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Autore: naisia    05/09/2016    5 recensioni
ATTENZIONE: ho pubblicato questa storia questo pomeriggio, ma per qualche motivo sembra sia scomparsa dal sito, quindi l'ho ricaricata O.o
Qual è una delle caratteristiche più belle del fandom di Sherlock?
Che basta inserire un aggettivo o una parola, aggiungendovi Lock alla fine e subito vi pioveranno addosso decine di fanart meravigliose. Questa storia è nata quando ho inserito la parola Animal+lock=Animalock.
Che cosa accadrebbe se John Watson fosse un animale?
O più precisamente un riccio?
Genere: Comico, Fluff | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: John Watson, Sherlock Holmes
Note: AU, What if? | Avvertimenti: nessuno
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ANIMALOCK

Storia di un colsunting detective e di un riccio.

Ovvero 4767 parole di puro fluff gratuito, perchè tra poco ricomincia la scuola e diciamocelo, ne abbiamo tutti davvero bisogno.

 

17/11/2010 ore 10.31


Sherlock sbuffò infastidito, inerpicandosi sulla salita coperta di forglie secche.

Era novembre inoltrato ormai, e i caldi colori con cui l'autunno dipingeva le foglie degli alberi erano orami solo un ricordo. Tutto ciò che restava di quell'opulenza di fine estate era un humus molliccio e scivoloso, che sembrava fatto apposta per intralciare in ogni modo il passo del detective. Il sospetto che se fosse rimasto sul sentiero solitamente battuto da escursionisti e cacciatori ora non si sarebbe ritrovato in quella situazione non sfiorò neppure l'acuta mente del moro. Essa era troppo impegnata a inventare improperi vari verso Lestrade e la sua allegra combriccola di incompetenti.

Gli aveva promesso un otto! Uno stramaledetto caso da otto, e invece si era ritrovato con un 4- (ed era una valutazione generosa!). Maledetto Gavin! Se avesse saputo che ad aspettarlo c'era soltanto il cadavere di un anziano andato a raccogliere i funghi e palesemente ucciso dal nipote tossicodipendete che non aveva voluto aspettare il corso naturale della cose preferendo simulare un incidente di caccia, non si sarebbe mai scomodato a lasciare la sua amata Londra.

Quando aveva scoperto la reale difficoltà del caso aveva versato fiumi di insulti non solo su Anderson ( non vi sarebbe stato nulla di nuovo sotto il sole in quel caso ) ma sull'intero reparto investigativo e buona parte della scientifica di Scotland Yard. Si era sentito talmente frustrato che che aveva deciso di tagliare attraverso i boschi ignorando la striscia di terra battuta che si inerpicava fuori dalla macchia.

Il risultato era stato che le sue scarpe si erano inzaccherate fino alla caviglia di fango e brandelli di foglie putrescenti. Di tornare indietro e usare il sentiero non se ne parlava neppure. Oltre al fatto che il suo orgoglio ne avrebbe risentito c'erano anche motivazioni più pragmatiche: ormai aveva fatto tre quarti del percorso per tornare sulla strada principale e fare dietrofront sarebbe equivalso ad allungare ancora di più il percorso.

Si fermò un istante a riprendere fiato. A quanto pare il suo mezzo di locomozione che i comuni mortali chiamavano corpo non ne voleva sapere di proseguire senza prima fare una pausa. Irritato si guardò intorno e si diresse verso un tronco caduto a pochi metri di distanza, dove si sedette, incurante del muschio umido che avrebbe inevitabilmente macchiato il suo adorato Belstaff. Tanto ormai nulla avrebbe potuto evitare la lavanderia al cappotto, le preoccupazioni tardive erano inutili.

Sfilò i guanti neri con un gesto rabbioso, avvicinandole al volto per scaldarle col fiato. Si gelava, e il fatto che quella mattina, come al solito, si fosse limitato ad una tazza di tè come colazione non aiutava. Ma d'altronde cosa poteva fare? Mangiare era noioso!

Lasciò vagare lo sguardo sul tronco marcescente su cui era seduto, soffermandosi brevemente su alcune piccole colonie di Inonotus hispidus della famiglia dei funghi lignicoli. Il legno, reso spugnoso dagli di umidità a cui era stato esposto, era tappezzato di licheni azzurrognoli, muschio verde cupo e ghirigori di qualche specie di tarme che probabilmente aveva fatto in primavera di quel luogo la loro casa e il loro banchetto.

