonnato... e pigro per quanto mi duole a-ammettere” questo Arthur lo aveva notato, ma non pensava che fosse qualcosa di grave, il mago continuò;

“Di prima mattino avevo un forte mal di testa, e... e le vertigini.... era difficile rimanere in piedi” si portò le mani alla testa e strinse a capelli, neri come la cenere. Si riprese, e alzò la mano destra, “e la mia... mia mano d-destra e il mio piede, sempre destro, sono stati deboli, e la mia vista diventava sfocata di colpo.... e... come potete notare... il... il mio d-discorso n-non è il massimo...”

“Ma non sei mai svenuto vero?” chiese Caio.

“Non che io sappia” rispose senza fretta nella voce.

“Ne sei sicuro?” ribadì.

“Te lo avrei fatto sapere se mi... mi fosse accaduta una cosa del genere... no?” sorrise.

“Mi fido di te” disse il medico alzandosi dalla sedia.

“Cosa faccio?!” chiese con voce tremante.

“Devi riposare” rispose mentre guardava Arthur, che capì subito.

“Ho una stanza molto vicina alla mia, ci sono meno scale da fare, e se hai bisogno... beh sai...” disse titubante ma venne fermato da Merlin.

“Grazie” disse in un sorrise, “figurati”, meno male che non poteva vederlo, il colorito del Re era molto vicino a quello di un pomodoro.

Quando tutti quanti furono d'accordo, il Re portò il suo fidato valletto nella stanza a lui riservata, Caio annunciò che sarebbe venuto a visitarlo tra due o tre ore, lui ora doveva solamente dormire e riposarsi, e Arthur dal canto suo, cercò di non far mancare nulla all'amico.
Arthur prese il coraggio a due mani, e si sedette accanto a Merlin, rimasero un po’ in silenzio, ma fu il nobile a rompere il silenzio.

“Hai un vestito da cerimonia?” gli chiese senza guardarlo, lo faceva stare male, non sapeva il perché, ma quando punta il suo sguardo in quello dell'altro, si sentiva impotente.

“Intendi dire il capello con le piume?” chiese confuso, provocando una risata al biondo.

“No, nulla di quel genere!” disse alzandosi, “allora farò venire la sarta per fartene fare uno” si avvicinò alla porta.

“Per cosa?” chiese curioso, “per la cerimonia” disse ovvio il biondo.

“Quale cerimonia?” chiese ancora più curioso e confuso.

“Pensavi davvero che io non mi fossi mai accorto della tua magia!” agguantò la maniglia della porta e la tirò verso di se per aprirla, “domani diverrai il Mago di Corte!”
Uscì e si chiuse la porta alle spalle, lasciando Merlin, stupito ma felice.

Mentre si dirigeva in camera sua, il Re incontrò il medico, non voleva fare quella domanda, ma le parole gli uscirono come un fiume dalla bocca.

“Hai ricontrollato come ti avevo chiesto?” la voce tremante, e gli occhi serrati.

“Pare che si trovi nella zona lombare del cervello Sire... mi dispiace dirlo ma la sua vita non tornerà in dietro” il nobile sentì un forte dolore al petto, quelle parole lo aveva appena trafitto, come una spada impregnata di un veleno che si chiama Verità.

“L-Lui non si merita questo Caio” esordì chinando la testa.

“No, lui non lo merita ha ragione...” la sua voce era più profonda del solito, questo fece alzare la testa al Re, “ora devo andare a curare dei malati” tagliò corto e superò il biondo, lo lasciò solo nel suo baratro. Il tempo passò, e Arthur lo trascorse tutto quanto alla sua scrivania a lavorare a quelle stupide e futili scartoffie.

