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Autore: izayoi007    27/04/2009    2 recensioni
Anche le antiche leggende giapponesi sono strapiene di Mary Sue? Ovvio. Le Mary Sue hanno origini antichissime.
Dovete infatti sapere, che persino le principesse di altri pianeti possono essere Mary Sue! Non ci credete? Beh, allora leggete!
[Terza classificata al contest "Sai creare una Mary Sue? [Contest per Originali]" indetto da ro-chan e Hime-Chan]
Genere: Romantico, Fantasy, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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La principessa Mary Sue

 

 

 

Nick dell’Autore: Izayoi007
Titolo della Storia:
La principessa Mary Sue.
Avvertimenti/Genere:
romantico.
Mito da voi scelto:
La principessa Taguya
Introduzione:
Anche le antiche leggende giapponesi, sono strapiene di Mary Sue? Ovvio. Le Mary Sue hanno origini antichissime. Dovete infatti sapere che persino le principesse di altri pianeti possono essere Mary Sue! Non ci credete? Beh, allora leggete!
Note dell’Autore:
Lo stile è volutamente molto simile a quello di una fiaba o di un leggenda, per rispettare il legame con la mitologia e anche per dare una connotazione ironica – molto leggera – al tutto. Leggero e non particolarmente ricco di dettagli e dialoghi. Seppur il personaggio della fanciulla è già di per sé piuttosto Mary Sue-mode, ho volutamente esagerato alcune situazioni ed apportato varie modifiche alla leggenda originale per sottolineare questo fatto.

 

 

 

 

 

C’era una volta, in Giappone, in un piccolo paese di montagna situato fra colline verdi e campi ricchi e fertili, un vecchio tagliatore di bambù. L’uomo viveva con la moglie in una piccola casa isolata dal resto del villaggio.

I due coniugi vivevano in povertà e solitudine, nel rammarico di non aver mai avuto un figlio a cui dare tutte le loro attenzioni e il loro amore.

Una mattina di primavera, quando il sole era appena sorto e i primi raggi scaldavano piacevolmente l’atmosfera, il vecchio Tsukiji – così si chiamava l’uomo -, impegnato nella raccolta, scorse di uno strano bagliore fra le canne. Incuriosito, si avvicinò e, con grande stupore, si rese conto che il bagliore proveniva da una piccola bambina adagiata fra i bambù.

La neonata, di un delizioso incarnato rosato dalle guance tondeggianti e spruzzate lievemente di rosso, aveva ciuffi di capelli corvini, incredibilmente morbidi al tatto e lucenti come il sole. Gli occhi, grandi e profondi,  erano due stupendi turchesi che scintillavano di una particolare luce vivace e intelligente.

Il vecchio non poté fare a meno di volerle bene fin da subito, quindi la portò immediatamente a casa dalla moglie. Entrambi concordarono sul fatto di volerla tenere con loro, indi, la piccola diventò la figlia che non avevano mai avuto.

Le fu dato il nome Tsuki – Luna – per via della sua pelle scintillante come la superficie lunare nelle notti di plenilunio, ma anche come richiamo al nome del padre adottivo.  

Con il passare del tempo, Tsuki crebbe forte e sana, e divenne una splendida giovane la cui bellezza, decantata in lungo e in largo, giunse alle orecchie di chiunque in tutto l’emisfero orientale.  Dotata di grande intelligenza ed acume, ma anche di una grazia ed eleganza uniche, crebbe circondata dall’amore dei suoi genitori. Danzava e cantava divinamente e si diceva che la sua cucina fosse la migliore in tutto il Giappone. Inoltre, parlava fluentemente ben quattro lingue ed aveva uno spiccato gusto estetico.

Tutti l’amavano e le volevano bene, aveva praticamente un’esistenza perfetta.

Nel giorno del suo ventesimo compleanno però, una disgraziata la colpì: entrambi i suoi genitori, recatisi al mercato del paese per svolgere alcune commissioni, vennero investiti da un carro di cui il guidatore aveva perso il controllo, e morirono.

