Anime & Manga > I cinque samurai
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Autore: Korin no Ronin    28/08/2016    2 recensioni
Stavolta mi sono cercata guai, mettendo uno di fronte all'altro due personaggi che mai avrei pensato di fare interagire: Naaza e Shutendoji.
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- E allora, che ci fai qui, in piena notte? -
Shuten avvertì il corpo irrigidirsi in un istante. Lanciò un'occhiata tagliente alle sue spalle, solo per mandarla a infrangersi inutilmente sul sorrisetto strafottente di Naaza. L'altro demone indossava l'undergear con noncuranza, tenendo il bastone della lanterna poggiato su una spalla.
- Facendoti cogliere alle spalle, oltretutto. Che ti passa per la testa? -
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Genere: Generale, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Yaoi | Personaggi: Anubis, Sekhmet
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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Titolo: Il pericolo dell'ignoto

Pg ; Shutendoji; Naaza

Rating: giallo

Disclaimers: i personaggi appartengono ai rispettivi autori

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Il Generale degli Orchi mal sopportava il silenzio che seguiva le battaglie che si consumavano fuori dallo Youjakai; il passaggio dal mondo caotico degli esseri umani a quello silenzioso del dominio del suo padrone aveva cominciato a causargli un profondo disagio da che soffriva del misterioso malessere che, solo poco tempo prima, lo aveva portato ad abbassare tanto la guardia con Rajura; era certo che dal suo sfogo non sarebbero nate conseguenze, anche solo per il fatto che l'altro demone non avrebbe voluto spiegare il motivo per cui dovesse trovarsi nella sue stanza. Riuscì a piegare le labbra in un sorrisetto cattivo. Paradossalmente la situazione in cui si trovavano costituiva la migliore garanzia che potesse desiderare. Con un lieve sbuffo stizzito si immerse nell'acqua . Poteva essersi in qualche modo abituato al rumore, ma l'odore del mondo umano lo infastidiva, sembrava volesse restare attaccato perfino al metallo della yoroi, come il peggiore dei miasmi. Era sempre stato profondamente grato ad Arago per il privilegio di poter avere dell'acqua calda in ogni momento, come per per il fatto di poterne godere privatamente. Ancora più incredibile, ormai, gli sembrava il fatto di potersi immergere solo per il gusto di farlo. Rilassò i muscoli delle spalle con un mugolio compiaciuto. Il vento faceva ondeggiare appena le fiamme delle lampade; non ci sarebbe stata nessuna eventualità imprevista, schermaglia, o altro, da affrontare. Il generale si concesse un profondo respiro e si decise a rilassare anche il resto del corpo. Avrebbe potuto trascorrere del tempo in pace, finalmente.