Era mezzanotte quando concluse il suo lavoro, si alzò e con passo lento e felpato uscì dalla sua camera, per entrare in quella di Merlin.
Dormiva tranquillo, le tende erano aperte, e la luna illuminava la stanza, i suoi raggi rendevano ancora più bello il volto di Merlin, più pallido della luna stessa.
Arthur si sedette sulla sedia vicino al letto, Gwen gliel'ho aveva sempre detto che loro due erano uno l'opposto dell'altro. Ma erano sempre due facce della stessa medaglia.

Merlino era la Luna, risplendeva nei momenti più bui della vita di Arthur, lo aiutava senza chiedere nulla in cambio, era sempre sereno e qualche volta enigmatico, cosa si nascondeva dietro a quei occhi? Erano così vecchi, sembravano aver visto cose che nemmeno il Drago Kilgharrah aveva mai visto.

Arthur invece era il Sole, pieno di sé e di speranza, amato da tutti e rispettato da molti, pieno di bellezza, luminoso, oscura completamente la Luna, ma lo fa solamente per il suo bene, perché senza la bellezza dalla Luna, non potrebbe esistere l'orgoglio del Sole, e senza l'onestà del Sole, non potrebbe esistere enigma della Luna.

Ecco tutto, Arthur e Merlin sono due facce che si completano, sono come il bianco o il nero, il chiaro e il scuro, il coraggio e la ragione. Si alzò, doveva essere tardi, i suoi occhi cominciarono a chiudersi, così uscì dalla stanza come era entrato, in silenzio e dal nulla. Ma prima di fare tutto questo, si avvicinò al letto, e posò un bacio soffiato sulle pallide labbra del mago, fatto questo si alzò e uscì.


§


Come promesso, Arthur era tornato al tramonto, entrò dentro alla stanza senza bussare, e quasi uccise il vecchio medico dallo spavento.

Si scusò e poi chiese dove si trovava il suo servo.

“Sta dormendo Sire”

“Ancora?”

“È stata una dura giornata per lui, mi ero accorto che qualcosa non andava con il suo comportamento, così feci delle ricerche, e il cuor mio pregavo che non fosse come pensavo” passò il libro ad Arthur, che lo prese senza capire, “lo legga Maestà” disse alzandosi.

Arthur fece come gli venne detto, lesse parola per parola, erano incomprensibili, ma una sola singola vocabolo, e tutto gli fu chiaro, come se una luce gli avesse illuminato la via, ma non era una luce chiara, che portava speranza...
No, quella luce portava disperazione e rabbia nel cuore del Re.

Un tumore al cervello...

Quel mostro portava innumerevoli guai alle sue vittime, e in fine le accompagnava lieto e felice alla morte.

Merlin stava morendo.

Chiuse il libro, con una delicatezza che non pensava di avere, era perso, la sua luce stava morendo, lo stava lasciando da solo in questo mondo di ombre e tenebre.

Si avvicinò alla porta della camera del ragazzo, l'aprì e si fece strada tra l'atmosfera di stanchezza che troneggiava nella stanza.
Ma uscì subito dopo, era impossibile stare in quella stanza, richiuse la porta e ci appoggiò la testa.

 

«Nessuno è degno delle tue lacrime»


La voce di suo padre gli rimbombava nella testa, come se quelle parole erano appena state dette, strizzò gli occhi e ricacciò le lacrime in dietro.
Si fece coraggio e riaprì la porta, questa volta si avvicinò di più al letto del suo amico, lo vide rannicchiato su un fianco, il suo petto che saliva e scendeva regolarmente.
Una piccola vocina gli sussurrò una dura e cruda verità, 'chissà se tra qualche anno gli parlerai ancora' la vocina non aveva tutti i torti.

*****  

Il giorno dopo, il sovrano rivide il suo sottoposto di nuovo al lavoro, ma la difficoltà con cui li faceva, riempì il cuore del Re con uno strano sentimento, di disprezzo verso di sé, Merlin pregò il sovrano, lo pregò di farlo ritornare ai suoi lavori quotidiani, sapeva che Merlin era peggio di una trottola e se fosse rimasto seduto a non fare nulla, si sarebbe solamente fatto del male, così Arthur diede il permesso a Merlin di tornare a svolgere le sue mansioni quotidiane.