Tsuki, infinitamente addolorata, si chiuse nel lutto e passò diversi giorni in casa sua a piangere, disperata. Purtroppo, un giorno,  due uomini si presentarono a casa sua.

- Tsuki-san, ci dispiace infinitamente, ma siamo costretti a chiederle di abbandonare la casa. – le disse il più giovane, con tono realmente dispiaciuto. La giovane posò il suo sguardo su di lui, gli occhi ancora gonfi e lucidi di pianto.

- Per quale motivo? – chiese. La sua voce, seppur resa stridula dal pianto prolungato, risuonava ancora dolce e gradevole. L’altro uomo si fece avanti e, con un leggero inchino di scuse, si apprestò a spiegare:

- Ci dispiace, ma purtroppo con la morte dei suoi genitori, che erano coloro che si occupavano del pagamento della casa, dato che lei non è in grado di mantenerla, siamo costretti a confiscarla. – spiegò brevemente.

- Ma questo è tutto ciò che mi rimane di loro! Il mio unico ricordo! Vi prego, non fatemi questo! – mormorò lei addolorata, aggrappandosi al braccio del primo. Il giovane si rattristò, ne ebbe compassione e decise di darle una mano.

- Tsuki-san, - disse – la mia sposa ha appena dato alla luce il nostro splendido primogenito ma, per via di un parto difficile e della sua salute cagionevole, ora si trova in difficoltà nell’allevarlo a dovere. Le spiacerebbe venire a stare da noi per poter aiutare la mia signora? – la sua gentile proposta fece commuovere la dolce ragazza che, piena di gratitudine, accettò di buon grado.

Da allora, Tsuki si trasferì a casa di quell’uomo così generoso. Kaito Umiko-san e sua moglie Kaede-san , novelli sposi, si dimostrarono fin da subito bravissime persone, nella loro modestia e semplicità, e il piccolo Akito-chan, seppur un  po’ monello e capriccioso, era un bambino buono e sveglio.

Passarono diversi anni e fu così che un giorno, per caso, mentre portava al fiume il piccolo Akito, il bambino, ignorando del tutto gli avvertimenti di Tsuki, giocando sulla riva, vi cadde dentro.

Il piccolo cominciò a gridare ed agitarsi e la bella giovane non seppe che fare, se non disperarsi poiché non sapeva nuotare. Sfidando la sorte, ed essendo troppo buona lei ed affezionata al bambino, decise di gettarsi a sua volta per recuperarlo.

- Tieni duro, Akito-chan! Vengo a salvarti! – gridò, dopodiché si lanciò, incurante del pericolo.

Purtroppo per loro, la corrente era forte e la sua forza e abilità esigua, insufficiente per contrastare quella del fiume.

In un modo o nell’altro, però, Tsuki riuscì a raggiungere il bambino . Lottando disperatamente, si fece largo fra i flutti, ma in vano ; il fiume pareva non volerle dare tregua.

Improvvisamente, si sentì afferrare per la vita e trascinare via con forza. Prima di svenire, sfiancata dalla fatica, fra le sue braccia, riuscì a scorgere i tratti confusi di un giovane uomo.

 

 

 

* * *

 

 

 

Quando rinvenne, la testa le doleva e girava vorticosamente. Si portò una mano sul viso cercando di scacciare via la confusione. I suoi capelli erano bagnati, così come le sue vesti, e si sentiva gli arti indolenziti.

Si trovava sulla riva del fiume nel quale stava annegando insieme ad Akito-chan. A proposito, dov’èra il bambino?

Si guardò freneticamente intorno e lo trovò appollaiato poco distante da lei; sembrava svenuto.

- Stia tranquilla, sta bene. Riposa soltanto. – una voce profonda, baritonale e lievemente roca, le giunse dalla sua destra.

Si voltò di scatto e rimase shockata.

Un giovane, apparentemente poco più grande di lei, stava placidamente steso con la schiena adagiata al tronco di una grossa quercia. Il viso, dai tratti fini ma virili al tempo stesso, rilassato e armonioso, risplendeva sotto la luce di un raggio di sole che filtrava fra gli alberi e lo illuminava con chiarezza. Gli occhi erano scuri, così come i suoi capelli, corti e ribelli. Anch’egli era bagnato fradicio.

