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Autore: theOldEnnui    16/08/2016    9 recensioni
La signora Hudson muore di giovedì.
Ovvero John e Sherlock ricevono una visitatrice inaspettata.
Genere: Malinconico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash, FemSlash | Personaggi: Altro personaggio, John Watson, Sherlock Holmes, Sig.ra Hudson
Note: OOC | Avvertimenti: nessuno
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IL GIOCO DEGLI SPECCHI

 

 

La signora Hudson muore di giovedì.

La mattina, Sherlock irrompe bellicosamente oltre la soglia del 221A per protestare contro la mancata materializzazione del vassoio di tè e biscotti che ha supervisionato ogni suo risveglio per anni. La trova addormentata sulla poltrona reclinabile che lui e John le hanno regalato il natale scorso. La televisione che ciarla allegra in schermate sgargianti, la tisana alle erbe che beve ogni sera, abbandonata sul tavolino, colma fino all'orlo.

La deduzione su quanto è accaduto arriva con un ritardo imbarazzante, per il suo conclamato status di genio. Anche dopo, rimane ad osservare il corpo senza vita alla ricerca di un'altra possibile spiegazione, finché John non scende a cercarli entrambi. Li trova ugualmente immobili.

Capisce subito. Le controlla il polso in silenzio.

Sherlock sente il proprio cuore precipitare, quando l'altro si avvicina per stringerlo in un abbraccio già umido.  

 

*

John chiama tutti i numeri della rubrica che la signora Hudson tiene appoggiata accanto al telefono e si occupa del funerale.

Sherlock non piange: un grumo doloroso gli si è addensato in gola. Ostruisce il fluire delle lacrime, rende impervia la scalata delle parole di conforto che vorrebbe regalare a John. Che risposte irrazionali hanno gli uomini, all'inevitabile.

 

*

"Buongiorno," dice Margaret Thomas due settimane dopo, la voce resa querula dall'emozione forse più che dall'età. Le lunghe mani nodose, ma ancora eleganti, si aggrappano forte a una borsetta rossa, mentre la loro proprietaria chiede il permesso di entrare.

"Si accomodi," la accoglie John di buon grado, pensando a una cliente. Sherlock ha bisogno di essere distratto.

Le scale sono un supplizio per la sua anca, ma Margaret è sempre stata una donna determinata. Un passo alla volta, approda nel caotico soggiorno del 221B. "Buongiorno," ripete allo stropicciato serpente in vestaglia blu, allungato sul divano di pelle accanto all'entrata. Il serpente non risponde. John recupera una sedia dalla cucina e la fa accomodare.

"Allora, come possiamo esserle utili? Le hanno rubato qualcosa? Un gioiello di famiglia?"

"Oh! Oh, no!" si affretta a chiarire lei, "Non sono qui per approfittare del vostro talento. Volevo solo... volevo... Lei deve essere John, non è così, caro? È lui è il grande Sherlock Holmes, sono pronta a scommetterci la dentiera. Oh cielo, non che troverei mai qualcuno disposto ad accettare una simile posta," scherza tormentandosi le mani, forzando fuori una risata.

John la osserva incuriosito. È una signora allampanata e distinta, con un'ordinata testa di riccioli bianchi e le spalle esili incurvate dagli anni. Un vispo paio di occhietti scuri dardeggia da una parte all'altra della stanza, incorniciato da una montatura sottile e severa.

Alla periferia del proprio campo visivo, John nota Sherlock tirarsi a sedere.

Sorride cortese, cercando di metterla a suo agio, "Be', anche se lo facesse, la sua dentiera sarebbe salva".

"La ringrazio, caro. Non era certo arduo. Mi intrattengo spesso con il suo blog".

"Vuole dirci perché è qui o ha intenzione di continuare a sprecare il nostro tempo per tutto quel poco che ancora resta a lei?" si intromette Sherlock con l'usuale delicatezza.

"Un vero maleducato, proprio come ha detto Martha," mormora Margaret. Le labbra sottili stese in una curva gentile dal magnetismo dolce di un ricordo.

"Martha?" chiede John.

