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Autore: virgily    23/08/2016    4 recensioni
[Dal cap. 1 - Fatale Monstrum]
-Tu… Non esisti…-
Silenzio. E i suoi occhi, in quei lunghissimi secondi che trascorsero a rallentatore, non si staccarono mai dai miei, scrutandomi con curiosità. Una risata acuta e inquietante scoppiò nuovamente sulla sua bocca. Con estrema facilità si portò una mano alla giacca, continuando a ridere, puntandomi una pistola contro. Non pensai, non c’era più tempo per farlo. Mi gettai a terra non appena fece fuoco, serrando le palpebre più forte che potevo. Un boato, lo sgretolarsi di polveri sottili. Mi voltai appena, osservando con occhi sgranati il maestoso buco che attraversò la parete che si trovava alla mi spalle. Se mi avesse colpita, come minimo, sarebbe riuscito a farmi esplodere la testa, lasciando schizzi cremisi e materia grigia ovunque. Cercai di riprendere fiato, di tenere i nervi saldi sebbene sentissi i suoi occhi pesare su di me come un’incudine. Sollevai lo sguardo, ora era in piedi, e torreggiava su di me esponendo quel magnifico ghigno che riusciva ad incutermi una paura più profonda e malata del semplice terrore. [...]
-Allora, sono abbastanza reale per te, adesso?-
Genere: Dark, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Joker aka Jack Napier, Nuovo personaggio
Note: What if? | Avvertimenti: Violenza
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NDA: Nel seguente capitolo sono presenti anche diversi punti di vista narrati in terza persona e circosritti entro tre asterischi  

Cap. 11 – Right Here Hn My Arms


La cella è buia. L‘aria è pesante. Laura urla. Il sangue è caldo. La cella è buia. L’aria è pesante. Laura urla. Il sangue è caldo. Il clown è pazzo. La cella è buia. L’aria è pesante. Il clown è pazzo. La cella è buia. Laura urla. Il clown è pazzo.”

Ripresi conoscenza con il suono delle mie stesse urla. Spalancai gli occhi di tutta fretta, con le labbra dischiuse in un frenetico tentativo di riprendere fiato. Sebbene fosse bloccato dalla salda presa di un braccio attorno al mio torso e di una gamba sopra la mie, il mio corpo tremava e si dimenava in preda agli spasmi e al terrore di quell’incubo che per l’ennesima notte mi aveva travolta.
-shh… shh bambolina…- la voce di Joker giunse subito al mio orecchio, proprio come le sue labbra, che con una delicatezza disarmante si erano posate sulla mia tempia madida di sudore. Cercai di respirare profondamente, in un vano tentativo di far rallentare il mio battito cardiaco. Ora che la vista si era fatta più nitida, riconoscevo la mia camera da letto e il tepore di quell’abbraccio rassicurante che mi aveva completamente avvolta. Erano passati svariati giorni da quando ero finalmente tornata a casa, e a parte i dolori alle ossa e qualche piccolo punto di sutura, il vero tormento della mia riabilitazione erano gli incubi. Da quelli non riuscivo mai a scappare.
-C-Che ore sono?- domandai piano, con la voce ancora impastata dal sonno.
-Non sono neanche le quattro del mattino- sospirò l’uomo al mio fianco, tracciandomi una umida scia di baci dall’attaccatura dell’orecchio dritta per tutto l’incavo del mio collo, facendomi patire dei brividi caldi e decisamente rilassanti.
-Cerca di dormire qualche ora in più bambolina…-
-Non credo di riuscirci- risposi secca, voltandomi lentamente contro di lui. Senza dire alcuna parola, Joker mi accolse al suo ampio petto, ancora nudo e accaldato. Nascosi il viso nella curvatura del suo collo, annusando l’odore intenso della sua pelle. Di tutta risposa le sue dita avevano cominciato ad accarezzarmi i capelli, quasi massaggiandomi la testa mentre la sua mano libera vagava indisturbata lungo tutto il profilo della mia schiena, carezzandomi al di sopra della canottiera fina.
