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Autore: Alley    14/08/2016    3 recensioni
Mary si appoggia allo sportello anteriore, scruta le stelle di cui la notte è puntellata – granelli di luce che scintillano nel buio. “Non credevo che sarebbe successo davvero. Anche se lo speravo.”
“Cosa?”
“Che gli angeli avrebbero vegliato su di te.”

[post finale S11] [Mary-centric] [Destiel - pre o implied, fate vobis]
Genere: Generale, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Castiel, Dean Winchester, Mary Winchester
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
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L’effetto è quello di uno squarcio: la realtà circostante viene risucchiata, come un cumulo di cenere aspirato da un turbinio improvviso. Non si dissolve gradualmente; scompare senza lasciare traccia, inghiottita dal nulla.

Quella che la sostituisce è del tutto diversa. L’unica costante è rappresentata dal paio di occhi verdi che la fissano – sono piantati su un altro viso, adesso, ma Mary li riconoscerebbe tra mille. La luce puerile che li animava fino a pochi istanti prima è stata rimpiazzata da una confusione incredula che è specchio di quella riflessa nei suoi.

“Mamma?”

*

Istintivamente, Mary fa un passo in avanti. Dean – che è cresciuto di decenni nel giro di un battito di ciglia ma ha gli stessi, inconfondibili occhi ed è inequivocabilmente lui – indietreggia con diffidenza.

“Cosa mi dicevi prima di mettermi a letto?”

Mary ha bisogno di scavare a fondo per riesumare il ricordo - per qualche motivo, la sua memoria sembra costituita esclusivamente dalle immagini appena svanite. Il resto è un’eco lontana che fatica ad afferrare.

“Rispondi.”

La reminiscenza è talmente frangile che teme le scivoli via dalle dita prima che riesca a darle forma. Fortunatamente, non succede. “Che gli angeli vegliano su di te.”

La maschera di tensione sul volto di Dean si scioglie, rivelando un’espressione fatta di sorpresa e commozione. “Sei davvero tu.”

Questa volta, quando gli si avvicina, Dean non si ritrae.

*

“Cas? Mi senti? Cas, sono io.”

Si leva un frullio simile al rumore delle fronde sferzate dal vento, ed appare un uomo. Viene fuori dal nulla, come se fosse stato il richiamo di Dean a plasmarlo. Nel momento in cui gli poggia addosso lo sguardo, Mary può letteralmente vedere il suo cuore esplodere; fissa Dean restando immobile, il fiato intrappolato nei polmoni e le labbra appena schiuse. È solo dopo un lungo istante che compie i passi necessari ad azzerare la distanza che li divide.

“Dean." La parola lascia le labbra come se vi fosse stata incatenata. “Sei vivo.”

L'uomo rilascia un fragoroso sospiro di sollievo mentre affonda le dita nella stoffa all’altezza delle spalle di Dean e lo tira più vicino, cancellando ogni residuo di spazio tra i loro corpi. Dean ricambia la stretta, circondandogli la vita con le braccia, e dal modo in cui le sue spalle si sollevano per poi riabbassarsi Mary capisce che ha sospirato a sua volta.

In qualche modo, la scena la fa sentire di troppo.

S’accorge d’esser stata finalmente vista dal mutare dell’espressione dell’uomo; quando l’adocchia si acciglia e si libera dall’abbraccio, indietreggiando quanto basta per rivolgere a Dean un’occhiata interrogativa.

“Cas.” Dean si volta nella sua direzione e la indica con un cenno. “Ti presento mia madre. Mamma” ripete il gesto tornando a girarsi “Castiel. Ha il teletrasporto incorporato perché è un, uhm…angelo.”

La parola fa riaffiorare uno stralcio di memoria vecchio e consunto; una miniatura di porcellana dalle ali immacolate, le gambe raccolte e i palmi aperti a sorreggere il viso piegato verso una culla di legno.

“Sam?”

Sam.

Il nome fa guizzare un’altra immagine nella sua mente, dai contorni estremamente più nitidi; è chiara come se fosse realmente davanti ai suoi occhi. Un neonato avvolto in un fagotto di stoffa, un paio di piccole braccia tese e---

“Dov’è?”

