Anime & Manga > Dragon Ball
Segui la storia  |       
Autore: angelo_nero    14/08/2016    3 recensioni
Family Brief: Vegeta, Bulma, Trunks e Bra. Momenti della vita di tutti i giorni come una comune famiglia.
dal primo capitolo:
Dopo una buona ora e mezza finalmente l'intera tavolata aveva finito di mangiare, c'era ancora chi restava seduto a bersi un bicchiere di vino, mentre altri si intrattenevano chiacchierando o, come i piccoli Saiyan mezzo sangue, si sgranchiva i muscoli tirando quattro pugni. Vegeta era rimasto seduto a tavola ad osservarsi intorno, il suo sguardo passava dalla moglie che chiacchierava con C-18 e la moglie dell'eroe, al figlio che giocava con Goten. Come lui, seduto ancora al tavolo, c'era il suo amico/nemico, forse l'unico, che sorseggiava un bicchiere d'acqua a pasto ormai ultimato. Goku si sentiva troppo spossato per alzarsi da quella sedia diventata improvvisamente troppo comoda: anche l'eroe teneva d'occhio la propria famiglia per assicurasi che nessuno si facesse male o che il Genio non si avvicinasse eccessivamente alla moglie.
Genere: Fluff, Romantico, Slice of life | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Bra, Bulma, Nuovo personaggio, Trunks, Vegeta | Coppie: Bulma/Vegeta
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

- Cosa? - esclamò Bulma.
Vegeta avanzò all’interno della sala, dove una serie di esserini rosa vestiti con la divisa di Freezer si accingeva a premere pulsanti a non finire, senza dar peso all’entrata piuttosto violenta della famigliola.
- Ehi - disse afferrandone uno dalla collottola e portandoselo davanti alla faccia. – Smettetela subito -
Il povero alieno, grande circa la metà di Bra, fissò tremante lo sguardo severo del principe. Non riuscì ad articolare parola, gelato dalla paura che potesse rimetterci le penne in qualche modo.
Anche tutti gli altri esserini si erano voltati, interrompendo il loro frenetico digitare per osservare, impotenti e spaventati, il loro compagno alla mercé di Vegeta.
- Io pensavo che l’impero Ice fosse andato in scatafascio dopo la dipartita di Sorbet* - riflettè Bulma. Che poi, “dipartita”, era un modo carino per dire che il caro comandate era stato fatto fuori senza tanti problemi.
Il principe scrollò il piccolo alieno. – A quanto pare Freezer aveva tirapiedi anche ai confini dell’universo - commentò fissando il suo ostaggio dritto negli occhi. Si voltò verso la sua famiglia. – Non gli è bastata la batosta sulla Terra, ha progettato un modo per vendicarsi, se fosse mai potuto tornare -
Trunks non ci stava capendo niente. Sapeva che suo padre aveva, diciamo, lavorato per Freezer per gran parte della sua vita. Gli avevano poi raccontato che il giovane Vegeta si era ribellato durante il viaggio su Namek – durante il quale aveva incrociato per la prima volta gli occhi azzurri di quella che poi sarebbe diventata la sua donna – e che, infine, il tiranno era stato sconfitto da Goku, trasformatosi per la prima volta in Super Saiyan.
Ma il discorso di un “ritorno” non gli quadrava. Che gli nascondessero qualcosa?
Bulma sbuffò. – Non penso che ci sia ancora qualche idiota che avrebbe il coraggio di tornare sulla Terra –  disse incrociando le braccia al petto, – Sono più che sicura che la voce della fine di Gold Freezer e i suoi scagnozzi abbia fatto il giro dell’universo –.
Non era sicuramente una novità la notizia che qualche Saiyan avesse creato scompiglio nei piani del Tiranno: dopotutto l’estinta popolazione dotata di lunga coda era conosciuta proprio per la strabiliante forza che aumentava di volta in volta. Freezer li aveva distrutti quasi tutti proprio per paura che potessero, un giorno, ribellarsi e distruggerlo.
Bulma si ritrovò a pensare che quel tipo fosse proprio un idiota patentato se, dopo essere stato sconfitto su Namek da Goku, aveva avuto il coraggio di approdare sulla Terra per vendicarsi per poi finire a pezzi e disintegrato da Mirai Trunks. Senza pensare al fatto che, non contento, undici anni dopo, covando ancora vendetta, era ritornato in vita e approdato nuovamente sulla Terra per ricevere solo botte di benvenuto da Vegeta e Goku in versione Super Saiyan Blue.
- Eh!? - si introdusse il piccolo mezzosangue. – Mi state dicendo che Freezer era sulla Terra e io non ho potuto affrontarlo!? -
Bulma sorrise al figlio che si era imbronciato di fronte alla prospettiva di aver perso una grande opportunità di fronteggiare un nemico.
- Principe Vegeta! - urlò qualcuno alle loro spalle.
Il Saiyan si voltò: erano anni che non sentiva qualcuno rivolgersi a lui in quella maniera. Aggrottò le sopracciglia riconoscendo chi lo aveva chiamato con quell’appellativo tanto famoso quanto sventurato.
- Met, capo-squadrone della sezione F, dedicata ai computer - sussurrò Vegeta mentre lasciava andare il piccolo alieno, che si dileguò terrorizzato.
Met sorrise e si avvicinò di un passo di troppo a Bulma e Trunks. Quest’ultimo gli puntò una sfera davanti al viso, come avvertimento.
L’alieno, sprovvisto di qualsiasi abilità combattiva, indietreggiò con le mani avanti.
- Non voglio farvi del male – si difese, spaventato.
Trunks però non abbassò il braccio e mantenne lo sguardo fisso su di lui.
- Non un passo in più - sibilò minaccioso.