Un animo particolarmente sensibile alle meraviglie della natura sarebbe potuto rimanere discretamente affascinato dal modo in cui la morte di un organismo era garante di vita per centinaia di altre specie di vita.

Peccato che Sherlock Holmes non rientrasse sotto questa particolare categoria umana. Era universamente noto per preferire la morte alla vita, soprattutto quella dei suoi simili, e in quel caso non fece eccezione.

Fece per alzarsi, ormai sufficientemente riposato per riprendere il suo viaggio, quando lo sguardo cadde alla base del tronco. Seminascosto dalle foglie umide c'era qualcosa, qualcosa di spinoso. Aggrottò le sopracciglia, guardandosi intorno. No, non si era sbagliato, non c'erano alberi di castagno intorno, quindi non poteva essere una delle pungenti cupole che proteggevano normalmente gli omonimi frutti della pianta, volgarmente conosciute come ricci, e poi quell'ammasso di spine era giallognolo e non marrone scuro.

Infilandosi i guanti smosse leggermente le foglie secche intorno alla palletta puntuta, avendo così conferma dei suoi sospetti.

Si trattava di un Erinaceus europaeus della famiglia degli Erinaceidi.

O più comunemente di un riccio biondo*.

Molto probabilmente doveva aver rimandato l'ibernazione fino a che non era stato troppo tardi e aveva finito per morire congelato, oppure si era svegliato troppo presto e doveva essere uscito dalla sua tana, convinto che fosse già primavera.

Solo una zampetta, sfuggita all'appallottolamento, confermava che si trattasse di un animale e non del suo omonimo vegetale. 

Sherlock allungò la mano a sfiorare il cadavere della creatura. Non avrebbe saputo spiegare il perchè di quel gesto. Pietà? Per l'amor del cielo, lui era Sherlock Holmes, la pietà era per i comuni mortali, non certo per lui, eppure tese lo stesso le dita in una timida carezza a quel corpicino.

Un lieve movimento gli fece però ritrarre in fretta le dita.

Sbattè un paio di volte le palpebre, per essere certo di non esserselo immaginato.

No, il riccio aveva davvero ritirato debolmente la zampa, raggomitolandosi ancora di più nella sua posizione di difesa.

Era ancora vivo, ma era anche evidente che ne avesse ancora per poco.

Senza riflettere Sherlock si sfilò la sua sciarpa blu e, incurante del freddo, sollevò attentamente la palletta di aculei, avvolgendola nella stoffa e infilandola con delicatezza nella tasca del suo cappotto.

Mosse così un paio di passi riprendendo il suo cammino, prima di fermarsi bruscamente.

"Ma che diavolo sto facendo?" pensò, lanciando un'occhiata alla tasca rigonfia.

Non aveva la minima intenzione di prendersi cura di quel puntaspilli a forma di topo. Non era certo il tipo che si riepiva la casa di animaletti mezzi morti lui.

Esperimento: ma certo. Da secoli voleva sperimentare i vari stati di progressiva necrosi degli organi dei cadaveri comparandoli tra loro, solo che nel frigo non c'era abbastanza spazio per polmoni, cuore, cervello, milza, pancreas ecc ecc, e poi la signora Hudson avrebbe potuto non gradire l'odore.

Usare un animale di piccole dimensioni sarebbe stato molto più semplice.

Tanto il riccio sarebbe certamente morto prima che arrivasse a casa no?


19/11/10 ore 23.08


Sherlock alzò lo sguardo dai fascicoli (disgustosamente approssimativi) che Lestrade gli aveva fatto recapitare a casa.

Da un paio di giorni infatti il consulting detective era stato costretto a rivedere alcune delle sue idee sugli animali da compagnia e sui ricci più nello specifico.

La ragione di ciò se ne stava appallottolata tra la sua sciarpa e il cuscino della Union Jack, sopra la poltrona rossa, spostata per l'occasione (dalla signora Hudson, non certo da lui) vicino al caminetto, e il consulente investigativo la stava fissando pensieroso.

Nonostante i suoi propositi vivisezionatori Sherlock non era riuscito infatti a portare a termine il suo esperimento. L'umano lanciò un'occhiata imperscrutabile al puntaspilli che sin da subito aveva dichiarato la poltrona rossa come parte del suo territorio.