Mary sente le viscere torcersi davanti all’espressione mortificata che Castiel esibisce in risposta.

*


“Te l’avevo promesso.”

“Ha usato un sigillo. Non c’era nulla che potessi fare.”

Mary è adagiata sul sedile posteriore dell’automobile, il capo a riposare sul braccio sistemato a mo' di cuscino. Sbatte le palpebre per scacciare gli ultimi residui di torpore e mette a fuoco i profili di Dean e Castiel, seduti rispettivamente al posto del conducente e a quello del passeggero.

“Non ho saputo proteggerlo.” È Castiel a parlare. Nella sua voce risuonano un misto di fatica e senso di colpa – di cose totalmente umane. “Non ho saputo proteggere nessuno di voi due.”

È in quel momento che la vede, la mano poggiata sul cambio percorsa da uno spasmo. Dean la stacca dalla leva e tende appena le dita verso il vuoto, in un moto tanto accennato da risultare impercettibile. Dopo qualche istante di esitazione, la ritrae e torna a poggiarla sul volante.

“Va bene così, Cas. Lo ritroveremo.”

Mary ha l’impressione che il fantasma di quel gesto non compiuto resti ad aleggiare tra di loro per il resto del viaggio.

*

Dean è poggiato alla carrozzeria dell’Impala, il cellulare stretto tra l’orecchio e l’incavo della spalla. Mary lo osserva attraverso la vetrata della tavola calda in cui hanno deciso di fermarsi, dopo averlo convinto che guidare senza sosta e senza una meta precisa non è la tattica giusta per ritrovare Sam ma, piuttosto, un modo per finire inutilmente stremato.

È così assorta che s’accorge della presenza del cameriere soltanto quando viene destata dalla voce di Castiel.

“Due hamburger.”

“Tre” dice Mary distrattamente. Appuntata l'ordinazione, il ragazzo infila il taccuino nella tasca della divisa e si allontana.

Il silenzio che cala è denso come una coltre di nebbia.

“È quello che prende di solito?”

Castiel la fissa per un lungo attimo prima di replicare, e Mary ha il sentore che stia scandagliando i sottintesi che la domanda nasconde.

“È quello che prende praticamente sempre.”

L’abitudinarietà che aleggia nella risposta le strappa un piccolo sorriso, uno sprazzo di sereno prima che dubbi ed interrogativi tornino a soverchiarla.

“La telefonata è per Sam?”

“Si spera che gli altri cacciatori abbiano qualche informazione utile.”

Mary annuisce e torna a rivolgere la propria attenzione alla vetrata. Per quanto si sforzi, l’immagine dell’uomo al cellulare e quella del bambino che continua a sorriderle in un angolo della sua mente continuano a non combaciare.

*

“John?”

Il motivo per cui non l’ha chiesto prima è che, in cuor suo, conosce già la risposta. Anche le certezze, però, sono in grado di tormentarti se non corroborate da una conferma. Mary riceve quella che attendeva dal fremito che attraversa le dita di Dean alla menzione del padre.

Non ha bisogno d’altro per capire.

“Lui...”

In fondo, lo ha sempre saputo. Ha sempre saputo che farlo entrare nella propria vita avrebbe significato esporlo a pericoli da cui non avrebbe potuto proteggerlo.

“…è morto anni fa.”

Se solo l’amore non fosse così irrimediabilmente egoista.

*

È buio quando la sagoma di una donna sbuca nel bel mezzo della strada, ostruendo il passaggio all’Impala.

Dean sterza per non investirla e finisce per impattare contro un palo; l’urto fa sobbalzare Mary con violenza, ma l’unico postumo che si porta dietro è un forte stordimento. Si riprende in tempo per vedere la donna sradicare lo sportello del conducente e trascinare Dean fuori dall’auto tenendolo per la gola.

Mary combatte freneticamente contro la sicura della cintura per poter andare in suo soccorso, sente il panico montare mentre lo guarda annaspare attraverso il parabrezza.

