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Autore: adorvlou    31/08/2016    0 recensioni
Non ho mai capito di preciso cosa provassi per quel ragazzo. Non ricordo il momento esatto in cui è scattato qualcosa dentro di me, facendo sì che cadessi nella sua rete. Non ho idea del perché abbia deciso di spingermi sempre più a fondo, di aggrovigliarmi in quell'insieme di nodi contorti. Forse volevo provare qualcosa di forte, volevo che qualcuno mi scombussolasse la vita, che mi facesse sentire come mai prima d'ora. Volevo qualcuno che mi insegnasse a vivere davvero, a provare emozioni, quelle vere, quelle forti. Qualcuno che mi spingesse verso il pericolo, ma tenendomi stretta fra le sue braccia.
Ho sempre desiderato vivere una vita così; spensierata, spericolata, diversa, reale.
Ma c'era una domanda che non mi ero mai posta prima d'ora: ero davvero pronta a tutto quello che quel ragazzo stava per portare nel mio mondo?
-Piacere, sono Logan.- disse lui allungando la mano verso di me.
-Piacere, io mi chiamo Isabelle.
Genere: Romantico, Triste | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna, Het
Note: nessuna | Avvertimenti: Triangolo | Contesto: Scolastico
Capitoli:
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Quando sei giovane vivi tutto con maggior intensità; le amicizie, le delusioni, le gioie, gli amori. Soprattutto quelli. 
Quando sei adolescente, vivi l'amore in un modo così profondo da non rendertene nemmeno conto, in quel modo che ti toglie quasi il respiro, che ti fa girare la testa e ti fa battere il cuore all'impazzata, come se stessi correndo senza riuscire a fermarti. 
Il problema è che a quell'età non pensi a quello che potrebbe accadere, alle porte in faccia che potresti ricevere, non ti rendi conto di quanto sia difficile accettare le conseguenze finché quella non è l'unica spiaggia che ti rimane. 
E a me è successo tutto questo quando ero solo una ragazzina in cerca di amore. Una ragazzina spensierata e follemente innamorata, che non aveva ancora conosciuto le vere delusioni, le vere sofferenze. 
Quando conobbi Logan, non avrei mai potuto immaginare ciò che la vita aveva in serbo per me. Lui fu il mio primo amore, ma anche quello che mi distrusse in mille pezzi. Perché sì, l'amore, per quanto bello possa essere, anche se inconsapevolmente, ti distrugge.

Mi chiamo Isabelle Delgado, vivo a Washington da quando avevo cinque anni e questa è la mia storia.

-Isabelle, capisco che tu viva nel tuo mondo, ma adesso sei con me e ti ho fatto una domanda.- dal tono della mia amica capii che era ormai esasperata da questo mio modo di fare. 
Non era insolito che mi rinchiudessi in me stessa, allontanandomi dal mondo che mi circondava per scappare via, in un mondo tutto mio. 
-Perdonami Taylor, cosa stavi dicendo?- chiesi sperando non mi mandasse a quel paese.
Lei mi fissò con chiudendo gli occhi a fessura -Niente di importante.- borbottò annoiata. 
-Dai Tay, scusa, lo sai che sono fatta così. Dimmi tutto.- la incitai.
-È per Jason. Non fa altro che ignorarmi e confondermi. Un giorno mi abbraccia, mi saluta, mi scrive centinaia di sms, e il giorno dopo è come se nulla fosse successo, come se fossimo due completi estranei. Fa così da quando ci siamo conosciuti e non so cosa pensare.- il suo tono era carico di sconforto.
-Ma lui ti piace davvero? Perché se così non fosse, non avrebbe senso sopportare tutto questo, non credi?
-Non so cosa provo per lui, non riesco a rendermene conto.- rispose lei. 
-Taylor, ti voglio bene, sei la mia migliore amica e per questo devi sapere che io trovo che Jason sia un idiota e che tu non meriti tutto quello che ti sta facendo. Troverai altri mille ragazzi più belli, simpatico e maturi di lui. Hai diciassette anni e un mondo davanti a te, basta struggerti per uno come lui.- ammisi lasciandola di stucco.
-Da quanto tempo la pensi così?- chiese Taylor.
-Da circa due mesi.- risposi secca.
-E perché non me lo hai detto prima?
-Perché non volevo mettermi in mezzo. Non sapevo cosa provassi per lui, vi conoscevate da così poco tempo e anche io non sapevo bene chi fosse realmente Jason. Ora che lo so, ti dico esattamente quello che penso.- feci spallucce e ripresi a camminare. 
-E se lo amassi?- chiese lei quasi impaurita.
-Allora sarebbe un bel casino.

Erano le sei e mezza quando Taylor mi riaccompagnò a casa. 
La domenica uscivamo sempre insieme per farci una bella passeggiata e parlare del più e del meno. 
Frequentavamo quasi gli stessi corsi, ma a causa dei diversi impegni era difficile vedersi dopo la scuola.