Ma Arthur viveva nel rimorso, stava mentendo al suo migliore amico, Caio gli aveva detto che era per il suo stesso bene, ma questo non importava al sovrano, così in una giornata primaverile, Arthur chiese al servo di accompagnarlo un po’ fuori dal castello, per assaporare un l'aria satura del profumo dei fiori.

Merlino accettò volentieri, e mentre il sole tramontava e dipingeva il cielo di sfumature calde, Arthur raccolse tutto il coraggio che aveva e sussurrò la verità all'orecchio de suo fidato amico.
Le spalle di Merlin si rilassarono a quella rivelazione, i suoi occhi puntavano verso il basso, e le sua mani giocavano con l'erba per scacciare l'ansia e la paura.

Poi parlò.

“Oh” fu l'unica cosa che uscì dalle labbra dall'amico.
Il silenzio tornò a regnare su loro due, Arthur si era immaginato molte volte questa conversazione, e ogni volta aveva ricevuto una risposta diversa. Immaginava un grande dolore dietro hai pochi gesti fatti dal mago, una rabbia per avergli nascosto quella notizia, tristezza, paura, sconforto. Arthur aspettò in silenzio non gli mise alcuna fretta.

“È bello” disse in fine.

“Che cosa?” chiese sconcertato il nobile.

“Il tramonto” confessò, sorridendogli. Il cuore di Arthur perse qualche battito, avrebbe voluto piangere tra le sue braccia, invidiava quella sua forza interiore, lui era l'unico dei due che vedeva sempre il lato positivo delle cose, diceva sempre «andrà tutto bene» alle persone con una sola crepa nel cuore, una volta ha persino detto una frase che nemmeno Arthur si sarebbe aspettato di sentire dalle labbra del mago.


«Ho visto persone a pezzi, aiutare chi aveva solo una crepa»


E questo aveva fatto Merlin per tutto questo tempo, aveva aiutato persone con meno crepe di lui.

Il mago sospirò, “è difficile sì, ma io non ho intenzione di vivere il mio tempo sguazzando nel peccato. Ho ancora del lavoro da fare” Arthur lo guardò con curiosità.

“Ho il compito di proteggerla fino alla fine dei miei giorni ricorda?” il Re sorrise, e aiutò il suo amico ad alzarsi, il viaggio verso il castello lo passarono in silenzio, ognuno immerso nei propri pensieri.


§


Il giorno dopo Darcy prese le misure per il vestito da cerimonia di Merlin.

Era pomeriggio inoltrato quando bussarono alla porta, “chi è?” chiese Merlin.

“Sono io amore” la voce di Darcy era limpida, “sono qui per il vestito” continuò mentre entrava nella stanza.

“A-a- si giusto... non... non me lo ricordavo” rise nervosamente.

“Te lo meriti più di chiunque altro caro! Oltre agli abiti sono qui per aiutarti a vestirti, anche se non ti servirebbe il mio aiuto” infatti Merlin era già vestito e pronto a scendere.

Ma lo aiutò comunque, fece scivolare gli abiti da cerimonia sulla pelle del ragazzo, erano così morbidi, doveva essere seta pregiata pensò Merlin, quando sentì la sarta sospirare soddisfatta.

“Di che colore sono?”

“Una bellissima tonalità di azzurro,” gli diede una pacca sulla spalla, “l'ha scelto il Re!” disse in seguito, il silenzio cadde sulla stanza, Merlin sapeva che Darcy cercava in tutti i modi di stare serena.

“Sono così orgogliosa di te, lo sapevo che tu eri speciale… ma uno stregone!” sentì la sua voce infrangersi in un pianto di felicità, Merlin si avvicinò e l'abbracciò stretta.

