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Autore: Chipped Cup    18/08/2016    4 recensioni
[ Captain Swan | S4 Finale Alternativo ]
Prima di essere sconfitto, Gold colpisce Killian con un incantesimo spedendolo lontano da Storybrooke, a Londra. Questa volta toccherà ad Emma ritrovarlo e riportarlo a casa, ma l'impresa si rivelerà meno semplice del previsto.
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Dalla storia:
Nella mia vita ho avuto paura di perdere una persona cara così tante volte da perderne il conto. Ricordo il terrore provato vedendo Henry cadere a terra dopo aver mangiato la torta di mele di Regina. Il panico di vedere mia madre morire, uccisa dalla sua matrigna, e non poter far niente per evitarlo. In entrambi i casi ho cercato di non perdere la speranza: Henry poteva essere salvato, mia madre poteva non essere morta davvero. Ma questa volta è diverso, questa volta sto perdendo Killian Jones. Lo sto perdendo per sempre.
Genere: Angst, Azione, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Emma Swan, Killian Jones/Capitan Uncino
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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20. Seven days




Day 24


Ero morta. Come potevo dirlo con certezza? Davvero non saprei spiegarlo, lo sapevo e basta.
Era strano anche solo pensarci, ma l'avevo sentita, la mia vita che giungeva al termine, che mi veniva strappata via attraverso quel foro di proiettile che mi aveva colpita in pieno. Ma andava bene così, lo avevo accettato una volta verificate le condizioni di Killian, che stava bene e che non era rimasto ferito. Fortunatamente ero riuscita a salvarlo.
Avevo deciso di andarmene, di lasciare quel mondo, con l'immagine dei suoi profondi occhi blu che si specchiavano nei miei. Ero anche riuscita a dirgli che lo amavo, senza pretendere una risposta o senza pretendere che lui ricambiasse i miei sentimenti. Avevo accettato che quella fosse l'ultima occasione che avevo per dirglielo e non me l'ero lasciata scappare.
Poi era arrivato il buio, che aveva preso, quasi al tempo stesso, il posto del dolore. E' difficile da dire quello che era accaduto in seguito, l'unica cosa a cui potevo aggrapparmi erano delle voci, voci che conoscevo e che mi erano famigliari.
La voce di Henry mi risuonava nella testa, mentre mormorava parole di rassicurazione, sarebbe andato tutto bene, diceva, me la sarei cavata anche quella volta. Alla sua voce si aggiunsero quelle dei miei genitori e, se la mia mente non mi ingannava del tutto, anche quella di Regina. Non riuscivo a capire cosa stesse succedendo, o se stesse realmente accadendo, riuscivo a memorizzare solo qualche stralcio di conversazione, qualche frase, qualche parola buttata lì che sembrava priva di senso. Tutta quella situazione appariva priva di qualsiasi senso.
L'unica cosa che mi mancava, però, era Killian. In mezzo a quell'ammasso di suoni mancava la sua voce. Avevo bisogno di sentirlo, un bisogno fisico, come quando si ha sete in una giornata calda d'estate torrida, o come l'aria che comincia a mancare dopo aver corso per delle ore. Killian era il mio ossigeno, forse una parte di me era convinta che sarei riuscita a cavarmela se solo fosse arrivato.
Un pensiero assurdo, fatto a mente lucida.
Infine, però, la sua voce era arrivata. Come le altre volte, riuscivo solo a percepire qualche parola, nessuna frase di senso compiuto. Poi, lentamente, tutto mi apparve più chiaro. Riuscii a sentirmi le punte dei piedi, forse persino a muoverle. Credo di aver mosso, anche se quasi impercettibilmente, l'indice sinistro, guidata dalla sua voce calda. Persino il suo discorso cominciava ad apparirmi più chiaro.
«
Mi hai salvato la vita in quel capanno. Ti sono debitore »
Debitore? Dopo tutto quello che aveva fatto per me, forse era il contrario. Cosa stava blaterando? « No, invece » parlai ancora prima di rendermene conto sul serio. Le mie labbra si erano schiuse piano, la lingua si era mossa senza che potessi controllarla e quelle due parole erano uscite fuori da sole.
Aprii gli occhi con non poca fatica ed ebbi bisogno di un momento prima di mettere a fuoco quello che avevo intorno. Non ero a casa mia, non ero nel mio letto. Mi sembrava di aver vissuto già una sensazione simile, appena arrivata a Londra, dopo essere svenuta e risvegliata nella casa di Killian. Sempre se potevo definirla casa sua. Feci per passarmi una mano sulle tempie, quando mi accorsi della flebo. Sgranai gli occhi e mi guardai meglio intorno: ero in un ospedale, mi domandai come avessi fatto a non accorgermene prima.
Killian, al mio fianco, pareva come impazzito. Aveva gridato, poi mi aveva abbracciata provocandomi un dolore immane al ventre, e poi una scossa che mi attraversò per l'intero corpo. Gli avevo poi mormorato di andarci piano, che non mi sentivo ancora troppo bene. Con la mente provai a tornare agli ultimi ricordi che avevo, ma non riuscivo ad andare oltre il conflitto a fuoco.
« Cos'è successo? » Riuscii a domandargli con un tono di voce leggermente più forte. Provai a tirarmi su, a mettermi in una posizione più comoda, ma non ci riuscii; Killian, fortunatamente e come al solito, capì tutto al volo e mi aiutò a sistemare meglio il cuscino, prima di rispondermi.
« Ti hanno sparato, Swan », rispose sedendosi poi sul mio lettino, alzai mentalmente gli occhi al cielo per la sua solita ovvietà « o meglio, ti sei presa un bel proiettile al posto mio. Anzi, io... »
« Non ce n'è bisogno, non farlo » lo fermai subito, l'ultima cosa che volevo era sentire qualsiasi frase di ringraziamento uscire dalla sua bocca. « Comunque, questo lo ricordavo » affermai dopo, inumidendomi appena le labbra con la lingua subito prima di chiedermi per quanto tempo non avessi aperto bocca « intendevo cos'è successo dopo? »
Killian mi guardò dritto negli occhi per degli istanti che mi parvero interminabili. Riuscii quasi a percepire lo scorrere dei minuti in attesa di una sua risposta. Era inquieto, di tanto in tanto si passava una mano dietro al collo, se lo grattasse e lo accarezzasse pesantemente non potevo dirlo con assoluta certezza. Lo osservavo mentre serrava la mascella e forse si torturava l'interno della guancia sinistra, visto che riuscii a captare un veloce movimento. Nonostante questo aspettai in silenzio, un po' perché parlare mi aveva fatto leggermente stancare, e un po' perché volevo rispettare lui che, con molta probabilità, stava cercando le parole giuste da usare.
« Tu... » cominciò a dire, incerto. Chinò appena il viso verso destra e si grattò, ancora, il capo, aprì la bocca ma la richiuse poco dopo. Volse la testa da un'altra parte, alle sue spalle, a cercare qualcuno che lo togliesse da quella situazione oppure a trovare il coraggio che, perlomeno in apparenza, gli stava mancando. Alla fine tornò a guardarmi serio, mi sembrò di tremare e di sudare insieme per la verità che stava arrivando. « Tu eri... morta » silenzio. Non osai parlare, non osai fare niente. Mi limitai solamente a sbattere le palpebre, piano, la bocca serrata che non aveva la minima voglia di aprirsi. E poi, cosa avrei dovuto dire? Eppure mi parve di essermi tolta un peso di dosso, o meglio, che Killian me lo avesse tolto con quella rivelazione. Alla fin fine, ne ero già consapevole, avevo già quella sensazione sulla pelle e ora lui non aveva fatto altro che confermarmela. « Mi sei morta tra le braccia, Emma. Non sapevo cosa fare, Phoebe continuava a dire che non c'era più niente da fare. E piangeva e urlava e io le urlavo contro » continuò poco dopo senza riprendere fiato, d'un tratto pareva un fiume in piena, forse si stava sfogando per la prima volta da chissà quanto tempo. E lo stava facendo con me.
« Mi dispiace » sussurrai colpevole. L'uomo sorrise teneramente con lo sguardo basso, prima di tornare a girarsi verso di me.
« Ti dispiace? Non devi, Swan, sei un'eroina. Hai salvato me, ci hai aiutato a prendere i Clayton – a proposito, sono morti. Ora vedi di riposare, ti lascio sola, okay? Così vado ad avvertire Henry e i tuoi amici? »
« I miei amici? » Domandai di rimando, sollevandomi appena per afferrargli il polso e impedirgli di andarsene, per 5 minuti, per spiegarsi meglio, per sempre. « E Henry come sta? » Chiesi ancora, maledicendomi mentalmente per non aver pensato subito a mio figlio. « E per quanto tempo sono stata senza sensi? »
« Due giorni », rispose lui rimettendosi a sedere, mentre sbarravo gli occhi per la sorpresa, le mie mani ancora intorno al suo polso « ed Henry sta bene, stai tranquilla. Lo abbiamo tenuto d'occhio noi prima che arrivasse sua madre, la sua madre adottiva voglio dire », schiusi appena le labbra, inconsciamente mi tranquillizzai sapendo che Regina fosse a Londra e che Henry stesse con lei « insieme agli altri due, David e Mary Margaret. »
« Cosa? Quando sono arrivati? Li ha chiamati Henry? » Domandai di scatto, sorpresa, ma non troppo, dalla notizia e impaziente di vederli, neanche mi stupii di me stessa o mi preoccupai di darlo a vedere. I miei genitori non mi avevano abbandonato neanche quella volta ed erano corsi subito da me, mi accigliai solamente una volta realizzato quanto avevo potuto farli preoccupare se si erano addirittura spinti fuori i confini di Storybrooke per raggiungermi.
« Rallenta Swan », rise l'altro, entrambi ci stupimmo per l'aria leggera che si era creata nel giro di pochi minuti « sono arrivati ieri. Adesso che dici di riposarti un po'? Non sei stanca? »
« Un po' », annuii e sorrisi per la sua preoccupazione « ma credo di aver dormito abbastanza. »
« Allora vado a chiamare i medici », fece lui senza smettere un secondo di sorridere « e ti mando i tuoi amici. »
Sorrisi ancora una volta lasciandogli andare la mano. Lo osservai uscire, riuscivo a vedere il suo cuore alleggerirsi, la sua anima tranquillizzarsi. Mi dispiaceva di aver fatto soffrire tanto le persone più care che avevo, ma avrei rifatto tutto ancora una volta, e poi un'altra, se significava salvare la vita di Killian. E chi meglio dei miei genitori poteva capirmi?


