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Autore: Madison Alyssa Johnson    04/09/2016    0 recensioni
La misteriosa mortre di Victor Cavendish, visconte di Vidal e figlio del duca di Devonshire, attira l'attenzione della regina Vittoria sulle misteriose morti che stanno devastando Dublino. Un nuovo Jack lo Squartatore, che i dublinesi chiamano Molly Mangiauomini, si aggira per le vie della città seminando morte e terrore. Tocca a Ciel e al suo fido Sebastian recarsi sul posto per risolvere il problema.
« Perché Molly Mangiauomini? » rifletté a voce alta. Doveva togliersi quel vizio, ma a volte non riusciva a farne a meno.
« Voi siete troppo piccolo per saperlo, padroncino, ma è così che sono chiamate le donne molto... esperte. » gli rispose il maggiordomo, senza smettere di sbattere le uova. « E se non sbaglio c'è una leggenda che parla proprio di una donna di quella risma che si chiamava appunto Molly, Molly Malone. Pare le abbiano anche dedicato una canzone, di recente. »
« Jack lo Squartatore era una donna... e mezza. » obiettò Ciel. Era arrossito, ma non avrebbe comunque permesso a quel dannato demone di metterlo in ridicolo.
« Certo. » assentì Sebastian.
« E una donna sola non potrebbe sopraffare un uomo di media corporatura. »
« Non se fosse umana... ma non ne avrebbe bisogno. »
Genere: Mistero, Sovrannaturale, Storico | Stato: completa
Tipo di coppia: Yaoi | Personaggi: Ciel Phantomhive, Elizabeth Middleford, Sebastian Michaelis, Shinigami, Un po' tutti
Note: Lime, What if? | Avvertimenti: Violenza
Capitoli:
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Ciel mise giù il telefono e si lasciò andare contro lo schienale della poltrona. Informare i Beresford che non correvano più alcun pericolo era stato semplice. Spiegare a Lord Waterford perché, allora, sua figlia non poteva tornare subito a casa aveva richiesto molta più energia.
« La lucciola ha accettato di portare il vostro messaggio alle fate, signorino, se la lasceremo tornare al suo mondo. » annunciò Sebastian, venuto a chiamarlo per la cena.
Il conte fece un gesto stanco con la mano. « Tutto quello che vuole, purché questa storia si chiuda una volta e per tutte. »
« Come ordinate, signorino. » rispose il maggiordomo. « Ora venite, prima che il pranzo si freddi. » Lo scortò in sala da pranzo, quindi si recò nella stanza che era stata di Anthea, per vedere come stesse Tallulah.
La fata era distesa al centro del cuscino e faceva galleggiare sulla propria testa una pallina di luce che continuava a cambiare colore. Voltò il capo verso di lui, quando la porta si aprì, ma subito smise di prestargli attenzione.
« Ha acconsentito. » la informò. « Ti aiuterò a preparare il rituale. »
“Non è necessario.” rispose lei. “Ho già mandato loro un messaggio.”
« E...? »
“E hanno detto che verranno a prendermi stanotte... e a parlare con il ragazzo.”
Sebastian inarcò un sopracciglio. « Chi ti ha dato il permesso di chiamarlo così? »
La fata sorrise beffarda. “Me lo sono preso.” Si tirò su e si sgranchì. “Spero lo convincano a liberarsi di te.”
Il demone ghignò. « Non è possibile, lucciola. Dovrai fartene una ragione. » La ingabbiò tra le proprie ombre e la schiacciò sotto il peso del proprio potere fino a farla ansimare. « Il padroncino avrà sempre bisogno di me, fino al giorno in cui divorerò la sua anima. » La lasciò andare e riprese l’aspetto del pacato, impeccabile servitore di casa Phantomhive. « Tu e gli altri insetti farete bene a tenerlo a mente. » Tornò dal ragazzo, che stava finendo il dolce, e rimase sulla soglia in rispettosa attesa.
« Che ha detto? » domandò Ciel, senza alzare gli occhi dal piatto.
« Le fate non si fidano a far aprire un portale da questo mondo, quindi verranno a prenderla loro, stanotte... e vogliono parlarvi. »
Il conte si fece attento. « Di cosa? »
« Non ha voluto dirmelo, signorino, ma vi consiglio di fare attenzione. Ho uno strano presentimento. »

 