Met deglutì ed abbozzò un sorriso. Poi si rivolse a Vegeta.
- Principe Vegeta, pensavamo foste morto o disperso. Sono felice di constatare il vostro perfetto stato di salute. Lo sapete, io e la mia squadra vi fummo sempre alleati e abbiamo sperato sempre in un vostro ritorno -
- Smettila di comportarti da leccaculo, Met – lo interruppe infastidito il principe, squadrandolo con sguardo ostile.
- Ma io non sto cercando di entrare nelle vostre grazie, vostra altezza, sono semplicemente felice di avervi di nuovo tra le nostre fila - disse piegando il busto in avanti in un inchino.
Bulma guardò prima Met poi Vegeta, cercando di raccapezzarsi nel comportamento molto più che rispettoso dell’alieno nei confronti del principe. Non aveva mai visto nessuno comportarsi in quella maniera nei confronti del marito. Da ciò che ricordava delle riprese fatte da un coraggiosissimo cameraman all’arrivo dei Saiyan sulla Terra, neanche Napa si era mai prostrato come stava facendo, invece, l’alieno alto mezzo metro o poco più. Si chiese se a Vegeta facesse piacere quel tipo di comportamento o preferisse essere trattato come un semplice uomo.
Trunks non intendeva abbassare la mano, nonostante avesse compreso che il padre conoscesse l’essere. Il suo istinto di guerriero gli diceva che non poteva fidarsi. 
- Principe Vegeta, potreste gentilmente dire a questo bambino che non ho intenzione di farvi del male? Qualunque sia il vostro legame con lui - disse Met fissando di sottecchi Trunks e Vegeta.
Il Saiyan più grande sibilò qualcosa che l’alieno non comprese e Trunks ingrandì la sfera nella sua mano.
Met sussultò e si portò una mano alle spalle pronto ad attaccare.
- Non ci provare - lo avvertì il ragazzino con uno sguardo che non ammetteva repliche.
L’alieno digrignò i denti ma fece come gli era stato detto, facendo sparire la sfera appena creata. Guardò dritto negli occhi il ragazzino che gli si parava davanti, chiedendosi quale legame ci fosse con il principe dei Saiyan.
Vegeta si guardò mentre gli tornarono in mente i troppi ricordi della sua infanzia. La sala comandi era uno dei posti preferiti di Freezer nei quali lo convocava, costringendolo e prostrarsi ai suoi piedi ogni volta. Chiuse gli occhi, assorto, finché qualcosa gli tirò la gamba della tuta ed abbassò lo sguardo per incrociare gli occhioni blu della sua bambina. Prendendola in braccio si disse che quella vita era finita e che non avrebbe mai permesso a nessuno di fare ai suoi figli ciò che era stato fatto a lui.
Premette un pulsante e l’intero sistema sembrò spegnersi.
- No! - urlò Met facendo un passo avanti e trovandosi la sfera di Trunks a mezzo centimetro dalla faccia. –Perché l’avete fatto!? Se il grande Freezer tornasse in vita... -
- Freezer non tornerà più – lo interruppe il Saiyan osservando i monitor che si spegnevano uno ad uno. – E se mai lo facesse, lo disintegrerò prima che possa anche solo progettare di fare qualcosa - continuò facendo scendere Bra.
Met ringhiò in protesta e lanciò un’occhiata veloce a uno degli alieni seduti tremanti alle postazioni, fermando lo sguardo su uno di essi in particolare.
L’esserino rosa si riscosse all’istante e corse fuori a perdifiato. Si fermò a pochi metri dalla porta della sala comandi, a tastoni andò alla ricerca di una chiave che solitamente teneva al collo ma che, stranamente, non c’era.
- Cerchi questa? - disse Bulma
L’alieno si voltò e vide la sua chiave in mano alla bambina che la donna teneva in braccio. Cominciò a urlare qualcosa nella sua lingua, che né Bulma né tantomeno Bra compresero, e corse verso di loro. Venne fermato dal piede della donna che lo teneva a distanza con la sola forza di una gamba.
Bra cominciò ad agitarsi e si divincolò dalla presa della madre. Poggiati i piedini a terra si avvicinò al piccolo alieno che continuava ad agitare le braccine, nel tentativo di colpire Bulma. Si fermò ad osservarlo un po’.
- Tu! - disse la piccola attirando l’attenzione dell’esserino che si fermò e si voltò verso di lei.
L’alieno minuscolo tentò di avvicinarsi a lei ma Bra con un pugno ben assestato lo spedì dall’altra parte della stanza, sfondando la parete di pannelli.
Bulma guardò la sua bambina con un sorriso orgoglioso. Tutta suo padre.
***
Met creò una sfera d’energia e la scagliò davanti a sé. Trunks la schivò piegando semplicemente il collo nella direzione opposta. Abbassò il braccio e fece sparire la sfera, stupendo l’alieno davanti a sé, che credeva l’avrebbe rilasciata, segnando la sua fine.
Met approfittò di quella inaspettata opportunità e si scagliò contro il ragazzino, con il chiaro intento di farlo fuori.
- Muori, moccioso! - urlò.
Trunks gli assestò un pugno sullo stomaco, talmente forte da togliere il fiato al suo avversario. Alle sue spalle, però, c’era qualcuno che, vigliaccamente, stava per colpirlo con un oggetto contundente. Trunks, veloce, afferrò il tizio con la coda e lo scaraventò addosso a Met, facendoli andare a sbattere entrambi contro il muro fuori dalla sala comandi.
- Ha la coda! - urlò qualcuno alle sue spalle.
Il piccolo mezzo Saiyan non si voltò neanche, preferendo mantenere lo sguardo fisso su Met che, al contrario del suo tirapiedi grande cinque volte lui, si stava alzando barcollante.