Day 25


Avevo dormito per dieci ore buone. Anzi, a dirla tutta non ricordavo neanche di essermi addormentata. Stavo parlando con Henry, o meglio, a parlare era lui, che mi raccontava per filo e per segno gli ultimi avvenimenti. Niente di veramente interessante o stupefacente, solo qualche stralcio di vita quotidiana, o ospedaliera. Però mi faceva piacere ascoltarlo e allora lo lasciavo fare. Ricordavo di essermi sentita veramente stanca ad un certo punto, ma avevo comunque lottato con tutte le forze per restare sveglia ancora un po'.
Alla fine il sonno aveva avuto la meglio, gli occhi si erano chiusi piano mentre la voce di Henry quasi mi cullava. Una cosa paradossale, osservai dopo. Appena sveglia la prima cosa che mi saltò all'occhio fu Killian, profondamente addormentato sulla poltroncina al posto di mio figlio. Testa abbandonata all'indietro e braccia allungate sulle gambe, mi domandai come riuscisse a dormire in quella posizione e soprattutto cosa ci facesse ancora lì, perché non fosse tornato a casa. Tra l'altro c'era anche Rose ad aspettarlo a braccia aperte, pensai arricciando le labbra.
Era tornata a Londra solo il giorno prima, a quanto avevo capito. Killian mi aveva raccontato ogni cosa seppur superficialmente, mentre Phoebe, che era venuta a trovarmi insieme a Jack una volta finito il lavoro, mi aveva spiegato ogni particolare. Era stata lei a chiamarla e a dirle quello che era successo, era la sua migliore amica e non gliene facevo una colpa, anzi, capivo la sua scelta. Rose si era poi presentata a casa di Killian come se niente fosse successo o nulla fosse cambiato, ogni discussione sembrava inutile adesso, diceva, si era spaventata tanto da rendersi conto di non voler lasciar finire la loro storia così. Lo amava e sarebbe passata sopra a tutto pur di stargli accanto.
Una volta rimaste sole, io e Phoebe, siamo arrivate a chiederci se quelle parole venivano veramente da Rose o se era stato il sortilegio di Gold a metterle alla luce. Dovevo odiarla, Rose, dopo tutto quello che aveva combinato, ma proprio non riuscivo a far vincere la rabbia in quell'occasione, forse mi avrebbe fatto anche pena, se non fossi stata troppo impegnata a trovare un modo per impedire il matrimonio, perché alla fine anche lei non era altro che una pedina del Signore Oscuro, la sua mente era stata manipolata tanto quanto quella di Killian. Ma magari non riuscivo ad avercela con lei solo perché ero appena sopravvissuta a una ferita d'arma da fuoco piuttosto importante.
Per alleggerire la tensione, poi, Phoebe aveva cominciato a parlare dei miei genitori, o meglio di Biancaneve e del principe Azzurro.
« Li ho conosciuti ieri mattina! » Disse senza premurarsi di contenere o nascondere l'eccitazione « E' stato stranissimo... credevo di essere preparata ad un incontro del genere, voglio dire, non sono i primi personaggi delle fiabe che mi capita di conoscere, però non è una cosa da tutti i giorni stringere la mano alla vera Biancaneve e non a una copia da quattro soldi di Disneyland. »
Sorrisi mentre lei continuava a parlarmi, di quello che aveva provato o di come gli erano parsi. Mi parlò anche di Regina dicendomi che, nonostante l'espressione di ghiaccio che mostrava all'apparenza, non le sembrava poi così crudele e maligna come le favole erano solite raccontarla.
« Non l'hai vista ai tempi del sortilegio. O nella Foresta Incantata » scherzai mentre cominciavo a domandarmi quando, io e quella ragazza, avevamo messo da parte l'ascia di guerra ed eravamo diventate amiche. Forse era successo quando mi aveva ospitato a casa sua, senza chiedere nulla in cambio e senza che la obbligasse qualcuno. Ci eravamo aperte l'una con l'altra in quei giorni ed ero grata di averlo fatto, Phoebe si era rivelata una persona buona, nonostante qualche diffidenza iniziale.
Prima di andarsene andò a salutare i miei genitori, che poi entrarono prendendo posto chi sulla fedele poltroncina (mio padre) chi sul lettino (mia madre). Osservai la donna con il sorriso sul volto mentre mi prendeva la mano con fare premuroso e rassicurante. Solo 24 ore prima era tra le mie braccia a riempirmi il camice ospedaliero di lacrime e, in effetti, i suoi occhi dolci erano ancora un po' gonfi, sintomo che le lacrime non si erano limitate solo alla sua prima visita. Mi si strinse il cuore, mentre allungavo l'altra mano verso mio padre per fargliela stringere e stare così, tranquilli, una volta tanto, tutti e tre, uniti mano nella mano. In quel momento mi ripromisi di non farli più preoccupare in quel modo.