Nel frattempo, Castiel è già uscito dall’abitacolo. Riesce a compiere soltanto qualche passo prima di venire assalito. L’aggressore lo prende alle spalle e prova ad immobilizzarlo, ma lui se lo scrolla di dosso con una gomitata ben assestata e, una volta voltatosi, gli poggia una mano sul viso; sottili fasci di luce s’irradiano dalle sue dita, e l’uomo si accascia al suolo come una bambola di pezza.

Alla fine, Mary riesce ad uscire a sua volta. Si precipita verso il punto in cui Dean è tenuto inchiodato dalla donna. Quando è abbastanza vicina da guardarla in viso ed avvistarne le pupille inghiottite dal nero, i ricordi esplodono in un’unica, grande deflagrazione, invadendole la mente come le fossero stati iniettati tutti assieme. Vampiri, streghe, spettri; le grida e le lotte e il sangue. Le persone che è riuscita a salvare e quelle che ha visto morire. La vita di cui non è mai riuscita a disfarsi.

È ad un passo dal raggiungerli, ma Castiel è più veloce. Allontana la donna – quella che è stata una donna prima di venir posseduta e diventare un involucro vuoto – da Dean con uno spintone, ma lei riesce ad atterrarlo prima che abbia il tempo di riservarle lo stesso trattamento ricevuto dal suo complice.

Mentre la sua schiena cozza contro la strada, un pugnale scivola dalla manica del trench e cade sull’asfalto. Mary balza in avanti per raccoglierlo ed infila la lama nella schiena del demone, conficcandogliela tra le scapole. L’urlo ferino emesso dalla creatura le fende i timpani prima di spegnersi.

Le sembrano passati secoli dall’ultima volta che ha fatto una cosa del genere, eppure, è come se non avesse mai smesso: quello del cacciatore è un istinto che non si dimentica.

Lei e Castiel corrono da Dean all’unisono. Lui è accasciato a terra, intento a riprendere fiato, ed ha un taglio sulla fronte che stilla sangue in abbondanza.

Quando Castiel gli si china accanto e la copre con il proprio palmo, la ferita si rimargina all’istante. La sua mano resta lì qualche attimo più del necessario, gli sfiora appena la tempia prima di staccarsi – un tocco morbido che Mary non riesce a fare a meno di notare.

“Stai bene?” domanda a Dean, abbassandosi a sua volta per sincerarsi delle sue condizioni.

“Tranquilla. Il pronto soccorso angelico è efficientissimo.”

Mary gli porge le mani, sollevata, e lo aiuta a rimettersi in piedi. Quando Castiel parla, riconosce nella sua voce la stessa apprensione risuonata nella propria. “A quanto pare, sanno che sei vivo.”

Dean scrolla le spalle con nonchalance. “Che vuoi farci; le voci corrono.”

*

“Castiel?”

Dean è accovacciato accanto all’Impala, intento a sondare lo stato della carrozzeria. “In giro a cercare pezzi di ricambio.”

Mary si appoggia allo sportello anteriore, scruta le stelle di cui la notte è puntellata – granelli di luce che scintillano nel buio. “Non credevo che sarebbe successo davvero. Anche se lo speravo.”

“Cosa?”

“Che gli angeli avrebbero vegliato su di te.”

Volge lo sguardo nella sua direzione e Dean la fissa di rimando, addosso un alone di disagio che elude tornando a dedicarsi al metallo sfasciato. “Hanno fatto tutt’altro, credimi. Cas è stato l’eccezione.”

Mary lo osserva di sottecchi mentre armeggia con l’automobile; la scena gliene riporta alla mentre un’altra, vecchia e sbiadita, fatta di risate e macchinine di metallo che sfrecciano su una piccola pista giocattolo.

“Una volta mi hai detto che saresti voluto diventare un pilota” dice, un velo di nostalgia ad avvolgere le parole “Ti sono sempre piaciute le automobili.”