Bianca posò gli stuzzichini sul tavolo e tornò in cucina a vedere come se la stesse cavando Susan.
« Ho quasi finito le tartine al prosciutto. » le disse la ragazza, che aveva capito come infilzarle con gli spiedini senza pungersi le dita. « Non pensavo che cucinare fosse così divertente. »
« È perché lo stiamo facendo insieme. » rispose, sorridente. Era felice di aver proposto di preparare loro qualcosa, invece di servirsi della loro badante magica. Avevano qualcosa da fare, mentre aspettavano gli altri.
« Dove hai imparato a fare queste cose? » chiese Susan, intenta a fare ciuffetti di crema al formaggio sui quadratini di prosciutto.
« Quando posso, lavoro a giornata in qualche villa di signori. »
« Di già? E come fai con lo studio? »
Bianca arrossì. « Ogni tanto Alessia mi insegna un po’. Adesso riesco a leggere benino e a scrivere anche, più o meno, però le mie parole sembrano zampe di gallina. »
Susan non seppe bene cosa risponderle. Non aveva nemmeno pensato che al mondo potesse esistere qualcuno che non aveva i suoi stessi privilegi.
« Non importa. » le assicurò la ragazza. « Non è una brutta vita. I signori Solari sono abbastanza gentili con me e a casa è normale dare tutti una mano. »
Il trillò in quel momento e Susan lo accolse come una benedizione. Corse ad aprire e sorrise ad Aiden.
« Ho portato i bignè. Spero che a voi ragazze non dispiaccia. » le disse, mostrando la scatola. « I miei genitori hanno una pasticceria, perciò... »
« Certo che no. » rispose la changeling. « Mettila pure insieme alle altre cose. » Gli indicò il tavolo e giocherellò per qualche secondo con una ciocca di capelli. « Q-Quindi... quindi sei d’accordo con il piano di Bianca? » chiese, con un tono così basso che non sembrava volesse essere sentita.
« Be’, sì, più o meno. Spero solo che funzioni. »
« Funzionerà, malfidente! » lo rimbeccò la sua ideatrice, che portava un vassoio carico di spuntini. Sorrise e gli offrì di sistemarsi sul divano, intanto che aspettavano gli altri. « Devi solo essere convincente. » Si sistemò accanto a lui, mentre Susan prendeva posto dall’altro lato, e gli rivolse un sorriso furbo. « Magari prova a far finta che Dan sia la ragazza che ti piace. Ne avrai una, in America. »
Aiden arrossì, ma fu salvato dal campanello.
Era Brigit, che aveva preparato una bottiglia intera di limonata. Doveva averci messo tutta la mattina, ma sembrava piuttosto fiera del suo lavoro. « Il festeggiato non è ancora arrivato? »
« Meglio così. » le rispose Bianca. « Abbiamo più tempo per ripassare il piano. »
« Hai coinvolto anche lei? » domandò Susan, sorpresa.
« Ovvio! Non sarebbe stato carino tagliarla fuori. »
Susan scosse la testa, ma provava un piacevole solletico alla bocca dello stoma, a lasciarsi coinvolgere da quei ragazzi che conosceva a malapena, ma che sembravano i suoi migliori amici da sempre.
Bianca ripeté di nuovo il piano ed ebbe il tempo di approfondire nei dettagli le parti di ognuno, prima che Daniel e François si facessero vivi.
Arrivarono insieme, ben attenti a non guardarsi nemmeno con la coda dell’occhio. Il festeggiato aveva portato torta e candeline, mentre il changeling si era incaricato di preparare una scatola di giochi.
« Alla buon’ora! Sto morendo di fame! » li rimproverò Aiden, massaggiandosi la pancia.
« Tu hai sempre fame. » lo zittì Brigit. « Il tuo non è uno stomaco: è Lilliput. »
Scoppiarono a ridere e si sistemarono sui due divanetti con i piattini davanti.
Come da indicazioni, Aiden prese posto accanto a Daniel e lo trascinò in una lunga conversazione sulla pasticceria, su quale fosse il modo migliore di preparare una perfetta crema ganache e se fossero meglio le torte o le paste.
Daniel, che a Barcellona faceva il garzone in una piccola pasticceria vicino a Plaça del Sol, si infervorò tanto nel descrivere l’importanza di una buona pasta frolla che arrossì tutto e per buoni dieci minuti non toccò cibo.