Day 26


La vita all'ospedale era veramente monotona, soprattutto se si era bloccati su un lettino per tutto il tempo. Cominciavo a sentirmi meglio, potevo stare tranquillamente seduta, seppur con la schiena poggiata al doppio cuscino del letto, senza provare nessun dolore, magari una piccola fitta ogni tanto dovuta a dei movimenti bruschi. I medici volevano aspettare ancora qualche giorno prima di rimettermi in piedi e io trovavo quell'attesa inutile e snervante. Sapevo di stare bene, sapevo che muovermi non avrebbe comportato nessuna conseguenza, anzi; sentivo l'energia, la vita, che era tornata a scorrermi nelle vene, era più che un semplice capriccio di uno dei tanti pazienti.
Perciò storcevo la bocca e ripetevo quei pensieri ad alta voce, ogni volta che un medico o un'infermiera veniva a controllarmi o a cambiare il bendaggio al ventre. La ferita si stava rimarginando del tutto, non c'erano infezioni ed era ormai raro trovare del sangue nelle bende. Non smettevo di farlo notare, ma per tutta risposta mi dicevano di pazientare ancora qualche giorno. Pazientare qualche giorno, la facevano tanto facile, loro, che non dovevano neanche pensare di impedire un matrimonio.
Con l'Operazione Grimm conclusa non pensavo ad altro, per quanto il tempo in quella stanzetta d'ospedale scorresse lentamente, i giorni parevano correre come non mai, la settimana stava volando e io non avevo concluso nulla. La verità era che non sapevo proprio cos'altro fare e, forse, non c'era proprio più niente che io potessi fare. Ora stava a lui, io lo avevo avvicinato abbastanza in quel mese, avevamo stretto un legame e sentivo quanto tenesse a me, lo dimostravano tutte le visite che mi faceva giornalmente. Doveva capire se teneva più a me o a Rose. E doveva capirlo prima di compiere il grande passo, possibilmente.
Anche gli altri non sapevano bene cos'altro consigliarmi, anche se mia madre era arrivata anche a dirmi di parlare con Rose, di dirle tutta la verità, ma era un'opzione folle e che non avrei mai preso in considerazione. Non mi avrebbe mai creduto, mi avrebbe solamente preso per pazza. Henry suggerì di dire tutta la verità a Killian ed era una cosa sulla quale stavo rimuginando parecchio, in quei giorni. La verità mai come quella volta sarebbe stata un'arma a doppio taglio. Eravamo molto amici, tra noi il legame era forte, ma mi avrebbe creduto? Avrebbe creduto alla magia, a Capitan Hook e tutto il resto? Io, d'altro canto, non avevo creduto neanche a mio figlio, era forse quello a bloccarmi. Se mi avesse presa per pazza, sarebbe crollato tutto.
« Emma? » Regina mi chiamò entrando piano nella stanza, da sola per la prima volta da quando mi ero svegliata (e forse anche da quando era arrivata). Mi tirai su per parlare meglio, immaginando dovesse dirmi qualcosa di importante, ed aspettai che venisse a sedersi sulla poltrona come gli altri, ma se ne rimaneva in piedi sulla porta, le mani davanti al ventre che stringevano la sua borsetta nera.
« Che succede? » Domandai a quel punto, un po' preoccupata da quelle che potevano essere le parole della mora. In realtà mi sembrava abbastanza tranquilla, nessuna brutta notizia sembrava esserci all'orizzonte, ma aveva la sua solita espressione indecifrabile in volto e per questo mi preparai a tutto.
« Torno a Storybrooke. Fra circa... », alzò il polso sinistro quel tanto che le bastava per controllare il suo orologio, « tre ore e mezza ho il volo e non vorrei assolutamente perderlo », riabbassò il braccio e lo scrollò appena, per far scivolare verso il basso la manica della sua giacca, che le arrivò quasi a coprirle le dita « tanto qui non sono di nessun aiuto, e poi non voglio stare troppo tempo lontano dalla mia cara sorellina », alzò gli occhi al cielo e mosse appena il capo con fare contrariato « e dalla sua gravidanza. »
« Ma certo », cominciai a dire annuendo appena « sei il sindaco, anche con Gold fuori dalla città avrai senz'altro il tuo bel da fare con la normale amministrazione, Zelena, Lily... » tra l'altro immaginavo che se sentisse così tanto l'urgenza di tornare a Storybrooke era anche perché non si sentiva a suo agio in quel mondo senza magia che non le apparteneva, ma non glielo dissi ad alta voce « a proposito, come sta? » Chiesi invece, realmente interessata alla condizione di quella che era stata la mia migliore amica, in un tempo che ormai sembrava così lontano.
« Sta bene, credo », rispose lei, leggermente distaccata sull'argomento « ha smesso di mandare a fuoco tutto quello che si trova davanti ogni volta che si trasforma. Lo possiamo definire un passo avanti. Comunque Emma », tornò seria e mi guardò fisso « questa volta Henry tornerà con me, se non ti dispiace » l'ultima frase la pronunciò solo per rispetto di una persona che si stava riprendendo dopo essersi beccata un proiettile, me ne accorsi subito ma comunque non me la presi. Pensai anche che non ce ne sarebbe stato bisogno, ero d'accordo con lei per una volta.
« No, assolutamente. Dopo quello che è successo sarò più tranquilla a saperlo lontano da questo posto, finalmente a casa e al sicuro » sospirai appena, dopo aver abbassato piano lo sguardo. L'altra rimase in silenzio, probabilmente entrambe avevamo lo stesso pensiero per la testa, ma nessuna si premurava di esprimerlo ad alta voce. Per un momento ringraziai di essermi ritrovata in ospedale, mi aveva evitato una grandissima sfuriata (meritata) dalla donna. « Non avrei dovuto lasciarlo solo, quel giorno » alla fine espressi quel senso di colpa ad alta voce.