- Oh…siete stato voi, poco fa, a salvarci? - Il moro annuì semplicemente e le sorrise. Tsuki arrossì: il suo sorriso era splendido.

- Vi ringrazio…-

- …Ryo, mi chiamo Ryo. –

- Oh, beh, allora molte grazie, Ryo-san! Io sono Tsuki, e questo è Akito-chan. Le dobbiamo la vita! – sorrise a sua volta, sinceramente riconoscente. Lui si sollevò in piedi, avvicinandosi.

- State bene, vero? Non vi siete fatta male…? – lei accennò un diniego con il capo e lui si lasciò andare ad un sospiro di sollievo.

- Bene, allora vi scorterò al villaggio, poi riprenderò il mio cammino.  – propose. Tsuki si alzò a sua volta.

- Oh, ma non ce n’è bisogno! Non è assolutamente necessario che vi disturbiate, avete già fatto tanto! –

- Nessun disturbo, lo faccio volentieri. – le sorrise nuovamente e lei ricambiò spontaneamente, incantata.

Il giovane si allontanò per, notò lei in quel momento, avvicinarsi a quello che doveva essere il suo cavallo. Lo afferrò per le redini e si avvicinò al bambino per poi sollevarlo e adagiarlo sulla groppa dell’animale.

- Vogliamo andare? – chiese educatamente, porgendole la mano, dopo essersi fermato ad attenderla. Lei arrossì, afferrandola timidamente.

Si incamminarono placidamente per la foresta.

- Posso avere l’ardire di chiedervi come mai vi trovavate da queste parti? Non mi pare di avervi mai visto…- domandò ad un certo punto, lei, non riuscendo più a sostenere quell’imbarazzante silenzio. Il moro si voltò a guardarla, accennando una piccola smorfia.

- Un giro…nulla di più… - mormorò vago, e lei comprese che quello era un argomento da evitarsi, quindi cambiò prontamente discorso.

- Quanti anni avete? –

- 22. – Due in più di lei.

- Mh…non siete molto loquace, vedo. – Lui piegò le labbra in un sorriso sghembo  e le lanciò un’occhiata furtiva.

- No, non particolarmente. Voi invece si, a quanto pare… - Tsuki arrossì di botto.

- Mi dispiace… - borbottò.

- Non preoccupatevi, non è un problema. – sorrise – Avete una voce splendida, l’ascolterei per ore. –

- Vi ringrazio. –

Fu così che passarono il tempo fino all’arrivo al villaggio; discorsero amabilmente per tutto il tragitto.

 Tsuki si rese conto che il giovane, oltre che bello, era gentile e ben educato , sebbene non troppo loquace, e talvolta, rispondeva tendenzialmente seccato e con tono scorbutico. Tuttavia, era piacevole conversare con lui e la giovane si scoprì desiderosa di passare più tempo possibile in sua compagnia.

D’altra parte, anche Ryo parve apprezzare la sua presenza. La ragazza era molto bella e dolce, dai modi raffinati ed eleganti, ed un’innata sensualità che traspariva da ogni suo movimento.   

Una volta giunti a destinazione, per entrambi fu un dolore immenso doversi separare.

- Vi prometto che tornerò a trovarvi, Tsuki-san! – affermò lui. Tsuki gli sorrise, speranzosa con gli occhi che le brillavano di sincera aspettativa.

- Vi aspetterò, Ryo-san! Anche tutta la vita, se necessario! – promise.

Fu così che i due si congedarono, ed allora si resero conto di non poter più fare a meno l’uno dell’altro: si erano innamorati.

 

 

 

* * *

 

 

 

Passarono diversi mesi da allora, quasi un anno. Nel frattempo, la sua bellezza, negli anni, invece di sfiorire si sviluppò e divenne più matura e raffinata. Così come la sua naturale avvenenza, crebbe anche la sua fama e fu così che, un giorno, si presentarono a casa di Kaito-san quattro principi, chiedendo di poter avere la sua mano. Dacché era orfana e anche la sua famiglia adottiva era morta, la decisione spettava solo a lei. Non sapendo che fare, Tsuki chiese consiglio a Kaito-san e sua moglie.