Margaret abbassa lo sguardo e prende un respiro. "Martha. Sono qui per lei. Io... non so perché sono venuta. So che il funerale è passato, ma... eravamo-- vecchie amiche," la voce inciampa sulle ultime parole, la scossa sembra far crollare qualcosa dentro di lei. Le lacrime che cominciano ad inseguirsi oltre le sue ciglia rade, sono una sorpresa per tutti e tre. "Scusate, scusatemi," dice mentre con una mano si copre gli occhi.  

Sherlock si alza dal divano e si avvicina con passi cauti. Si siede sulla sua poltrona, di fronte a John, accanto alla sedia sulla quale Margaret sta cercando di sconfiggere l'accesso di emozione che l'ha paralizzata. "Margaret," dice Sherlock. La donna abbassa la mano e lo guarda negli occhi, dando al detective la conferma che cercava. "Mrs Hudson-- Martha mi ha parlato di lei".

Margaret sorride e prova a dissipare la pesantezza che è scesa a premere contro ciascuno dei loro petti, "Oh, sono tutte menzogne, frottole della specie più abietta… non creda nemmeno a una parola".

Sherlock le concede una risata.

John guarda la scena senza capire. "Le andrebbe una tazza di tè, signora...?"

"Oh caro, ma certo-- dove ho la testa! Signora Thomas, Margaret Thomas. È un vero piacere conoscerla, John. Gradirei molto una tazza, se non le è di troppo disturbo".

"Certo che no. Il piacere è mio". John stringe la mano che gli viene porta e si avvia verso la cucina. Alle sue spalle, Sherlock e la signora Thomas cominciano a chiacchierare timidamente di inezie. Gli sembra addirittura di cogliere un commento sul tempo.

 

Una volta che ciascuno di loro è protetto dal torpore di una buona tazza di tè, stretta al petto come uno scudo, John decide di iniziare ad indagare, dato che il suo brillante collega sembra riluttante a farlo da sé. "Conosceva la signora Hudson”.

Margaret annuisce, poi prende un sorso del liquido caldo. "Che cosa le ha detto di me?" chiede rivolta a Sherlock.

"Che eravate molto amiche. Non un granché," Sherlock cerca gli occhi di John, ma sembra pentirsene all'istante. Abbassa lo sguardo e fa una pausa prima di continuare, "Che lei ha lasciato il suo matrimonio prima della fine".

"Oh, il suo matrimonio. Certo. Che giornata orribile. Non potevo sopportare di vederla con-- non potevo davvero, sa?" implora all'indirizzo di Sherlock, come se fosse certa di trovarvi comprensione.

Sherlock si agita sulla sua poltrona. L'attenzione di John gli brucia la pelle. "Non vi siete più sentite da allora?"

"No, non per moltissimo tempo," Margaret deglutisce. Fa scorrere lo sguardo da Sherlock a John e viceversa. Dopo un silenzio di pochi istanti, fa deragliare la conversazione, "Voi due state insieme?"

"John è sposato," Sherlock risponde in fretta, come se quella domanda non fosse piovuta dal cielo per lui come lo è per John.

"Sono separato," puntualizza il buon dottore.

"Non stiamo insieme".

"Oh," Margaret stringe le labbra, il volto adombrato. "Martha mi ha chiamata, due anni fa. Mi ha parlato di voi. Sapete, era una tale pettegola, non è cambiata affatto. Credo sia successo poco dopo il suo matrimonio, John".

Sherlock si alza di scatto e dà loro le spalle, si dirige alla finestra.

John spia la signora Thomas osservare corrucciata la schiena rigida del suo coinquilino. Senza sapere se siano davvero affari suoi, chiede, "Che cosa le ha detto?"

A Margaret non è mai piaciuto immischiarsi nelle questioni degli altri. È sempre stata una persona riservata, ben ripiegata entro i propri confini. Ormai, però, è vecchia-- è vecchia e innamorata. Lo sanno tutti che il tempo e l'amore sono gli agenti più corrosivi che possano operare sul buon senso degli uomini. Riflesso sul vetro della finestra, coglie lo sguardo scuro di Sherlock. È stata meschina per lunghissimo tempo. Se può aiutare qualcuno, soprattutto qualcuno a cui Martha teneva, allora vuole farlo.