Ma forse era meglio procedere con ordine:


17/11/10 ore 12.05


Sherlock osservò corrucciato il taxi  avvicinarsi, rallentando progressivamente sulla strada di campagna fino a fermarsi davanti a lui. Era in ritardo di ben dodici minuti rispetto all'orario d'arrivo pattuito durante la chiamata, ma Sherlock si limitò a salire senza commentare.

"Dove sir?" chiese il conducente.

"Londra, 221B di Baker Street" disse semplicemente il moro "Si sbrighi per favore" aggiunse con freddezza.

Il tassista mise in moto senza fare commenti, limitandosi a masticare un mezzo commento tutt'altro che positivo sui londinesi.

Sherlock lo ignorò preferendo concentrarsi sul paesaggio bigiognolo piuttosto che perdersi in chiacchere con qualcuno con un quoziente intellettivo nettamente inferiore al suo. Stava seguendo l'onda rapida e ordinata dei suoi pensieri quando un lieve dolore alla coscia lo fece sussultare. Senza riflettere, ancora parzialmente immerso nel suo palazzo mentale, infilò la mano in tasca, ma subito la ritrasse di scatto strillando un imprecazione.

Si gurdò i polpastrelli, l'anulare stava sanguinando piuttosto copiosamente a causa di una doppia fila di taglietti poco profondi.

Subito realizzò: il riccio.

Prestando questa volta più attenzione infilò una mano in tasca e ne estrasse l'animale, completamente appallottolato, alzandolo al livello del viso contratto dall'indignazione.

Lo aveva morso! Quel piccolo ingrato! Gli aveva prolungato la vita di diverse ore (almeno fino al momento in cui avrebbe utilizzato i suoi organi per il bene della scienza) e lui lo ripagava così? Poteva avere la rabbia maledizione!

La palla di spine di aprì quel tanto che bastava per lasciar intravedere al suo interno attraverso le spine giallognole  un musetto a punta che (Sherlock avrebbe potuto giurarlo) lo fissava divertito.

"Sono davvero adorabili non trova?" la voce del conducente interruppe il moro e i suoi propositi ricciocidi. "Come scusi?" chiese Sherlock, continuando a tenere sollevato l'animaletto che a quel punto era tornato a chiudersi completamente.

"I ricci. Sono animali intelligentissimi sa? E così affettuosi. Mia moglie tre anni fa ne ha trovato uno che aveva mangiato una polpetta avvelenata per gatti randagi ed è corsa a portarlo dal veterinario, è così sentimentale. La bestiola è sopravvissuta ed è rimasta con noi, l'altr'anno ha ucciso una biscia nella legnaia e poi uccide tutti i parassiti delle piante. Sa, io ho un piccolo orto e. . ." " si limiti a fare il suo lavoro" lo interruppe bruscamente, avvolgendo la palla di spine nella sciarpa, e questa volta, poggiandola in grembo per evitare altre sorprese.

Sherlock si volse e tornò a fissare il paesaggio monotono che scorreva oltre al vetro.

"Dopotutto è solo un animale no?" bofonchiò tra sè e sè.


17/11/10 ore 15.02


Sherlock scese dal taxi, pagò il conducente ed entrò in casa.

Continuava a tenere la sua sciarpa e quello che vi era involto in mano, leggermente discosta dal corpo, con aria infastidita.

Sperava solo che la natura facesse il suo corso, e che lo facesse in fretta.

Salì rapido i gradini ed entrò nel suo appartamento, posando il fagotto sul tavolo della cucina.

Dopo aver brevemente consultato il portatile per vedere se qualche cliente gli avesse offerto un caso interessante (Nulla, solo una scomparsa di coniuge, due sospetti tradimenti e una macchina rubata: in una parola N-O-I-O-S-O).

Tornò nella stanza che gli umani comunemente usavano per prepararsi di mangiare, ma che lui aveva riadattato a suo laboratorio con grande rammarico della signora Hudson.

Si abbassò, osservando come procedeva la coltura batteriologica che aveva lasciato sul vetrino del microscopio prima di uscire quella mattina.

Lanciò uno sguardo distratto alla sua sinistra e sgranò gli occhi.

La sciarpa.

Era vuota!

Cominciava davvero a pentirsi di non aver lasciato quella sottospecie di ratto con le spine al suo destino. Ma come diavolo aveva fatto a scendere dal tavolo?

La risposta venne dall'altro capo della tavola, lì vi era una sedia inclinata cui aveva appoggiato il cappotto, le cui falde, inutile dirlo, arrivavano fino a terra.