- Secondo me dovresti accettare la corte di quello più ricco e potente di loro, Tsuki-san. Sono principi, ti garantiranno un futuro sicuro! – commentò l’uomo. Seppur giovane, era una persona pratica e le voleva bene, ma era dall’animo semplice e un po’ grezzo. Sapeva che ci teneva a lei, ma vedeva il bene per la sua vita solo da un lato puramente materiale.

- Non credo. L’amore è ciò che conta. Tsuki-san, dovresti seguire il tuo cuore e scegliere l’uomo che migliore per te come donna e persona, non in base ai suoi possedimenti materiali. La vera ricchezza sta nel cuore, non nelle tasche. – Tsuki trasalì e il volto di Ryo gli tornò in mente. Abbassò il viso, malinconica, ed annuì. Kaede-san aveva ragione, lo sapeva. Però era anche vero che era quasi un anno che quel giovane che le aveva rapito il cuore non si faceva vedere. Decise quindi di concedere una chance anche agli altri.

Il giorno seguente, dopo una notte di “meditazione”, li radunò tutti e quattro.

- Chi di voi sarà in grado di portarmi lo Spicchio Di Luna, allora diverrà il mio sposo.  – decretò solenne. I principi rabbrividirono; lo Spicchio Di Luna era un diamante grosso quanto un pugno, chiamato così per la sua particolare forma e colore che richiamava quelli della luna. Si diceva fosse  custodito nella parte più interna ed oscura del bosco, difeso dagli animali. Aveva un valore inestimabile e la leggenda narrava che fosse in grado di indicare – ma solo al suo vero padrone – la sua anima gemella.  Anche se con riluttanza, i principi accettarono e si prepararono a partire.

Una volta giunti al limitare della foresta, Tsuki diede loro istruzioni.

- Avete tre giorni. – esordì. Uno di loro, un grasso principe Coreano, la interruppe. Tsuki lo squadrò; era basso e tarchiato, leggermente stempiato e dalla dentatura rovinata dal tabacco e dall’incuria. Gli occhi piccoli e spendi, come quelli di un topo. Rabbrividì, sperando che lui non ce la facesse a recuperare il gioiello.

- Non si era parlato di limiti di tempo! – gridò con voce bassa e assurdamente stridula.

- Mi dispiace, Mawa-san, queste sono le regole. – rispose – Inoltre, non vi è permesso avvalervi dell’aiuto di alcuno, servi o guerrieri che siano…- Mawa-san grugnì e si fece indietro.

- Questo è davvero troppo! Io non ci sto, per quanto magnifica, nessuna donna vale tanto!Addio. – gridò, poi sparì con il suo seguito. Tsuki tirò mentalmente un sospiro di sollievo.

- Potete usare armi per difendervi ed usufruire di un cavallo, ma null’altro. – Lì guardò, in attesa di una nuova protesta. Il principe della Cina, di nome Fao Lee, un ragazzo smilzo ma basso, dai capelli folti e neri, raccolti in una bassa treccina e gli occhi del medesimo colore, leggermente sporgenti, borbottò qualcosa, ma poi tacque.  

Gli altri due, un giovane Thailandese e un barone Russo, l’uno dal volto scarno e il fisico asciutto, i capelli scuri e la carnagione olivastra e l’altro dai tratti marcati, la chioma bionda e gli occhi azzurri basso e leggermente tarchiato, annuirono e fecero un gesto come per chiederle di proseguire.

- Credo di aver concluso. Thay-Yai-san, Fao Lee-san e Boris-san è tutto chiaro? – i tre annuirono, dopodiché si incamminarono nella foresta.