- Pensavo che voi scimmie vi foste estinte - borbottò cercando di liberarsi dal corpo privo di sensi dell’altro alieno che gli era stato scaraventato addosso.
Vegeta avanzò fino a mettere una mano sulla testa del figlio, che alzò lo sguardo su di lui incuriosito da quel gesto.
- Non del tutto – scoccò un'occhiata all'alieno incredulo davanti a sé, ghignando.
Trunks piegò le labbra allo stesso modo e liberò parte della sua aura. L’energia sprigionata dal piccolo e potente corpo di Trunks andò a curvare le pareti tutt’intorno a lui, spingendo Met e compagno contro il muro, spiattellandoli. Anche tutti gli altri esseri vennero scaraventati contro le pareti mentre i componenti elettronici esplosero in scintille e gli schermi si incrinarono fino a scoppiare.
Met iniziò a tremare e, nel panico, tentò di sgusciare via da sotto il corpo del suo commilitone svenuto. Quando ci riuscì prese a correre velocemente lontano da lì, in preda al terrore, pensando solamente a come salvarsi la pelle. Peccato che Vegeta non fosse dello stesso avviso e rilasciò una sfera di energia, che lo seguì fin quando non lo prese in pieno, facendo sparire la sua esistenza dalla faccia dell’universo.
Uno stivaletto bianco rimasto nella pozza di sangue fu l'ultima cosa che rimase del piccolo alieno.
- C’era proprio bisogno di uno spargimento di sangue? - borbottò Bulma affacciandosi all’interno. Va bene che era cattivo e che, molto probabilmente, aveva brutte intenzioni ma si sarebbe potuto trovare un'altra soluzione. Poi, osservando marito e figlio controllare se gli altri esserini erano ancora  svenuti, per poi, eventualmente, rispedirli a suon di bastonate nel mondo dei sogni, lasciò perdere l'idea di una ramanzina. In fin dei conti, quello era il mondo in cui aveva vissuto suo marito tanti anni fa. Uccidere, o essere uccisi.
Bra la sorpassò e corse verso il padre, ancorandosi alla sua gamba come fosse la sua unica salvezza.
- Cos’è successo qui? - chiese l’azzurra osservando la distruzione avvenuta all’interno della sala comandi.
Trunks si guardò attorno, accorgendosi di aver fatto un disastro. E dire che non aveva rilasciato neanche il 5% della sua potenza totale. Si chiese cosa avrebbe fatto se si fosse trasformato in Super Saiyan. A quanto pare la tecnologia in quel posto non era a prova di Saiyan.
***
In un modo o nell’altro riuscirono ad uscire da quel posto, oramai solo l’ombra di una base, e a dirigersi verso la navicella spaziale che li avrebbe finalmente riportati a casa. Quella scampagnata nello spazio era stata tutt’altro che divertente, almeno per Bulma.
Trunks, invece, sembrava al settimo cielo e continuava a blaterale qualcosa con il padre nella loro lingua madre, e Bra, iper-attiva, correva a destra e a manca, distruggendo ogni tanto qualche ostacolo. Vegeta, dal canto suo, aveva sempre la solita espressione e non dava segni di voler condividere le sue emozioni con lei, o con chiunque altro.
Si fermarono davanti un lago naturale con una stupenda cascata. L’acqua sembrava come quella terrestre, o quantomeno,  non  pareva tossica. 
Trunks fu il primo a togliersi i vestiti e a buttarsi dentro l’acqua limpida. Quando riemerse confermò ai genitori che non vi fosse alcun pericolo e che il livello dell’acqua non sembrava neanche troppo alto.
Bulma tolse le scarpe a Bra, che in un baleno seguì il fratello in acqua, ingaggiando una battaglia all’ultimo schizzo con il piccolo Saiyan. Sorrise, osservando i figli giocare tra di loro felici: a una prima occhiata sembravano una normale coppia di fratelli.  Un fruscio al suo fianco attirò la sua attenzione e, voltandosi, vide Vegeta togliersi la maglietta della tuta ed abbandonarla insieme a guanti, stivali ed armatura a terra. Lo vide avvicinarsi al bordo e tuffarsi, per poi riemergere bagnato dalla testa ai piedi nella secca appena sotto la cascata.
L’azzurra osservò incantata il corpo scolpito del compagno venir percorso dallo scroscio della cascata. Non si poteva di certo negare che Vegeta fosse un paradiso per gli occhi: alto appena centosettanta centimetri,  pettorali e addominali ben scolpiti, folta chioma scura a forma di fiamma a sfidare la forza di gravità, viso da Dio che non mostrava la sua reale età, occhi d’ossidiana pronti a nascondere un universo al quale solo lei aveva accesso, labbra fine perennemente piegate in un ghigno che solo poche volte aveva abbandonato, per piegarsi all’insù, e un raro sorriso che rivelava delle stupende fossette ai lati.
Si morse le labbra rendendosi conto di aver voglia di stargli più vicina.
Si tolse scarpe, guanti ed armatura, sganciò la cintura che teneva alla vita e si buttò anche lei, raggiungendo il compagno sotto il getto della cascata. L’acqua era piacevolmente fresca: su quel pianeta parevano esserci perennemente trenta gradi e di notte la temperatura arrivava a toccare i quindici come picco massimo. Non era proprio un posto adatto a lei: quegli sbalzi di temperatura la mandavano ai matti.
Nuotò con calma, raggiungendo la secca con qualche bracciata in più. Poggiò le mani sul terreno e fece leva per tirarsi su. Si affiancò presto all’uomo, anche se sembrava non essere interessato alla sua presenza: teneva gli occhi chiusi ed il viso rivolto verso il getto. Bulma fece passare le mani tra i capelli azzurri, sciogliendoli dai nodi e togliendo le ultime tracce di quella schifezza, non ben identificata, che le si era appiccicata addosso nei sotterranei. Sospirò in pace, portando il volto proprio sotto il getto copioso della cascara: l’acqua scorreva libera sul corpo, regalandole la sensazione di relax di cui aveva tanto bisogno.  Si era dimenticata di quanto fosse stressate un’avventura fuori porta. Molto fuori porta.
