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Autore: Blablia87    21/08/2016    4 recensioni
Cosa si può fare, in 180 giorni?
Alle volte, si può cambiare una vita intera.
[AU][Tematiche delicate]
Genere: Malinconico, Sentimentale, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: John Watson, Lestrade, Mycroft Holmes, Quasi tutti, Sherlock Holmes
Note: AU, OOC | Avvertimenti: Incompiuta
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Ancora una volta, i fantasmi si sono fatti strada tra i pensieri, impedendomi di dormire.
Mi sono passato più volte le pillole da una mano all’altra, indeciso se concedermi o meno qualche ora di sonno artificiale.
 
Alla fine ho preferito vestirmi di nuovo e scendere in giardino.
 
Ho dimenticato il bastone nell’appartamento di Sherlock (mi ha concesso di chiamarlo per nome), e me ne sono accorto solo quando, in un automatismo ormai radicato, ho allungato la mano verso il comodino prima di scendere dal letto.
 
Non provo dolore, a muovermi in assenza di sostegni. Ma vergogna, quella sì.
 
I fantasmi mi seguono ovunque, si attaccano ai muscoli delle gambe, fiaccandoli, e si aggrappano con tenacia al collo e alle spalle, incurvandole.
 
Però, per la prima volta in quasi due anni, riesco a camminare e scrivere assieme, come amavo fare nei periodi di studio e ricerca all’università prima che l’esercito chiedesse nuovamente mi richiamasse.
 
L’erba bagnata cede sotto i miei passi, ma non affondo in profondità come mi capitava col bastone.
 
Fa freddo, qui fuori. Mentre discutevo con Sherlock del caso, seduto nella veranda, non avevo fatto caso a quanto bassa fosse in realtà la temperatura.
 
C’è una piccola luce accesa, oltre i vetri della dépendance.
 
Mi chiedo cosa faccia, quando resta solo.
 
Mi chiedo cosa possa pensare un uomo ridotto all’immobilità di una persona che ha volutamente menomato i propri passi.
 
Forse pensa che sia un ingrato.
Uno stupido.
 
Per adesso so solo che guardarlo lavorare è tra le cose più sorprendenti che abbia mai visto fare a qualcuno.
 
Pensiero laterale.
 
Ma Sherlock lo applica in un modo… Incredibile.
 
Non è “laterale”, ha una dimensione propria. È… tridimensionale.
Il suo intelletto ha un peso, un peso preciso, specifico.
 
E quando parla, per il tempo che la sua voce satura la mia mente, mi sembra quasi di riuscire a dimenticare i fantasmi.
 

 
 

-179
 
Posso vedere John Watson camminare attraverso il giardino, dalla mia postazione.
 
Poco più di un’ombra scura che si staglia tra le altre, ondeggiando al vento.
 
È curvo, e si muove lento, le braccia piegate.
 
Sta leggendo qualcosa, o forse scrivendo, nella poca luce dei lampioni che circondano la villa.
 
Mi domando chi fosse, prima di essere un uomo schiacciato dai sensi di colpa. Non che me lo chieda per un qualche motivo specifico, semplicemente decodificare le persone è il mio lavoro.
 
Ha a che fare con il ferimento, chiaramente, per quanto il proiettile lo abbia colpito alla spalla destra. Non c’è voluto molto, a capirlo. Alza il braccio destro meno di quello sinistro, e nel freddo della nostra chiacchierata alla ricerca dell’assassino dell’avvocato, si è sfiorato spesso con le dita un punto ben preciso sopra la clavicola.
 
Dev’essere una brutta cicatrice, se il freddo ancora oggi gli crea dei fastidi.
 
Adesso sembra essersi fermato. Chissà cosa sta osservando. Riesco a vedere il profilo dei suoi capelli, ma è solo un grumo nero lontano una decina di metri. Impossibile dire se mi dia le spalle o invece sia rivolto del tutto in direzione della casa.
 
L’erba dev’essere umida, in questa ora che volge all’aurora. Carica di gocce di rugiada.
 
Mi piacerebbe poter arrivare fin lì. Solo per ricordare come fosse, camminare in silenzio, nascosto dalla notte.
 
Lo facevo spesso, a Londra. E nelle aiuole ai bordi delle strade vedevo la stessa condensa che ora so essere lì fuori, aggrappata ai suoi pantaloni.
 
Inizio a sentire freddo.
 
Credo che mi stia venendo un po’ di febbre. Niente di grave.
 
Sentire i brividi scorrere sotto la pelle significa pur sempre sentire.
 
E, al momento, sentire qualcosa è per me un privilegio al quale non voglio rinunciare.


 
 
 
 


 
“Adesso ci infiliamo la camicia, va bene?”
 
Lei mi infilerà la camicia. Io mi limiterò ad alzare un braccio.”
 