Furono giorni duri e i principi, seppur allenati alla vita militare, trovarono il tutto molto complicato. Gli animali della foresta custodivano gelosamente il gioiello e parevano non lasciarlo nemmeno un attimo. Boris passò il primo giorno girovagando a vuoto, tentando di trovare indizi che gli permettessero di scovare il diamante. Il secondo, mosso dalla fame, si addentrò più in profondità. Stava per lanciarsi su un coniglio a pochi passi da lui, con la spada sguainata, quando una lunga freccia trafisse l’animale. Boris si voltò di scatto verso la direzione da cui proveniva la freccia e spalancò gli occhi; davanti a lui, qualche metro distante, vi era Fao Lee, il principe cinese.

- Salve, Boris-san! – lo salutò, poi, con aria fintamente ingenua e il tono di un bambino, ridacchiò gettando un’occhiata al coniglio. Sorridendo sotto i baffi gli si avvicinò, prendendolo per le orecchie.

- Mi dispiace, lo stavate puntando voi? – lo sbeffeggiò. Il russo gli lanciò un’occhiataccia ma tacque, limitandosi ad un gesto del capo. Era un uomo silenzioso e diffidente per natura.

- Se volete, possiamo dividerlo. – aggiunse, sempre sorridendo – Inoltre, voglio proporvi un patto. – Il biondo lo squadrò, ora interessato, sebbene fosse ancora sull’attenti.

- Che tipo di patto? – borbottò, con voce ombrosa e diffidente. Il ghigno dell’altro si allargò. Il pesce aveva abboccato all’amo.

- Oh, è molto semplice. Le propongo una… diciamo… alleanza. Una tregua momentanea così da aiutarci a vicenda. –

- Ma il gioiello è uno solo, come faremo poi? -. Il cinese assunse un’aria benevola. Era scaltro e astuto, sebbene fosse molto più giovane del barone russo.

- Oh, non preoccupatevi di questo. – esclamò, muovendo una mano come si trattasse di un’inezia  - Ce ne occuperemo a tempo debito. Per ora ci limiteremo a darci una mano a vicenda. In fondo, l’unione fa la forza, no? -   

Fu così che i due strinsero la loro alleanza.

 

 

 

* * *

 

 

 

Nel frattempo, il più giovane fra i tre, il principe Thailandese, esperto esploratore delle foreste del proprio paese, muovendosi con agilità e destrezza, riuscì a collezionare abbastanza indizi ed, infine, la mattina del terzo giorno, trovò la pietra.

La grotta in cui era custodita, umida ed afosa, era grossa e stabile, sebbene ogni tanto ciottoli dalle dimensioni irrisorie scivolassero giù dalle pareti.

Non era stato difficile, per lui, trattare con gli animali; era abituato fin da piccolo ad avere a che fare con bestie feroci e non.

Era ancora giovane ed ingenuo, ma molto dotato e, seppur non bellissimo, possedeva un certo fascino che nemmeno a Tsuki era sfuggito.

Velocemente, dopo aver intuito la sua posizione dalle antiche incisioni dell’entrata, il ragazzo si addentrò nella caverna e la percorse per intero.

Sorrise quando, alla fine di essa, su un piccolo altarino di pietra semplice vi trovò il diamante. Finalmente avrebbe potuto sposare Tsuki, poiché il suo amore era sincero.

Fece per afferrare la pietra, ma una freccia gli sibilò accanto, andando a piantarsi a pochi centimetri dalle sue dita. Si voltò di scatto, trovandosi davanti i suoi due rivali.

- Bravo, ragazzo! Abbiamo fatto bene a decidere di seguirti, non è vero, mio caro Boris? – il biondo si limitò ad annuire, guardandolo però in cagnesco; non voleva fare del male al più giovane. Voleva solo prendere la pietra ed andarsene, ma il suo “alleato” non sembrava dello stesso avviso.

- Lascialo stare. Prendi la pietra ed andiamocene. – gli disse, quando questi puntò una nuova freccia contro Thay-Yai.

- Mh…va bene…Prendi il diamante, mi limiterò a tenerlo sotto tiro nel caso in cui decida di fare brutti scherzi. – il russo acconsentì. Si avvicinò ed afferrò la pietra, ma non appena l’ebbe fatto, il meccanismo di una trappola scattò e lui si ritrovò trafitto da un’appuntita canna di bambù. Il tutto fu così veloce che il thailandese non ebbe il tempo di fare alcunché. Rimase a fissare il corpo dell’altro mentre cadeva a terra, morto, con un leggero gemito strozzato.