Il tassista logorroico aveva ragione, il piccoletto era furbo, ma non abbastanza.

Si chinò ventre a terra, mentre uno degli zigomi sfiorava il pavimento polveroso, non aveva nessuna intenzione di dargliela vinta.

Lestrade lo trovò così, mentre rovistava in ogni angolo dell'appartamento alla ricerca dell'animale. "Disturbo?" chiese perplesso lo yarder, mantre osservava con una punta di divertomento Sherlock che sollevava la poltrona per guardarci sotto.

"Se è per il caso di questa mattina sappi che non intendo scusarmi, sai anche tu che ogni parola che ho detto corrisponde alla realtà, comprese quelle su Anderson" sbottò il Consulting detective sollevando i ciocchi bruciacchiati del caminetto.

"No, no volevo dirti solo che abbiamo preso il colpevole, ha confessato dopo mezz'ora di interrogatorio, avevi ragione" ammise Greg "Certo che avevo ragione" sbottò l'altro con fare saccente. "Che stai facendo?" chiese incuriosito Lestrade muovendo un paio di passi all'interno dell'appartamento.

"Sto cercando un riccio" sbuffò il moro "E sono anche abbastanza occupato, quindi se non hai niente per me levati dai piedi" aggiunse sollevando il teschio, era improbabile che il puntaspilli si trovasse li dietro, ma aveva già dato prova di una mente diabolica.

"Intendi quel riccio?" chiese l'investigatore indicando divertito con il pollice la sua camera da letto. Attraverso lo spiraglio della porta aperta (perchè non la chiudeva mai accidenti!?) era possibile vedere la palla di spine comodamente adagiata sul suo materasso.

"Oh no, non se ne parla!" esclamò Sherlock, varcando la porta con ampie falcate e tendendo una mano verso la palla di spine giallognola. Per tutta risposta l'animaletto gli mostrò i denti in quella che, almeno nelle sue intenzioni, doveva essere una temibile espressione di guerra.

"Scendi dal mio letto" sillabò il detective, pensando a quale fosse il modo migliore per buttarlo fuori dalla sua stanza senza danneggiarlo troppo, doveva essere intatto per l'esperimento. "Sherlock, è un riccio non un cane, non puoi dargli ordini di questo genere" esclamò esasperato Lestrade "e poi. . . perchè ce l'hai?" domandò sinceramente incuriosito. "Esperimento" borbottò il moro, cercando di aggirare il puntaspilli "Voglio confrontare i vari stadi di decomposizione degli organi interni rapportandoli tra di loro" aggiunse tendendo la mano e ritraendola di scatto, lontando dai dentini affilati dell'animale, che si chiusero a scatto ad un soffio dal suo indice.

"Vuoi ucciderlo?" chiese Greg a disagio, sapeva che Sherlock era estraneo a sentimenti come la compassione, ma l'idea che potesse uccidere un animale lo metteva a disagio. "Non dire sciocchezze Gavin, quando l'ho raccolto pensavo che sarebbe morto di freddo da solo, non certo che si sarebbe ripreso così bene" sbottò chinandosi a fissare la creatura negli occhietti neri, che lo osservarono di rimando con aria di sfida.

"Mi chiamo Greg" disse in automatico poi sorrise "Buona fortuna comunque, non sembra che il tuo nuovo coinquilino abbia l'aria di voler cedere, è un vero soldato" commentò divertito Lestrade prima di uscire dall'appartamento.

"Non è il mio nuovo coinquilino" sbottò Sherlock, senza però ottenere alcuna risposta.

Dopo un'istante tornò a fissare la palla di aculei "A noi due" sibilò tendendo nuovamente la mano.


17/11/10 ore 17.18


"Buone notizie, sembra che nessuno dei due abbia la rabbia" disse Molly sorridente, alzandosi dal microscopio e levandosi il guanto in lattice.

Dovette trattenersi dal ridere, mentre dall'altro lato del tavolo Sherlock e il riccio si fissavano in cagnesco. Se da un lato l'animale sembrava in perfetta salute e soddisfatto di sè stesso, questo non si poteva dire dell'umano che aveva le mano completamente ricoperte di cerotti, per i morsi e le punture varie.