-Gli incubi passeranno presto Virgily…-
-Lo pensi davvero?-
-Te lo posso assicurare, bambolina…- sussurrò piano, socchiudendo appena i suoi grandi occhi mentre con delicatezza mi lasciava l’ennesima impronta di un bacio sulla testa. Restammo in quella posizione, intrecciati l’uno al corpo dell’altra, per minuti interminabili, lasciando che il calore delle coperte scaldasse le nostre membra e ci proteggesse dalla luce della luna che filtrava dalla finestra. Tutto in quel momento era perfetto. Il silenzio accompagnava il suono armonico dei battiti cardiaci, scandendo a tempo i nostri i respiri. Sarei rimasta fra le sue braccia per sempre: niente sparatorie, niente rapimenti, niente morti. Soltanto io e lui. Tuttavia, sebbene questa futile fantasia fosse veramente allettante, sapevo bene che una vita così, ora come ora, non mi sarebbe più bastata. Avevo provato la paura, l’adrenalina. Ora sapevo cosa significasse vivere al fianco di un criminale sociopatico, e questo mi stava incuriosendo più del dovuto. Inevitabilmente mi diedi della folle. Sebbene non approvassi gli omicidi inutili, sapevo che non sarei mai riuscita a cambiarlo. E questo non mi importava. Mi stavo innamorando di lui per la sua indole schizofrenica, possessiva e spietata, e probabilmente non sarebbe mai successo se Joker fosse stato un uomo comune. Forse il clown di Gotham City aveva ragione: ero pazza.
-Sei sicura di voler tornare a lavoro?- mi domandò improvvisamente –Le ferite ancora non sono guarite…- la sua mano continuò ad accarezzarmi la schiena, quasi andando a cercare le bende che da giorni mi fasciavano completamente il petto e l’addome. Riemersi piano dalla sua clavicola, andando a ricercare il suo sguardo. Se li osservavo con cautela, i suoi occhi, scuri e seri, in realtà nascondevano un timido bagliore verdastro dalla sfumatura chiara e limpida. Automaticamente un sorriso si dipinse sulle mie labbra: poteva uccidere chiunque a sangue freddo e senza alcuna esitazione, ma vedere quello sguardo serio e apprensivo era come ammirare, anche se solo in minima parte, l’uomo dietro la maschera.
-Sto bene… Tranquillo- gli risposi piano, posando le labbra sull’angolo cicatrizzato della sua bocca.
-E poi un po’ di lavoro mi farà bene…- aggiunsi subito dopo, posando il capo sulla sua spalla, lasciandomi completamente andare alle sue carezze.
-…Forse hai ragione- sospirò pianissimo, espondendo una smorfia evidente, quasi fosse stizzito dalla frase che aveva appena pronunciato. Di rimando, sgranai quasi lo sguardo di tutta sorpresa
-Il Joker che mi da ragione? Sicuro di star bene?!- ridacchiai dispettosamente, andando a cercare l’incavo del suo collo per poterlo baciare e mordere piano. Un risolino basso e roco dell’uomo accompagnò le sue braccia, che si allacciarono saldamente al mio corpo.
-Ti consiglio di non abituartici, bambolina…- affermò serissimo, quasi sentendosi attaccato alla sua virilità.
-Ohh… Altrimenti?- risposi divertita, provocandolo con lo sguardo. Non ebbi tempo di fiatare che con un movimento impulsivo e del tutto imprevedibile, il clown mi aveva portata sotto il suo suo corpo:
-Altrimenti, bambolina, sarò costretto a farti del male…- torreggiandomi con estremo vigore, la sua mano grande e callosa si era aggrappata alla mia gola, tenendola con spietata fermezza sebbene non stesse applicando alcuna pressione. Più che farmi veramente del male, Joker in realtà cercava di spaventarmi. E probabilmente ci stava riuscendo. Sebbene riuscissi a respirare normalmente, ora avevo il fiato mozzato, e non riuscivo a staccare i miei occhi dal suo sguardo perfido e glaciale. Poi, lentamente, portai ambo le mani alla gola, afferrando con delicatezza le sue dita per intrecciarle alle mie. Stavo per rischiare una mossa molto azzardata, ma quegli occhi fissi su di me mi stavano facendo impazzire, appiccando nel mio petto un fuoco rovente e inestinguibile. Fu proprio così che si accese in me un profondo desiderio, qualcosa di torbido e intrigante che avrebbe finito per corrodermi dall’interno se non avessi fatto qualcosa. Con lui era sempre così. Potevo odiarlo, temerlo… ma infondo al mio cuore sapevo che c’era un legame tra noi. Non ero ancora certa di cosa si trattasse, ma fatto sta che lui, quella fatidica notte, mi aveva risparmiata per una ragione. Aveva visto qualcosa in me tanto da spingerlo ad aprirsi, a bramarmi. E ora che ero rimasta inevitabilmente coinvolta in questo gioco assolutamente pericoloso e letale, certo non potevo deludere le sue aspettative. Scostandola dal mio collo, portai la sua mano al mi viso, così da potergli stampare un’invisibile scia di baci lungo tutto il dorso e il palmo. I suoi occhi erano ancora puntati su di me, e mano a mano che continuavo a stuzzicarlo, il suo sguardo si faceva più cupo e austero, quasi stesse a preannunciare l’inizio di un qualcosa di pericoloso e avvincente. Afferrandogli il dito indice, lo lasciai sfiorare con il polpastrello tutto il disegno delle mie labbra, per poi baciarlo e succhiarlo lentamente. Di tutta risposa, la cassa toracica del Joker aveva cominciato a sollevarsi a ritmo irregolare, mentre una smorfia di orgoglio mista al piacere cominciava a storpiargli il viso.