« Già, non avresti dovuto », commentò Regina con una freddezza tale che subito ringraziai anche il fatto di trovarci lontano da qualsiasi tipo di magia. Sospirò alla fine, la mora, abbassò il capo e si prese un attimo per mettere insieme qualche parola, poi tornò a fissarmi con un'espressione meno dura e forse appena appena colpevole « E io avrei dovuto prendere subito il primo volo per Londra quando nessuno di voi due si faceva sentire. Ero furiosa, ma credevo fosse tutto sotto controllo, avrei dovuto capirlo subito » quella confessione le era costata molto, glielo si leggeva perfettamente in faccia e non riuscii a replicare per questo. Eravamo state due stupide, chi per un motivo e chi per un altro, era inutile girarci intorno e prenderci in giro. « Vado a chiamare Henry, l'ho lasciato a prenderti una cioccolata calda prima di venire a salutare ma evidentemente tua madre deve averlo bloccato lungo il percorso. »
« Regina.. » la fermai, il tono grave.
« Sì? » Voltò appena il capo verso destra, quel tanto che bastava per osservarmi con la coda dell'occhio, la mano sopra la maniglia della porta.
« Tu cosa faresti? Se fossi al mio posto, se Robin stesse sposando un'altra, se non si ricordasse più di te... come agiresti? » La sentii sospirare, lo sguardo andò ad abbassarsi e forse chiuse anche gli occhi. Il pugno intorno alla maniglia si fece più forte, poi la mano si aprì e scivolò via piano da essa. Alla fine Regina si girò per fronteggiarmi, fece due passi in avanti incerta, pensierosa. Entrambe le mani reggevano la borsetta, adesso.
« Emma, devono essere chiare due cose. La prima è che io non sono te, la seconda è che Robin non è Hook » un'altra persona l'avrebbe fermata subito, il tempo che bastava a sottolineare l'ovvietà di quelle parole, ma io restai in silenzio, capendo al volo quello che voleva dire: io e Regina eravamo due persone completamente diverse, avevamo avuto due vite diverse, avevamo sofferto ma in modo diverso e questo ci aveva plasmato in modo diverso. Allo stesso modo, Killian e Robin erano due persone completamente diverse. E, forse, anche le nostre relazioni lo erano. « Quasi una ventina di giorni fa sono riuscita a farti ragionare e a convincerti a restare. L'ho fatto perché sapevo che non ti saresti mai perdonata per essertene andata senza lottare. Non so se io avrei mai preso in considerazione l'idea di farmi da parte, non con una maledizione in mezzo perlomeno! Non avrei mai permesso che Gold giocasse così con la sua vita e avrei lottato a testa alta contro ogni ostacolo. Ma non ti giudico, come ho detto, tu non sei me e so perché ti sono venuti certi dubbi per la testa. Avevi solo bisogno di essere spronata ad andare avanti e l'hai fatto. In più, Robin ha un figlio e non avrei mai permesso che vivesse lontano da lui, privo di qualsiasi ricordo. Avrei accettato che non si ricordasse di me, della nostra storia, di Marian, di chi fosse in realtà, ma non che non si ricordasse di Roland. Invece... » si bloccò, mordendosi appena il labbro. Pensai che avesse paura di risultare indelicata, cosa assurda se parliamo di Regina Mills « Invece Hook non ha nessuno a Storybrooke, a parte te. »
Robin aveva la sua famiglia, a Storybrooke, formata da dei ladri ma pur sempre una famiglia. Aveva un figlio che era già orfano di madre, più un altro inatteso in arrivo. Killian era solo, se non fosse stato per me probabilmente avrebbe trovato il modo di tornare nella Foresta Incantata già da un pezzo. Alle spalle si stava lasciando una madre che lo aveva lasciato quando era ancora un bambino, un padre che lo aveva abbandonato, un fratello che era morto troppo presto e il suo primo grande amore che gli era stato portato via. Senza tralasciare secoli passati nell'oscurità, alla ricerca della sua vendetta. Avevo capito bene quello che mi stava dicendo Regina.
« Regina, stai girando intorno alla mia domanda senza rispondere », affermai con decisione, senza battere ciglio « che cosa faresti al mio posto? »
« Se fossi in te, non appena possibile, mi alzerei da quel letto e me ne tornerei a Storybrooke. Venti giorni fa ti avevo accusato di non lottare per la paura di perdere. Tu hai lottato, non è andata bene ma ci hai provato. Non puoi avercela con te stessa. Tu sei la Salvatrice, il tuo compito è assicurare che tutti abbiano il loro lieto fine e forse... » si fermò. Non sapevo se aspettasse che dicessi qualcosa, ma io restai in silenzio « forse restando a Londra potrà trovarlo. Lontano dalla magia, lontano dai suoi ricordi bui. Magari riuscirà ad essere davvero felice. »
Pensai che quell'idea in realtà l'allettasse. Regina e Killian erano stati dalla parte dei cattivi e, per quanto si sforzassero di essere dalla parte degli eroi, qualunque cosa facessero, sembrava che per loro non ci fosse la possibilità di avere un lieto fine. Pensai che in qualche modo, la donna lo stesse invidiando in quel momento, ma non lo dissi. Non dissi niente. Non riuscii a dire niente.
Alla fine Regina uscì dalla camera per chiamare Henry, lasciandomi sola con i miei pensieri.