“Grazie” disse staccandosi, e sorrise.

“Beh ora devo andare a prepararmi! Ci vediamo Merlin!” la porta si chiuse e il silenzio tornò a regnare sulla stanza.

Arthur vide la sarta uscire e si diresse verso di lei, “è andato tutto bene?” chiese agitato, “aveva proprio ragione Maestà! L’azzurro sta benissimo su di lui” si inchinò e riprese il suo cammino.

Il Re invece andò verso la sua porta e bussò.

“Avanti” disse Merlin, la porta si aprì e Arthur rimase senza parola quando vide Merlin, aveva proprio azzeccato il colore, “chi è là?” chiese Merlin con voce sicura, mentre si girava verso la porta.

“S-sono io” il mago si rilassò e sogghignò.

“Come sto?”

“Benissimo, le dame avranno occhi solamente per te questa sera” rise e gli si avvicinò.

Il ragazzo sorrise, e abbassò la testa, “perché stai facendo questo? È solo perché sto per morire?” chiese con ancora il sorriso sulle labbra.

Il biondo capì le sue preoccupazioni, gli prese le mani e lo condusse a letto si sedettero entrambi sul bordo, e Arthur cominciò a parlare.

“Lo faccio perché te lo meriti, sei il mio migliore amico e hai fatto il tuo lavoro con passione e dedizione, questa sera quando ti nominerò Mago di Corte, le altre persone capiranno che la magia non è malvagia! Riuscirò finalmente a rompere il muro che c'è in questo regno” le mani di Merlino strinsero quelle di Arthur.

“Certo, come mi è venuta in mente una cosa del genere?”

“Vuoi dire che?”

“Ovviamente! Grazie mille Sire” un sorriso si dipinse sulle sue labbra.

“Grazie a te Merlin. Hai bisogno di qualcosa?” chiese alzandosi.

“No nulla, conosco queste scale come il palmo della mia mano, riuscirò a scendere anche da solo” si alzò anche lui e affiancò il suo sovrano.

“Ne sono più che sicuro, tra poco arriverà Caio, per la medicina, ci vediamo sta sera” disse uscendo dalla stanza, “certo” rispose e la porta si chiuse.

Arrivò la sera e insieme a quella, arrivò anche il fatidico momento.
Il sole risplendeva in un angola della vetrina dai mille colori, che illuminavano la spada che danzava sulle spalle di Merlin. Da quel momento in poi, lui non sarebbe più stato Merlin. No, da quel momento in poi sarebbe stato Merlin, il Mago della Corte di Camelot, avrebbe preso parte alle riunioni della tavola rotonda, avrebbe insegnato la magia ai bambini, avrebbe potuto aiutare il Re…
Caio raggiunse il ragazzo con evidente orgoglio negli occhi, che Merlin non poteva vedere.

Dopo la cerimonia c'è stata una grande festa in onore del ragazzo, c'erano dame, e la musica più bella che Merlin avesse mai sentito, il cibo era ottimo e i vino non mancava di certo, Arthur sperava con tutto il suo cuore che si divertisse a quella festa.

“Vado a prendere un po’ d'aria” disse ad Arthur prima di scivolare delicatamente tra la folla, sembrava che potesse vedere ogni persona davanti a lui.

“Aspetta! Merlin-” ma il mago era già troppo lontano, il Re non si fidava a lasciarlo solo, salutò i nobili con cui stava parlando, e si precipitò verso Merlin.
Ma si fermò. Forse doveva rimanere solo tutto qui, passarono i minuti e di Merlin nessun segno, il cuore di Arthur cominciò a battere veloce, e l'agitazione stava prendendo il sopravvento mentre si avvicinava sempre di più all'uscita.