“Avevo quattro anni. Non finisci mai a fare quello che sognavi a quell’età.” L’amarezza di cui è pregna la battuta punge come una sfilza di aghi sulla pelle. Quando Dean riprende a parlare, viene sostituita da una rassegnazione dolorosa ancor più dura da affrontare. “Non sarei potuto diventare niente di diverso da quel che sono.”

Lo svolazzare d’ali rompe un silenzio difficile da sostenere.

*

“Non ti ho ancora ringraziato.”

“Per cosa?”

Dean si è trattenuto all’esterno per il consueto giro di telefonate. Sembra sia spuntata una pista in grado di condurre alla donna misteriosa che ha rapito Sam. Mary prega ogni sera affinché sia così.

“Per avermi salvato da quel demone.”

“Oh, hai fatto lo stesso con mio figlio. Direi che siamo pari.”

Mary abbozza un sorriso a cui Castiel risponde sollevando appena un angolo della bocca. Questa volta, è lei ad ordinare gli hamburger. Dopo che la cameriera s’è allontanata, Mary decide che è giunta l’ora di porre le domande taciute fino a quel momento.  

“Come vi siete conosciuti?”

L’espressione di Castiel le fa temere di non aver cominciato con quella giusta.

“Io—mi era stato ordinato di andare a prendere la sua anima.”

Mary si sistema contro lo schienale della sedia, preda di un nervosismo improvviso. “A prenderla dove?” chiede, trattenendo il fiato in attesa della risposta.

“All’Inferno.”

Non è qualcosa a cui abbia mai pensato davvero, l’Inferno, malgrado sia stata a contatto con le manifestazioni del male più temibili e disparate. Forse è proprio per questo che non l’ha fatto; quando possiede un volto e può essere sconfitto con una coltellata o un esorcismo, il male diventa più semplice da fronteggiare; se assume le fattezze di qualcosa di ineliminabile, invece, di un luogo eterno dal quale non si fa ritorno, fa immensamente più paura.

“Come—come ci è finito?”

“È una lunga storia” risponde Castiel, ma quello che intende è che è una storia che non spetta a lui raccontarle. “Per adesso le basti sapere che non è qualcosa che abbia meritato. L’Inferno non è mai stato il suo posto.”

Lo sguardo di Mary si abbassa sotto il peso delle notizie appena apprese. “Avrei voluto essere presente. Avrei voluto esserci quando ha avuto bisogno di me.”

La comprensione negli occhi di Castiel è il miglior conforto che potesse sperare di ricevere.

*

È durante una sosta che Dean glielo chiede.

“Dov’eri…” La domanda resta in sospeso, ma Mary non ha bisogno d'altro per capire “…prima?”

La scena le scorre davanti come la sequenza di una pellicola.

“A casa. Con te e tuo fratello. Sam aveva pochi mesi e John lo teneva in braccio. Ad un certo punto, lo ha dato a te. Ho avuto paura, in quel momento – era così piccolo. E anche tu lo eri. Stavo per dirgli di riprenderlo, ma poi ho visto il modo in cui lo stringevi ed ho capito che non era necessario – non avresti mai permesso che cadesse. Hai saldato la presa ed hai alzato lo sguardo su di me, come a dire guarda, mamma, lo sto tenendo in braccio. Sorridevi.” Solleva il capo ed incontra gli occhi del figlio. La patina di lacrime che li vela le stringe un nodo in gola. “Il tuo sorriso è l’ultima cosa che ricordo. È tutto ciò che riesco a rievocare nitidamente. Il resto è…sfocato. Come se appartenesse ad un tempo molto più remoto.”

“È il suo Paradiso” interviene Castiel “Il Paradiso di una persona è costituito dai ricordi più belli che possiede.”

Mary deglutisce mentre le immagini continuano a fluire davanti ai suoi occhi. Quando parla, la sua voce è un tremolio sottile. “Quindi…non era reale?”

"Quel che abbiamo vissuto smette di esserlo solo perché è passato?”

Soltanto in quel momento si rende conto d’avere le guance bagnate di lacrime.

*

Al termine della conversazione, Dean sale in macchina farfugliando che sarà di ritorno a breve. Castiel gli lancia un’occhiata che lui ricambia attraverso il finestrino prima di mettere in moto.