Day 27


Il lieto fine di Killian Jones ero io. Per una giornata intera quelle parole si erano ripetute nella mia testa senza darmi tregua, neanche per un minuto. I miei genitori mi parlavano, mi parlava Phoebe, mi parlava Jack e mi parlavano addirittura i gemelli nell'unica visita che mi avevano fatto, quel pomeriggio. Mi parlava anche Killian, ma io non ascoltavo. Potevo lasciarlo alla sua bella e nuova vita, potevo farmi da parte in qualsiasi momento, ero pronta a compiere quel sacrificio per amore se significava vederlo per sempre felice e contento. Davvero, ero pronta a compiere un passo del genere. Se solo quella dichiarazione non mi avesse tormentata tanto. Lo osservavo fingendomi tranquilla e annuendo, di tanto in tanto i nostri sguardi si incrociavano Non potevo ripetere quello che mi stava dicendo, avevo capito veramente poco e niente di tutto il discorso. Forse se n'era anche accorto, ma aveva fatto finta di nulla.
Sei veramente innamorato di Rose? Pensi davvero che sia lei il tuo vero amore? E io, che posto ho, io?” era tutto quello che volevo chiedergli, mentre vedevo la sua bocca che si muoveva, le sue labbra invitanti che ogni tanto si stendevano in un sorriso subito dopo aver fatto una battuta. Però me ne restavo in silenzio, a mordermi la lingua.
Quella sera non avevo voluto la compagnia di nessuno. Henry e Regina erano ormai arrivati a Storybrooke, il ragazzino mi aveva chiamato e mi aveva detto che tutta la città sperava che stessi bene e che tornassi presto a casa. Nessuno di loro si preoccupava per le sorti di Hook?
Avevo chiesto ai miei genitori di lasciarmi sola, intimandoli di andare nella loro stanza d'albergo a riposare un po' e di staccare la spina dall'ospedale ora che stavo meglio. Non era stato semplice convincerli, ma alla fine, dopo essermi finta stanca e assonnata, avevano girato i tacchi ed erano andati via.
Finalmente sola, provai ad immaginare cosa stesse facendo Killian. Quella era la sera del suo addio al celibato, il matrimonio sembrava una cosa fin troppo concreta adesso. Non mi era sembrato troppo contento di andare, ma non avevo dato troppo peso a quel fatto. Jack era il suo testimone ed aveva assicurato una festa sobria, al quale partecipava solamente qualche persona di Scotland Yard.
A Storybrooke non aveva nessuno, a Londra aveva una piccola famiglia formata da Jack e Phoebe, ma anche dai gemelli. Erano la sua squadra ed erano molto uniti e legati. A quel pensiero mi venne da vomitare, tanto da portare il palmo sinistro sulla bocca, per fermare il conato. Non avevo mai odiato Gold così tanto, speravo che, ovunque si trovasse, se la stesse passando male. Se non peggio. Alla fine mi distesi sul letto, decisa a dormire così da rimandare tutti quei pensieri al giorno dopo.
Ma il mio sonno fu interrotto presto, poco prima di mezzanotte. Svegliata da un rumore improvviso, sobbalzai rizzando la schiena e guardandomi intorno. Killian era in piedi, fermo sul posto come se temesse di muoversi anche se, vedendomi sveglia, si rilassò poco dopo, prima di sorridermi. Guardai l'ora e mi meravigliai di vederlo lì. O meglio, sapevo che l'infermiera di turno fosse un'ottima amica di Rose che, chiudendo un occhio o anche tutti e due, lo lasciava entrare tranquillamente a qualsiasi ora del giorno a farmi compagnia. Ero stupita, piuttosto, che fosse tornato così presto dalla sua festa.
« Ti ho svegliata? » Domanda retorica « Scusa, ho cercato di fare piano ma... »
« Cosa ci fai qui? » Non lo lasciai finire, guardandolo con occhi sgranati e bocca semi aperta, neanche lo avessi colto sulla scena di un delitto. Lui parve quasi divertito da quella reazione.
« Sono venuto a vedere se stavi bene e se ti serviva qualcosa » commentò tranquillo, alzando bene in alto le braccia, il palmo della mano aperto, come a far vedere di essere “pulito”, di non avere niente da nascondere. Il tono così naturale quasi mi spaventò, non sapevo neanche perché ma mi tremarono appena le mani.
« Sto bene e se mi servirà qualcosa, chiamerò le infermiere. Sono qui per questo, alla fine » borbottai duramente, senza un vero motivo di fondo. Una vocina dentro di me mi fece prendere in considerazione l'ipotesi che potesse trattarsi del semplice accumulo di tensione. Killian, comunque, parve ferito ma il suo sorriso non scomparve dal suo volto.
« Che succede? » Si limitò a chiedermi a braccia incrociate. Lo fulminai con lo sguardo perché non riusciva a capire. In realtà neanche io sapevo cosa c'era da capire, ma ero ugualmente infastidita.
« Succede che è quasi mezzanotte, Killian. E' tardi, cosa sei venuto a fare? » Presi a biascicare bruscamente « Non dovresti essere al tuo addio al celibato, tra l'altro? » Il sorriso scomparve dal suo volto, debolmente. Mi fissava stranito, di sicuro non si era aspettato niente del genere.
« Mi annoiavo, ci annoiavamo tutti a dire il vero. Preferivo stare qui », le mie sopracciglia si assottigliarono e lui lo notò subito « Qual è il problema, Emma? Passo sempre la notte qui, cos'è cambiato adesso? »
Tutto e niente, ecco cos'era cambiato. Il matrimonio era dietro l'angolo e la situazione sembrava la stessa che mi si era presentata davanti appena arrivata a Londra. Tante cose erano successe, e se da una parte mi confortava trovarmi Killian, addormentato al mio fianco sulla poltrona, appena sveglia, dall'altra mi sconfortava sapere che, nonostante tutte quelle attenzioni, lui avrebbe comunque sposato Rose.
« Il problema è che fra pochi giorni ti sposi, dovresti tornare a casa dalla tua fidanzata invece di venire qui. Non credi anche tu? » “Dì che non ti importa niente della tua fidanzata, dimmi che le cose sono cambiate e che non vuoi più sposarti. Rose non conta più niente per te, dillo Killian, avanti. Dillo e saprò che non è ancora finita.
« Io volevo solamente assicurarmi che non ti mancasse niente », affermò a bassa voce, dopo un secondo di esitazione « ma ho ricevuto il messaggio. Certo, potevi dirmelo anche prima però, mi avresti risparmiato un terribile mal di schiena » indicò con il capo la poltroncina dove aveva passato le ultime notti con una smorfia, tornò a sorridere poi, facendomi capire che non me ne faceva assolutamente una colpa e che era tutto okay, non c'era nessun problema. Non c'era nessun problema?
Mormorò poi che in quei giorni non sarebbe passato, al 90%, perché impegnato negli ultimi preparativi del matrimonio. Mi salutò, infine, e se ne andò anche lui, diretto, sicuramente, verso casa. Era finita, quindi?