I sospetti di Arthur si erano confermati con una sola occhiata alla notte che ormai era padrona del regno. Il corpo di Merlin era disteso a terra, il respiro irregolare, il suo povero e gracile corpo dato in pasto alle convulsioni.
In pochi secondi Arthur era in ginocchio vicino al suo compagno di mille avventure, venne colpito dall'orrore quando vide gli occhi del suo amico. Gli occhi, i suoi occhi, erano pieni di dolore, erano spaventati, erano bui.

Caio gli aveva raccontato che questo poteva accadere, l'unica cosa che lui poteva fare in queste situazioni era mantenere la calma, sia per lui che per Merlin. Sapeva quello che doveva fare, ma il panico prese il comando.
Il fiato si fece corto, ed era totalmente incapace di gestire la situazione, “aiuto! Qualcuno mi aiuti! Caio! Qualcuno! Per favore...” urlò, quando capì che nessuno lo sentiva, si alzò e corse verso l'interno della sala.

“Qualcuno mi aiuti!” tutti quanti rimasero in silenzio, Caio capì quello che stava succedendo, si avvicinò al Re ed entrambi andarono fuori, in pochi minuti tutta la sala era vuota. Erano tutti quanti fuori ad osservare il povero ragazzo, e il suo Asino Reale.
Per un disgustoso istante, Merlin chiuse gli occhi, rilassò tutti i muscoli e cadde tra le braccia forti del Re. Arthur pensò che fosse morto, ma dopo pochi strazianti secondi, che parvero ore al povero ragazzo, Merlin riaprì debolmente gli occhi, e due braccia forti gli cinsero il collo, quell'odore poteva riconoscerlo ovunque, “A-Arthur” ma il biondo lo zittì e lo appoggiò al suo petto.

Poco dopo arrivò Caio per valutare la situazione.

“Portiamolo nelle sue stanze Sire” disse, Arthur annuì, sollevò il corpo del mago senza troppa fatica con delicatezza come se fosse fatto di porcellana, gli sguardi di tutti erano puntati su loro due.
Sguardi malinconici, tutti, nessuno escluso, pensavano che fosse un ingiustizia quello che stava succedendo.
Merlin non si meritava affatto quella sorte, con passo svelto, ma facendo sempre attenzione al ragazzo Arthur attraversò il salone in silenzio.

Da quel giorno in poi Merlin non fece altro che peggiorare, ma non voleva ammetterlo, aveva ancora un sacco di cose da fare, e nemmeno Arthur riuscì a fermarlo.

“Sto bene Arthur, ora lasciami lavorare” disse un giorno, sentiva lo sguardo del Re puntato addosso, “dovresti riposare invece di girare per tutto il castello come un forsennato!” scattò in piedi e si avvicinò all'ex valletto.

“Arthur,” si voltò e puntò il suo sguardo in quello del nobile, “io lo sto accettando, lo sai come sono fatto, se sto a letto mi sentirò solamente inutile, e non pensare di essere il primo a dirtelo, anche Gwen, Caio, Leon, Galvano, Percival, persino Elyan, me lo dicono ogni volta che gli incontro, non ho bisogno d'aiuto, e se ne ho bisogno lo chiederò, come ho sempre fatto” disse mentre cercava di immaginare la faccia del suo Asino Reale, come sarebbe stato?
Stupito?
Irritato?
Felice?
Arrabbiato?

Tacquero entrambi per un lungo periodo, si sentivano solamente le mani di Merlin che mettevano apposto le lenzuola reali. Ma Arthur era ben lontano d'accettarlo, aveva i nervi a fior di pelle ogni volta che era consiglio, quando lo chiamavano pensava subito al peggio, tratteneva il respiro fino a quando non gli dicevano che era tutto apposto.
Nei momenti vuoti era sempre accanto a Merlin, lo sorreggeva quando mancava una gradino o quando si sentiva troppo male e vomitava tutto quello che aveva mangiato la sera prima, quando terminava era troppo debole per parlare, figuriamoci tornare nella sua camera.
Altre volte il dolore era talmente sordo che non riusciva nemmeno a muoversi, ma anche in quel caso Arthur era sempre accanto a lui.