Comincia a raccontare.

 

*

Ricorda che lo squillo del telefono l'aveva svegliata. Fuori era buio.

Quando in casa era arrivato il primo telefono, Margaret aveva già quattordici anni, ma suo fratello era ugualmente riuscito a terrorizzarla come una bambina. Le aveva raccontato che ogni chiamata a cui rispondeva, poteva essere da parte della morte in persona. Una cortesia per informarla che sarebbe arrivata a prenderla in una questione di istanti. Ogni tanto, le capitava ancora di ripensare a quello stupido scherzo. Con sempre maggiore frequenza, da quando si era resa conto di essere vecchia.  

Quella volta fu salva. Ma se la morte continuava a nasconderlesi, dall’altro capo del filo scoprì qualcosa che ne mimava alla perfezione il baluginio incredibile e brutale.

“Maggie,” l’aveva salutata la voce di un fantasma. Erano anni che qualcuno non l’apostrofava con quel nomignolo. Non si era mai sposata e non aveva avuto figli. Con suo fratello non parlava da quando gli aveva detto di essere lesbica, doveva essere l’ottantasei. Lui non faceva che sdilinquirsi in lodi per Margaret Thatcher e aveva accusato la rivelazione con l’esatto grado di intolleranza che ci si sarebbe attesi, poste tali premesse. Nella sua vita non era rimasto nessuno che avesse consumato il suo nome tanto da ridurlo a quel comodo torsolo di familiarità. La sorpresa di sentirselo di nuovo puntare contro, l’aveva fatta sdrucciolare: un piede poco avvezzo su un terreno scosceso. In un fiato si era ritrovata bambina, con l’animo in fermento e il sole di giugno a intiepidirle le spalle, mentre inseguiva l’auto che le riportava Martha. Le estati in cui erano state inseparabili, la campagna inglese che le guardava ogni anno riconoscersi, che le aveva viste divincolarsi con impazienza dai lacci dell’infanzia, in strappi di gioia vivissima e malinconie di un istante. Aveva ricordato l’odore della frutta matura e lo sfarfallio elettrico di un segreto posato contro all’orecchio. Martha che morde una prugna e gliela passa. La sensazione di rincorrere qualcosa di proibito, mentre sul frutto le sue labbra rincorrevano l’impronta lasciata della bocca di lei. Poi era venuta l’avventura, Londra, l’appartamento che avevano condiviso. Le gambe che si sfiorano innocenti sotto le coperte. Erano venute le maschere, era arrivato Frank e tutto quello che non era mai cominciato era finito di colpo.

"Ho trovato il tuo numero su internet. Le cose che si riescono a fare, al giorno d'oggi..."

Martha non le aveva detto subito perché aveva telefonato. Aveva iniziato a raccontarle della sua vita, girando intorno al vuoto ingombrante che le separava. A tratti con goffaggine, a tratti fluida come era stata un tempo, quando le confidava ogni cosa.

Poi, all'improvviso, aveva cominciato a parlare dei suoi inquilini. Sherlock Holmes e John Watson, quelli sempre sui giornali. In realtà, al momento di inquilini gliene era rimasto uno soltanto, ma lei sperava che un giorno o l’altro potessero tornare ad essere due.

"John si è sposato oggi," aveva detto. Dopo un lungo silenzio in cui Margaret aveva cominciato a domandarsi se non si trattasse per caso di un’ allucinazione surreale, di uno strano sogno, del più temuto dei suoi incubi, Matrha aveva aggiunto in un sussurro, "Credo che abbia commesso un errore".

"Ne commettiamo tutti".

"Sherlock è innamorato di lui, ma John non riesce a vederlo. No. No, è una bugia Maggie. Lo vede. Io so che ha paura, però lo vede. Non riesce a credere che Sherlock possa... lo vede, ma non ci crede. Pensa che sia tutto nella sua testa, che si rovinerà tutto, se dovesse... ma lo vedo anch'io, sai? Adesso lo vedo anch'io, l'ho sempre visto e... è così tardi ormai..."