Day 30


Negli ultimi giorni non era successo niente di eccezionale. O così parve a me, che avevo cominciato a capire che la mia storia con Killian era arrivata al capolinea. Cominciavo a dare seriamente ragione a Regina, in me aumentava la consapevolezza che dovevo farmi da parte una volta per tutte. Partire senza mai voltarmi indietro, come nel mito di Orfeo ed Euridice. Solo che non avrei avuto la benché minima ricompensa e, certamente, non avrei riavuto Killian indietro.
Eppure tutto quello continuava a suonarmi sbagliato e ingiusto. Ma d'altra parte sapevo di non poter obbligare Killian ad innamorarsi di nuovo di me, non con una data di scadenza in mezzo, oppure a lasciare la donna che, in quella realtà, era la donna che aveva amato o che amava ancora.
Era anche venuta a trovarmi, lei e Montgomery, il giorno dopo la mezza discussione con il pirata. Si scusavano entrambi, chi per un motivo e chi per un altro, l'uomo era arrivato anche a parlare di una medaglia al valore ma gli avevo espressamente detto che non era necessario. Un modo carino per dirgli che la trovavo un'idea stupida. Rose non fece riferimenti al matrimonio e di questo gliene fui grata. Mi parve appena appena imbarazzata, raramente alzava gli occhi in cerca di un contatto visivo, anche minimo, e io la lasciai fare, del resto mi importava poco e niente di lei. Più che altro mi chiedevo, osservandola, se avrebbe reso felice Killian, se era davvero la donna giusta per lui. La risposta arrivò ancora prima della domanda: no.
La buona notizia era che finalmente mi avevano dato il permesso di muovermi, non potevo andarmene in giro per l'ospedale a mio piacimento, naturalmente, ma era già qualcosa. Ogni tanto camminavo lungo il corridoio, mio padre al mio fianco ad offrirmi il braccio destro non appena mi vedeva stanca e affaticata. In genere, poi, mi riportava in camera e andava a prendere qualcosa da mangiare, perché il cibo dell'ospedale era veramente immangiabile. Era allora che mia madre cominciava a parlarmi della mia situazione con Killian, provava a farmi ragionare rifilandomi frasi come “l'amore ne vale la pena”. Certo, peccato che l'unica ad essere innamorata ero io.
« Mi ero dimenticata di tuo padre e dei sentimenti che provavo nei suoi confronti », continuava ancora lei, conoscevo quel discorso a memoria ormai « ma non si è arreso. Ha lottato e alla fine è riuscito a farmi aprire gli occhi » a quel punto io annuivo piano con il capo, aspettavo che mi guardasse attentamente, prima di aprire bocca.
« Papà è stato ferito da una freccia e questo ha fatto scattare qualcosa dentro di te. Io mi sono beccata un proiettile, proprio qui », indicavo, in automatico, i punti che avevo sul ventre, coperti ovviamente dal camice « e non è scattato niente. Più di questo cosa posso fare? » A quella mia risposta, mia madre si sentiva messa con le spalle al muro, sempre, glielo leggevo in quella piccola sfumatura grigia che compariva nei suoi occhi. Eppure, ogni volta, replicava in modo diverso anche se la morale era sempre “non darti per vinta”.
Ma era facile, per lei, parlare, mi dicevo. Biancaneve e il suo Principe erano cresciuti nella Foresta Incantata, dove le storie degli eroi terminano con un lieto fine. Nella vita reale le cose andavano diversamente.
Quel giorno camminai a lungo, le forze erano ritornate e, anche se i miei genitori continuavano a preoccuparsi, potevo affermare con convinzione di sentirmi veramente bene, almeno fisicamente. Tornai comunque in camera presto per via delle numerose occhiate allarmate che continuavano a lanciarsi gli altri due. Mia madre andò a prendere il pranzo, cosa che mi stupì parecchio anche se cercai di non darlo a vedere. Mio padre dava sempre dei buoni consigli, ma quando c'era in mezzo la mia storia con Killian non sapevo cosa aspettarmi. Certo, aveva creduto che il nostro fosse vero amore, a Storybrooke, e la cosa mi aveva sorpresa parecchio, ma non ero comunque preparata a qualsiasi sermone volesse farmi.
« Non ho visto Hook in questi giorni », esordì con un tono distaccato mentre si accomodava sulla poltrona « è successo qualcosa? » Domandò alla fine, senza girarci troppo intorno. Capii subito che quella domanda dovevano essersela rivolta molte volte, i miei genitori, anche se non avevano mai trovato il coraggio di chiedermelo. Fino a quel momento, almeno.
« No, non è successo niente » risposi tranquilla, ed era vero dopotutto, no? Era stata una piccolissima discussione, niente di così eclatante. Anche se, andando via, aveva dimostrato di aver scelto Rose una volta per tutte. E allora sì, era stato un avvenimento importante. « E' solo impegnato con gli ultimi preparativi » aggiunsi dopo, optando per la stessa mezza verità che mi aveva rifilato il pirata. Lui annuì, senza però preoccuparsi di nascondere un'espressione alla “so che c'è dell'altro sotto”, ma non indagò oltre, capendo che non avevo voglia di raccontare per filo e per segno quello che era successo.
« Ascolta, Emma », cominciò lui con tono grave « domani c'è il matrimonio, hai già pensato a cosa succederà dopo? »
« Sì », respirai piano « tornerò a casa. » Quella risposta lo disarmò. Lo osservai mentre mi fissava a bocca aperta per qualche istante, serrò appena le sopracciglia senza abbassare mai lo sguardo, forse cercando di capire se fossi seria o meno.
« Stai dicendo sul serio? » Replicò sorpreso, mi vide annuire e si accigliò ancora di più « Vuoi davvero arrenderti così? Dopo tutto quello che hai fatto, tutto quello che hai passato e tutto quello che hai tentato per fargli tornare la memoria? »
« Esattamente », risposi tranquilla, anche se in realtà il cuore martellava all'impazzata « ne ho tentate tante, troppe. Non so più cosa inventarmi. Ascolta », mi girai meglio verso di lui per poterlo guardare bene in volto, gli presi una mano come a dirgli “va tutto bene”, anche se la realtà era ben diversa « Nella mia vita ho avuto paura di perdere una persona cara così tante volte da perderne il conto. Ricordo il terrore provato vedendo Henry cadere a terra dopo aver mangiato la torta di mele di Regina. Il panico di vedere mia madre morire, uccisa dalla sua matrigna, e non poter far niente per evitarlo. In entrambi i casi ho cercato di non perdere la speranza: Henry poteva essere salvato, mia madre poteva non essere morta davvero. Ma questa volta è diverso, questa volta sto perdendo Killian. Lo sto perdendo per sempre, papà. Non è una paura, è una certezza. Non c'è più niente che io possa fare, era tutto nelle sue mani ed ha scelto Rose. E va bene così » no, in realtà non andava affatto bene, ma cercavo di farmene una ragione.
« Il vero Killian avrebbe scelto te, lo sai vero? » Annuii simulando un sorriso, mi strinse forte la mano che non aveva lasciato neanche per un istante « Ma il Vero Amore è una cosa unica, ne esiste solamente uno per ognuno di noi. Forse, se tu gli parlassi... »
« E farmi ricordare per sempre come una pazza? No, papà, sarebbe troppo. Forse questo nuovo Killian non è alla ricerca del Vero Amore, perché la storia che ha basta a renderlo felice. Ed io devo accettarlo, per me conta la sua felicità. Sono la Salvatrice e il mio dovere è assicurarmi che tutti i personaggi delle favole riescano a trovarla; se Killian l'ha trovata qui, se finalmente ha trovato un po' di pace e serenità, devo accettarlo. »
« Ma non è realmente quello che avrebbe voluto... » provò ancora, facendomi sospirare.
« Ma è quello che, evidentemente, vuole questo Killian. Ormai ho deciso, papà. Domani mi dimetterò dall'ospedale e andrò al matrimonio. Quando sarà finito prenderemo il primo volo disponibile e ce ne torneremo a casa. »
« Io e tua madre staremo lì al tuo fianco, Emma, non ti lasceremo da sola. »


