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Autore: Inigo    27/04/2009    0 recensioni
Le molle del materasso cigolano sotto di me, e quel corpo aspetta e sente rumori e aspetta e aspetta.
Questi sono i ricordi di prima, però.
Sento la nostalgia di quel fiore troncato, adesso.
Genere: Malinconico, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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E così cominciai a reclamare di rimanere

E così cominciai a reclamare di rimanere.

Adesso ripeto.

Gli sono accanto, ma se ne va’.

Allora io pensai di seguirlo ma no, non così, è impossibile.

- Perché ti mangi le unghie ? - mi domandò uno dei fiori appassiti nella brocca senz’acqua; quello giallo al lato destro, sotto il mio sorriso nascosto.

- Sei carino, ma i fiori non parlano. - e così fuori c’era il cielo grigio ma la finestra era serrata con chiodi a forma di denti taglienti, eppure era dentro di me.

- Che sgarbata, tu sei un fantasma; questo mondo - scandì lui gentile, no, non era possibile, quella era rabbia, erano unghie stridenti sull’ardesia che non sente squarci - … ti ha lasciata - e io lo faccio a pezzi sbriciolandolo; nessuno si può intromettere.

Poi continuo a ripetere a voce alta, senza riconoscermi: - E’ tardi, portami con te. - l’orologio ripete che sono le dodici e mezza, eppure non torna nessuno. Le molle del materasso cigolano sotto di me, e quel corpo aspetta e sente rumori e aspetta e aspetta. Questi sono i ricordi di prima, però.

Sento la nostalgia di quel fiore troncato, adesso. E anche lei era troncata quando me lo promise. Sempre in bagno con le mani sotto l’acqua gelida.

Gli sono accanto, ma se ne va’.

Gli sono accanto, ma se ne va’.

Gli sono accanto, ma se ne va’.

Fa male, però è come se non ci fosse.

Sorrisi finti: quelli sono i più opportuni per farsi notare.

E poi è notte e lei continua a promettere, promettere e non c’è più.

- Potrei passare da te un giorno di questi. - però non risponde nessuno, forse dormono. Non come me, perché io non dormo, io sono sempre con gli occhi aperti, sono loro a pensare il contrario. E’ triste non essere creduti.

- Guarda che è tardi ! - la signora del quadro appeso al muro è arrogante; io le faccio shh.

E ripeto la mia parte: - Però ho ragione e rimango perché sta tornando. Farò presto, soltanto per stanotte, poi basta. - e con questo serrai le labbra che forse erano bianche, non ricordo bene. Forse, forse, forse. Non ha senso, queste parole sono mute. Continuo a pensare alla finestra serrata, mentre nei miei sogni non c’è mai. Non c’è proprio.

Qualcuno suona al pianoforte, o forse è un violino, sembra scordato. Un suono stridulo, frigido; sembra si voglia nascondere dalle mani.
E la canzone fa così, mi pare, dico.

Gli sono accanto, ma se ne va’.

Gli sono accanto, ma se ne va’.

Gli sono accanto, ma se ne va’.

E poi cos’altro: io sono in ritardo.

E’ stato anche quel quadro a dirlo.

Glie l’ho permesso, glie l’ho permesso e sono ancora lì; però non ho più pianto.

 

  
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