Erano passati anni, decenni, una vita intera. A Margaret non era piaciuta, la direzione in cui stava precipitandoquel loro scambio. Non aveva avuto voglia di rivangare il passato con lei, di scivolare in una melma di rimpianti dalla quale non avrebbe saputo come liberarsi. Così aveva tentato di sciogliere il nodo che le si era stretto in petto, di spezzare la tensione che le faceva tremare le mani, difendendosi con una stoccata di algido umorismo inglese: "Sei stata tu a chiamare. Non ti lamenterai per l'ora, adesso".

Martha aveva sempre riso a tutte le sue sciocchezze. Questa voce lontana, impolverata dal dolore e dal rimorso, sembrava non esserne capace. Il trillo spensierato che ogni tanto ancora risuonava in un angolo sperduto della sua testa, era stato divorato da un silenzio colpevole.

"Sherlock è venuto al matrimonio, ma è andato via prima della fine. Chi lascia un matrimonio prima della fine?" la domanda era caduta in un soffio, attutita dal rumore morbido dei loro respiri, "Perché te ne sai andata così presto, dal mio matrimonio?"

"Adesso smettila. Non so perché hai chiamato, non so come hai fatto a pensare che fosse una buona idea, perché non lo è affatto," aveva sbottato Margaret.

Era arrabbiata, era furiosa: con quale coraggio, dopo tutti questi anni? Con quale faccia tosta? Aveva sibilato ogni sorta di cattiveria nel ricevitore. La maggior parte non riesce a ricordarle. Quello che è rimasto a sporcarle il cuore, è la memoria affilata come una scheggia del desiderio di ferirla, di farle male, di restituirle il dolore che ancora le stava procurando.

"Mi dispiace, io... so che non sono stata una buona amica. So che ho fatto finta di non vedere, ma possiamo ancora... voglio parlare. Possiamo incontrarci? Per favore..."

Margaret le aveva riagganciato il telefono in faccia. Se ne era pentita quasi subito, ma si era vergognata troppo di tutto il rancore che aveva scoperto di provare, per fare qualcosa a riguardo.

Non aveva risposto alle chiamate successive, ma aveva salvato e riascoltato ognuno dei messaggi che Martha aveva lasciato nella sua segreteria.

 

*

Più tardi, Margaret chiede di poter visitare l'appartamento della signora Hudson.

John e Sherlock la accompagnano. Dalla soglia, la osservano navigare con deferenza fra le tante briciole di sé che l'amore della sua vita si è lasciata alle spalle.

John prende coraggio e senza dire una parola, fa scivolare la propria mano dentro a quella di Sherlock.

Cenano tutti e tre insieme e si scambiano aneddoti divertenti sulla signora Hudson.

Quando sono di nuovo soli, dopo che Margaret li ha salutati, Sherlock suona il violino per John.

“Perché te ne sei andato così presto dal mio matrimonio?” chiede il buon dottore al termine dell’esecuzione.

Sherlock comincia a raccontare.







 

NOTE: dunque, io non so spiegarmi cosa mi stia succedendo, ma sono giorni che non faccio altro che scrivere… non so per quanto durerà questo miracolo, ma intanto ne approfitto!

Per una volta il titolo ha un senso! Nella serie i mofftiss si divertono un sacco a giocare con personaggi che usano come “specchio” di John, di Sherlock e della loro relazione. Be’, ci ho voluto provare anch’io: Mrs Hudson e Margaret sono chiaramente (come nella serie) uno specchio per John e Sherlock. E poi era da quando Mrs Hudson nomina la sua migliore amica nella 3x02 che morivo dalla voglia di scrivere qualcosa su di loro, finalmente le stelle si sono allineate eccetera, eccetera!!! Probabilmente sono tutti un po’ OOC, l’angst non è il mio genere e non so bene come gestirlo, soprattutto nei dialoghi (che poi, si chiama angst questo???? idk), MA sto cercando (con molta calma) di uscire dalla mia comfort-zone, quindi qualche inciampo temo sia inevitabile. Perdonate la generale mielosità, soprattutto sul finale. Son fatta così u_u

Come sempre, vi ringrazio tantissimo se avete deciso di leggermi! <333

 


 
  
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