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Shutendoji dovette, suo malgrado, accettare che il desiderio di passare una notte tranquilla sarebbe rimasto inesaudito. Tutto quella calma non faceva che amplificare il rumore dei suoi pensieri; nemmeno la lettura riusciva più a calmarlo. Si massaggiò la fronte per scacciare la sensazione fastidiosa che non era ancora dolore e, infine, uscì dalle proprie stanze.
Il generale apprezzava la grazia dei giardini interni; per quanto avvertisse una certa sensazione di estraneità, quei luoghi gli avevano consentito più di una volta di mettere un po' di ordine tra i suoi pensieri, almeno quando non aveva avuto la sorte di incontrare altri. Kayura passeggiava quasi con passione sulle pietre e sui ponti, era difficile che non lo facesse almeno un paio di volte ogni giorno. Come gli altri, aveva sempre badato a restare alla larga da lei. Durante la notte, tuttavia, poteva essere certo che non avrebbe dovuto dividere quei luoghi con nessuno.
Il demone percorse pigramente i sentieri tracciati con perizia e alla fine si sedette sulle pietre arrotondate che digradavano lentamente nell'acqua scura. Contemplare il lago all'aperto aveva tutto un altro sapore che osservarlo dalla veranda, lo faceva sentire meno oppresso e, soprattutto, gli garantiva la sicurezza di non incrociare Rajura. Si erano ritrovati fin troppo spesso a bere insieme, negli ultimi tempi; l'unico vantaggio che ne aveva tratto era stato l'affievolirsi del dolore martellante che si presentava puntualmente quasi tutte le notti; il gioco valeva la candela, per cui non aveva mai cacciato il suo compagno, benché, più di una volta, avesse davvero desiderato di provare a torcergli il collo.
- E allora, che ci fai qui, in piena notte? -
Shuten avvertì il corpo irrigidirsi in un istante. Lanciò un'occhiata tagliente alle sue spalle, solo per mandarla a infrangersi inutilmente sul sorrisetto strafottente di Naaza. L'altro demone indossava l'undergear con noncuranza, tenendo il bastone della lanterna poggiato su una spalla.
- Facendoti cogliere alle spalle, oltretutto. Che ti passa per la testa? -
Il generale si alzò in piedi lentamente, studiandolo come un gatto: il Generale del Veleno di solito non lo provocava tanto apertamente, prima di fare qualunque cosa voleva esser certo che non solo stesse cercando di divertirsi alle sue spalle.
- E nella tua, invece? -ringhiò.
Naaza piegò le labbra in un sorrisetto raggelante. Era il solo modo in cui lo facesse, era sempre difficile capire quali fossero le sue intenzioni.
- Ho incarichi di cui non devo certo rendere conto a te.-
- Allora puoi anche tornare ai tuoi doveri, non c'era alcun bisogno di trascurarli. -
- Sei un ragazzino divertente, perché perdere l'occasione di animare un po' le cose? -
Il suo interlocutore emise appena un sibilo stizzito e l'altro, di rimando, gli gettò un'occhiata carica di soddisfazione. Naaza sapeva perfettamente di giocare su un terreno sicuro: Shuten non si sarebbe mai azzardato a toccarlo a mani nude; in verità non utilizzava così frequentemente i suoi veleni su se stesso o sulla yoroi ma, visto che i suoi compagni ne erano convinti, non aveva mai fatto nulla per dissuaderli. Aveva trovato enormemente divertente vedere le loro espressioni dubbiose nelle occasioni in cui avevano per forza dovuto ricorrere ai suoi rimedi. Era capitato, infatti, che perfino i colpi dei pupilli di Kaosu fossero andati a segno. Paradossalmente, proprio Shuten era stato quello che, in apparenza, si era fatto meno problemi ad affidarsi a lui; la sua fedeltà agli ordini del padrone era una dote che Naaza gli riconosceva, benché facesse di tutto per metterla in dubbio.
- Non credevo avessi tempo da perdere in sciocchezze. - ribatté, infine, il Generale degli Orchi.
- Le piante non hanno motivo di spostarsi da dove sono, non ho la necessità di correre.-
Shutendoji infilò le mani nella maniche e rimase ad osservarlo, irritato.
- Hai intenzione di restare a infastidirmi ancora per molto, immagino.-
- Vedrò di andarmene quando comincerai ad annoiarmi ma, al momento, non ho intenzione di permettertelo. -
Il giovane fulvo storse le labbra in una piccola smorfia contrariata. Se avesse provato ad ignoralo non ne avrebbe ricavato alcunché, se non il rischio di scontarla in qualche altro modo.
- Quindi, cosa vorresti fare ? Passare il tempo a provocarmi ?-
Il Generale del Veleno lo scrutò con attenzione. Non c'era che una lieve traccia dell'ira con cui reagiva di solito a quel genere di provocazioni e questo poteva essere un segnale poco positivo, anche se non riusciva a coglierne la natura. Del resto era riuscito a coglierlo alle spalle e, a sua memoria, non era mai accaduto.
- Da quando sei così remissivo? -
Shuten si irrigidì in modo quasi impercettibile ma Naaza non si lasciò sfuggire nulla della sua reazione. Le sue parole avevano inaspettatamente toccato un nervo scoperto. Non faticò a immaginarne il motivo: l'unico che avrebbe potuto definirlo docile poteva essere solo il generale che si serviva delle illusioni per piegare gli altri ai propri voleri; e, stando a quanto sapeva e aveva visto, Rajura sembrava essere in grado di creare a proprio piacimento le occasioni favorevoli per farlo.
- Potrei anche non avere voglia di discutere sempre delle stesse cose. - ribatté Shuten, fingendo indifferenza
