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Autore: Solace Storm    27/04/2009    3 recensioni
"Fa’ pure a pezzi l’intera umanità, non mi interessa! Muoiano tutti, se così potrai continuare a sorridere." Il third children e l'ultimo messaggero sacrificale. Ha il potere didistruggere il mondo, ma non la forza di uccidere lui. E lui, mentre il suo mondo crolla, sorride. [Qualche traccia di shounen ai.]
Genere: Triste, Malinconico, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Kaworu Nagisa, Shinji Ikari
Note: nessuna | Avvertimenti: Spoiler!
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When angels deserve to die.

Quel giorno,
potente e fragorosa,
a capo di un’orda confusa di note,
a capo di note di una bellezza così divina da andarmi in odio,
intensa, pungente,
insopportabile,
mi si palesò davanti.
 

La stonata imperfetta melodia…
…della vita.


Il diciassettesimo angelo è il fifth children.

Kaworu.

Io credo…che in fondo, in fondo, doveva essere così. In fondo noi non avremmo mai potuto chiamare angeli quegli abomini, non avremmo mai potuto, se tu non fossi stato uno di loro. Perciò, quando quelle parole si formarono nella mia testa, quando tutti i collegamenti furono stabiliti e mi risultò infine una frase sensata quella della signorina Misato, quando sentire che eri tu l’ultimo angelo acquistò un qualche significato logico…mi sembrò più che altro che il cerchio si chiudesse infine, e che avesse finalmente un senso chiamarvi a quel modo, perché gli altri non importavano affatto, perché bastava che ci fossi tu, in quella categoria, a rendere un tale epiteto il più azzeccato possibile.

E sai qual è stato il primo pensiero, poi? È stato il ricordo della prima volta in cui ti vidi. Rammenti?

Prima ci furono quelle carezze del vento, null’altro che le note della tua voce, che con quella strana delicatezza un po’ fastidiosa mi costrinsero a voltarmi. Un po’ fastidiosa, sì, perché pareva che pure quelle semplici vibrazioni dell’aria riuscissero a rendermi totalmente nudo e guardarmi dentro – come facevi tu, Kaworu, come sapevi fare tu.

E ti trovavi lì, seduto sopra null’altro che il simbolo della distruzione. Ecco. Dove finiva la pietra, e dove cominciava il tuo corpo, era la vista a decretarlo, eppure…eppure…davvero mi sembrava che non si potesse, con uno strumento imperfetto quale l’occhio umano, giudicare quell’attimo dando per scontato che tu appartenessi a questo mondo. In qualche modo, c’era qualcosa in me che lo sapeva.
 

Ed ora. Mio dio, sto per ucciderti. E tu riesci a vedere, nei tuoi ultimi istanti di vita, solo la mia parte irrazionale, solo la parte di me che non riesce a capire, che grida, piange e trema.
La parte di me che vorrebbe solo che tu la guardassi nuovamente con tuoi occhi rossi, profondi, caldi.

 
Perché, ora…
…mentre tutto si disintegra…
…mentre le mie certezze,
le mie speranze,
i miei sogni infantili,
…svaniscono…

- solo quel tuo sorriso mi mantiene intero.

Ed è per quel tuo sorriso che io riesco a fare quel che sto per fare. È perché…
Se tu riesci a sorridere,
quando in pochi attimi tutto quel che conoscevi giungerà alla fine…
…allora io?
Allora io non ho di che disperare.

In questo istante, come in quel giorno, ci troviamo in mezzo alla distruzione.
Lo 02 è ormai fuori uso, alle mie spalle. Ho davanti un enorme essere bianco con una lancia conficcata nel petto. Questo luogo, non so cosa diavolo sia.
Ma tutto questo perde importanza, perché io sto per ucciderti.

Giusto il tempo di chiedermi perché io abbia un pugno così grande, mi rendo conto di trovarmi a bordo dello 01.

Come sono arrivato qui? – trascinato dalla furia cieca.

Come sono arrivato qui? – trascinato da una rabbia tremante.