"A proposito" aggiunse la ragazza avvicinandosi e prendendo delicatamente in mano l'animaletto, che con somma frustrazione del detective, non accennò minimamente a voler mordere Molly. "Ho controllato, e sembra che non abbia nessun parassita. E' strano, ma non impossibile in effetti. Dove l'hai trovato?" chiese accarezzandolo delicatamente con un dito sul musetto a punta. Per tutta risposta la palletta giallognola inclinò la testa con aria soddisfatta.

"Nel bosco" disse insofferente Sherlock "ma vorrei tanto non averlo fatto" aggiunse, ricevendo due occhiate di biasimo dalla ragazza e dal riccio.

"Bhè adesso è una tua responsabilità" disse Molly poggiando il riccio nella sciarpa blu dove l'aveva trasportato il detective "Almeno fino a primavera, se lo riportassi adesso nel bosco, dopo che hai distorto tutti i suoi ritmi di letargo-veglia non riuscirebbe più ad addormentarsi per tutto l'inverno e morirebbe assiderato" disse gravemente la ragazza.

"Ma davvero?" commentò, con un sorrisetto mefistofelico Sherlock, allungando una mano verso l'involto blu, ma ritrendola subito quando lo udì ringhiare piano.

Osservò l'esserino, da quando lo aveva portato al laboratoria sembrava stanco, faceva fatica a rimanere sveglio, ma non accennava a volersi addormentare, come se temesse di risvegliarsi con un polmone o un rene in meno.

"Sì" disse la ragazza, che non sembrava essersi accorta del reciproco scambio di ostilità dei due. "Sai quando ero ragazza ne avevo trovato anche io uno e lo avevamo tenuto con noi in giardino, sono creature così intelligenti" commentò, mentre il moro alzava gli occhi al cielo.

"E allora fondate un fan club sui ricci, se lo pensate tutti quanti" sbottò afferrando la sciarpa e dirigendosi verso l'uscita, non senza però prima lanciare un gridolino di dolore per un nuovo morso.


18/11/10 ore 01.36


Sherlock fissava il vuoto davanti a se, immerso all'apparenza nel suo palazzo mentale.

Doveva trovare un modo per sbarazzarsi del puntaspilli, ma come?

Gli era chiaro il fatto che non potesse semplicemente ucciderlo, Molly era così emotiva che avrebbe potuto prenderla sul personale.

Non che gli importasse quello che la ragazza pensava di lui, ma avrebbe potuto precludergli l'accesso ai cadaveri dell'obitorio, e questo Sherlock non poteva permetterlo.

Davanti a lui, sulla poltrona rossa dove lo aveva sistemato perchè potesse tenerlo sott'occhio il puntaspilli in questione si ostinava a voler rimanere sveglio, nonostante questo per lui fosse un periodo di letargo. 

"Dovresti dormire" commentò a mezza voce il detective "Se resti sveglio potresti compromettere il funzionamento dei tuoi organi e quelli mi servono intatti" aggiunse a mo di spiegazione.

Per tutta risposta ricevette un righio debole ma deciso.

"Prometto che non ti dissezionerò mentre dormi" disse Sherlock.

Subito l'assurdità della sua affermazione lo colse. L'ammasso di spine poteva anche essere intelligente, ma di certo non poteva comprendere quello che l'umano diceva.

Il consulting detective, irritato dal sentimentalismo dilagante che sembrava averlo contagiato, si alzò per andare a prepararsi una tazza di tè.

Quando tornò il riccio si era addormentato.

Doveva essere stanco, tutto qui.

Non c'erano altre spiegazioni.


18/11/10 ore 09.02


C'era solo una parola per descrivere la reazione che la signora Hudson ebbe quando la mattina trovò Sherlock addormentato sulla poltrona nera, le gambe distese lunghe e una palletta di spine raggomitolata sul ventre.

Eccessiva.

Mentre quella di Sherlock era più catalogabile tra lo sbalordito e il disgustato.

Mentre la padrona di casa continuava a sproloquiare su quanto fosse affettuoso il nuovo arrivato a Baker street e su un presunto lato nascosto dolce del moro (di cui lei sosteneva di essere sempre stata a conoscenza) il detective cercava di ridimensionare il suo entusiarmo, spiegando che il diabolico puntaspilli aveva solo cercato la fonte di calore più vicina durante la notte, ovvero lui.

Alla fine aveva rinunciato a cercare di contenere la gioia della signora Hudson ed era andato a fare una doccia, per nulla convinto di quello che aveva detto Molly sui parassiti della bestiaccia.