- Idiota. – rise Fao Lee – Chiunque sarebbe arrivato a capire che c’era una trappola! – scoppiò a ridere ancora più malignamente, poi si mosse d’un paio di passo. Sempre tenendo sotto tiro l’altro, si chinò e strappò dalle mani del cadavere il gioiello.

- Davvero un peccato, ma credo di non avere altra scelta, se non quella di ucciderti! – sibilò. Il ragazzo digrignò i denti, fissandolo.

- Non se ne parla! – gridò battagliero, tirando fuori la spada. Prima che fosse troppo tardi, approfittando della sorpresa, con un colpo di scimitarra gli strappò l’arco di mano, visto che egli si era avvicinato per prendersi la gemma. A sua volta, il cinese tirò fuori una spada. Fu così che cominciò la lotta.

Entrambi erano abili e svelti, ma alla fine, l’agilità del più giovane ebbe la meglio.

Essendo però, di animo buono, si limitò a tramortire l’avversario.

Se ne andò, con la gemma in mano, e da allora, nulla si seppe più del principe cinese.

 

 

 

* * *

 

 

 

Al tramonto del terzo giorno, Thay-Yai si presentò davanti alla bella Tsuki con la gemma in mano. Speranzoso, la consegnò in mano alla giovane ed attese.

- I miei complimenti, Thay-Yai-san! – disse, incredula, portandosi una mano davanti alla bocca.

- Adesso, - aggiunse – affronteremo il verdetto della pietra! - Deglutendo, si fece passare il diamante; c’era sempre la possibilità che non le mostrasse nulla, poiché non era detto che lei fosse la persona destinata, ma quando la sfiorò, la gemma si illuminò e un flash ed un volto apparvero nella mente di Tsuki, designandola come la prescelta.

Thay-Yai attese con impazienza il risultato, ma quando vide una smorfia di dolore attraversare il viso della ragazza, si ritrovò ad essere molto confuso.

- Mi dispiace- decretò, infine – ma non sei tu la persona che mi ha mostrato la gemma. –

Avrebbe voluto ribatte, poiché dopo tutta la fatica che aveva fatto e i pericoli che aveva affrontato, non voleva rinunciare così, ma l’espressione addolorata della giovane, ormai prossima alle lacrime lo fece desistere. Si alzò e con un leggero inchino e un saluto, si congedò deluso.

Tsuki rimase sola con il suo dolore e finalmente scoppiò in lacrime: il volto dell’uomo che aveva visto, era quello di Ryo.

 

 

 

* * *

 

 

 

Fu così che un altro anno passò. Tsuki non si riprese più e passò tutto il suo tempo a piangere e disperarsi. Kaito e sua moglie non sapevano più che fare per consolarla, finché, una mattina, esattamente un anno dopo l’arrivo dei principi, un araldo dell’imperatore si presentò davanti alla casa degli Umiko e chiese di Tsuki.

- Il giovane imperatore vuole parlarti! – le disse – è qui fuori che ti aspetta e non mi sembra il caso di farlo attendere, dopo tutta la strada che ha fatto per venire a parlarti, non credi? - Tsuki annuì, sebbene di mala voglia, e si recò scoraggiata all’esterno, ma non poté fare a meno di rimanere shockata non appena vide l’uomo a cavallo che doveva essere l’imperatore, circondato dalle sue guardie.

- Ryo-san! – gridò, con le lacrime agli occhi. Lui le sorrise e scese da cavallo.

- Sì, sono io, Tsuki-san. Come ti avevo promesso, sono tornato. – affermò, avvicinandosi a lei. Tsuki tremò dall’emozione, poi si lanciò fra le sue braccia.

- I-io…t-tu…n-non mi avevi detto di essere l’imperatore! – bisbigliò commossa ma confusa.