Ma Arthur doveva pur allenarsi, e Merlin capiva benissimo quando non era con lui, capiva che il Re doveva proteggere il suo popolo, e i suoi cavalieri, così un giorno andò a “vedere” l'allenamento del biondo.
Si stava allenando con Sir Leon, Sir Elyan, Sir Percival, Sir Lancillotto e Sir Galvano, ma quando il Re si accorse di essere osservato, gettò la spada a terra e si avvicinò al suo osservatore.

“Non ti avevo visto Merlin” disse mentre veniva affiancato da tutti i cavalieri.

“Te l’avevo detto che un giorno sarebbe cambiato tutto! Ora tutti sanno del tuo segreto e nessuno dei presenti ti odia” disse Lancillotto. Quando nominarono Merlin Mago di Corte, Lancillotto era fuori per una missione, ma era a conoscenza del fardello che stava portando il mago sulle sua spalle.

“Si” disse timidamente grattandosi la testa, sorrise, era così triste vedere il loro amico ridotto in quelle condizioni, ciondolava ma Sir Galvano e Sir Percival erano pronti a sorreggerlo se fosse caduto in ginocchio davanti a tutti.
Lui non meritava di cadere in ginocchio davanti a nessuno, nemmeno davanti al più grande Re di tutti i tempi.

“Vi ho disturbato... Prego continuate ad allenarvi” disse portandosi le mani ai gomiti per riscaldarsi.
A vederlo così indifeso, Arthur si tolse il mantello e gliel'ho posò sulle spalle, il cielo era grigio, erano ormai in pieno inverno e la prima neve non era ancora caduta. Hanno continuato ad allenarsi fino a sera.

Arthur andò da Merlin e lo aiutò ad alzarsi, camminarono lentamente, mentre il mantello del Re era ancora stretto sulle spalle del suo ex valletto.

“Arthur... andiamo ancora sulla collina... dove siamo andati in primavera... possiamo andarci vero?” disse di punto in bianco Merlin mentre attraversavano i giardini reali, erano così tristi, senza colori né profumi, era tutto grigio e monotono.

“Devo chiedere il permesso a Caio, se va bene facciamo domani” disse stringendolo a se quando sentì che un forte brivido gli aveva attraversato la schiena.

“Che dici se andiamo oggi? Non è lontano e poi... Tu domani sei impegnato” era vero, domani era impegnato, ma aveva paura di fare un viaggio così all'improvviso, e se avesse avuto un attacco come avrebbe reagito? E se si fosse sentito talmente male da non potersi muovere?
No, non poteva rischiare, la posta in gioco era troppo alta.

“Andiamo Arthur, torneremo p-prima di c-cena!” si avvicinò e cercò la camicia di Arthur e quando la trovò la strinse a sé, “per favore” continuò anche se i suoi occhi erano morti, riusciva a percepire l'urgenza nella sua voce, e sapeva di aver tempo per quella urgenza.

“Va bene andiamo” lo prese per una mano e lo portò alle scuderie, lo aiutò a salire sul cavallo e partirono alla volta della collina. Arthur voleva tornare prima che Caio si accorgesse della sparizione del suo ragazzo e del Re, arrivarono proprio quando il sole stava morendo, e in quel momento stava rilasciando un calore che fece piacere ad entrambi.

I colori caldi presero il possesso del cielo per pochi minuti, quando smontarono da cavallo, Merlin sospirò di piacere.

“Grazie Arthur. Non potevo chiedere nulla... nulla di più bello”

“Io non ho fatto nulla, tu meriti molto, molto di più di questo”

“Questo è il mio Destino... e noi sappiamo bene... che non si può sfuggire al Destino” sorrise e si appoggiò ad Arthur, che per sua risposta lo strinse a se, per non fargli prendere freddo.

