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Autore: Azin31415    26/08/2016    0 recensioni
[Santiago Cabrera]
Questa fan fiction è nata come il proseguimento del film di Santiago Cabrera, "La vita dei pesci". Le mie amiche erano rimaste troppo tristi per la fine del film in cui Andres, il personaggio interpretato da Santiago, lascia una festa in cui aveva rivisto il suo primo e vero amore. Ma lascia la festa solo. Dopo la festa succede: questo! Leggete, eè ambientata nel Cile del nostro Santiago.
Genere: Drammatico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Un po' tutti
Note: Lime | Avvertimenti: nessuno
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Ale camminava lenta, chiusa nella sua giacca a vento si allontanava tra le parabole. La neve aveva lasciato una spruzzata qua e là, faceva un freddo terribile, ma a lei non importava. Con il naso rosso e le mani intirizzite, camminava in mezzo al bosco di parabole senza meta.

Dopo essersi allontanata dalla caldaia con l’uomo sbagliato, approfittò di una telefonata che arrivò al cellulare di Hans e della distrazione di lui.  Intento a parlare fitto con la persona che l’aveva chiamato, non si accorse che Ale si allontanò. Ormai non sapeva più come fare a fingere, non erano due ragazzini e lui spingeva sempre più in là i loro baci e più di una volta aveva cercato di portarla nella sua stanza. Le scuse cominciavano a mancarle ed a rasentare il ridicolo. Ma si sarebbe fatta suora piuttosto di cedere ancora, a lui, il suo corpo.

Raggiunse il piano principale e dalle porte posteriori, quelle per la  manutenzione, uscì.

Era uscita tante volte sotto il cielo stellato per aggiustare qualche cavo, sostituire un sensore, o semplicemente passeggiare.

Ma perché la sua vita aveva preso quella piega?

Era stata sempre una ragazza solare, felice, aveva avuto tutto dalla vita: una famiglia meravigliosa, era riuscita a concludere degli studi importanti ed aveva subito trovato un lavoro eccitante. Aveva sempre avuto uomini che le ronzavano intorno, ma la prima vera e propria sbandata  la dovette prendere per  un bastardo manipolatore.

Con grande sofferenza e molte difficoltà era riuscita a liberarsene ed ora si ripresentava nella sua vita portandole via la scoperta, spingedola  a litigare con le amiche ed allontanando da lei quel ragazzo che era riuscito a fare ribattere il suo cuore a ritmo di musica e non come una pompa con due valvole che pompava a pressione variabile.

Rabbrividì e si accorse di essere ormai arrivata alle parabole più esterne, era lontano dagli uffici, se non fosse tornata presto rischiava anche di sentirsi male, con quel freddo intenso.

Si sedette, appoggiando la schiena ad una di quelle immense strutture che reggevano gli enormi dischi concavi. Sentiva il vento gelido di Atacama sferzarla  come una lama, ma non erano questi i colpi che la ferivano.

“Cosa vorresti Alessandra? Ora, cosa vorresti?” Chiese a se stessa ad alta voce

E la risposta era una sola.

 

Andres passò più di un’ora in giro per le varie sale e corridoi dell’Alma, alla ricerca di Ale. Voleva parlare con lei, voleva guardarla negli occhi e capire se era sincera o no. Se, come lui credeva, la vera Ale era quella che gli aveva lasciato il biglietto ed ora era stata travolta da una situazione che non riusciva piu a governare, oppure era solo una fredda manipolatrice pronta a tutto.

Aveva lasciato Mabel e Sophie che litigavano nella caldaia  e lui vigliaccamente se ne era andato senza aiutare Sophie a chiarire che tra loro due non c’era stato nulla, solo una messa in scena per il lecchino. In fondo pensava che le due ragazze si meritavano di provare anche loro l’amara medicina che gli somministravano da giorni: inganno, incomprensioni e dubbi.

Alla fine, senza averla trovata, deluso e frustrato riuscì solo a pensare che Ale, forse, se ne stava in quel momento tra le braccia di Hans avvinghiata a lui gemendo, con quei sospiri che gli rimbombavano nella testa e non riusciva a dimenticare.

Cominciò a pensare che avrebbe dovuto allontanarsi, non reggeva più la situazione. Ormai non aveva senso restare, l’articolo era pressoché scritto, le ragazze non le poteva aiutare. Che se la vedessero loro con la loro lotta per il buco nero. Ed Ale? Forse Ale, ormai,  era persa.

Cosa a stava lì a fare? La mattina dopo sarebbe ritornato a Santiago.

 

Mabel e Sophie si erano rappacificate. Mabel comprese, passato il primo momento di furia, che era impossibile che Sophie fosse così crudele da provocare dolore a lei e soprattutto ad Ale. Non aveva nessun dubbio di aver avuto la fortuna di conoscere, poter amare ed essere riamata, da un’anima leale e sincera. Sophie era una perla e non avrebbe ingannato nessuno.