“Ha bisogno di stare da solo” le dice, notando la sua inquietudine.

Mary annuisce, e aspetta.

Sono passate ore quando l’Impala riappare. Castiel s’è da poco allontanato, e Mary non sa fino a che punto si tratti di una coincidenza.

Dean scende dall’auto e procede nella sua direzione; Mary si accorge dal suo incedere che ha qualcosa d’importante da dirle. Quando la raggiunge e comincia a parlare, è come assistere all’esplosione di un vulcano.

“Ricordi quello che ti ho detto sulla caccia? Era una stronzata. Ho avuto l’opportunità di prendere altre strade, e non l’ho colta. Non ho voluto farlo. Questo lavoro fa parte di me; è quello che sono. Non lo rimpiango, malgrado quello che mi ha tolto. Quel poco di buono che sono riuscito a fare nella vita, lo devo a lui. Tu mi capisci, vero?”

Capisce, Mary, capisce davvero, com’è possibile che avvenga soltanto tra persone che portano addosso le stesse cicatrici.

“So cosa significhi attribuirsi colpe non proprie: non farlo. Ti prego.”

È una richiesta che Mary spera di riuscire ad assecondare.

*

“Puoi parlarmi di lui?" Mary pone la domanda con lo sguardo rivolto alla sagoma di Dean, stagliata oltre il vetro accanto a quella del cacciatore con il quale ha stabilito d’incontrarsi per uno scambio d’informazioni. "Io-- c'è così tanto che vorrei sapere. Non so da dove cominciare."

Castiel guarda nella stessa direzione quando comincia a parlare.

“Dean è--” stringe appena gli occhi, come se stesse mettendo a fuoco le parole “---è un fratello meraviglioso e un amico leale. È onesto, e altruista; si occupa degli altri senza mai badare a se stesso. Non sa cosa voglia dire risparmiarsi.”

“Ama qualsiasi cibo che non sia salutare. Le pie sono il suo preferito. Adora Batman. Chiama baby la sua auto, e le parla. Come se fosse una persona. Ha paura di volare; è terrorizzato dagli aeroplani. Si sente costantemente responsabile. Per tutto.”

“È loquace, eppure le cose che nasconde sono più di quelle che dice. È testardo, e coraggioso, e sconsiderato. Si getta a capofitto nelle cose. Non conosce mezze misure.”

“Si strofina il collo quando è nervoso. Quando ride, getta la testa all'indietro. Non piange quasi mai davanti agli altri. È—” Mary l’ha già visto, quello sguardo, negli occhi di John che si posavano su di lei la sera del loro primo appuntamento, e mentre erano in piedi davanti all’altare, e quando gli ha annunciato che di lì a qualche mese sarebbe stati in tre. È bello vedere suo figlio guardato in quel modo “Mi ha insegnato più cose di quante credevo ne avrei mai imparate. Non sarei quello che sono oggi, se non fosse stato per lui.”

“Grazie” gli dice, e non sa se sia per quelle parole o per esser stato accanto a suo figlio quando lei non c’era. “Grazie, Castiel.”

Possiede una nuova certezza, adesso, ed è quella a cui si aggrapperà quando sentirà il peso del rimorso schiacciarla: Dean non ha avuto la vita che avrebbe voluto avesse, ma, in compenso, è diventato l’uomo che desiderava diventasse.




























Note
In principio era un semplice stato su Facebook costituito da qualche riga di rant su Dean fatto da Castiel a sua suocera Mary, poi Vero ha pensato bene di commentarlo con "scrivici una fan fiction" e, beh, chi sono io per dirle di no?
I crediti per l'analogia tra la John e Castiel (MAVOICELAFATE) del paragrafo conclusivo vanno a lei 💖
Grazie a tutti coloro che hanno avuto la pazienza di arrivare fin qui e a tutti quelli che recensiscono/preferiscono/ricordano le mie storie o le leggono in silenzio. Vivibì a tutti *offre cioccolatini* 
  
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