-Fai del tuo peggio allora…- sussurrai piano, quasi mordendolo appena.
-Dio, Bambolina- sospirò sommesso –Sei dinamite pura…- sogghignai a quello che interpretai come un sincero complimento, mentre con un ringhio grave e roco l’uomo si era cucciato violentemente su di me, strappandomi quello che fu il bacio più intenso e passionale di tutti i tempi. Subito si fece largo con la lingua per potermi schiudere le labbra e mordermi la carne come fosse un animale feroce e affamato. Immediatamente inoltrai le mani tra i suoi riccioli dorati, ancora spettinati e macchiati di tinta verde. Con grande maestria, Joker inoltò una mano fra le lenzuola scure del nostro letto, infilandosi quasi meccanicamente fra i miei pantaloncini di cotone. Mi accarezzò lentamente, percorrendo delle piccole circonferenze sulla superficie del mio intimo in pizzo. Sussultai piano fra le sue labbra, cominciando a patire delle piccole scosse elettriche che misero in tensione tutti i miei muscoli bel basso ventre. Uno squittio acuto fuoriuscì timidamente dalla mia bocca quando il suo tocco si fece più audace e vigoroso, facendomi inarcare ulteriormente contro il suo corpo. Tremavo di piacere al solo contatto delle sue dita, e già pregustavo cosa sarebbe successo da lì a breve. Poi, d’improvviso, il clown si bloccò, sollevandosi di scatto. Non riuscii a trattenere un gemito stizzito e frustrato al suo inaspettato comportamento, ma a giudicare dal suo sguardo, quasi sperso nel vuoto, non riuscii a trattenere un brivido angosciante. C’era qualcosa che non andava, e riuscivo a percepirlo sulla mia stessa pelle. Lo chiamai piano, sorreggendomi sui gomiti, ma lui non mi rispose. Al contrario si voltò di scatto, osservando fuori dalla finestra per qualche secondo interminabile.
-Che succede?- ancora silenzio. E senza neanche degnarmi di uno sguardo, Joker scese di tutta fretta dal letto, dandomi le spalle per potersi meglio affacciare dalla grande apertura che permetteva alla luce della luna di illuminare la mia stanza. Un senso di ansia per pervase tutta, cominciando a provocarmi una nervosa tachicardia. Scostai piano le lenzuola e senza neanche pensarci scesi dal letto, raggiungendolo a piccoli passi. La ferita all’addome non era ancora guarita del tutto e mi tirava, e inoltre anche il dolore alle ossa si era leggermente attenuato solo da pochissimi giorni. Tuttavia, niente riuscì a impedirmi di arrivare alle sue spalle e allacciargli le braccia intorno ai fianchi nudi e tonici. Joker era piuttosto alto, ma allungandomi sulle punte dei piedi, tutto quello che riuscii a vedere fu un’ombra scomparire nella notte. Persi un battito, mi mancò il fiato. Mi strinsi ancora di più al suo corpo, un po’ per paura e un po’ per assicurarmi che anche questa volta fosse tutto reale: qualcuno ci stava spiando, e Joker se ne era accorto soltanto adesso. Cominciò piano, quasi sottovoce, per poi crescere e farsi sempre di più forte e inquietante. La sua intramontabile risata gli schiuse le labbra cicatrizzate, facendogli assumere un ghigno sadico e malevolo. Percepii un brivido gelido arrampicarsi sulla mia colonna vertebrale, facendomi scostare violentemente dal suo corpo. I tremori erano troppo forti, e respirare era diventato molto difficile. Joker rise, rise a perdifiato. E il fatto che non riuscisse a guardarmi in faccia non preannunciava nulla di buono. Tentai di chiamarlo, con la voce strozzata dai singhiozzi, ma non riuscii neanche a sfiorargli un braccio che immediatamente si voltò contro di me, stringendomi per i fianchi come mai aveva fatto prima: la sua mano era nuovamente sulla mia gola, ma questa volta stringeva, tanto da impedirmi di respirare. I suoi occhi erano sgranati, lucidi e dilatati. E in fondo a quelle iridi scure, vidi nuovamente il guizzo della follia avvelenargli lo sguardo. Eccolo lì il nemico numero uno di Batman, il pazzo criminale che non aveva paura di niente, neanche delle sue stesse emozioni.