Day 31


Appena dimessa dall'ospedale andai, insieme a mia madre, a casa di Phoebe per prendere tutte le mie cose; nel frattempo mio padre era andato a comprare una valigia e ci aspettava nella camera d'albergo che avevano preso qualche giorno prima. Anche Phoebe si era detta contraria alla decisione che avevo preso, ma smise di protestare quando capì che se neanche i miei genitori erano riusciti a farmi cambiare idea, difficilmente ci sarebbe riuscita lei.
Mentre ci avviavamo verso l'hotel, sentii il telefono vibrarmi nella tasca posteriore. Lo presi e vi trovai un messaggio da Killian: Emma, sono passato in ospedale a salutarti e mi hanno detto che ti sei dimessa. Mi dispiace non esserci stato in questi giorni, ma spero che tu stia bene. Non so che intenzioni tu abbia, ma pensa a riposare, adesso. Non venire al matrimonio, ti affaticheresti solamente. Magari passiamo a trovarti più tardi, okay?
Lessi il messaggio tre volte per capire bene se si stesse davvero preoccupando per me o se non mi volesse solo tra i piedi. Mi domandai anche se fosse stata Rose a dirgli di non farmi andare al matrimonio, aveva paura che entrassi in chiesa gridando un sonoro “io mi oppongo”? Non sapevo se si aspettasse una risposta o se immaginasse che quelle parole mi avrebbero infastidita tanto da non voler replicare.
L'unica cosa certa era che non mi importava niente di quello che mi diceva, io, al matrimonio, ci sarei andata. Non sapevo neanche quale fosse il motivo che mi spingesse lì, sentivo solo che dovevo esserci, come ad assicurarmi che raggiungesse la sua felicità. E poi, anche e soprattutto, per vederlo un'ultima volta prima di partire quella sera stessa.
Non dissi niente ai miei genitori, arrivata in albergo indossai il vestito che mi aveva prestato Phoebe per l'occasione: verde, la gonna ampia superava appena le ginocchia, era abbastanza sobrio, con qualche ricamo e soltanto l'orlo della gonna in pizzo; non aveva le maniche, per questo indossai una giacca sopra, per non morire di freddo. Legai i capelli in una coda alta e mi presentai in chiesta poco dopo.
Era già piena, immaginai che Rose avesse invitato praticamente tutti i suoi parenti sparsi nel mondo, anche quelli più lontani. Mi sedei agli ultimi posti, mia madre alla destra, mio padre alla sinistra. Ci volle un'altra mezz'oretta prima che lo sposo prendesse il suo posto, non si accorse di me, troppo lontana e nascosta dagli altri invitati. La sposa arrivò subito dopo e la cerimonia iniziò.
Li guardai silenziosa e inquieta, ogni tanto mia madre mi accarezzava la mano. Cominciai a mangiucchiarmi le unghie, mentre sentivo gli occhi farsi lucidi. Mi veniva da piangere, vedere l'uomo che amavo mentre si sposava con un'altra donna stava per farmi crollare. Provai a pensare ad altro e a focalizzare la mia attenzione sul sacerdote, i miei piedi non riuscivano a stare fermi. Alla fine non resistetti più, mi alzai in piedi pronta ad andarmene o almeno ad uscire a prendere aria. Sentii improvvisamente ogni singolo sguardo fisso su di me e mi bloccai. Killian si voltò e rimase a fissarmi a bocca aperta, Rose mi guardava indignata. Non capivo il perché di quella reazione, nessuno fiatava e il sacerdote non si azzardava a continuare.
« Emma », sentii mia madre sussurrare « è il momento meno indicato per alzarti in piedi » mi prese la mano e mi tirò affinché tornassi a sedere. Capii che eravamo arrivati al fatidico momento, quello del “se qualcuno dei presenti ha qualcosa in contrario su questa cerimonia, lo dica adesso”. Dovevano aver pensato che volessi fermarli, in effetti sarebbe stato anche semplice, ma non era davvero la mia intenzione. Tornai al mio posto con lo sguardo basso, imbarazzata. Sentivo ancora gli occhi blu di Killian fissi su di me. Cominciai a pensare, cosa stavo facendo? Lasciavo davvero che si sposasse con quella donna, quella Rose che non era assolutamente fatta per lui? Che non gli avrebbe mai dato un lieto fine? Mi alzai nuovamente, questa volta con un motivo. Ancora, si voltarono tutti a guardarmi. Aprii la bocca decisa, pronta a intimare l'uomo di non farlo, pronta a confessargli, ancora, i miei sentimenti e ad aspettare che lui facesse altrettanto. Occhi negli occhi, ci scrutammo, le parole mi morirono in gola, mi diedi della stupida e corsi fuori.
Tanto casino per niente, non ce l'avevo fatta neanche a reggere il suo sguardo. Sarebbe stato inutile, mi dissi, mi sarei messa ancora di più in ridicolo. Lui aveva scelto Rose, quella sera in ospedale, non avrebbe cambiato idea proprio mentre stava per sposarla. Misi le mani tra i capelli, forse rovinai un po' la coda ma non mi importava.
« Emma! » Mi voltai di scatto, agitata. Killian mi aveva raggiunta ed ora correva verso di me « Che cosa ti è saltato per la testa?! » Urlava furioso, lasciandomi spiazzata e priva di parole. Aveva lasciato la sua sposa in chiesa per farmi una sfuriata? Cerimonia interrotta per inveire contro un'imbucata al matrimonio? « Ti avevo anche detto di non venire, ma tu devi fare sempre di testa tua! »
« Ma sto bene! » Trovai la forza di replicare, scocciata e alzando i toni come stava facendo lui stesso.
« Lo so, ho parlato con i tuoi medici questa mattina, cosa credevi?! » Fece lui, cominciando a gesticolare spazientito.
« E allora perché non mi volevi qui? E' stata Rose? Aveva paura che mi mettessi in mezzo, o facessi qualcosa o... » Mi interruppe subito.
« Non ti volevo qui perché sapevo che se ti avrei vista non sarei mai riuscito a sposarmi! » Restai in silenzio, nella mia mente le sue parole si ripetevano veloci tanto che mi fecero girare la testa per un momento. Respirai a fondo e continuai a guardarlo, aveva davvero detto quelle cose o erano state solo frutto della mia mente? Le avevo intese nel senso giusto o avevo frainteso tutto? Non osavo fiatare e allora lui continuò a parlare, abbassando, però, i toni « Lo so da quando sei stata rapita, o forse ancora da prima solo che ero troppo cieco per rendermene conto. Non potevo sopportare l'idea che ti succedesse qualcosa, stavo impazzendo. E quando hai perso i sensi mi sono sentito morire, ho sentito ogni mia certezza sbriciolarsi. Non sapevo immaginare un futuro senza di te, non so immaginarlo neanche adesso. C'è qualcosa che ci lega, Emma, adesso l'ho capito. L'ho sentito subito ad essere sincero, ma non ci ho mai dato troppo peso. » Mi fissò serio, emozionato, gli occhi lucidi.
« Cosa stai cercando di dirmi? » Sussurrai, tremando. Fece un passo verso di me e mi accarezzò la spalla, poi il braccio e infine mi prese la mano. Il pollice si muoveva leggero contro la mia pelle, rassicurante e affettuoso.
« Ti amo, Emma. Sono innamorato di te » incurvai appena gli angoli della bocca. Non potevo credere a quello che stava succedendo. Si era innamorato di me, di nuovo. La nostra storia era stata azzerata, ma i suoi sentimenti erano nati una seconda volta. Forse era davvero così, il Vero Amore è una cosa unica e che non ti lascia possibilità di scampo.
Mi alzai sulle punte, pronta a baciarlo. Mi lasciò andare la mano e mi sfiorò appena il capo, si avvicinò lentamente, chiuse gli occhi e feci lo stesso. Sentivo il suo respiro, sfiorai le sue labbra.
Mi bloccai, allontanai improvvisamente la testa all'indietro e lo fissai.
« No », mormorai piano « non così » mi guardò sorpreso, non riuscendo a capire perché mi fossi fermata. « Ti avevo promesso che ti avrei raccontato ogni cosa quando saresti stato pronto e il momento è arrivato » sorrisi nervosa, mentre gli prendevo la mano e lo portavo in un posto più appartato. Killian non fiatava, non stava capendo dove volessi andare a parare ma mi lasciava fare. Presi un respiro profondo prima di tornare ad aprire bocca.
« Tu sei Killian Jones, ma io ti ho conosciuto con un altro nome: Hook, Capitan Hook » sapevo quanto fosse rischioso, scegliere di raccontargli la verità proprio nel momento in cui si era dichiarato, ma avevo deciso di lasciargli una scelta. Non vedevo l'ora di riportarlo nel suo mondo, nel nostro mondo, ma doveva essere lui a volerlo, doveva essere consapevole di chi fosse e da dove venisse. Glielo dovevo.