-Mamma, papà, sono a casa.- urlai entrando e chiudendo la porta alle mie spalle. 
-Finalmente sei tornata!- esclamò mia madre contenta.
-Cosa succede? Come mai tutta questa euforia?- chiesi confusa.
-Io e papà abbiamo una bella notizia per te.- rispose lei con un sorriso a trentasei denti. 
-Me la vuoi dire o devi rimanere a fissarmi con quel sorriso inquietante per tutto il tempo? 
-Si, stavo solo aspettando tuo padre.- disse mentre lui ci raggiungerà all'ingresso. -Ha chiamato il coach un'oretta fa e ha detto che sabato prossimo partirai in trasferta con la squadra e giocherai da titolare!- disse l'ultima parola con una voce talmente stridula da far accapponare la pelle.
-Forte.- risposi con un sorriso. 
-Tutto qui?- era evidente che fosse rimasta delusa dalla mia reazione.
-Dovevo festeggiare con i fuochi d'artificio? È solo una partita mamma.- le dissi non dando peso alla cosa. 
-Ma giocherai da titolare. Non era ciò che avevi sempre desiderato?- chiese mio padre. 
-Giá, adesso però voglio andare in camera.- senza dire altro, girai i tacchi e mi diressi in camera.

Aprii la porta e gettai la borsa sul pavimento per poi distendermi sul letto. 
Mi distruggeva sapere che i miei continuavano a credere che mi importasse  davvero della pallavolo. 
Avevo cominciato a giocare solo perché entrambi ci tenevano molto e avevo finito col continuare sempre per lo stesso motivo. La verità era che detestavo quello sport, ma non sapevo come dirglielo. La mia vera passione era il canto, amavo farlo. Il motivo per cui mi perdevo spesso fra i miei pensieri era proprio questo. Per superare la paura del pubblico, cominciai a creare un mondo dentro la mia testa e vivere lì nel tempo in cui ero sul palco. Con il tempo era diventato facile e non avevo più il terrore del pubblico, ma perdermi nei pensieri e fantasticare era un'abitudine che non riuscivo a cancellare. 
Più volte mi avevano proposto di partecipare a qualche concorso, ma ogni volta dovevo sempre dire di no a causa dei miei genitori e degli allenamenti. 
Loro non sapevano cosa facessi realmente quando rimanevo a scuola anche dopo l'orario delle lezioni e la cosa non doveva cambiare.

-Avere diciassette anni fa schifo.- mi lamentai con la mia amica. -Non sono libera di decidere cosa è meglio per me ed è una cosa che detesto.
-Su Izzy, mancano quattro anni.- disse lei nel tentativo di tirarmi su di morale. 
-Lo hai detto come se il mio ventunesimo compleanno fosse domani.- replicai. 
-Io non capisco perché temi tanto il giudizio dei tuoi genitori. Se non ti piace giocare perché non glielo dici e basta? Capiranno e si renderanno conto di quanto tu sia portata per il canto.- disse Taylor.
-Dovresti conoscerli e sapere come ragionano. Tutta la famiglia di mia madre ha giocato a pallavolo ricevendo importanti riconoscimenti e adesso è il mio turno.- commentai rassegnata.
-La verità è che non hai le palle per farlo. Se cantare è davvero la tua passione dovresti lottare con unghie e denti e invece non fai altro che stare qui a lamentarti.- sbuffò lei. 
-Oggi è la giornata mondiale della sincerità schietta?
-È probabile.- rispose la mia amica. 
-Dico sul serio, devo fare qualcosa o rischierò di impazzire.- ammisi.
-E allora fallo! Agisci.- mi incitò lei. 
-Ci proverò. Adesso devo staccare, fra poco mia madre verrà a chiamarmi per la cena. A domani T.- la salutai.
-A domani Izzy, pensaci su, okay?
-D'accordo.- dissi prima di staccare la chiamata.

La cena fu molto imbarazzante. Ci fu uno strano silenzio e qualche domanda da parte di mio padre riguardo la scuola. 
Aiutai mia mamma a sparecchiare e poi andai di corsa al piano di sopra per fare una doccia e mettermi subito a letto dato che l'indomani avrei avuto scuola.

Mi addormentai con la voce di Taylor che continuava a ripetere: "Non hai le palle per farlo." e capii che non aveva tutti i torti. In fondo, temevo il giudizio e le reazioni dei miei genitori.

Quando il mattino seguente suonò la sveglia, mi alzai controvoglia. 
Rimasi per qualche minuto seduta sul bordo del letto a pensare a tutto ciò che mi aspettava oggi e alla fine mi alzai e andai a prepararmi.

-Buona giornata tesoro. A più tardi.- disse mia mamma stampandomi un bacio sulla guancia e porgendomi il solito sacchetto con il pranzo. 
-Grazie mamma, anche a te.- risposi. -Salutami anche papà.- le dissi prima di uscire di casa.

