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Autore: Unissons    22/08/2016    6 recensioni
[Suicide squad]
Dal capitolo 9:
"Oh no, non voglio ucciderti" disse, mentre mi infilava in bocca la cintura [...]
"Voglio solo farti male" [..]
"Molto, molto male"
Genere: Dark, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Harley Quinn aka Harleen Quinzel, Joker aka Jack Napier
Note: Lime | Avvertimenti: Contenuti forti, Tematiche delicate, Violenza
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Sugary

 

 

 

“Dottoressa Quinzel, finalmente è qui!” esclamò un uomo con abbondanti depositi di grasso sull’addome, che riconobbi come il dottor Arkham, per via del mio colloquio di qualche anno fa. Mi avvicinai a lui camminando il più cautamente possibile, sapevo di essere una bella donna e a volte, il mio fisico mi tradita. Le mie anche prendevano ad oscillare da sole e l’effetto non era certo quello desiderato. Vedevo che gli uomini mi guardavano e la cosa mi infastidiva parecchio.

 

Mi sentivo mortificata per essere arrivata in ritardo al mio primo giorno di lavoro, ma ero anche stata avvisata parecchio tardi che oggi fosse il mio primo giorno, perciò non avevo nemmeno avuto tempo di prepararmi come si deve.

 

Probabilmente anche l’uomo davanti a me sapeva che avevo perfettamente ragione, ma ciononostante, cercai di sotterrare quella mia parte sarcastica e misi su un bel sorriso.

 

“Mi dispiace un sacco per essere arrivata in ritardo, ma proprio stamattina la mia sveglia ha deciso di non suonare” dissi in tono fin troppo allegro. Mi maledì mentalmente per essere così saccente a volte. Forse avrei dovuto seguire un corso per impedire a quella parte di risalire tanto facilmente.

 

Se anche lo notò, Arkham era troppo impegnato nei suoi pensieri per potermi, in qualche modo, richiamare. Si passò un fazzolettino di stoffa sulla fronte e sbuffò. Come ieri al telefono, sembrava che avesse appena corso una maratona, ma qualcosa mi diceva che questa volta la corsa la stesse causando un uomo dai capelli verdi.

 

“Non si preoccupi, ma ora venga che le mostro il suo ufficio e poi la dottoressa Smith l’accompagnerà a far visita alla nostra struttura”Sbuffò fuori l’uomo e fui seriamente preoccupata dal fatto che potesse svenirmi da un momento all’altro.

 

“Si sente bene?” chiesi, ignorando le sue parole, anche se un po’ ero delusa dal fatto che non mi portassero immediatamente a conoscere tutti i criminali che erano rinchiusi in quel posto.

 

“Certo, solo che sto camminando molto da ieri sera, e come può ben vedere, il mio corpo non ne è abituato”

 

“Tutto per quel Joker?”

 

Il dottore si guardò attorno, come se improvvisamente quelle pareti così bianche e spoglie, piene di porte segrete che non sapevo nemmeno dove portassero, fossero così interessanti. Poi si portò una mano alla pancia e mi guardò, come se il mondo dipendesse da me. Non capivo quello sguardo, ma sentivo un peso enorme sulle spalle, senza motivo.

 

“Non può nemmeno immaginare”

 

E continuò semplicemente a camminare.

 

Leggermente confusa da quel suo essere così misterioso, lo seguì e mi portò davanti ad una porta, uguale a tutte le altre e mi chiesi come avrei fatto, più avanti, a riconoscerla, quando sarei dovuta tornare in quell’ufficio da sola. Persino quando la porta si aprì, il suo interno era uguale al corridoio al quale vi si affacciava nonostante vi fosse una donna al suo interno, che evidentemente ci stava aspettando. Era grigia e bianca come le pareti dello stabilimento ed io mi sentivo fuori posto vestita di rosso e con i miei capelli biondi. Eppure indossavo un completo molto professionale. Ancora una volta mi dissi che quelle erano solo paranoie presenti nella mia mente.

 

“Avevo ragione Arkham, vero?” disse la donna e io guardai il dottore accanto a me, confusa. Lui alzò gli occhi al cielo e si mise a ridere. Mi sentivo esclusa da quel loro gioco segreto, ma ben presto mi fecero capire.

 

“Dottoressa Quinzel, stavo dicendo al dottor Arkham che sapevo che lei sarebbe stata una ventata d’aria fresca per questo posto sperduto. Lo si vede anche dal modo in cui ha deciso di presentarsi questa mattina” fece la donna e mi trattenni dal lanciare una battuta poco opportuna. Non era decisamente il caso di mancare di rispetto ad una dottoressa che, evidentemente, lavorava da molto in quel posto. Sarebbe potuta essere una collaboratrice molto importante, specialmente nella stesura del mio libro.

 

“Oh, si. Come dicevo al dottor Arkham io..” provai a scusarmi, ma venni zittita dalla donna che subito disse:”Dotteressa, tranquilla, è una cosa molto positiva che lei sia così, dato la persona con cui avrà a che fare. Almeno fino a che lui deciderà di degnarci della sua presenza, perché sappiamo tutti che ancora non è scappato solo perché evidentemente ha qualcosa in testa”

 

Mi paralizzai sul posto.