Passò le mani sul viso poi le lasciò ricadere lungo i fianchi, godendosi il massaggio che l’acqua le offriva.
Lanciò un’occhiata furtiva al Saiyan di fianco a lei, studiandolo dal basso, lungo le gambe toniche, ricoperte dal tessuto scuro e attillato della tuta, l’addome scoperto su cui l’acqua scendeva come una carezza, fino al bel viso, che scoprì intento a fissarla, incuriosito. Gli regalò un sorriso radioso e lui accennò un ghigno divertito.
- Devi starmi addosso in ogni modo, eh? -
Bulma allargò ancor di più il suo sorriso ma non gli rispose, spostando la propria attenzione sulla cascata e sul paesaggio che circondava quel piccolo lago naturale. Nonostante il cielo fosse di un assurdo rosato e le nuvole viola  non presagissero nulla di buono, l’ambiente non era così male, dopotutto. Ostentava molto verde, un verde acceso delle foreste che proteggeva il pianeta dall’avvento di invasori come se formasse un'enorme muraglia naturale; sul pianeta vi era anche qualche piccola costruzione artificiale che costituiva parte, forse, di un antico villaggio. Probabilmente sul pianeta non viveva più nessuno da secoli, fatta eccezione per quegli strani esseri d'ombra, visto l'evidente stato di abbandono delle case, che cadevano a pezzi e che erano quasi tutte crollate o sul punto di farlo. La donna si chiese che tipo di piccole creature avessero mai abitato quel posto e chissà cosa avesse messo fine alla loro esistenza.
Con la coda dell’occhio osservò il marito che era tornato a non prestarle attenzione, preferendo godersi quei momenti di silenzio, sacri per lui, i quali, sapeva, sarebbero potuti terminare da un momento all’altro. Si chiese se fosse stato proprio lui, appena diciottenne, e la squadra di guerrieri che capitanava, a sterminare la popolazione del pianeta. Non fece molta fatica ad immaginarsi un giovane e strafottente Vegeta intento a far vanto dei suoi poteri sul primo malcapitato che gli era finito tra le mani.
Preferiva non pensarci ma, anche se era difficile dirlo adesso, il nome del principe Vegeta aveva seminato terrore e morte per decenni nel passato. Ma quello era stato il mondo che gli avevano imposto, senza possibilità di scelta se non quella di imbracciare anche lui le armi: l’avevano cresciuto così e lui aveva seguito l’unica strada che aveva conosciuto. Ovviamente prima di arrivare sulla Terra e conoscere Goku, e lei.
Portò gli occhi azzurri sui due bambini che giocavano poco lontano, riflettendo su quanto fosse stata fortunata a riuscire a tenersi stretto quel Saiyan così sfuggente. Non era stato facile, doveva ammetterlo: il suo orgoglio aveva vacillato più di una volta per colpa di quel sentimento che, a distanza di dieci anni, ancora continuava a crescere nel suo cuore, giorno dopo giorno. Ma mai era caduto o rimasto calpestato. Forse quando l’aveva lasciata sola e incinta del primogenito, era stato poco più che scalfito, niente di più.
Si toccò la spalla destra, il suo marchio era impresso a sangue sulla sua pelle candida. Quante cose erano cambiate da allora.
- Sento il suono dei tuoi pensieri fino a qui -
Bulma sussultò colta di sorpresa e voltò lo sguardo verso di lui, che teneva gli occhi chiusi. Rimase a guardarlo in attesa che continuasse.
Vegeta aprì gli occhi e girò il viso verso di lei: - Il criceto che gira sulla ruota nel tuo cervello. Fa troppo casino. Se continui così ti uscirà il fumo dalle orecchie per lo sforzo... -
Bulma s'irrigidì, stringendo i pugni.
- Nel mio cervello non c’è un criceto che gira sulla ruota! Ma neuroni che funzionano alla perfezione - si difese guardandolo con le sopracciglia aggrottate.
Il Saiyan la guardò divertito e represse una risata. L’ilarità scomparve velocemente non appena posò lo sguardo sul corpo morbido di donna che aveva davanti. Gli piaceva osservarla quando lei non poteva vederlo, non lo avrebbe mai ammesso ma conosceva ogni sua singola espressione, ogni singolo punto di quel corpo fantastico.
Fece scorrere gli occhi scuri sulle gambe lunghe, delle quali solo una era coperta interamente dal pantalone della tuta, che però non lasciava molto all’immaginazione talmente era stretto, risalendo sull’addome piatto, sul seno prosperoso, sul collo fragile e sul viso contratto in un’espressione di indignazione. Indugiò forse un po’ troppo sull’incavo tra il collo e la spalla, dove aveva lasciato il suo marchio indelebile, tant’è che lei se ne accorse, anche se non fiatò.
Vegeta riportò gli occhi sul suo viso, specchiandosi nelle iridi chiare, così diverse dalle sue, in cui amava perdersi.