“Oh, su, perché deve sempre farla così difficile?”
 
“E lei perché deve sempre fingere che sia così tanto divertente, il suo lavoro? Cambia cateteri per la maggior parte del tempo, per l’amor del cielo. Non c’è proprio niente di cui essere tanto allegri.”
 
“Aiuto le persone, e mi piace farlo. Adesso, da bravo, anche l’altro braccio. Ecco, così.”
 
 
 
“Oh, ok. Scusate. Troppo presto, a quant—“
 
“No, anzi. Il suo intempestivo ingresso è la cosa migliore che potesse capitare al momento. Signora, penso possa andare, adesso.”
 
“Ma signor Holmes, dobbiamo ancora provvedere alla rasatura, e…”
 
“Ho detto vada. Sono in grado di svolgere il resto delle impellenze da solo. Resterà qui il Professor Watson. Se proprio dovessi rischiare di morire per un taglio da rasatura penserà lui a me. Giusto?”
 
“Beh, sì… direi di sì. Sono un medico, tra le altra cose.”
 
“Uno bravo, immagino.”
 
“Molto bravo.”
 
“Eccellente. Come vede, non c’è nulla da temere. Può andare.”
 
 
 
 
“Resti lì e si prenda pure una tazza di the, se vuole. Sarò di ritorno tra breve.”
 
“Non si è mai rasato da solo da dopo l’intervento, vero?”
“Sherlock.”
 
“Il braccio destro funziona perfettamente. Vede? È solo questione di pratica. Torno subito.”
 
“Ok, ma…”
“Lasci la porta del bagno aperta, per favore.”
 
“Così potrà accorrere in soccorso del povero paraplegico ferito ed incapace anche di radersi in autonomia?”
 
“Così saprò quando avrà finito e potrò andare in camera a prendere quanto più allume di potassio possibile.”
 
 
“Perché lascia che mi rada da solo, sapendo già che mi ferirò?”
 
“Lei perché vuole farlo da solo, essendo arrivato già alla stessa conclusione?”
 
 
“Non passerò i prossimi mesi a dipendere da qualcuno per ogni cosa.”
 
“Benissimo. Non è mia abitudine identificare e catalogare le persone in base a cosa siano fisicamente in grado di fare o meno. Sono certo che si taglierà, come sono sicuro che non lo farà così a fondo da trasformare la sua voglia di autonomia in una minaccia per la sua salute. Quando avrà finito medicheremo i punti che ne avranno bisogno e poi inizieremo semplicemente la nostra giornata.”
 
 
 
 
 
 
 
“Ha dimenticato qui il bastone, questa notte. E neanche se n’è accorto.”
 
“Lei ha dimenticato di radersi un punto a sinistra, sotto il mento, e neanche se n’è accorto. Mentre provvede vado a prendere le medicazioni. Senza bastone. Perché sapevamo entrambi che potevo camminare senza…”
“Come sapevamo entrambi che si sarebbe rasato senza morire nel tentativo. Torno subito.”
 
 
 
 

 
 
 
-179
 
Non credo di aver mai visto Mycroft con un’espressione simile sul viso.
 
Più accusava John di avermi lasciato solo con un rasoio in mano, più i bordi del viso gli divenivano paonazzi.
 
“Si rende conto di cosa sarebbe potuto succedere?!” Ha sibilato, cercando di recuperare il controllo del proprio viso.
 
“Direi che era piuttosto prevedibile che si sarebbe tagliato, in alcuni punti.” Ha ribattuto John, con tono tranquillo.
 
“Le sembra una cosa normale?!” Sì, decisamente mio fratello non era mai diventato così rosso.
 
“Che un uomo di…?” Si è voltato verso di me.
“Trentacinque.” Ho risposto io, tentando di mantenere un’espressione distaccata.
“Trentacinque anni si rada da solo e si ferisca nel farlo? Sinceramente, .” Ha continuato John, e Mycroft è sembrato sul punto di scoppiare.
 
“È arrivato solo ieri, per l’amor del cielo, e già lo asseconda nelle sue follie?!”
 
“Oh, adesso basta, Mycroft!” Era assurdo che quella discussione avvenisse davanti ai miei occhi, come se non avessi voce in capitolo su quanto accaduto. “Nessuno mi avrebbe comunque fatto la barba, questa mattina, che lui ci fosse stato o meno. Non sono un dannato bambolotto. Il braccio destro funziona. E non costringermi a dimostrartelo in modi scurrili.”
 
John si è voltato verso di me, con le pupille leggermente dilatate e un’espressione sorpresa sul viso. Gli ho visto distintamente mordere il labbro inferiore, nel tentativo di non scoppiare a ridere.
 
Mezzo minuto dopo, Mycroft era già oltre la porta, le punte delle orecchie paonazze.
 