-Stammi bene a sentire Bambolina…- la sua voce era roca e spietata. Si inumidì la bocca con la punta della lingua, sollevando ulteriormente gli angoli storpiati delle sue labbra in un inquietante sorriso, quasi facesse finta di rassicurarmi:
-Tu… Sei… Mia- sussurrò piano, scandendo ogni parola con la dovta cura. Lasciò poi l’umida impronta di un bacio sulle mie labbra, mentre la sua presa sul mio collo si faceva più salda e vigorosa, facendomi fremere fra le sue braccia.
-N-Non… Ries…o. A Resp…- non riuscii neanche a parlare che immediatamente il clown mi aveva zittita, quasi come fosse stato rapito da uno stato isterico di incoscienza: lui mi guardava… ma la sua mente era altrove, e non poteva sentirmi. Fu in quel momento che compresi, al di là del desiderio, della curiosità e dell’amore, che io avevo paura di lui. Forse ne avevo sempre avuta. Ed era proprio questo ad avermi attratta fin dal principio.
-Ho fatto tanto per averti. E non ti porteranno via da me così facilmente. No, no che non lo faranno- ad ogni pausa, Joker sogghignava malevolo, e la mia testa cominciava a girare. Non capii il senso delle sue parole: probabilmente avrei perso conoscenza, e sapevo bene che con lui in quello stato non potevo permettermelo. Mentre una delle mie mani restava ben aggrappata al braccio con il quale mi stava letteralmente strangolando, lasciai dondolare piano la mano libera, raccogliendo tutte le mie ultime forze. Probabilmente non avrebbe funzionato, ma dovevo almeno tentare. Boccheggiai sommessamente, serrando gli occhi mentre con un scatto del tutto impulsivo colpivo il clown a mano aperta in pieno volto. Si udì un schiocco potente, e senza neanche rendermene conto ero già accasciata in posizione fetale sul pavimento, annaspando nel tentativo di riprendere fiato mentre mi accarezzavo la pelle lesa attorno alla gola.
-Virgily…- la sua voce era calma ora, quasi si fosse risvegliato da un incubo. Joker si inginocchiò immediatamente al mio fianco, cercando di capire la gravità della situazione. Non mi arrivarono delle scuse, ma a giudicare dal suo sguardo, spaesato e del tutto disorientato, intuii perfettamente la sua preoccupazione. Fece per accarezzarmi il viso, ma lo scostai brutalmente, fissandolo in cagnesco.
-M-Mi spieghi che cazzo sta succedendo?- gli domandai tossendo piano, avevo la gola secca e irritata, e ancora faticavo a respirare normalmente. Joker mi scrutò con attenzione. Poi, avvicinandosi con cautela, mi avvolse nuovamente fra le sue braccia. Il mio primo impulso fu quello di scostarlo e urlare, ma quando mi resi conto che si trattava finalmente in una morsa gentile e premurosa, mi lasciai andare.
-Virgily…- sussurò piano, stringendomi al suo petto –Non posso perderti. Non di nuovo- la sua voce sembrava tranquilla, ma i suoi muscoli erano tutti in tensione. Aveva nascosto il visto nell’incavo del mio collo, sfiorandomi appena con le labbra proprio nei punti in cui il rossore, causato dalla sua stretta, si era fatto più vistoso. Joker si era accoccolato come un bambino nella disperata ricerca del calore materno. Sospirai, quasi in preda all’esasperazione. Ero confusa, spaventata. Il cuore mi batteva nel petto, e se mi concentravo un poco, potevo sentire anche il suono frenetico del suo cuore correre all’impazzata. Qualcosa lo stava mandando nel panico, minacciando quel briciolo di sanità mentale che ancora lo teneva stretto a me. E io dovevo scoprire di cosa si trattasse. Dovevo farlo per noi.
-Joker, tu non mi perderai- gli carezzai piano la testa, quasi invitandolo a sollevare il viso dal suo piccolo nascondiglio.