“Non puoi nemmeno vedere il tramonto, questo è ingiusto... è ingiusto nei tuoi confronti!” disse il Re mentre fissava l'orizzonte che sembrava così infinito.
Merlin alzò gli occhi verso la luce, anche se vedeva tutto buio, “posso immaginare come sia... ho tutto qui...” disse battendosi un dito sulla tempia.

“Come puoi vedere ancora il lato positivo delle cose, quando la vita ti ha dato molto meno di quanto ti ha strappato?” un triste sorriso si formò sulle labbra del mago.

“Potrei scegliere di sprecare il mio tempo a soffrire perché sto morendo, o meglio, gioire per il semplice fatto di aver vissuto” quella frase uscì senza nessun problema, come se l'avesse provata davanti ad uno specchio.

“Ma potevi vivere molto di più!”

“F-forse, ma io sono felice di aver vissuto questi miei ultimi anni qui a Camelot, dove ho conosciuto persone straordinarie con passati tristi, un po’ come il mio. E sono felice di averti servito con tutto me stesso, sono felice di averti conosciuto, di essere tuo amico” concluse sospirando di felicità.

Il Re rimase in silenzio e Merlin ricominciò a parlare; “non posso ri-ringraziarvi abbastanza per tutto quello che avete fatto per me... avete reso la mia vita degna di essere vissuta” abbassò lo sguardo.

“Sono io che ti dovrei ringraziare, mi hai reso un Re degno di Camelot, ci sei sempre stato per me, nei momenti di luce che in quelli di buio...
Grazie Merlin”

Rimasero lì fino a quando il sole non tramontò, Arthur aiutò Merlin a salire a cavallo ed entrambi si diressero a Camelot.
Merlin si addormentò tra le braccia di Arthur, e quando arrivarono al regno, il biondo con cautela fece scendere da cavallo il corvino e lo portò a letto. Dopo averlo sistemato a dovere, spense la candela e Merlin dormì con sogni tranquilli la sua ultima notte.

*****

Il pomeriggio successivo Arthur era ad una riunione con i ministri degli Affari Esteri, quando Darcy entrò nella sala a testa china.
Il consiglio vide la sua entrata come un intrusione, Arthur, invece, saltò in piedi e le andò incontro con fare preoccupato.

“Non gli rimane più molto, Sire” furono le uniche parole che uscirono dalla bocca della sarta, Arthur uscì dalla stanza correndo, mentre dietro di lui c'era la donna.
Corse fino a farsi bruciare i polmoni, e anche quando fu davanti alla porta della camera di Merlin, non rallentò il passo.

Entrò come una tempesta nella stanza.

Sia Caio che i cinque cavalieri erano raggruppati attorno al letto, si fece strada tra i suoi amici e quando gli fu accanto non poteva fare altro che prendergli la mano e stringerla nella sua.

Quella mano era così fragile, piccola e fredda, sui suoi lineamenti si poteva vedere la crudeltà della morte, e ad ogni respiro era come se un pugnale venisse conficcato nel suo gracile e pallido petto.

“Va tutto bene, sono qui” la voce di Arthur fece rilassare Merlin, che sorrise.
Era pronto per attraversare quel piccolo confine tra la vita e la morte.

Lo sguardo di Arthur si spostò sulla finestra, quando aveva visto delle piccole cose bianche cadere.

“Merlin! Merlin sta nevicando! Vorrei… vorrei che tu potessi vederla” gli strinse la mano, e il maghetto aprì debolmente gli occhi, e sorrise con malinconia, “io...io amo la neve” riuscì a sussurrare.

Fu allora che un idea balenò nella testa di Arthur.
Raccolse il corpo debole del ragazzo e se lo mise sulle spalle, uscì dalla porta e corse giù per le scale, “tieni duro, non ci vorrà molto te lo prometto!” vide le porte del palazzo, “siamo quasi arrivati”.

Arrivati fuori, il Re appoggiò il corpo esanime sulla pietra fredda e bianca.