Ora la preoccupazione era per Ale, che non facesse qualche sciocchezza.

Avevano ragionato, lei e Sophie, e si resero conto di aver aggredito Ale senza lasciarle il tempo di spiegare. Erano state stupide e ora dovevano rimediare. Terminarono un lavoro importante  e decisero di andare a riposare per lasciare anche tempo ad Ale di smaltire l’arrabbiatura. La conoscevano bene, speravano solo  che non si fosse gettata, per rabbia, un’altra volta tra le braccia di Hans.

Stavano andando alla loro stanza quando arrivò una chiamata da Jorge, molto preoccupato, che le avvisò che la signorina Alessandra era fuori al gelo, seduta sotto la parabola A25 da più di un’ora. Il video di sorveglianza la stava riprendendo ed era chiaro che non stesse aggiustando nulla.

“Vado io.” Disse Sophie a Mabel “Devo chiarire, anche con lei, la faccenda di Andres.”

“Va bene, io vado a letto sono distrutta. Buona fortuna! E sii gentile Sofy.”

“Non sono te, Mabel, io sono sempre gentile.”

Prese una jeep passarono 15 minuti e non aveva ancora raggiunto Ale. Dio ma quanto hai camminato al freddo sei pazza? Pensava tra sé e sé, il termometro della macchina segnava una temperatura esterna di - 15°.

Trovata, lo sconforto si impadronì di lei. Rannicchiata con le ginocchia tra le braccia aveva lo sguardo perso nel vuoto, non aveva sciarpa ne cappello, Sophie iniziò a preoccuparsi seriamente. Scese velocemente dalla jeep, prese la coperta termica e si avvicinò ad Ale avvolgendola con la coperta argentata.

“Sei impazzita Ale, ci sono -15° stanotte qui fuori!”

Ale non rispondeva, continuava a guardare fisso davanti a sé, ma accettò l’abbraccio caldo di Sophie. “Come avresti fatto a tornare indietro camminando un’altra ora nel freddo, hai commesso una grave imprudenza!”

“Scusa…”

“Dio! Piantala di scusarti! Arrabbiati picchiami, ma non chiedere scusa!”

Ad Ale scappò un sorriso e ripetè: “Picchiami… Ma che cazzo dici…”

Sophie si tolse il cappello di lana e lo mise in testa ad Ale, poi sciolse la sua sciarpa dal collo e la avvolse intorno a quello di Ale.

“La smetti! Non sono una bambina!”

“Potevi morire qui fuori!”

“Non mi sono accorta che facesse così tanto freddo…”

Sophie si mise accanto ad Ale, si sedette e l’abbracciò.

“Torniamo dentro?”

“No!”

“Ecco, immaginavo, la solita testona… Se mi prendo la polmonite sarà colpa tua!”

Dopo un lungo silenzio in cui non si udiva nulla, se non i loro respiri, Sophie mormorò come se spiegasse ad una bimba: “Ale, io, Andres, non l’ho nemmeno sfiorato! Non ti avrei mai fatto una cosa simile.”

“Vi ho visti abbracciati in mensa.”

Sophie rimase un po’ a pensare cosa potesse aver visto l’amica e si ricordò”

“L’ho abbracciato io, per le telecamere. Dovevo passargli l’usb e visto che Henric ci aveva già visto nella stanza dei led, ho pensato di rafforzare l’idea che eravamo amanti.”

“Henric ha detto ad Hans che eravate in pieno amplesso.”

A Sophie scappo da ridere: “Ale, Hans ti ha detto ciò perché non è scemo. Basta stare in presenza tua e di Andres e si sente una corrente elettrica a 10000 Volt. Si è accorto che vi piacete. Avrà fatto due più due e sfrutta la cosa per tormentarvi. Ero nella stanza dei led per bypassare i computers ed Andres faceva il palo. Stava arrivando Henric e non mi venne altra idea che buttarmi addosso a lui e far finta di baciarlo. Avresti dovuto vedere la sua faccia, dopo...”

Ale si rinchiuse ancora di più tra braccia e ginocchia, senza dire nulla.

“Mi state distruggendo, anche voi due, non solo Hans.”

“Ale, andiamo in mensa, davanti ad un bel brodo caldo a parlare?”

“No!”

Sophie si morse un labbro, faceva davvero tanto freddo. In fondo aveva ragione, in tutto questo gioco le carte peggiori erano toccate ad Ale e non potevano permettere che lei abbandonasse la partita avevano troppo bisogno della password per accedere al computer di Hans.

“Il B35 ha il relais rotto…” Mormorò Ale.