 

Guardai la donna confusa, sperando che stesse scherzando veramente. Sapevo che mi avessero chiamato per quello, ma averne la consapevolezza era un’altra cosa.

 

“Smith, questo non glielo avevo ancora detto” disse Arkham e io mi voltai a guardarlo. Mi sentivo emozionata, ma anche impaurita dal dover avere a che fare con il Joker io stessa, per giunta per la prima volta che avevo a che fare con un paziente.

 

“Sono lusingata di poter essere così utile appena arrivata, ma siete proprio sicuri? Sapete che questa per me è la prima volta, perciò non saprei come agire” dissi, leggermente tradita dalla mia voce, che mostrava quanto fossi impaurita da tutta quella situazione. Troppa responsabilità nelle mie mani inesperte.

 

“Non c’è altra possibilità, lei dovrà occuparsi di controllare lo stato emotivo del nostro paziente, ripeto, fino a che lui deciderà di rimanere qui” sentenziò la dottoressa Smith e io deglutì a vuoto, guardandola negli occhi. Poi la vidi raccogliere la borsa e i miei effetti personali, che avevo poggiato davanti alla porta, e metterli sulla scrivania vuota in mezzo alla stanza altrettanto spoglia.

 

Mi guardai attorno e sospirai. Questo sarebbe stato il mio ufficio per un bel po’ di tempo e li avrei accolto colui che tutti cercavano di evitare.

 

“Mi dispiace spingerla ad agire così in fretta, ma come ben capirà, il Joker è un uomo che si stanca in fretta, perciò vorrei che lei lo accogliesse il prima possibile. Mi dica quando se la sente e avviserò delle guardie per farglielo portare qui. Ora vuole fare un giro per vedere la struttura?” continuò sempre la dottoressa Smith, mentre Arkham ci fissava e basta. Mi chiesi come mai quel posto portasse il nome dell’uomo di fronte a me e non della donna, dato che a gestirla era lei.

 

Mi guardai attorno e poi posai lo sguardo sulla mia borsa dal quale fuoriusciva il mio block notes.

 

“No, per me va bene vedere subito il Joker” dissi e per me fu come un colpo a sangue freddo, come se quell’uomo che avevo solo nominato, mi avesse sparato, come aveva fatto con tante persone.

 

Vidi lo sguardo delle due persone davanti a me molto sorprese, ma furono felici di questa mia scelta, evidentemente avevano paura che il Joker evadesse da un momento all’altro, senza avere nemmeno il tempo di provare una misera terapia per, in qualche modo, “guarirlo”.

 

Il dottor Arkham si avvicinò alla mia scrivania e li vidi una specie di telefono, sul quale lui compose un numero.

 

“Portatelo dalla dottoressa Quinzel” disse e poi mise giù, senza dare altre spiegazioni.

 

Stava per arrivare e mi sentivo come svenire. Avevo le mani ghiacciate, ma contemporaneamente sudate.

 

“Staremo qui per accogliere il Joker, poi andremo via e la lasceremo lavorare. Non si è mai abbastanza prudenti quando si tratta di uno psicopatico come questo paziente” fece la dottoressa Smith, mentre iniziò a camminare verso il corridoio, evidentemente per controllare se stessero arrivando.

 

Decisi di non stare li con le mani in mano, come ad aspettare il giudizio e così inizia a mettere in ordine i miei effetti personali sulla scrivania, ma ad un tratto l’aria silenziosa fu spezzata da una risata.

 

Un’isterica ed inquietante risata, che mi fece venire la pelle d’oca.

 

Mi voltai verso il corridoio e vidi la dottoressa accarezzarsi le braccia. Evidentemente quell’effetto non lo aveva fatto solo a me.

 

“Ti ci abituerai. Dopo qualche giorno ti sembrerà una risata come tutte le altre” disse Arkham e mi voltai verso di lui.

 

“Lui è già stato qui?”

 

“Parecchie volte, ma è sempre scappato. Come dice lui, per noia. Nessuno di noi è mai stato abbastanza bravo da poter catturare la sua attenzione per almeno un mese intero. Non che lui ci abbia mai dato abbastanza tempo per provarci almeno”

 

“Ma allora perché proprio io? Non ho esperienza, probabilmente sarò la persona che più lo annoierà!” esclamai, come in preda al panico e una voce, proveniente da fuori non mi fece nemmeno finire in parte il mio attacco di panico, che disse:”Non avevo mai visto questo zuccherino. L’avete chiamata apposta per me? Come ti chiami pasticcino?”

 

Lentamente mi girai per vedere, per la prima volta la sua faccia dal vivo. Molte volte lo avevo visto al telegiornale e mi era sempre sembrato un mostro, buono solo a procurare dolore e morte agli uomini. Quando, questa volta me lo ritrovai davanti, pensai solo ad una cosa: bellissimo.

 

 

 

 

 

 

 

Rieccomi qua!

 

Sono davvero felice di tutte le visualizzazioni che ho ottenuto nel capitolo precedente e ringrazio specialmente: Giuliet95 per la recensione lasciata e per averla messa tra le seguite, Ari_chan e Giulia2034GR per averla messa tra le preferite e VasiliaDragomir_12 per averla messa tra le seguite. Alla prossima.

 

Un bacio, Unissons.

 

 

   
 
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