Le si avvicinò di un passo, riducendo lo spazio tra di loro, già molto ristretto. Era più alto di una buona spanna e poteva vantarsi di guardarla dall’alto in basso. Rimase a fissarla negli occhi per un tempo che sembrò infinito ad entrambi, rivivendo passo passo tutta la loro relazione fin dagli albori. Si soffermò sui propri errori, sulla sua testardaggine nel volergli inculcare una serie di emozioni di cui non conosceva neanche il nome, figuriamoci il significato, chiedendosi se avesse potuto cambiare qualcosa per fare ammenda dei propri peccati. Anche se, anche se potesse, la situazione non sarebbe cambiata di molto. Alla fine aveva vinto lei: Vegeta si era ritrovato incatenato a quel pianeta azzurro, rinchiuso in una gabbia dentro la quale il suo ego di un tempo, prima, non era riuscito ad uscire, ruggendo potente. Gli era sembrata una prigione ma poi, aveva capito che quelle catene non erano altro che la sua stessa volontà di rimanere e le sbarre si erano sciolte al calore dell'amore e della famiglia. Il ruggito del temuto Principe dei Saiyan era stato quietato e soffocato, per poi venir sovrastato dalle risate di una bambina.
- Ora è il tuo di cervello che lavora troppo - sussurrò lei dolcemente, posandogli una mano sulla guancia e trascinandolo via dai suoi vecchi ricordi.
Alle volte si chiedeva chi glielo avesse fatto fare di avere una famiglia, con responsabilità e sacrifici annessi. Poi guardava Bulma e si rendeva conto che, in realtà, era stato lui stesso a volere e a ficcarsi in quella situazione.
Bulma non sapeva cosa vagasse dentro i pensieri di suo marito, forse vecchi ricordi, e da una parte non ci teneva a saperlo. Tanto lui non glielo avrebbe detto ugualmente. Quindi si limitò a fissare i suoi occhi scuri pensierosi, studiandone i piccoli cambiamenti che aveva imparato a conoscere, cercando di interpretare i tormenti dell’uomo che amava. Dopotutto, si era innamorata di lui anche per quel suo essere inafferrabile.
In tacito accordo, senza mai staccare lo sguardo dagli occhi dell’altro, i due si avvicinarono lentamente, bruciando a poco a poco quei miseri dieci centimetri che li dividevano, fino a far combaciare le loro labbra in un bacio.
- Che schifo! -
Marito e moglie si staccarono all’istante, ma rimanendo abbracciati, e spostarono lo sguardo sul figlio maggiore che, con un'espressione che la diceva lunga su ciò che aveva visto, li guardava in cagnesco, prima di voltarsi e dare le spalle ad entrambi.
- Adulti! Bleah! Ma non potete farlo da un’altra parte? Ci sono dei bambini qui! - borbottò Trunks tornando dalla sorellina.
Bulma seguì il figlio uscire dall’acqua, trascinandosi dietro la sorella, e sedersi a terra dando loro le spalle. Rise di quell’atteggiamento tipicamente pre-adolescenziale. Saiyan o no, tutti quanti attraversavano lo stesso delicato periodo: Trunks stava crescendo e, come tutti i ragazzini, iniziava a provare disgusto per atteggiamenti romantici o solamente affettuosi.
Vegeta, non d’accordo con quella piccola interruzione del figlio, prese il viso della consorte con una mano e lo voltò verso di sé. Catturò la sua bocca, prendendola alla sprovvista. Sentì Trunks borbottare  ma decise di ignorarlo.
***
- Che fame! È da stamattina che non metto nulla sotto i denti! - si lamentò l’azzurra tenendo le mani all’altezza dello stomaco.
Dopo la breve sosta in quella piccola oasi, avevano ripreso il cammino verso la loro navicella. Il viaggio procedeva lento e senza pericoli, con Trunks ad aprire la fila e Vegeta a chiuderla. Sia mai che qualche Sornom decidesse di attaccarli di punto in bianco. Avevano percorso circa la metà della distanza che li separava dalla navicella, senza quasi incontrare difficoltà. La stella che illuminava il pianeta splendeva sopra di loro, come il sole a picco a mezzogiorno, e camminare in quella situazione non era di certo la miglior cosa, soprattutto se ti stava portando in groppa una bambina di un anno e mezzo e si doveva camminare con una donna particolarmente viziata, che non facevano altro che lamentarsi di qualcosa. Trunks e Vegeta dovettero fermarsi almeno tre volte sotto richiesta della scienziata, che lamentava dei giramenti di testa e gambe deboli. I due Saiyan si erano infine ritrovati a concordare sull’immensa fragilità degli esseri umani, che giustificava, a parer loro, la codardia che essi dimostravano ogni qual volta una situazione richiedeva maggior impegno.
- Trunks, hai ancora una di quelle barrette energetiche al cioccolato? -
Trunks falciò con una sfera di energia il groviglio di rovi che gli si parava davanti.
- No, hai dato l’ultima a Bra quando ci siamo fermati. Ricordi? -
Bulma incrociò le braccia al petto e sospirò arrendevole. Certo che ricordava, ma sperava che ne avesse tenuta un’altra da parte. Si guardò intorno, non riuscendo a capire dove fossero.
- Quanto manca alla navicella? -
- Mezz’ora di cammino, circa - le rispose Trunks.
- Eh!? Mezz’ora di cammino!? - esclamò fermandosi di botto.
La donna si lasciò cadere a terra, sedendosi sul terreno umidiccio mentre il suo stomaco brontolava ogni minuto più forte. Doveva mangiare o non sarebbe riuscita a fare un passo in più.
- Ho fame, non posso camminare ancora così tanto con lo stomaco vuoto! - si lamentò.
Gli altri tre furono costretti a fermarsi per darle retta.
- Non abbiamo tempo per riposare, mangerai sulla navicella - asserì severo il principe.
Bulma incrociò gambe e braccia, con la seria intenzione di non muoversi di lì fin quando il suo stomaco non avesse ricevuto cibo.
Vegeta la fulminò con lo sguardo, ricevendo uno sguardo altrettanto carico di determinazione da parte dell’altra. Si fissarono per un po’: nessuno dei due era disposto a cedere di un millimetro.