Come sono arrivato qui? – mi hai aspettato, per tutto questo tempo.

Hai aspettato da sempre questo momento. Hai atteso perché qualcuno cancellasse il tuo essere.
Ed ora io. Proprio io. Mi basta pensare di stringere il pugno, ed avrò annullato la tua esistenza.
Da qui dentro, sento che ti sto gridando contro. Mi hai tradito, hai tradito i miei sentimenti, ti urlo.
Io non capisco, Kaworu, ti urlo.

E tu mi guardi,
e mi viene da piangere anche qui dentro.

…Mi chiedo dove troverò la forza per ucciderti.

Mi chiedo –

Come diavolo

Posso farlo?

Non riesco a trovare nulla, nulla che mi impedisca di metterti giù e scappare dove più nessuno potrà vedermi, e mi trovo dentro ad un bestione che potrebbe farmi distruggere il mondo, ma non trovo la forza di uccidere te, che mi chiedi di morire, allora, ecco, tu vedi anche questo, e continui a sorridermi, e mi dici avanti, cancella il mio essere, e mi dici tu, tu non sei essere dato alla morte, ma io non ho alcun interesse a vivere, se per farlo devo ucciderti, tu lo sai bene, tu lo vedi, per questo non smetti di sorridere, e sembri quasi ringraziarmi.

Fa’ pure a pezzi l’intera umanità, non mi interessa!
Muoiano tutti, se così potrai continuare a sorridere.

Ma no. Tu non lo vuoi. Ed io sono troppo accecato da tutti questi sentimenti tutti assieme, per capire quel che mi stai dicendo. Perciò i secondi passano, ed io ti tengo ancora nel mio pugno, e non oso muovere un muscolo, e mi pare quasi di sentire, mentre il tempo assume questa forma atipicamente statica, l’Ode To Joy.

Segno che, in qualche modo, noi troveremo di che vivere.

Allora, in quest’ultimo istante, proprio un attimo prima che quel tuo corpo venga mutilato così volgarmente, io ti chiedo scusa, diciassettesimo angelo.

Perché non riuscirò a dirti addio. Perché sono un debole, e la sola idea di riuscire a parlare, a dire qualcosa di sensato, e a collegare un cuore e dei muscoli, che sembrano così dannatamente in disaccordo, mi pare inattuabile. Perciò non riuscirò a dirti addio, a dirti grazie, a dirti che farò di tutto per tirar fuori qualcosa dalla vita che mi stai concedendo.

E tu, angelo, comprendi ogni cosa solo guardandomi, ed io comprendo il tuo messaggio.

Mi hai appena mostrato la vita.

Mi hai mostrato cosa sia la vita, ed ora mi chiedi di sopportarla, perché in fondo è il fardello che dobbiamo portare per cogliere quel che di buono c’è nel mondo. Del resto non è altro che un mezzo, la vita, per vedere che effettivamente c’è qualcosa che ha senso.

Chiudo gli occhi, ed abbandono ogni coscienza di me, quando stringo il mio pugno assassino.

In un istante entri nella mia vita, in un istante la fai tua, in un istante l’abbandoni.

Tutto crolla. Tutto collassa. Su se stesso. Degenera. Si disgrega. Frantuma. Dissolve. E muore.

 

“Forse essere vivi è proprio questo: andare alla ricerca degli istanti che muoiono.”

 

 

Note:

Allora!
Dopo aver rivisto per la…mh…sesta volta? La serie di Evangelion, ho pensato di scrivere questa schifezzuola.
…Oddei X_X avrei davvero voluto farla meglio, ma dopo un periodo un po’ di cacca, questo è quel che ne è risultato.
Volevo provare a dar voce ad un’interiorità di Shinji più razionale, e dunque più celata, che tuttavia vacilla anch’essa quando si tratta di uccidere un personaggio così importante per lui.

N.B.: l’ultima frase è una citazione da “L’eleganza del riccio” di Muriel Barbery, bellissimo libro.

  
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