E così gli raccontai tutto, non tralasciai nessuna cosa. Gli parlai di Cora, del fagiolo magico che ci aveva dato per trovare Henry, della nostra avventura a Neverland, di come avesse salvato la vita a mio padre e di come mi avesse sempre supportata. Gli parlai anche di Zelena, e di Gold, l'uomo che odiava più di qualsiasi altra cosa al mondo. Provai a parlargli di Milah e di Liam, spiegandogli com'era diventato un pirata, andando a ripescare stralci di conversazione che avevamo fatto tempo prima. Il primo bacio fuori da Granny's, il nostro ballo, il primo appuntamento. Mostri di ghiaccio, sortilegi oscuri, incantesimi e pozioni. Ascoltava tutto, senza fiatare. Ogni tanto lo osservavo schiudere appena la bocca, ma non osava dire neanche una singola parola.
Immaginai cosa gli stesse passando per la testa. Riuscii a sentirlo, mentre mi dava della pazza, come era successo durante il mio primo giorno a Londra, quando lo avevo finalmente ritrovato, più o meno. Gli parlai anche di quello, di come era stata dura stargli vicino durante i primi giorni, quando ancora non riusciva a fidarsi e continuava a chiedersi da dove sbucassi fuori.
Alla fine sospirai sonoramente, chinando appena il capo, prima di tornare a guardarlo di nuovo negli occhi. Continuava a restare in silenzio, aspettava che dicessi qualche altra cosa?
« Questo è tutto », affermai timidamente: cercavo di non farlo vedere, ma in realtà temevo la sua reazione: se il mio discorso non aveva fatto la minima breccia nel suo cuore lo avrei perso per sempre, non si poteva tornare indietro, ormai era fatta « so che è difficile da capire, che sono tante informazioni tutte insieme e che probabilmente avrai bisogno di tempo per assimilarle. Ma dovevi sapere la verità, avrei voluto dirtela subito, trenta giorni fa, fuori la porta di casa... tua », pronunciai quell'ultimo aggettivo con una smorfia « ma non era il momento. Non mi avresti creduto. E forse non mi crederai neanche adesso » accennai una bassa risata isterica, nervosa del suo giudizio. L'uomo, dal canto suo non aveva mai smesso di fissarmi dritto negli occhi, un'espressione vaga sul volto. Non riuscivo a capire cosa gli passasse per la mente, era quello il motivo per cui stavo quasi uscendo di testa. « Può sembrare una follia, ci sono già passata e so che ai tuoi occhi tutto questo sembra una follia. E magari lo è davvero. Ma tutto questo, ogni singolo ricordo, tornerà. Basta un bacio per farti ricord- »
Non mi lasciò neanche il tempo di concludere la frase, benché meno quello di finire la parola. Tre lettere che rimasero in sospeso. Killian Jones parve non poter aspettare un secondo di più, una lettera di più.
Si fiondò sulle mie labbra con una foga tale da farmi trasalire per la sorpresa. Sgranai gli occhi a quel gesto del tutto inaspettato, quasi a volerne verificare l'autenticità con ogni modo. Smisi di pensare e di farmi troppe domande nel momento in cui percepii la barba ispida di lui solleticarmi il volto. Percepii quasi un calore nuovo, mai provato prima, diffondersi per tutto il corpo. Mi dissi che, probabilmente, era dovuto al sollievo per non aver turbato Killian.
Poi accadde.
Killian aveva accorciato le distanze portandomi verso di lui, la mano sul mio fianco. Petto contro petto. Una piccola scintilla parve uscire dai nostri cuori e non solo metaforicamente. Un fascio di luce bianca venne fuori dai nostri corpi a contatto fra loro, una luce che si espanse per tutta la stanza, ma anche oltre. Una folata di vento ci sorprese entrambi, facendoci svolazzare i capelli per una manciata di secondi. Sentii Killian irrigidirsi.
Ci staccammo, slanciati via da quella forza scaturita dal nostro bacio, o forse scaturì tutto da noi, che ci scrutammo sorpresi. Aveva gli occhi sgranati, la bocca aperta e la mano che mi aveva stretto a lui fino a poco prima ferma a mezz'aria. Tremavo, gambe, mani, braccia. Non riuscivo a stare ferma sul posto, agitata forse più di prima. Il bacio aveva funzionato. Sì? Aveva funzionato davvero?
« Swan » sorrise, i suoi occhi brillarono di una luce nuova, ma allo stesso tempo ritrovata. Mi rilassai completamente, forse mi scappò un sospiro. Sentii come una massa sullo stomaco sparire lentamente, così come tutte le mie preoccupazioni, tutti i miei timori. Le mie labbra si distesero in un sorriso raggiante e sentii i miei occhi inumidirsi. Mormorai appena il suo nome, il suono quasi non uscì, ma l'uomo lesse il labiale e soffocò piano una risata. Allargò le braccia e subito mi gettai ad abbracciarlo. Cominciai a ridere anche io, mentre mi sollevava leggermente dal pavimento e mi stringeva a lui come se non volesse più lasciarmi andare.
Gli passai una mano fra i capelli neri, accarezzandogli leggermente il capo. Persi il controllo di qualche lacrima, sentii il suo respiro sul mio collo, le sue labbra che si aprivano e un sussurro che mi provocò brividi per tutto il corpo: « Mi sei mancata, love ».




Angolo dell'autrice:
Prima che mi dimentichi: UNDICI RECENSIONI COSA??? Ho aperto la pagina e me le sono ritrovate tutte insieme, a momenti mi prende un colpo! Ci metterò una vita a rispondervi lol Non sono abituata cavolo, davvero grazie mille. E soprattutto scusate se ci ho messo tutto questo tempo, è stato un vero e proprio parto. Non sapevo come strutturarlo, il capitolo, ci ho messo davvero tanto tempo prima di arrivare ad un dunque e ad una bozza che mi convincesse. Alla fine ce l'ho fatta, ho optato per questa suddivisione a giorni e spero che il risultato sia all'altezza delle vostre aspettative!
L'ultima pagina l'ho scritta fermandomi ogni 5 minuti per dire “stiamo arrivando alla fine. Sto concludendo questa storia. Sto davvero terminando l'ultimo capitolo”. Ho il magone, davvero, sarà difficile non aggiornare più questa storia. Non credo neanche di essere pronta ma come ogni cosa, anche questa doveva giungere al termine :') Ma comunque ci sarà l'epilogo, approfitterò di quello per tutti i ringraziamenti (magari riesco a scriverlo per la settimana prossima, tanto non dovrebbe essere lungo).
Beh, tutto è bene quel che finisce bene, no? (Forse, magari con l'epilogo combinerò altri disastri, chi lo sa muahaha lol) E' stata una settimana dura per Emma, aveva anche scelto di lasciare Killian a questa sua nuova vita, ma questa volta è stato lui a non volerla lasciare andare. Spero che il cambio di pensiero di Regina sia stato chiaro, è vero che era stata lei a convincerla, in precedenza, a restare, ma anche lei credeva che ormai non c'era più niente da fare.
E beh, non so che altro dirvi. Ah, solo che ho cominciato a postare una nuova long: Meant To Be e che spero vogliate salpare insieme a me in questa nuova avventura :)
Quindi niente, vi aspetto nella nuova storia e vi aspetto nell'epilogo (già piango).
Grazie a tutte per il vostro supporto e per le vostre parole, un abbraccio e a presto :)

  
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