-Te l’ho detto. Io voglio stare con te. Ho bisogno di te…- riuscii a farlo uscire allo scoperto, così gli afferrai il viso fra le mani con dolcezza, cercando il suo sguardo. Era cupo, molto serio. Uno sguardo che decisamente stonava con il suo sorriso immortale.
-Dimmi cosa sta succedendo. Ti prego…-
Silenzio. E ancora una volta i suoi pozzi scuri sembravano fissarmi intensamente, senza mai vedermi. Si sollevò di scatto, lasciandomi completamente interdetta. Fu così che Joker cominciò a vestirsi alla buona, sotto i miei occhi increduli e basiti.
-Dove stai andando?- mi sollevai piano, senza mai perderlo di vista. Con una precisione quasi meccanica, il clown si stava preparando con una cura maniacale, rifornendosi di armi e coltelli.   
-Joker…- cercai di seguirlo lungo il corridoio che separava la camera la letto dal salotto e l’ingresso, ma lui non mi degnò né di uno sguardo, né tantomeno di una risposta. Così allora decisi di arrendermi: restai ferma e immobile mentre lo guardavo aprire la porta. Oramai era troppo tardi. C’era qualcosa di più importante che adesso gli frullava per la testa. E io non sarei mai stata in grado di comprenderla.
-Torno subito- fu tutto quello che il Joker mi disse prima di scomparire, chiudendosi la porta dietro le spalle. Non osai aprir bocca, mentre una lacrima solitaria era finalmente sfuggita al mio autocontrollo. Questa era la mia vita ora che Joker ne faceva parte. Tanti dubbi, poche certezze. Pregai che non si facesse del male. Sperai che sarebbe davvero tornato da me. Eppure, avevo la netta sensazione che questa volta la partita si sarebbe fatta di ardua e pericolosa. Questa volta avrei potuto perderlo per sempre.

***
Il vento era caldo quella notte. Lo sentiva gonfiare il suo pesante mantello, mentre saltando da una palazzina all’altra si allontanava da quella finestra. Erano passate svariate notti da quando l’aveva vista la prima volta in quella misera camera, avvolta fra le sue braccia. Ancora non riusciva a crederci. Virgily era viva. E cosa ancora più grave… sembrava apprezzare la compagnia di quello schizofrenico criminale che avrebbe dovuto ucciderla. Evidentemente qualcosa era andato storto. O peggio ancora: Joker aveva cambiato nuovamente la carte in tavola. Il solo pensiero fece ribollire in lui una rabbia mai provata prima. Il quartiere in cui viveva Virgily era nella periferia della città: era una zona poco abitata e molto tranquilla, e forse era probabilmente il motivo principale per cui Joker aveva deciso di stabilirsi proprio da lei e non in un qualche altro nascondiglio. Arrestando la sua folle corsa, l’uomo ora si era fermato sul tetto di un vecchio edificio in costruzione, ormai dismesso e abbandonato. Non si era allontanato molto, ma credeva che lì probabilmente lei non lo avrebbe visto. Tuttavia aveva la consapevolezza che lui, al contrario, sarebbe presto venuto a cercarlo. I suoi occhi lo avevano mostrato siero, ma non sorpreso. Gli era sembrato, infatti, che una volta affacciatosi dalla piccola finestra, Joker lo avesse sfidato con lo sguardo, mostrando anche una certa impazienza. Sembrava aspettarlo da molto, molto tempo. Sentì improvvisamente dei passi, lenti e ben assestati. Stava salendo le scale, e mano a mano che si facevano sempre più vicino, una piccola risata fece da eco fra le pareti polverose di quel vecchio edificio. Come aveva predetto, lui era arrivato.
-Bene, bene, bene…- quella voce inconfondibile giunse in anticipo, preannunciando il suo ingresso sul tetto della palazzina. Vestito di tutto punto, con l’immancabile ghigno sadico disegnato sul volto, Joker finalmente si era mostrato al suo cospetto con una pistola carica già fra le mani. Era divertito, e forse non poteva biasimarlo.
-Ciao, Batman…- pronunciato da quelle labbra cicatrizzate, il suo nome sembrava assumere un suono incredibilmente lugubre e austero. Il cavaliere oscuro non disse nulla. Si limitò a guardarlo in cagnesco mentre il clown avanzava contro di lui, con un sorrisetto dispettoso stampato sul volto.