La mattina non facevo mai venire Taylor a prendermi perché sta troppo lenta a prepararsi e saremmo arrivate sempre in ritardo, così prendevo l'autobus, e mente ero ferma a congelare alla fermata sentii una voce chiamarmi: era Jamie, un mio amico. 
-Izzy, vuoi rimanere a morire di freddo ancora per molto?- si fermò con l'auto qualche metro dopo. 
-Non era esattamente quella l'intenzione.-ridacchiai mentre mi faceva cenno di salire con lui.
-Stamattina sei stata fortunata.- disse mentre salivo in auto.
-Abbastanza. Ancora qualche minuto lì e sarei diventata un ghiacciolo. Mi hai salvata, grazie.- scherzai allacciando la cintura. 
-Per lei questo e altro.- scherzò anche lui prima di premere sull'acceleratore e partire.

-Là ci sono gli altri.- Jamie indicò il nostro gruppo mentre fermava l'auto nel parcheggio della scuola. 
Era solito per noi, incontrarci all'entrata per chiacchierare prima dell'inizio delle lezioni. 
-Andiamo.- sorrisi e mi diressi verso il cancello principale.

-Buongiorno.- feci un piccolo sorriso e mi avvicinai ai miei amici. 
-Guarda chi si vede. Stamattina servizio taxi?- scherzò Mark. 
-Eh sì, mi ha salvata dal congelamento.
Tutti risero alla mia battuta, cosa che non capitava spesso dato che non ero io la "burlona" del gruppo. 
-Ragazzi, ragazzi!- Rebecca si avvicinò a noi correndo.
-Becca, tutto ok?- chiesi notando la sua espressione.
-Una meraviglia!- esclamò lei. -C'è un tipo nuovo qui. L'ho visto fermo al semaforo e ho notato che stava proprio entrando qui.- disse guardando noi ragazze. -Eccolo!- urlò indicando una macchina nera che si era appena parcheggiata. 
Tutte noi ci girammo a guardare questo ragazzo misterioso e non appena uscì dalla macchina strabuzzai gli occhi. Era bello, ma non di una bellezza convenzionale, ma bello a modo suo. Indossava un cappotto nero e dei jeans dello stesso colore. Nonostante il cielo fosse coperto, aveva gli occhiali da sole che lo rendevano ancora più misterioso. 
-È una mia impressione o sta venendo verso di noi?- chiesi continuando a fissarlo.
-No, non è una tua impressione, sta proprio venendo qui da noi.- confermò Taylor. 
-Salve ragazzi.- disse fermandosi di fronte a noi. -Sono qui per parlare con il preside Freeman, sapete dirmi se è già arrivato?
-Ehm...do...dovrebbe essere già qui.- balbettò Rebecca. 
-Come mai cerchi il preside? Mi sembri leggermente grande per iscriverti qui.- chiese schietta Taylor. 
-Non devo iscrivermi qui.- rise lui. -Ma allenerò la squadra di pallavolo della scuola e oggi ho l'appuntamento con il preside.- rispose gentilmente. 
-Squadra?- sentii la mia voce porre questa domanda senza neanche accorgermene.
-Si, il preside ha detto che vorrebbe un programma sportivo completo per la scuola.
-Mi sembri troppo giovane per poter già insegnare.- replicai io. 
-Insomma, decidetevi. Sono troppo grande o troppo giovane?- disse con una risata. 
-Dipende da quello che sei venuto a fare. Sei qualche parente del preside Freeman?- Taylor fece nuovamente una delle sue domande molto schiette. 
-Beccato.- disse alzando le mani in segno di arresa. -O meglio, sono un amico di famiglia e non sono qui nelle vesti di coach ma di assistente del coach.- ammise lui. 
-Adesso tutto torna.- dissi meravigliandomi della mia spigliatezza. -Comunque il preside dovrebbe essere già nel suo ufficio.- lo informai.
-E mi accompagneresti da lui?- disse con un tono tra lo scherzo e il serio. 
-Non c'è problema. Andiamo.- ancora una volta mi meravigliai del mio comportamento. Non ero il genere di ragazza che riusciva ad attaccare subito bottone, ma lui aveva qualcosa di diverso. 
Ci avviammo verso l'ufficio del preside e quasi non potevo crederci che un ragazzo del genere avesse deciso di rivolgermi la parola.

-Siamo arrivati.- dissi fermandomi davanti alla porta. 
-Grazie mille. Senza il tuo aiuto mi sarei perso.
Ecco, lo aveva fatto di nuovo, quella cosa con la voce. 
-Di nulla. Adesso devo scappare, fra poco cominciano le lezioni.- dissi salutandolo. 
-Ah, comunque piacere, sono Logan.- disse il ragazzo allungando la mano.
-Piacere, io mi chiamo Isabelle.

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Buonasera! Come avrete notato in questa storia non ci sono personaggi famosi, questo perché volevo che fosse diversa dalle solite fan fiction che ho scritto. Incrocio le dita sperando che vi piaccia e vi interessi ugualmente. 
I primi capitoli potranno sembrare noiosi, ma siamo solo all'inizio. Ci sono tante sorprese ad attendervi. 
Al prossimo capitolo xx

-Vals💕

   
 
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