Quando era uscito dal bagno aveva trovato quella sottospecie di ratto spinoso che rosicchiava pezzi di frutta lasciati dalla padrona di casa  su un piattino da tè.

Poteva anche scartare l'opzione di far morire quel coso di fame.


18/11/10 ore 17.00


La stima che Sherlock provava nei confronti del puntaspilli crebbe a dismisura grazie ad un fatto accaduto nel pomeriggio.

Durante una visita assolutamente sgradita di Mycroft i due fratelli si trovavano uno di fronte all'altro, comodamente seduti sulle poltrone del salotto.

Il detective all'arrivo del maggiore degli Holmes aveva temuto che il riccio potesse farsi vedere, provocando l'ilarità di suo fratello, ma sembrava che il topo con le spine avesse deciso di dedicarsi all'esplorazione dell'appartamento e non si era fatto vedere per tutto il colloquio.

O quasi.

Proprio mentre Mycroft si stava lanciando in uno dei suoi soliti noiosissimi discorsi sulla sicurezza nazionale e bla bla bla la creatura aveva deciso presentarsi.

Era comparso con il suo solito incedere lento e tranquillo, provocando la sorpresa di mister governo inglese. Subito Mycroft aveva iniziato a prendere in giro Sherlock.

"Da quando ti circondi di animaletti adorabili fratellino? E non dirmi che è per un esperimento. La mamma sarebbe estasiata se sapesse che il suo figlioletto sente il bisogno di avere animali da compagnia come una persona normale, anzi, credo proprio che lo saprà" aveva sghignazzato il maggiore, osservando il riccio che si dirigeva verso di lui con fare innocente.

"Fidati, non è un "animaletto adorabile" E ti consiglio di spostarti" aveva ribattuto Sherlock con fare infastidito "Quella è la sua poltrona" aveva poi aggiunto indicando con un cenno del capo la poltrona di stoffa rossa dove Mycroft era seduto. "La sua poltrona?" aveva chiesto inarcando un sopracciglio "penso che la tua bestiolina possa aspettare fino a che non mi sarò alzato, dopotutto è solo unaaHAAAA".

Al posto di completare la frase il maggiore degli Holmes si era lanciato in un'imprecazione che avrebbe di certo fatto inorridire mamma Holmes.

Il riccio infatti si era attaccato con tutta forza alla caviglia di Mycroft, affondandoci i dentini aguzzi molto più profondamente di quando avesse mai fatto con Sherlock.

Dopo un'iniziale sbalordimento il moro era scoppaito a ridere a crepapelle, mentre il politico scuoteva la gamba nell'inutile speranza di staccarsi l'animaletto di dosso.

Alla fine il maggiore degli Holmes si era alzato dalla poltrona rossa, e il riccio lo aveva lasciato andare, inerpicandosi lentamente su di essa, fino a sistemarsi con fare soddisfatto sopra il cuscino spiegazzato dell'union Jack.

Mycroft era uscito impettito come un gallo cedrone dall'appartamento, ma non senza prima aver lanciato una serie di indignate invettive verso "quella stupida bestiaccia selvatica" e al suo "stupido fratello con atteggiamenti infantili".

Dopodichè il primo piano del 221B era rimasto silenzioso.

"Immagino di doverti un favore" aveva commentato Sherlock interrompendo il silenzio.

Il riccio si era limitato a lanciare un sospiro soddisfatto in risposta.

Da quel momento il consulting detective e la bestiola lasciarono silenziosamente che una sorta di tregua si instaurasse tra di loro.

Le clausole dell'armistizio erano semplici:

La poltrona rossa apparteneva al riccio.
Il letto apparteneva a Sherlock.
Sherlock non si sarebbe impegnato a sfamarlo, per quello c'era già la signora Hudson.
Il riccio non poteva mordere Sherlock.
Sherlock non poteva sezionare il riccio.

In quel clima discretamente cordiale i due coinquilini (la signora Hudson insisteva a chiamarli così e Sherlock per una volta notava una certa logica nelle parole dell'anziana. Davvero, non si poteva considerare il consulente investigativo come il padrone del riccio) avevano passato il resto della serata e della notte.

Ma quella situazione di reciproca sopportazione era destinata a mutare.


19/11/10 ore 09.55


Se qualcuno  gli avesse chiesto in quel momento che cosa provasse per il puntaspilli Sherlock non avrebbe saputo rispondere.