John è scoppiato a ridere circa un secondo dopo, una risata sincera, che gli ha cambiato il viso, allargando le labbra e stringendo gli occhi.
 
Non so neanche perché, esattamente, abbia iniziato a ridere anche io.
 
Era solo…
 
Qualcosa che sembrava essere sempre stata in mezzo al petto, finalmente libera. Non credo di ricordare l’ultima volta nella quale ho riso tanto.
 
In realtà, penso di non averlo mai fatto fino al punto di dovermi trattenere il petto.
 
“Dato che siamo in punizione, che ne dice di lavorare un po’ sul caso?”
Ha tossito John, dopo qualche altro secondo.
 
“Ad una condizione.” Ho ribattuto.
 
“Sono tutto orecchie.”
 
 
 
“Che mi dia del tu.”
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 [14:56] Come procede? GL
 
[14:58] Siamo vicini ad una svolta, credo. Riprenderemo a lavorarci nel pomeriggio. JW
[14:59] Sherlock come sta? GL
 
[15:01] Non credi che dovresti chiederlo a lui? JW
 
[15:03] Diciamo che mi piacerebbe un parere professionale. Non è molto affidabile nella valutazione delle sue condizioni. GL
[15:04]? JW
 
[15:06] Lo hai visto mangiare, durante le analisi dei casi? GL
 
[15:08] No, in effetti. Ad ogni modo, come vuoi che stia? Ha una paralisi completa degli arti inferiori e parziale del tronco. JW
[15:09] Credo non sia facile, per lui… GL
[15:10] Non sarebbe facile per nessuno, Greg. JW
 
[15:12] Sì, immagino di sì. GL
 
 
[15:15] Com’era, prima della caduta? È sempre stato così… spigoloso, nel carattere? JW
 
[15:17] Non credi che dovresti chiederlo a lui? GL
[15:18] Non rigirare le mie parole contro di me. JW
 
[15:20] È stato scortese? GL
[15:21] No, non particolarmente. Non con me direttamente, quanto meno. JW
 
[15:23] Sai, penso che dovresti davvero parlarne con lui. GL
 


 
*

 
 
Prov a pr o va
 
Che st ai facen do?
 
No nonpa rla re, stoce rca nd o di se t t ar e la   scri ttu r   a vo  ca   le
 
Sei tro ppo lo ntano dal microfono, non puoi pensare che funzioni ad una distanza simile!
 
M  a   mi  a nno i  o  
 
Il fiato non ti serve per nuotare? Sei in una piscina, e invece di nuotare stai urlando da una parte all’altra della stanza. Però accidenti! Quello che dico io lo sta scrivendo senza un solo errore!
 
V o l e   vo ra  gi  on  are   ad   alt a    voc    e   del    ca   so
 
E non puoi farlo una volta uscito da lì?
 
Nu   o ta   re   è   noio  s o
 
Fare fisioterapia può solo aiutarti.
 
N    o    iiiiiiiiiiiiii a
 
Così lo manderai in tilt. Ho capito, aspetta. Prendo il fascicolo e mi siedo al bordo, così tu puoi allenarti, non annoiarti e allo stesso tempo non perdere il poco fiato che sembri avere.
Ec   c o  ci  qu  a. D  o   ve   era   v a   mo   ri   ma   st    i?
S   her   l o  ck?
 
S  cus    a,   m i  so   n  o   di  str  att   o. Di  ce  vam   o ch   e  l  ui e l  a bi  ol  oga f  ors  e ran  o
ama   n ti e ch  e   po  tre  b b  e   es  se r e  sta  ta   le  i   a d  ucc   i de  r   l  o
 
Co   n  t i nu a  a   nu  ota  re. I  o   ti   legg   o   il   ver  bale    del   s u  o inte  r rog   ato   rio
 
 
 
 
 
 
 
 
 
[17:14] Vorrei che mi rispondessi. V
 
 
[18:26] Sherlock. V
 
 
[18:54] Sono preoccupato per te, per favore, rispondi. V
 
 
[19:19] D’accordo. Come vuoi. Riproverò domani. V
 
 
 
 

 
 
 
-178
 
Qualche minuto dopo mezzanotte.
 
John ha insistito affinché mangiassi qualcosa, prima di riprendere in mano il caso.
Al mio ulteriore rifiuto, mi ha fatto presente che non mi nutrivo adeguatamente da ore.
 
Gli ho detto che la mia alimentazione non è affar suo, come di chiunque altro.
 
Ha chiuso i plichi, ed è uscito.
 
“Se hai intenzione di lasciarti morire di fame, liberissimo di farlo. Ma non ho alcuna intenzione di assistere.”
 
Dio.
 