-Sai, pensavo che non saresti più arrivato…- fece una piccola pausa, abbassando lo sguardo. Era sperso nel vuoto e sembrava che stesse andando alla ricerca delle parole adatte da pronunciare in quel contesto:
-A quest’ora…- cominciò Joker subito dopo, sollevando nuovamente lo sguardo contro l’uomo mascherato, questa volta senza nascondere una piccola risata beffarda
-Virgily poteva già essere in mille pezzettini…- e accompagnato da una nuova risata isterica, il ringhio di Batman si udì come un tuono, mentre scattando contro il suo nemico, lo afferrava per le spalle per potergli assestare un pugno in pieno volto. Partì un colpo a vuoto dalla pistola del clown mentre questo veniva sbattuto a terra. Tuttavia, senza accennare un minimo segno di dolore, Joker continuò a ridere. Assestandogli un secondo calcio all’addome, il cavaliere oscuro disse:
-Che cosa le hai fatto?-
-Io? Nulla!- Joker sogghignò malevolo –Ma ora capisco perché il tuo piccolo socio voleva tanto tenermela nascosta- affermò inumidendosi piano il contorno delle labbra, macchiate dal rossetto scarlatto:
-È proprio il mio tipo…- rise a squarciagola, incassando un nuovo calcio talmente forte da disarmarlo della pistola che teneva stretta fra le mani guantate.
-Ah, e tanto per la cronaca…- Joker riprese fiato, strisciando piano a terra per poi poggiare la schiena contro il cornicione che delimitava il tetto ampio e poco illuminato di quell’edificio. Senza interromperlo Batman aspettò che finisse la frase, ma era già pronto a cucciarsi e a colpirlo ancora, questa volta in pieno viso.
-Hai appena interrotto qualcosa di molto…interessante. Non so se mi spiego- il clown ridacchiò esponendogli uno sguardo viscido, accompagnato da un dispettoso occhiolino. Sentì come una scossa elettrica percorrergli l’intera colonna vertebrale in un miso tra lo sdegno e il disgusto. Senza neanche pensarci, allora, il cavaliere oscuro mantenne la sua parola: senza fiatare, si cucciò sul suo acerrimo nemico e lo colpì dritto in faccia. Dalle sue luride labbra scarlatte, ora del sangue denso colava lentamente.
-Toglimi una curiosità- dopo essersi sgraziatamente ripulito la bocca con il dorso della mano, il clown di Gotham city tornò a parlare.
-Come mai tutto questo ritardo? Ah no… Non me lo dire. Voglio indovinare- Joker si portò una mano al mento fingendo platealmente di essere indeciso sulla risposta da dare. Poi, schioccando appena le dita, trapassò l’uomo mascherato da parte a parte con uno sguardo cupo e sprezzante, sebbene si trovasse in un momentaneo svantaggio:
-Il tuo piccolo amico ancora non sa dominare il suo potere. Beh… un po’ deludente, non trovi? Ma d’altronde, è grazie a lui che io sono arrivato qui- sogghignò mentre la mano grande e forte del cavaliere si stringeva attorno al suo collo. Con uno scatto del tutto repentino e impulsivo, batman lo aveva portato nuovamente in piedi, inchiodandolo con due occhi più roventi della pece bollente. Non ne era certo, ma Joker vide in quello sguardo rabbia e frustrazione: aveva proprio toccato le corde giuste.
-Quello che conta, ora, è che siamo qui per portare Virgily lontano da te- la sua voce era roca, e sebbene stesse digrignando i denti, quasi a volersi trattenere dall’impulso primitivo di volerlo distruggere con le sue mani, la sua affermazione arrivò chiara e decisa alle orecchie del clown, che al contrario gli sorrise beffardo.
-Ah davvero? E dov’è… com’è che lo chiami?- fece una piccola pausa –Robin?-  fece finta di cercare una conferma nello sguardo di Batman, poi riprese subito a parlare:
-Dov’è il tuo Robin ora? Scommetto che deve ancora riprendersi dal viaggio che avete compiuto. Non saresti qui da solo altrimenti…- Batman sapeva dove volesse andare a parare, così strinse ulteriormente la sua presa attorno alla gola del suo nemico, ma questo non gli impedì di parlare ancora, seppur con la voce strozzata:
-Lo sai che la mia Virgily non verrà mai via con te s-se lui non c’è-
-Lei non è, e non sarà mai, tua!- un ringhio possente aveva schiuso le labbra del cavaliere oscuro, che con uno slancio deciso aveva spintonato via quel clown maledetto che stava stuzzicando fin troppo la sua pazienza. Joker si carezzò piano il collo, schiarendosi la gola prima di poter ricominciare a ridere.