Trunks alzò gli occhi al cielo, assistendo per l’ennesima volta a una litigata senza senso dei genitori.
Borbottando qualcosa sull’immaturità di certi adulti, sotto lo sguardo curioso della sorellina si avvicinò al padre, che gli sembrava più propenso a ragionare.
- Potremmo andare alla ricerca di qualcosa da mangiare e poi rimetterci in cammino -
Gli occhi di Bulma si illuminarono mentre Vegeta represse un ringhio infastidito. L’uomo prese la più piccola dalla collottola e la lanciò, letteralmente, in braccio alla madre, per poi prendere il figlio maggiore allo stesso modo e trascinarlo via con sé.
- Voi due restate qui. Trunks, tu vieni con me -
Bulma guardò i due sparire oltre gli arbusti più alti di lei con un sorriso sulle labbra.
 
A circa un chilometro dal punto in cui avevano lasciato Bulma e Bra, Vegeta lasciò andare la maglietta di Trunks, il quale, colto di sorpresa dal brusco rilascio, cadde all’indietro battendo la testa sul terreno tutt’altro che morbido. Il padre, naturalmente, proseguì oltre. Trunks si chiese se si fosse almeno accorto di averlo mollato su un terreno ricoperto di pietre sporgenti, o se l’aveva fatto e basta, indifferente se sotto di lui ci fosse stato un precipizio o un morbido cuscino.
Si alzò massaggiandosi la testa e si affrettò a raggiungere l’adulto che scrutava l’ambiente circostante. Si guardò intorno anche lui, rendendosi conto che quella zona era diversa da tutto il resto del pianeta: il terreno era fatto prevalentemente di ghiaia e pietre di varie dimensioni, alcune anche piuttosto appuntite,  e la vegetazione sembrava ancor più alta, tant’è che Trunks fu pronto a giurare di non riuscire a vedere neanche uno spicchio di cielo tra le fronde incredibilmente fitte. Anche l’aria sembrava meno pesante, rendendo il respiro più leggero e più facile. Continuò ad osservare il circondario incuriosito da quel cambiamento nella natura.
- È strano - disse Vegeta osservando un punto non ben identificato.
- Cosa è strano? - chiese Trunks distogliendo l’attenzione dall’ambiente per posarla sul genitore.
Senza preavviso, il Saiyan maggiore levitò fino al ramo più basso dell’albero più vicino. Guardò dritto davanti a sé e ghignò.
- Come pensavo -
Trunks fissò il genitore incuriosito da quello strano comportamento.
- Seguimi – sentenziò invece l’adulto senza degnarlo di uno sguardo e sparendo dalla sua vista un secondo dopo.
Il ragazzino si riscosse dai propri pensieri e lo seguì senza una parola tra la vegetazione. Non aveva idea di dove si stessero dirigendo, ma si fidava cecamente del padre. Lui sapeva sempre dove andare e cosa fare, non c’era bisogno di domandargli nulla, bastava seguirlo.
Con un ultimo salto, Trunks raggiunse il padre, fermo in piedi  su un ramo davanti a lui. Ancora una volta non disse nulla e fu Vegeta stesso ad allungare un braccio e ad indicargli qualcosa davanti a loro.
Il ragazzino scorse, nello spiazzo ai loro piedi, quello che sarebbe stato il loro pranzo: un animale somigliante in tutto e per tutto a un cervo, che brucava l’erba sotto di loro, ignaro di essere stato puntato da due predatori.  Il mezzo-Saiyan riusciva a vederlo solo di spalle e, a parte il manto di un assurdo colore verdastro, sembrava proprio un cervo terrestre.
L’animale alzò la testa dal terreno e si voltò, puntando il muso della loro direzione, fu allora che gli occhi blu di Trunks furono in grado di cogliere un’importante caratteristica che distingueva quell’animale – se così poteva chiamarlo – da un comune cervo terrestre: sul muso aveva non due, ma tre occhi completamente neri che sembravano immobili.
Trunks storse il naso: quel coso faceva impressione, era quasi inquietante.
Al suo fianco, Vegeta non sembrò farsi molti scrupoli sull’aspetto dell’animale davanti a loro. Per uno che aveva divorato le peggio creature sui pianeti più disparati, tre occhi e un colore così particolare erano le cose meno strane che avesse visto. Concentrò una parte della propria aura nella mano e la modellò fino a formare una lama. Si voltò verso il figlio solo per intimargli di fare silenzio, posandosi l’indice dell’altra mano sulle labbra. Poi saltò giù dal ramo e si fiondò sull’essere.
Trunks lo osservò dal ramo, senza battere ciglio. Dopotutto si trattava sempre di sopravvivenza e aveva abbastanza fame. Vegeta gli indicò alla sua destra qualcosa che si muoveva furtivo tra l’erba alta. Il glicine scese dall’albero e si avvicinò alla propria preda il più silenziosamente possibile, piegandosi sulle ginocchia ed avanzando cauto: il padre gli aveva sempre ripetuto che, se voleva prendere di sorpresa il nemico, il silenzio era fondamentale. Si era esercitato per mesi per fare in modo che i propri passi diventassero leggeri e muti, esattamente come quelli del genitore, e i suoi sensi erano pronti a captare ogni minimo movimento.
Traferì la sua energia sulla mano, creando anch’egli una lama e fece gli ultimi passi verso la propria preda. Essa però percepì i suoi movimenti e si voltò di scatto, rivelando un aspetto somigliante a quello di una lepre di montagna.
Trunks, che sapeva di non doversi fidare delle apparenze, alzò il braccio con la lama d’energia per colpire l’animaletto, che però si rivelò predatore quanto lui, saltandogli addosso con una ferocia degna di un leone. Lo vide spalancare le fauci, rivelando una bocca grande quanto l’intera testa con file e file di denti aguzzi, fatti apposta per strappare la carne dalle ossa. Cadde a terra preso alla sprovvista, tenendo a debita distanza l’animale che tentava in ogni modo di azzannargli la gola. Manco fosse un vampiro!