“Sta nevicando Merlin!” disse mentre le lacrime gli rigavano i volto, il giovane gli sorrise.

“Arthur... g-grazie” ma esalò l'ultimo respiro prima che il primo fiocco di neve dell'inverno toccasse il suo volto, e si sciogliesse con il calore del suo corpo, ormai freddo come la neve.
Il Re strinse il suo corpo e le lacrime scendevano più violente sul suo volto rosso, ancora quella vocina nella sua testa che gli ripeteva:


«Nessuno è degno delle tue lacrime».


No non era vero, Merlin era degno delle sue lacrime.

No.

Merlin voleva le sue lacrime.

E così Arthur Pendragon, Re di Camelot, singhiozzava in mezzo al cortile reale, mentre stringeva il corpo del suo migliore amico.

“Grazie Merlin” urlò nel silenzio della sera, “grazie di tutto!”.

Ed un canto si alzò dalle terre di Albion quando il corpo del Mago venne inghiottito dalle fiamme, i druidi cantavano le antiche canzoni ormai dimenticate in lingua druida, ma Arthur riusciva a capirla, come se la conoscesse da molto tempo.

 

«Saita no no hana yo

Aa douka oshiete o-kure

Hito wa naze kizutsukeatte

Arasou no deshou

 

Rin to saku hana yo

Soko kara nani ga mieru

Hito wa naze yurushiau koto

Dekinai no deshou

 

Ame ga sugite natsu wa

Ao o utsushita

Hitotsu ni natte

Chiisaku yureta

Watashi no mae de

Nani mo iwazu ni

 

Karete yuku tomo ni

Omae wa nani o omou

Kotoba o motanu sono ha de

Nanto ai o tsutaeru

 

Natsu no hi wa kagette

Kaze wa nabiita

Futatsu kasanatte

Ikita akashi o

Watashi wa utaou

Na mo naki mono no tame*»

 

Ed è così che si concluse la storia di un Asino Reale, che divenne un ottimo Re per il suo popolo, e di un giovane schiavo che fu derubato della vita, ma avevano adempito al loro Destino come nessuno, nemmeno il Grande Drago Kilgharrah, avrebbe potuto predire.

 

N/A: Salve! Sono felicissima di aver riletto questa storia! Ci avevo dato un’occhiata e aveva visto degli errori che ho sistemato con questa revisione, ho cambiato il ruolo di Merlin, (per chi non avesse letto la storia prima del mio cambiamento, quando Arthur gli chiede del vestito per la cerimonia, si intende quella del cavalierato, che rende appunto, Merlin un cavaliere. Ma mi è piaciuto pensare che forse Arthur avrebbe potuto sapere della magia del suo amico) così per farmi odiare un po’. E visto che mi piace farmi del male, la canzone che ho piazzato alla fine del racconto, è scritta in lingua giapponese, NON in lingua druida! Ora vi metterò l’adattamento in italiano e l’anime da cui è tratta!

 

«Fiore che sboccia ascoltami,

rispondimi se sai dirmi il perché

perché siamo qui a soffrire e a piangere?

 

Per restare soli...

 

Fiore che vivi ascoltami

che cosa mai tu vedi da laggiù?

Perché siamo qui

senza perdonarci mai?

 

Ora dimmi ciò che sai…

 

Quado il cielo torna limpido

e tutto splendi su di me

non mi sento solo.

 

Quella pioggia è andata via,

ora resto solo io

senza parole oramai…

 

Quando poi tutto appassirà

e rimarrai il solo a vivere

quando capirai che le parole muoiono

quale amore donerai?

 

Ora il cielo non è limpido

 e quel vento ulula…

Io canterò per te…

 

Tu non sai il mio nome,

e so che non mi dimenticherai

ma sono ancora qui…

Con Te…»

 

Anime: Guilty Crown

Canzone: -Euterpe-

   
 
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