-Oh, è proprio qui che ti sbagli, invece- sorrise, estraendo una seconda pistola dal suo soprabito viola:
-Lei è già mia- i due acerrimi rivali si guardarono intensamente, senza più scambiarsi una parola. Il vento si sollevò ancora una volta sulla cima di quel palazzo ormai abbandonato. Si sentirono degli spari. Poi, nel buio, sparirono entrambi.

***
Il tempo sembrava essersi bloccato. Neanche riuscivo più a percepire il ticchettio freddo e metallico delle lancette dell’orologgio. Ero rimasta immobile, seduta sul mio letto, a fissare oltre quella finestra. Per quanto potessero vagare nel buio, i miei occhi ripercorrevano con precisione l’invisibile sentiero fra i tetti percorso da quella strana ombra nella notte. Avevo sentito degli spari, e mi si era raggelato il sangue. Sperai che non fosse opera di Joker, ma in fondo al cuore sapevo che si trattava proprio di lui. Sospirai, pesantemente. Ripensai agli ultimi tempi: le ansie sul lavoro, le scorribande, l’aggressione al locale, il rapimento, la morte di Laura. E adesso questo. Sembrava quasi come se l’inquietudine e il desiderio, la paura e forse l’amore crescessero tra me e Joker di pari passo. Anzi, l’uno rafforzava l’altra. Mi domandai fino a che punto avrei potuto sopportare tutto questo. Probabilmente, e questa non era una ipotesi del tutto assurda, la felicità mi sarebbe costata la vita. Il cielo si era tinteggiato una una tonalità limpida e luminosa. Il sole stava per sorgere, e facendomi sobbalzare dal letto il suono della porta che si richiudeva in se stessa arrivò come il rombo di un tuono al mio udito. Mi sollevai di scatto, incurante del dolore alle gambe e all’addome, e mi avviai a passo rapido e deciso verso l’ingresso. Avevo il cuore in gola, e la tachicardia che soffocava ogni mio vano tentativo di non piangere. Lui era lì. Per terra, con la schiena addossata alla porta. Sebbene tenesse il mento premuto contro il suo petto, e i suoi riccioli verdastri mi impedivano di poterlo guardare in viso, riuscivo ad intuire che era esausto. Non ebbi neanche il coraggio di pensare a cosa avesse fatto in tutto questo tempo che ero già a terra, inginocchiata al suo fianco mentre lo stringevo fra le braccia. Tenendo il suo viso premuto contro il mio petto, le lacrime scorrevano amare dai miei occhi: aveva le labbra spaccate, e quando scostai le sue ciocche ribelli una ad una, smascherai un volto livido e gonfio, sebbene il cerone e il resto del trucco cercassero di aiutarlo a negare l’evidenza.
-Oh…- singhiozzai piano, mentre il mio sguardo cadeva fra le sue vesti sgualcite e impolverate. Un pensiero cupo attraversò come un lampo la mia mente, e nel giro di pochi secondi le mie mani dal suo visto erano già scese al suo collo. Sfilai la cravatta con agilità, cominciando a sbottonargli con cautela gilet e camicia.
-Virgily…-
-No!- le sue grandi mani guantate fecero per bloccarmi ma lo scostai brutalmente, inchiodandolo con lo sguardo sebbene la vista fosse ancora offuscata dalla lacrime.
-Devo guardare…- singhiozzai piano, continuando a spogliarlo con cura e delicatezza. Proprio come avevo immaginato, sotto quella coltre pesante di stoffa si celava un torso scolpito e tonico, macchiato di chiazze violacee dalle dimensioni spaventose.
-Mio dio…- con le mani posate sulle labbra, e le lacrime che continuavano a sgorgare senza sosta dai miei occhi, pensai immediatamente che lo avessero investito. Tuttavia, vedendo la fitta concentrazione di ematomi spargersi sul suo addome ipotizzai che lo avessero preso a calci fino allo sfinimento.
-Chi ti ha fatto questo?- domandai con un filo di voce. Ma non ricevetti alcuna risposta.
-Joker…-
-Non provare pena per me, Virgily- mi ammonì serioso, cercando il mio sguardo. I suoi grandi pozzi scuri erano vivaci e brillanti, e sembravano ribollire di un impeto mai visto prima.