Perché accidenti devono sempre pensare a come far sopravvivere il mio maledetto corpo, senza preoccuparsi di non far deperire la mia mente?
 
Non ho bisogno di lui, per finire il caso.
 
 
 
Solo che è più stimolante, quando è seduto da qualche parte a dipanare con me la matassa dei miei pensieri.
 
 
È di nuovo in giardino, la solita sagoma nera china.
 
 
Credo che abbia seri problemi legati al sonno. Me lo dicono i segni attorno agli occhi, strati e strati di notti troppo lunghe trasformati in un alone scuro che gli adombra lo sguardo.
 
 
 
 
Oh, al diavolo.
 
Ho tirato il portapenne contro la vetrata, un suono secco che lo ha fatto voltare verso la casa.
Anche se non posso vederla, non è difficile immaginare la sua espressione mentre mi osserva in lontananza alzare il toast ormai freddo in segno di resa.
 
“Va bene, maledizione. Hai vinto tu. Vedi? Mangio. Ora torna qui.”
 
 
 
Sta bussando al vetro, adesso.
E già odio l’espressone soddisfatta sul suo viso.
 
 
 
- 177
 
Questa mattina, John si è presentato di nuovo troppo presto al nostro appuntamento.
 
L’infermiera lo ha fulminato con lo sguardo.
 
Io, invece, ho notato la piccola stecca di allume confezionato che faceva capolino dalla tasca anteriore dei suoi pantaloni. Mi ha fatto un rapido cenno di intesa, e per poco non sono scoppiato a ridere di fronte all’espressione truce di lei.
 
Mi sono tagliato. Ma meno di ieri.
 
Per ricompensarlo, ho mangiato un po’ delle uova strapazzate che ci hanno servito poco dopo.
 
Detesto l’espressione che gli compare sul viso quando mi vede fare qualcosa che sa comportare per me una “scesa a patti”.
 
La odio.
 
E allo stesso tempo, inspiegabilmente, vorrei che fosse sempre lì, in bilico tra i suoi occhi e le labbra stese in un sorriso divertito.
 
 
 
- 176
 
Non è stata la biologa.
 
Lei aveva rubato delle pillole nel laboratorio della casa farmaceutica per consegnarle alla vittima, ma ad uccidere l’avvocato è stato uno dei ricercatori che stavano lavorando al farmaco sperimentale che la donna aveva sottratto in cerca di conferme alla sua teoria che gli effetti collaterali fossero troppo gravi per la commercializzazione della medicina.
 
Sono sicuro che se Lestrade indagherà in questa direzione, scoprirà che la donna sta ricattando il collega.
E scoprirà anche che lui non è stato abbastanza furbo da gettar via il cappotto che aveva addosso la sera dell’omicidio.
 
John è al telefono con l’ispettore proprio adesso.
 
Fa avanti e indietro nella veranda, gesticolando in modo concitato.
 
La zoppia è scomparsa del tutto, così come più chiari si sono fatti i segni sotto gli occhi.
 
Penso che abbia dormito bene, questa notte.
 
“Non è incredibile?” La voce di John mi giunge ovattata, ma questo non mi impedisce di sentire il suo entusiasmo, che definire eccessivo sarebbe un eufemismo.
 
“Te lo avevo detto, che non era stata la moglie.”
 
Già, è vero. Lo ha sempre detto.
Il neuroscienziato che è in lui è bravo, perspicace.
 
“Certo, ti faremo sapere appena ci saranno sviluppi su gli altri casi.”
 
Gli altri casi…
Giusto.
 
Ne restano tre.
 
 
Tre casi alla partenza di John.
 
 
 
176 giorni al mio ultimo viaggio.
 
 
 





* La registrazione (e la conseguente simultanea trasformazione della traccia audio in qualcosa di scritto) è da intendersi nel seguente modo: più la persona è vicina al microfono, più chiara è la traduzione del computer. Le prime frasi di John mostrano un accenno di imperfezione perché l'ho immaginato pronunciarle appena entrato nella stanza, per poi avvicinarsi al pc, incuriosito da quanto vedeva sullo schermo. La piscina dove si trova Sherlock, invece, è molto più distante, cosa che rende molto meno fluida la trascrizione.

Non ero sicura che si capisse, ho preferito specificare. ^_^''   XD
 
 
 
Angolo dell’autrice:
Ancora una volta, approfitto di questo spazio per un saluto velocissimo.
 
Sto aggiornando molto rapidamente perché questa storia si è insinuata sotto la pelle quasi con forza, e voglio assecondare l’ispirazione il più possibile, sfruttando anche questo scampolo di ferie che mi rimane.
 
Grazie per tutte le recensioni che mi state regalando, e per l’attenzione che state dedicando alla storia, inserendola in qualche categoria. ^_^
 
A presto,
B.
   
 
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