Antipatia per non essere morto subito e essersi lasciato dissezionare? Forse.

Odio per avergli mordicchiato tutte le mani? Possibile.

Rispetto per essere più intelligente di buona parte degli esseri umani che era costretto a sopportare? Probabile.

Ammirazione per morso la gamba di Mycroft? Certamente.

Anche se non lo avrebbe mai ammesso neppure con sè stesso, il moro provava quasi soddisfazione a vederlo zampettare in giro per l'appartamento. Gli faceva quasi compagnia, e non lo assillava con domande idiote come avrebbe fatto un umano ne con ricerche di coccole e compagnia che certamente un animale domestico normale avrebbe richiesto.

Non si stavano in mezzo ai piedi a vicenda, sembravano entrambi quasi in attesa di qualcosa.

Anche se nessuno dei due sapeva bene cosa.

In quel momento il telefono di Sherlock squillò, una chiamata di Gavin.

Cinque minuti più tardi il consulting detective si stava cambiando, nonostante fossero già quasi le dieci e mezza di mattina, infilandosi una delle sue camicie elegantemente attillate. Sperava davvero per Lestrade che questa volta l'omicidio fosse interessante (non di nuovo un caso di marito fedifrago ucciso dall'amante/dalla moglie per favore. Cominciavano a fargli venire la nausea) oppure Scotland Yard si sarebbe trovata ad investigare su uno strano incidente accaduto ad uno dei suoi ispettori.

Afferrò cappotto e sciarpa, indossandole entrambe, ma fermandosi poco prima di aprire la porta dell'appartamento che dava sulle scale.

Lanciò un'occhiata al riccio che stava annusando prudentemente un angolo della libreria ingombra, per nulla convinto che contenesse solo libri.

Sherlock gli puntò l'indice contro "Non fare nulla. . .di stupido. Capito?" disse un po' impacciato. L'animale gli lanciò un'occhiata indignata come le la sola idea che lui potesse fare qualcosa di stupido lo offendesse profondamente.

L'umano richiuse la porta dietro di sè, per poi riaprirla cinque secondi più tardi "E non andare sul mio letto" disse uscendo dall'appartamento.

Dieci secondi dopo riaprì la porta "E non toccare le colture batteriologiche vicino al microscopio, o ti viviseziono" sbottò infine prima di sbattersi la porta alle spalle.


19/11/10 ore 18.40


Sherlock rientrò in casa visibilmente soddisfatto. 

Per una volta Gavin non gli aveva propinato la solita robetta da quattro soldi, ma un vero caso con i controfiocchi.

Un operaio in una falegnameria era stato licenziato due settimane prima e, senza soldi e pieno di rancora verso il proprio datore di lavoro aveva ben pensato di rapire la moglie e la figlia di questo, sequestrandole in un magazzino ad nord della citta e chiedendo un riscatto di un milione di sterline (non si era neppure sforzato di pensare ad una cifra meno stereotipata, patetico). A Sherlock era bastata poco meno di un'ora per capire chi tra i 13 operai licenziati negli ultimi tre mesi fosse il responsabile.

Leggermente più complicato era stato individuare il magazzino dove l'uomo teneva le due donne prigioniere, visto che, perlomeno, non era stato tanto idiota da fissare il luogo della consegna dove teneva gli ostaggi e si era sbarazzato del suo cellulare.

Il consulente investigativo accese la luce e rimase paralizzato dallo spettacolo che vide.

L'intero appartamento era stato messo a soqquadro, le colture batteriologiche agonizzavano a terra, le provette erano state rovesciate e i cuscini del divano sventrati. Il pavimento sembrava un campo di battaglia.

Sherlock fu invaso dalla rabbia, iniziò a camminare avanti e indietro  alla ricerca del responsabile di quel disastro, anche se aveva i suoi sospetti.

Il riccio non era da nessuna parte, sembrava scomparso dall'appartamento, ma non poteva essere uscito, nonostante la finestra fosse aperta. Non avrebbe mai potuto arrampicarsi fin lì. 

Ad un tratto un sospetto lo colse.

Si diresse a grandi falcate verso la sua stanza e aprì la porta di colpo, ma in quel momento tutta la rabbia che provava scomparve.

In un angolo, vicino all'armadio un grosso gatto persiano bianco con un collare rosso stava facendo la punta ad una palla di spine color crema che tremava convulsamente.