-Pena?- rimasi interdetta e piuttosto infastidita dalla sua affermazione. Come poteva anche solo pensare che io, dopo tutto quello che avevamo passato assieme, provassi pena per lui? Io che mi ero sforzata di andare oltre le apparenze a mio rischio e pericolo. Io che mi ero spinta al di là dei miei limiti per lui. Strinsi i denti, cercando di non inveirgli contro. Era ferito, e certo una ramanzina ora non gli sarebbe servita a nulla. Respirai profondamente, cercai di calmarmi e poi avvolsi nuovamente le braccia attorno alle sue spalle.
-Non confondere la mia preoccupazione così facilmente. Non provo pena per te, Joker- affermai piano, aspettando che anche lui ricambiasse il mio gesto, allacciandosi attorno alla mia vita.
-Quello che ti è successo è conseguenza delle tue azioni. E questo lo so. L’ho provato sulla mia pelle. Non dimenticarlo…-
-Ti piace punzecchiarmi eh, bambolina?- ridacchio piano sollevando appena lo sguardo. Il sopracciglio sinistro era inarcato verso l’alto, mentre un ghigno malevolo si era dipinto sul suo volto tumefatto.
-No, invece. Ma voglio che tu capisca una volta per tutte che quello che provo per te è sincero. Probabilmente la tua mente contorta non riesce a somatizzarlo, ma tu per me sei importante- la mia voce usciva tranquilla e decisa dalle mie labbra, ma tutti i miei muscoli erano in tensione. Tremavo tutta, il cuore mi batteva all’impazzata. Onestamente ignoravo cosa stesse pensando al momento di me, e francamente neanche volevo saperlo. L’unico mio pensiero era rivolto a questo: che lui capisse la complessità di questo sentimento che ci legava. Che si sforzasse di comprendere le mie frustrazioni. Almeno questo me lo doveva. Ci fu un piccolo lasso di tempo in cui tra di noi il silenzio divenne sovrano, accompagnando i nostri sguardi in una intesa che sembrava diventare sempre più pericolosa. Poi, roca e vigorosa la risata del clown scoppiò dal fondo della sua gola, riecheggiando per l’intero appartamento. Le sue mani scivolarono sulla mia schiena, portandomi nuovamente al suo petto, e con la stessa scioltezza immerse il viso tra i miei capelli scuri, assaporandone l’odore, baciandomi piano sotto l’attaccatura dell’orecchio. A quel contatto, riuscii a percepire un caldo brivido graffiarmi la carne, costringendomi ad inarcare ulteriormente la schiena contro di lui.
-Perché ridi?- gli domandai senza mai scostarmi dal suo corpo.
-Perché sei una sorpresa continua, bambolina- affermò baciandomi la tempia
-E perché c’è più follia in te di quanto mi aspettassi…- aggiunse cercando il mio sguardo. Mi scostò dolcemente una ciocca di capelli, acconciandola dietro l’orecchio mentre con le sue labbra bollenti asciugava i miei occhi, ancora bagnati di lacrime.

***
Nuovamente fra le sue braccia, Virgily lo guardava con una serenità quasi inquietante, considerata la timidezza e la paura dei primi tempi. Malgrado tutto, ora che era sua quella ragazzina mostrava una forza, una sicurezza tale da renderlo fiero e orgoglioso del suo operato. Solo standole accanto Virgily sarebbe diventata più forte, e al contempo lui sarebbe rimasto lucido e concentrato. Lei non era una medicina alla sua pazzia. Lei era lo stimolo, l’impulso che guidava la sua mano armata. Non ne era certo, ma probabilmente lei era il fine del caos isterico dentro la sua testa, e più ne prendeva atto più quel fastidioso peso nel petto si dilatava, corrodendogli le membra.
-Follia… amore. A questo punto, qual è la differenza?- gli domandò lei improvvisamente, cogliendolo alla sprovvista. Stretta al suo petto, Virgily non ricevette alcuna risposta alla sua domanda. Ma se si fosse concentrata, probabilmente la ragazza avrebbe potuto sentire il cuore di Joker perdere un battito.

*Angolino di Virgy*
Proprio quando meno ve lo aspettate, io resuscito dall'oltretomba del lavoro e degli esami. Questo è stato un periodo particolarmente difficile per me e la mia scrittura, e questo lo si evice anche dalla marea di dubbi che tartassa la mente di Virgily. So che è passato molto tempo ma spero di non deludere le vostre aspettative. Un fallimento, proprio a questo punto, non potrei mai perdonarmelo.  Fatemi sapere cosa ne pensate.
Vi ringrazio per la lettura.
Baci
-V-   
  
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