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Autore: MadLucy    16/08/2016    0 recensioni
{Sherlock/Moriarty | guest star: Sebastian Moran | summarize your otp}
«Noi empatizziamo tantissimo, almeno due volte alla settimana. E gli altri non possono sedersi con noi. Dovremmo costruire una saletta privata mentale per il club. O un monolocale.»
Genere: Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Jim Moriarty
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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The outsider



Moriarty ha messo da parte la travagliosa preferenza per la sua poltrona solo dopo che Sherlock glie ne ha acquistata una, il quale ha ricorso a questo espediente senza riuscire ad evitare che fosse cagione di umiliazione e sconfitta per lui.
«Sai, iniziavo ad essere un po' geloso di John, ragion per cui mi sono fatto un migliore amico anch'io» annuncia Jim, roteando il tè verde nella tazzina e accostandoci il naso per verificare l'origine delle foglie. Sherlock inarca le sopracciglia.
«Ma non mi dire, l'uomo in cima al palazzo di fronte che ha nel mirino la mia tempia sinistra da quando sei entrato?»
Si vede puntare contro un indice ammonitore. «Mi raccomando, Sherlock, fatti andare a genio la situazione e cerca di fare una buona impressione a beneficio dei microfoni nascosti.»
«Spero che ne abbia altri, oltre ai dodici che ho levato personalmente prima del tuo ingresso, altrimenti sarei davvero deluso.» Mentre Sherlock la sta portando alla bocca la sua tazza esplode, facendo schizzare un nugolo di frammenti di affilata porcellana bianca in tutte le direzioni e un fiotto di tè bollente sui suoi pantaloni.
«Sebastian si sta gasando come una ragazzina» sospira felice Moriarty.
Sherlock fissa con stizza a stento trattenuta la macchia. «Questo scortese inconveniente ci offre il pretesto per una considerazione, cioè che per essere pari sulla linea di partenza, in vista di un confronto e una valutazione, dovremmo usare le stesse armi, quando non è così.» Indirizza un sorriso affabile. «Permarrà sempre il dubbio se sarei un criminale più abile di te.»
«Non ho nessun interesse nella tua transizione verso la mia sponda. La ribalta dell'antagonista ha una sola luce.» Moriarty continua a gingillarsi con il manico della tazzina, senza dare segno di bere. «Piuttosto, stavo riflettendo: se noi ci unissimo carnalmente, ci sarebbe dietro un simbolismo molto fico.»
Il padrone di casa apre le mani e mostra i palmi, indicando con garbo quanto sia infattibile. «Temo che le unioni carnali non rientrino nel mio stile. Preferisco lavorare pulito.»
«Lo so, lo so» s'imbroncia Moriarty. «Capisco che l'ansia da prestazione sia non poca. D'altronde, il nostro segreto non ha niente a che fare con la conoscenza in senso biblico.»
«Che avessimo un segreto mi giunge nuova.»
«Il segreto che permette alla coppia che formiamo di resistere così a lungo!» puntualizza impaziente. «È l'empatia.»
«Empatia?» ripete Sherlock, atono.
«Cosa pensi che venga a fare qui? Per sbrigare ogni faccenda mi servo di schermi, però in questo caso sarebbe alquanto freddo.» Moriarty sfiora la superficie del proprio iPhone, simulando un brivido e digrignando i denti. «Noi empatizziamo tantissimo, almeno due volte alla settimana. E gli altri non possono sedersi con noi. Dovremmo costruire una saletta privata mentale per il club. O un monolocale.»
Sherlock poggia il tè e intreccia le dita, riempiendo il silenzio interrogativo con un «Non ci credo.»
Moriarty rimane poco turbato da quell'accusa.
«Sono sicuro che il nostro quoziente intellettivo non sia raro al mondo» prosegue il detective. «Nelle sale di programmazione della CIA e fra il personale della Apple troveresti altrettanti prodigi. Il punto è che tu non vuoi che si siedano. Vuoi che siamo tu e io.»
Il capo di Moriarty comincia a fare no, no. «Non è mai stata una questione di quoziente intellettivo. Non è mai stata questione di velocità. È questione di gusto. Anche se tu tenti di dissimularlo dietro quell'aplomb da atarassico modello, noi compriamo nello stesso reparto di Harrods. E tu ti diverti da far schifo
Appare stupido, ma Sherlock percepisce a pelle che è come se la vita fosse sempre stata questo, come se si potesse riassumere così, lui e Moariarty seduti in una stanza da soli, a deridere il vuoto di tutto quanto e costruire qualcosa. Appare intelligente, appare tutto intelligente, regolato, calcolato, ed è solo stupido. Una valle di stupidità da modellare in reti d'intelligenza per diletto. Per non sbadigliare. L'unica incognita casuale che lo alletti decrittare momentaneamente è in quel cranio, e solo per la consapevolezza che poi cambierà e per l'assoluta incertezza circa quando la svelerà di nuovo. C'è qualcosa di stupido, ed intelligente. Come le loro risate.
«Ognuno decide per sè» si limita a commentare Sherlock. «Il mio lavoro è salvare i civili, il tuo è perdere la testa nel congeniare giochi di parole che solo io possa risolvere.»
Moriarty è radioso di divertimento, muove il mento e il suo sguardo resta fermo, infisso, come una pietra incarnita.
«Oh, io non posso perdere granchè in senso assoluto, Sherlock,» gorgheggia, «ma soprattutto la testa no!»    
  
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