Sophie distogliendosi dai suoi pensieri chiese “Cosa?”

“La parabola B35, ha il relais rotto, staccato sembra tagliato.”

Sophie sorrise, “Cioè, tu passeggi con il cuore a pezzi e noti un relais rotto? In mezzo a 66 parabole?”

Si strinse ancor di più a lei con affetto: “La nostra secchiona a cui non sfugge nulla! Vedi perché dobbiamo lottare? Tutti i nostri sforzi, tutte le nostre capacità, ce lo meritiamo. Noi ci siamo accorte di quel magnifico buco nero e noi ci meritiamo i riconoscimenti!”

“Lo so, ma io intanto perdo Andres.”

“Mi spiace, Ale. Ma se lui è intelligente, non lo perderai. Ti prego torniamo dentro, non sento più i piedi…”

Ale abbozzò un sorriso: “Va bene, ma fermati al B35 che lo aggiusto.”

“Sì capo!” Disse Sophie sollevata, alzandosi e sbattendo i piedi per risvegliare un po’ la circolazione.

“Abichuela 34.” Mormorò Ale.

Sophie la guardò con gli occhi spalancati, deglutì e sussurrò “Ce l’hai fatta?”

“Ero venuta a dirvelo, ho rubato l’usb ad Andres per ottenere la fiducia di Hans, ho cambiato dei numeri, che stravolgono i conti, lui se ne accorgerà tra settimane. Non è mai stato un buon astrofisico.”

“Mi sento una merda!”

“Lo sei! Lo siete, tu e Mabel. Avete perso la fiducia in me, non so se vi potrò mai perdonare!”

“Scusa Alessandra, davvero… Abbiamo sbagliato. Mi spiace.”

Ale sospirò… “Va be’, andiamo a vincere questa guerra!” Disse alzandosi e dirigendosi alla jeep.

 

Erano ormai le 6 del mattino, il sole tardava ad arrivare a quelle latitudini.

Ale e Sophie avevano deciso cosa fare poco dopo, verso le 7 quando Hans si sarebbe svegliato.

Alessandra voleva andare a stendersi un pochino prima di sferrare il loro decisivo attacco al computer di Hans. Si alzò per andare a riposare e vide Andres che entrava dalla porta principale della mensa.

Lei si avviò veloce ad una delle porte laterali per andarsene, non ce l’avrebbe fatta, ora, a sopportare un confronto con lui.

Stava ormai uscendo quando all’improvviso un corpo si materializzò al suo fianco e con una manata richiuse la porta che lei aveva appena  aperto.

Non dovette nemmeno voltarsi per capire chi era. Ma come diavolo aveva fatto? Volava?

Lui la bloccò tra se stesso e la porta, le braccia appoggiate agli stipiti la intrappolavano, non la sfiorò, ma era chiara la intenzione di non lasciarla scappare, questa volta.

Lei ancora dandogli le spalle gli disse: “Ti prego Andres, ora non è il momento, non ce la faccio…”

“Rispondimi solo a una domanda…”

La sua voce… Così vicino, sussurrata tra i suoi capelli. Ale credeva che avrebbe potuto gettargli  le braccia al collo in quel momento ed andarsene via con lui per sempre.

Si voltò e lui si fece più vicino, appoggiandosi a lei.

“Non mi rendere le cose più difficili, se fai così io non potrò…”

“Non potrai cosa?” Mormorò dolcemente.

Lei appoggiò la fronte al suo petto e si sentì così bene come non si era sentita da tempo. Appoggiò le mani al suo corpo e sussurrò: “Devo andare da Hans…”

Andres deglutì, “Rispondimi solo ad una domanda.”  Ripetè.

“Quello che hai scritto nel foglietto che hai lasciato sotto il cuscino, nella nostra stanza, è ancora vero?”

“Lasciala andare!” Si sentì tuonare da dietro

Hans era arrivato senza che se ne accorgessero ed ora era a tre metri da loro. Andres si voltò con uno sguardo nel viso che fece paura ad Ale.

“Mi spiace cileno“disse il capo dell’Alma, “Mi hanno informato che hai chiesto di tornare a Santiago.”

Ale al sentire queste parole impallidì, ormai lo aveva perso, ma d’altra parte non gli poteva chiedere di più.

“Verso le nove parte una navetta, potrai andartene con quella, comunque aspettati una denuncia. Non sei un giornalista del Time, sei solo un pidocchioso free lance. Vedo che con la tua faccia tosta hai ingannato le ragazze, ma a me non là si fa tanto facilmente. Vieni Ale” disse poi rivolgendosi alla ragazza. “Devo mostrarti una cosa.”

Ale si allontanò da Andres e mentre lo faceva gli sfiorò la punta delle dita con il dorso della sua mano mormorando “Sì”.




 
   
 
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