Aiden non poteva negare che fosse grazioso e, se solo fosse stato una ragazza, lo avrebbe baciato seduta stante. Proprio non poteva spingersi a tanto, ma il piano doveva andare avanti, altrimenti Bianca non gli avrebbe più rivolto la parola, perciò prese lo spagnolo per il mento e avvicinò le labbra alle sue.
« Perché non giochiamo? » esclamò François, che non li aveva persi di vista neanche un secondo. Non riusciva più a nascondere le occhiate minacciose che scoccava all’americano ogni due minuti, né quel continuo digrignare i denti tra un boccone e l’altro.
« Ma sì! » approvò Bianca. « Spostiamo i mobili e giochiamo a mosca ceca! »
« Ottima idea! » raccolse subito Brigit. « Il festeggiato sta sotto. »
Lo bendarono con il fazzoletto da collo di Aiden e Susan lo fece girare su se stesso. Si sparpagliarono e ognuno cominciò a chiamarlo da una parte per poi spostarsi.
Daniel rideva, un po’ fingendo e un po’ tentando davvero di acchiapparli. Non aveva nessuna fretta di far finire il gioco e si stupì quando le piccole mani di Bianca lo spinsero in avanti. Temette di perdere l’equilibrio, ma trovò a bloccarlo un corpo caldo e ampio.
« Ti ho preso. » gli sussurrò François all’orecchio, prima di togliergli la benda.
« Ma non dovevo essere io a prendere te? »
« Non essere pignolo. » lo rimbeccò il changeling e lo baciò.
Daniel si irrigidì, ma non riuscì a trovare una sola ragione per non ricambiare quel bacio, che aveva desiderato di nascosto dalla prima volta che aveva visto il ragazzo. Lo strinse a sé e saggiò la sua lingua calda con la propria, sorpreso da quanto tutto ciò gli sembrasse naturale. Avrebbe dovuto farlo molto prima, invece di perdere tutto quel tempo a guardarlo e basta.
« Forse dovremmo lasciarli soli. » sussurrò Susan agli altri tre cospiratori.
Annuirono, ma un energico scampare li fece trasalire.
« Aspettavamo qualcuno? » chiese Aiden, confuso.
Susan fece spallucce, ma andò ad aprire.
Oltre la soglia c’era una fata, molto diversa da come appariva nel mondo mano. Aveva ancora le ali e la pelle manteneva un lucore azzurrino, ma era alta quanto un’umana adulta e incombeva su di lei con la sua faccia severa.
« Le serve qualcosa? » domandò, cauta, sebbene la fascia dorata che portava al braccio destro la connotasse come messaggera di corte.
« No. » le rispose infatti. « Vengo a portare buone notizie a te e agli altri changeling. L’Ombra è stata eliminata, perciò molto presto potrete tornare sulla Terra. » Si inchinò e andò via prima che la marchesina potesse pensare ad una risposta qualsiasi.
Susan richiuse la porta.
« Che voleva? » domandò Brigit.
« Solo farci sapere che presto torneremo a casa. »
Un silenzio teso cadde sulla stanza. Brigit lasciò cadere le candeline che avrebbe dovuto mettere sulla torta, Aiden sbiancò e François abbracciò Daniel come se non dovesse più lasciarlo andare, mentre l’umano nascondeva il capo nell’incavo del suo collo.
« Ma quindi... non ci vedremo più? » mormorò Bianca, con gli occhi sbarrati.
« M-Ma no. » tentò di risponderle Aiden. « Possiamo scambiarci gli indirizzi e tenerci in contatto per lettera. »
« Ma non sarà come vederci tutti i giorni. » precisò François, che non riusciva a nascondere il tremito delle mani nell’accarezzare i capelli chiari di Daniel. « Non voglio andare. » gli sussurrò. « Li convincerò a lasciarmi restare. »
« Non sarebbe giusto. »
« Ma... »
« È solo un anno di pazienza. » continuò Daniel. « Appena compirò diciotto anni, ti raggiungerò sulla Terra. Studierò francese e li convincerò a mandarmi in Francia. »
François si mordicchiò il labbro inferiore. « Ma come farò a riconoscerti? »
« Di questo non devi preoccuparti: ti troverò io. Tu devi solo promettermi che ti piacerò lo stesso, qualunque aspetto io abbia. »
« Q-Questo è ovvio. » borbottò il francese, imbarazzato da tanta sicurezza.
« Ehi, voi due, non pensate di imboscarvi. » li rimbrottò Bianca. « Dan, devi venire a trovare anche noi, quando scenderai sulla Terra. »
« Sciò, sciò, mascalzoni. Lui è solo mio. » finse di scacciarli François, con una linguaccia che fece ridere tutto il gruppo. « E ora spegniamo queste candeline, prima che questa bella torta si rovini. »