L'altro demone socchiuse un poco gli occhi, spostando appena la testa per sfruttare la luce riflessa sull'acqua. C'era qualcosa di insolito nella figura del suo compagno e nel suo modo di contrarre i muscoli del viso. Aveva pensato che ciò fosse dovuto a qualche colpo subito in battaglia e non se ne era preoccupato. Shuten d'un tratto aggrottò le sopracciglia, piegando leggermente la testa in avanti. Naaza perse tutta la voglia di provocarlo. Arago non gli avrebbe perdonato nessuna mancanza nel suo ruolo di guaritore. Era lui il solo a cui il padrone affidasse i suoi sottoposti. Poggiò la lanterna e senza tante cerimonie strinse tra le mani il viso dell'altro.
Shuten lo lasciò fare, consentendosi solo un'espressione contrariata. Conosceva le istruzioni del suo signore e, nonostante tutti i suoi dubbi, in quel momento l'obbedienza ad esse era tutto ciò che poteva contare.
Naaza lo osservò con attenzione, ruotandogli il viso con incredibile gentilezza per osservare i muscoli del collo; gli toccò le spalle con perizia e infine abbassò le mani.
- Sembra che i miei doveri dovranno aspettare. - concluse.
- Non è qualcosa che possa interferire con i miei. -
- Questo lo decido io. Vieni e sta zitto. -
Il demone dei veleni raccolse la lanterna e tornò sui suoi passi, seguito dall'altro. Mentre camminavano Naaza cominciò febbrilmente a pensare a cosa potesse avere trovato. L'orgoglio di Shuten poteva raccontargli ciò che voleva, ma, sotto le dita, aveva avvertito una tensione che si protraeva da tempo, qualcosa di quasi inafferrabile ma, comunque, tenace. Lo stesso valeva per i suoi occhi: era certo che le sue pupille non fossero dilatate solo a causa dell'oscurità. Quando, finalmente, giunse alle proprie stanze non era ancora certo di cosa dovesse cercare.
Shuten si sedette in silenzio e si limitò ad aspettare. L'aria era impregnata di un odore aspro, ma non era sgradevole come aveva temuto. Con sospiro lieve chinò lo sguardo. Il fatto di doversi affidare al suo pari lo lasciava sempre confuso, e minava le certezze che pensava di avere sulla sua natura e sulle sue attitudini.
Naaza gli gettò un'occhiata dalla stanza attigua e poi tornò a considerare i suoi preparati. Non gli piaceva l'idea di avere un ospite ma era, purtroppo, la soluzione più pratica in quel frangente. Rigirò tra le dita un sacchetto di tela e poi lo rimise a posto. C'era qualcosa che lo disturbava profondamente: il suo istinto lo aveva messo in guardia non appena aveva toccato Shuten, e, di certo, non era accaduto perché lo turbasse il ricordo delle notti di vento. Tutti loro sfogavano quel genere di disagio il mattino successivo, in combattimenti poco signorili ma di sicura efficacia per svuotare la mente. Con uno sbuffo seccato, infine, tornò nell'altra stanza. Versò un liquido denso in un ochoko e lo spinse verso il suo compagno.
Shuten, obbediente, ne svuotò il contenuto senza proferire parola. Quando, però, fece per riappoggiarlo, Naaza gli afferrò il braccio, certo di avere visto un tremito nelle sue dita. Il Generale del Veleno rimase un attimo immobile, come se stesse ascoltando qualcosa di udibile solo a lui, infine gettò un'occhiata penetrante al suo ospite.
- La berrai ogni giorno, senza fiatare. - sentenziò.
Il ragazzo fulvo emise un suono di assenso, quindi, ritirò la mano.
- Posso andarmene ora? -
- No. -
Shuten lo guardò dritto negli occhi e non vi trovò la traccia di follia che vi scorgeva abitualmente. Era troppo concentrato per lasciarle spazio.
- C'è qualcosa che non va in te. Non ho idea di cosa sia ma non mi piace, e questo, a maggior ragione, potrebbe non piacere al nostro signore. -
Il Generale degli Orchi si sporse in avanti.
- Non mettere in dubbio la mia fedeltà ad Arago.- sibilò -Se credi di avere qualche motivo per dubitare di me dillo e basta.-
L'altro sogghignò. Avrebbe avuto un' arma efficace da usare in quel momento, ma gli parve troppo puerile e, soprattutto, gli avrebbe levato il piacere di lasciare gli altri all'oscuro delle sue scoperte.
- Non agitarti, ragazzino. Se avessi dei dubbi, tu saresti già morto. - gli afferrò il mento con una mano - E' il tuo corpo ad avere qualcosa che non va, e quello che non voglio è che il tuo orgoglio ci metta in difficoltà. Se deciderò di parlarne al padrone te ne farai una ragione, e questo è quanto. E adesso sì, te ne puoi anche andare. -
Shutendoji si limitò a gettargli un'occhiata tagliente prima di uscire e si affrettò verso le proprie stanze. Non aveva idea di cosa avesse bevuto, e l'ultima cosa che voleva era trovarsi a strisciare per il corridoio.
Mentre la stanza tornava nella penombra, Naaza si trovò a pensare con estrema serietà a quanto aveva visto. Aveva avuto l'impressione che qualcosa premesse dall'interno dell'altro generale, come un parassita che si sviluppasse a discapito del proprio ospite. Non era certo della natura di quel fenomeno, avrebbero potuto essere semplicemente dei pensieri, o dei desideri, repressi; era ancora convinto che Rajura non si risparmiasse nell'uso delle arti illusorie per ottenere certi favori, e non aveva idea di come questo potesse avere effetti su un lungo periodo di tempo. Non gli restava altro da fare che vigilare, annotare e trarre conclusioni che avessero un senso. Sbuffò appena, pensando, con una punta di rammarico, alla missione che aveva dovuto abbandonare. L'indomani avrebbe comunque riferito ad Arago l'accaduto, non era così sciocco da tenersi per sé quegli avvenimenti.
Il resto, come ogni cosa, lo avrebbe deciso il suo signore.

 

  
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