Nel frattempo Vegeta, ignorando il figlio, fu attirato da un luccichio poco lontano. Abbandonò la carcassa momentaneamente e si avvicinò alla fonte del brillio insistente, stupendosi di ciò che trovò. Tra le piantagioni troppo cresciute, conficcata nel terreno vi era una spada, la cui elsa brillava alla luce solare.
Non gli ci volle praticamente nulla per estrarla dalla ghiaia, strappando via contemporaneamente le radici cresciuteci intorno. La guardò per qualche secondo incuriosito. Sicuramente era il residuo di qualche esplorazione andata male. La curiosità ebbe la meglio e decise di conservarla e portarla con sé, ponendola in una capsula oplà.  Forse un giorno gli avrebbe fatto comodo.
- Ah! Bastardo! - sentì l'urlo di dolore del figlio poco lontano, quando il “docile” animaletto riuscì a mordergli il braccio, con una bocca spuntata dal fianco.
Il falso coniglio continuava a spingere contro le sue braccia, puntando le zampe posteriori sul suo addome e conficcando le unghie nella pelle.
Trunks trattenne un gemito avvertendo la pelle lacerarsi sotto gli artigli: quella situazione doveva finire al più presto! Tenendolo lontano con il braccio sinistro, fece cadere a picco la mano ricoperta di energia affilata sul piccolo, quanto pericoloso, corpicino dell’animale assetato di sangue, tagliandolo in due nettamente e ponendo fine all'attacco.
Il ragazzino si tirò su a sedere, spostando la casacca del coniglio malefico, e si guardò attorno alla ricerca della figura paterna che spuntò dalla vegetazione alle sue spalle.
- Grazie per l’aiuto, eh! - proferì, sarcastico, alzandosi in piedi.
Vegeta alzò lo sguardo su di lui e poi lo posò su ciò che restava del coniglio-predatore. Alzò un sopracciglio riportando gli occhi sul figlio. Ciò che pensava era palese, non servivano altre spiegazioni.
- Quel coso ha cercato di staccarmi un braccio! - esclamò quando il padre gli passò davanti senza prestargli attenzione.
Vegeta recuperò il cervo e si incamminò.
- Troverai ben più di un coniglio sulla tua strada che vorrà la tua testa. Devi imparare a cavartela da solo -
- Ma siamo su un pianeta ai confini dell’universo! E poi quel coso non era un coniglio! - si difese il ragazzino seguendo il genitore. – Aveva una bocca anche sul fianco! -
Ma il padre non lo degnò di una risposta, lasciando che il silenzio parlasse, come sempre, per lui. Sentiva il figlio brontolare alla sue spalle, probabilmente indignato e offeso per essere stato lasciato solo alle prese con qualcosa di sconosciuto e di così inaspettato.
- Smettila di brontolare! Alla fine hai vinto tu, no!? - lo riprese stufo di avere una pentola di fagioli che lo seguiva.
Trunks si ammutolì all’istante ma gli fece comunque una linguaccia per ripicca, sicuro che non potesse vederlo. Lui era il primo a borbottare senza fine quando qualcosa non andava come voleva, e non era giusto che lui sarebbe dovuto solo stare zitto e subire.
“A volte invidio Goten, suo padre è stupido e fa come vuole sempre.” Il piccolo Saiyan incrociò le braccia al petto, mettendo su un’espressione imbronciata.
***
Non era di certo il miglior pasto consumato, la carne aveva un sapore strano e la cottura non era delle migliori, non c’era condimento né sulla pietanza né da poter aggiungere. Ma dovette accontentarsi, soprattutto perché i due Saiyan la fissavano in maniera talmente strana, che era sicura che se non avesse mangiato in silenzio l’avrebbero lasciata a digiuno per il resto del viaggio.
Bulma staccò l’ultimo pezzo e gettò via l’osso, convinta che qualche Sornom l’avrebbe sicuramente fatto sparire nel giro di qualche secondo. Si alzò in piedi, rinvigorita e sazia.
- Ora sto meglio! Possiamo continuare a camminare! - pronunciò in un sorriso rilassato, prendendo in braccio Bra e guardando gli altri due.
La mezz’ora di camminata preannunciata da Trunks si rivelò molto meno problematica e lunga di quanto si erano aspettati. Bulma aveva smesso di borbottare su qualsiasi cosa le succedesse lungo il tragitto, ora che aveva lo stomaco pieno. I due alieni trovarono molto rilassante il silenzio della donna che si portavano dietro. Il tempo impiegato per arrivare alla navicella sembrò, infatti, essersi dimezzato: senza qualcuno che continuava ad uccidere i loro neuroni lamentandosi costantemente nelle loro orecchie, si stava decisamente meglio. La scienziata sarà stata anche un genio, ma diventava estremamente logorroica quando voleva attirare l’attenzione con le sue lamentele.
Proprio Bulma fu la più felice nel ritrovare la sua preziosa invenzione, che li avrebbe riportati a casa sani e salvi. Fu, infatti, la prima a salire a bordo e a dirigersi verso i comandi, senza aspettare che gli altri due la raggiungessero. Inserì le coordinate per tornare indietro ed inserì il pilota automatico. Dopotutto quel tempo in silenzio le era venuta voglia di scambiare quattro chiacchiere con i suoi due uomini. Meglio uno e mezzo.
Si voltò, dando le spalle ai comandi e pronta per parlare, ma ad aspettarla c’era solo Bra, che se la dormiva alla grande sul pavimento succhiando il pollice. Non le rimase che rimuginare sulla poca educazione degli extraterrestri, e, presa in braccio la bimba assopita, si diresse verso le camere.