- Perché all’epoca non lo ero. Ero solo il figlio dell’imperatore. Non volevo che ti innamorassi di me, solo per quel che rappresento! Mi dispiace se ci ho messo tanto, ma ho dovuto attendere di diventare imperatore a mia volta per poterti cercare! – le confessò, sinceramente dispiaciuto.

- Ora che sei qui, non importa! – bisbigliò, abbandonandosi al lungo bacio di Ryo.

 

 

 

 

* * *

 

 

 

 

Dopo qualche tempo, i due si sposarono e, seppur con il rammarico di dover lasciare la famiglia Umiko, a cui si era davvero affezionata, divenuta imperatrice, Tsuki andò a vivere a palazzo, insieme al suo amato imperatore.

Successe però, una notte, qualche anno dopo, che lo Spicchio di Luna che Tsuki aveva portato con sé, cominciasse a brillare spontaneamente, ridestandola.

Dopo essersi alzata dal letto, senza svegliare l’amato, Tsuki afferrò il diamante e si recò sulla grande terrazza della camera da letto, per evirare di svegliarlo.

Era una bella notte di luna piena e il diamante, alla luce della luna, parve brillare ancor più intensamente.

Improvvisamente, una potente folata di vento di levò e qualcosa nell’aria prese a brillare intensamente. Qualche istante più tardi, levato il viso alla luna, Tsuki scorse distintamente un elegante carro tirato da due maestosi cavalli bianchi alati discendere dalla luna ed avvicinarsi sempre più a lei.

Con sommo stupore, li vide fermarsi proprio sopra la terrazza, e da essa ne vennero fuori due figure eteree.

Tsuki osservò, sempre più sorpresa,  un uomo e una donna, vestiti con sontuosi abiti di pregiata fattura, avanzare verso di lei. Avevano entrambi la pelle candida e brillante come la sua. Lui aveva capelli neri ed occhi del suo medesimo colore, mentre lei era bionda con occhi verdi come smeraldi.

- Chi siete? – domandò, dopo aver recuperato un po’ di favella.

Questi le rivolsero un caldo sorriso, poi lei le si avvicinò, accarezzandola una guancia.

- Siamo i tuoi veri genitori, il re e la regina del regno della Luna, principessa della Luna! – spigò, e Tsuki sentì che non le stavano mentendo. Per quando assurdo potesse essere, era sicura che quella fosse la verità.

- Ci dispiace aver dovuto abbandonarti sulla terra, ma è stato necessario per la tua crescita e maturazione come persona – proseguì il re, con aria sinceramente dispiaciuta – è l’apprendistato di ogni principessa della Luna. – Tsuki annuì.

- Non importa, sono stata triste, ma ora sono contenta di sapere la verità! -

- Questa pietra, viene dal nostro pianeta, per questo risponde solo a te. In teoria, questa notte avremmo dovuto riportarti a casa, mia cara, però…- soggiunse nuovamente la madre - … a quando pare, la pietra a designato che il tuo destino è qui, accanto a tuo marito. – decretò. 

- Ci mancherai, cara, ma ti penseremo sempre e veglieremo su di te, come abbiamo sempre fatto. – ricominciò il padre – Sii felice e vivi la tua vita. Un giorno ci rivedremo, figlia mia! –

- Ti vogliamo bene! – aggiunsero, insieme. Tsuki sorrise e si lasciò abbracciare commossa, annuendo.

- Addio,  padre, madre! Sarete sempre nel mio cuore! – li salutò, mentre questi rimontavano in carrozza e si perdevano nel chiarore della luna.

Ancora un po’ frastornata ma felice, tornò in camera, stendendosi accanto a Ryo, che la strinse inconsciamente a sé nel sonno.

Finalmente aveva conosciuto anche le sue origini, aveva dei genitori che le volevano bene e un marito che amava e l’amava e, presto, anche un piccolo erede a cui dare tutto il loro amore.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Questa breve one-shot rappresenta il mio primo passo nel mondo delle “originali”. Non so se ne compirò altri o se la mia “avventura”  in questo mondo finisce qui. Per ora mi limito a proporvi questo mio piccolo lavoro, nella speranza che vogliate leggerlo e, magari, anche commentarlo. Saluti, Izayoi007

 

  
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