 

Ciel scoccò l’ennesima occhiata al quadrante della pendola e strinse i denti per trattenere uno sbadiglio. « Se le fate non si sbrigano ad arrivare, giuro che me ne vado a letto. » dichiarò, stropicciandosi gli occhi. Era più che passata l’ora di andare a dormire, ma non poteva certo accogliere le sue “ospiti” in camicia da notte. Non sarebbe stato degno del conte Phantomhive.
« Dovreste farlo a prescindere, signorino. » rispose Sebastian. « Con le lucciole potrei trattare io. »
Il ragazzo scosse il capo e si stropicciò gli occhi. « Potrebbero rifiutarsi di parlarti e dovresti comunque svegliarmi. » obiettò. « Tanto vale aspettare. »
Il maggiordomo annuì e rimase ritto al suo fianco, in silenziosa attesa.
Non dovettero attendere ancora a lungo, prima che un nugolo di puntini luminosi apparisse nel vano della finestra. La piccola delegazione ronzava piano e atterrò sul basso tavolino di cristallo senza intaccare la formazione a stella.
La fata più alta e luminosa superò il piccolo muro protettivo per andare incontro a Tallulah, che sedeva su un cuscinetto per gioielli. La abbracciò si prese qualche secondo per controllare il suo stato, prima di parlare. « Sono felice che tu stia bene. » le disse, nel loro idioma, nonostante l’altra fosse poco più di un mucchietto di ossa coperte dalla pelle secca e pallida. « Ti ho portato una cosa. » Fece cenno a due del suo seguito, che porsero alla sopravvissuta un piccolo scrigno.
Al suo interno era contenuta una goccia di rugiada che sembrava emanare luce propria.
Tallulah sorrise raggiante e vi immerse subito le mani. La assorbì tutta e poco alla volta la sua pelle riprese un minimo di tonicità e riuscì ad emanare un velo dell’antica luminescenza.
L’altra le sorrise. Le accarezzò il viso e volteggiò fino a una spanna dal volto di Ciel. La sua pelle sembrava più verde che turchese, da vicino, e tra i capelli candidi si riusciva a intravedere un piccolo diadema d’oro. “Io sono Sheedi, terzogenita di Oberon e Titania, sovrani di Lyressa, e vengo a nome dei miei genitori per porgervi i nostri rispetti, conte. Teniamo molto a ringraziarvi per quanto avete fatto eliminando l’Ombra e pertanto ci auguriamo che vorrete essere nostro ospite per un ricevimento in vostro onore.”
Il giovane lord sorrise. « Ci saremo. » rispose.
Sheedi scoccò un’occhiata apprensiva al demone, ma non si oppose. “Sempre che riesca a passare le barriere.” concesse, riluttante.
« Oh, ci riuscirò. » assicurò il diavolo, che non aveva nessuna intenzione di perdere di vista il ragazzo, specie in presenza di quelle fastidiose lucciole. Poggiò una mano sulla sua spalla e lo invitò ad alzarsi. « Se non c’è altro, è ora che il conte vada a dormire. »
“In realtà, ci sarebbe un’altra questione.” ammise la fata. “Troppi umani sanno di noi, con quello che è successo, perciò abbiamo deciso che per sicurezza cancelleremo i ricordi di chiunque sia venuto in contatto con la nostra gente.”
« Immagino vorrete vedere la mia domestica, allora. »
La principessa annuì.
« Sebastian, mostrale la camera di Mei Rin... e anche di Bard e Finnian, per sicurezza. » Si alzò. « Ti aspetto in camera. »
« Sì, mio lord. » rispose il maggiordomo. Rivolse alla principessa un’occhiata beffarda e le indicò la porta. « Da questa parte, principessa. »
Sheedi raddrizzò la schiena, alzò il mento e lo seguì, circondata dalle sue fedeli ancelle. “Fai strada, diabhail.”


 

Ormai ci siamo (purtroppo). Mi dispiace doverlo dire, ma il prossimo capitolo sarà l'epilogo. ;_;
Spero che questo capitolo vi sia piaciuto e che amerete il prossimo quanto me, ma il momento di dare l'arrivederci ai SebaCiel sta per arrivare. Sarà un arrivederci temporaneo, tuttavia, perciò non disperate: appena avrò finito con l'originale di cui vi accennavo, riprenderò i nostri adorati piccini. <3 
A proposito dell'originale, avevo deciso di pubblicarla su Wattpad, ma sto pensando di pubblicarla anche qui, se la cosa vi fa felici. >w< Battete un colpo, se la cosa vi interessa.
Sulla mia pagina Facebook e sul mio profilo troverete tutte le informazioni del caso. Ad ogni modo, questo non è l'addio. Ci sentiamo presto per l'epilogo. 
Se nel frattempo volete scambiare due chiacchiere, io sono qui per voi.
Ricordate sempre che vi amo, nonostante la lentezza. >w< See ya!

 
   
 
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