Adagiò Bra nel suo lettino e chiusa la porta della stanza, si diresse nella propria fischiettando. Aveva bisogno di una doccia e di una dormita. Aprì la porta e rimase un po’ delusa dal trovarla vuota, chissà dove si era andato a cacciare Vegeta. Oh, beh meglio così, aveva più tempo per farsi una lunga doccia senza interruzioni.
Una volta pulita e asciugata, frugò tra gli abiti del compagno, che lei aveva insistito nel portare, e si infilò una sua maglietta nera. Con i capelli azzurri ancora bagnati e canticchiando una canzone per bambini, raccattò i vestiti che aveva lasciato cadere e li buttò nella cesta dei panni sporchi. Tornò in stanza proprio quando la porta si aprì, rivelando la figura di Vegeta, a piedi scalzi, vestito con abiti terrestri e i capelli ancora bagnati.
Battè le palpebre un paio di volte, sorpresa dal ritrovarselo davanti fresco di doccia e non con la tuta addosso. Sicuramente aveva fatto la doccia poco prima di lei e poi si era allontanato per fare chissà cosa. Gli sorrise radiosa e gli fece “ciao ciao” con la mano.
Vegeta la studiò da capo a piedi in silenzio: quel faccino innocente stonava con il sensuale corpo da donna che si intravedeva sotto la maglietta dal taglio maschile. Un ghigno malizioso si delineò sulle labbra alla vista del tessuto appiccicarsi al corpo ancora bagnato della donna. Con un calcio chiuse la porta alle sue spalle facendo scattare la serratura automatica. Da quel momento in poi nessuno li avrebbe disturbati.
***
Se ne stava comodamente seduta sul divano dell’immenso soggiorno, sorseggiando del The verde e divorando una serie di pasticcini, gentilmente offerti dalla mamma di Bulma.
Uryasil, vestita con dei pantaloncini neri e una maglietta azzurra, si godeva il confort di casa Prince in assenza dei proprietari. All’inizio aveva insistito per farsi portare con loro ma il fratello era stato categorico: già la moglie era un “peso morto” di troppo e non ne voleva altri. La ragazza gonfiò le guance ricordando il modo in cui era stata etichettata. Lei non era un peso morto! Avrebbe potuto seguire Vegeta ovunque andasse a qualsiasi velocità.
Però alla fine era stato meglio così: il fratello e la sua famiglia stavano sicuramente affrontando qualche pianeta ostile, carente di cibo e acqua potabile, magari con temperature estreme e abitanti non molto ospitali, mentre lei, era comodamente seduta su un sofà che costava un occhio della testa, sorseggiando del The e mangiando pasticcini, nel frattanto che si godeva l’ambiente piacevolmente rinfrescato dal climatizzatore automatico della grande casa a cupola.
Il rombo di un motore attirò la sua attenzione: arrivava dal giardino, forse erano tornati.
Si ficcò in bocca l’ultimo pasticcino e a piedi scalzi si diresse fuori, appena in tempo per assistere all’atterraggio della navicella.
- Bentornati! - li accolse con un sorriso, appena i passeggeri iniziarono a scendere.
Bra le corse incontro e lei non esitò a prenderla in braccio, regalandole un buffetto affettuoso sulla guancia. La piccola rise e Uryasil ricambiò il sorriso a quella bimba che le metteva sempre allegria.
Trunks avanzò con più calma: - Ciao oneesan – si limitò a dire sorpassandola e sparendo in casa.
Uryasil lo seguì con lo sguardo, fin quando la sua chioma lilla scomparve dentro casa.
Nel frattempo anche i proprietari di casa le si avvicinarono, o meglio Bulma le si avvicinò. Vegeta tirò dritto senza degnarla di uno sguardo con un’aura maligna che lo circondava.
- Cos’ha? - chiese a Bulma indicando il fratello che si accingeva a levitare fino alla finestra della propria stanza. Bulma sospirò regalandole un sorriso stanco. - È stato un viaggio stressante -
L’azzurra la sorpassò e, a passo lento, entrò in casa accettando di buon grado il The verde che la madre le offrì.
Presto anche Bra si divincolò dalla sua presa e seguì la madre all’interno, lasciando Uryasil sola in mezzo al giardino, a chiedersi cosa fosse successo durante il viaggio di tanto sconvolgente da ridurre quella famiglia tutto pepe in quello stato.
Alzò le spalle preferendo non indagare, tanto il fratello non le avrebbe detto nulla. Chissà, forse, sarebbe riuscita ad estorcere qualche informazione a Trunks più tardi, durante una partita ai videogame.
Con il felice pensiero di una sana scazzottata virtuale, ritornò in casa, canticchiando una canzoncina che aveva sentito alla televisione qualche ora prima.
 
*Sorbet: tirapiedi di Freezer, che assume il comando dell’impero dopo la sua morte. Personaggio apparso nel film “La resurrezione di F” e in Dragonball Super.
 



Angolo Autrice:
Per la vostra gioia stasera doppia pubblicazione sul fandom. La mia beta ha finalmente finito di revisionare il capitolo ed ora è pronto.
Termina qui la piccola scampagnata nello spazio, per la felicità di tutti (Soprattutto di Vegeta, che non ne poteva più di trascinarsi la famiglia in giro per lo spazio-) si torna a casa, sulla Terra. 
Penso di essere stata un po' bastarda con il piccolo Trunks, ma chissene frega uwu 
Spero vi piaccia e ricordate di lasciarmi un piccola recensione con il vostro personale parere :3
Alla prossima!
angelo_nero
  
Leggi le 3 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Anime & Manga > Dragon Ball / Vai alla pagina dell'autore: angelo_nero