Il consulente investigativo lo riconobbe: era il gatto dei proprietari del cafè sotto l'appartamento di Baker street.

Nuovamente invaso dalla collera, Sherlock afferrò il felino per la collottola, mentre questo, dopo un'iniziale sorpresa, prese a dibattersi furiosamente cercando di artigliare l'umano che lo teneva in quel modo.

Incurante dei feroci miagolii del gatto il moro aprì una delle due finestre del salotto (quella più vicina al locale) e lanciò l'animale sopra la tenda da sole a cupola che sovrastava il negozio**.

Il persiano provò ad agganciarsi alle tende con le unghie ma, complice la padrona che gliele limava accuratamente ogni settimana, finì per scivolare sul marciapide, dove cadde sulle zampe per poi soffiare furiosamente verso l'umano ed andarsene pieno di indignazione.

Sherlock richiuse la finestra e tornò in camera sua. Il riccio non si era mosso da dove lo aveva trovato, e continuava a tremare violentemente.

"Shhh, va tutto bene, va tutto bene. Ci sono qui io ora" sussurrò il moro sfiorando con la punta delle dita gli aculei biondi dell'animale.

Poco a poco l'animaletto si rilassò, sciogliendosi dalla sua posizione difensiva e lasciando che l'umano lo raccogliesse delicatamente nelle mani a coppa. Solo allora Sherlock notò che la sua zampa sinistra sanguinava abbondantemente all'attaccatura.

Il consulente investigativo si alzò e lo portò in cucina.


19/11/10 di nuovo ore 23.08


Sherlock poggiò i fascicoli di Lestrade sul tavolino di fianco a lui, restando a contemplare il riccio a cui, poche ore prima, aveva delicatamente bendato la ferita. Ora se ne stava tranquillamente coricato tra la stoffa blu della sciarpa e il cuscino bianco rosso e azzurro, mentre le fiamme del caminetto facevano apparire i suoi aculei giallognoli quasi dorati.

Solo dopo averlo curato si era reso conto che in realtà avrebbe potuto benissimo non bendarlo e lasciarlo morire per poi utilizzarlo per il suo esperimento.

Ma non era pentito della sua svista, se di una svista si poteva parlare.

Non sentendo più il frusciare delle pagine il riccio alzò il capo e rimase a fissare l'umano a cui, fino a poche ore prima, aveva morso le dita senza pietà.

"Dovremmo trovarti un nome" borbottò ad un tratto Sherlock, tamburellando le dita sul bracciolo della sua poltrona. "Sia ben chiaro, a me non importa, mi va bene anche continuare a chiamarti riccio, ma la signora Hudson potrebbe non approvare".

L'animale battè lentamente le palpebre e il moro lo prese come un tacito consenso.

"Stavo pensando a Puntaspilli" mormorò divertito.

Un leggero sorriso gli increspò il viso quando ottenne un ringhio in cambio.

"Okay, è troppo lungo. Spillo e basta?"

Nuovo ringhio.

"Spike?"

Ringhio estremamente irritato.

Un lungo silenzio seguì l'ultima proposta.

"Lestrade diceva che eri un soldato. Mhhhh che ne dici di John? Soldato John suona bene no?".

Un lievissimo squittio fu il segnale che John poteva andare bene.

"Va bene"mormorò Sherlock chiudendo gli occhi per riposare qualche ora sulla poltrona "Buonanotte John".



* I ricci biondi esistono realmente. Si tratta di una mutazione recessiva molto comune sull'isola di Alderney, in Francia. A differenza di quello che si potrebbe pensare, non sono albini: gli occhi infatti sono neri e non rossi, gli aculei hanno un uniforme color crema e sono refrattari ai parassiti come le pulci (grazie wikipedia).

**Lo so che è crudeltà verso gli animali, e non vogliatemi male, io amo tantissimo i gatti, ma i persiani (o almeno i rappresentanti di questa specie che ho incontrato io) sono creature di una stronzaggine più unica che rara.



E niente, questa qua mi è uscita direttamente dal cuore e dall'esperienza personale visto che in quasi 18 anni di vita ho raccolto: 5 passerotti caduti dal nido, 2 merli, 1 pipistrello, 2 gattini randagi, 1 coniglietto selvatico, 1 riccio che da allora ha preso possesso della legnaia (non scherzo, poco ci manca di trovare i ciocchi di abete con sopra graffitato hedgehog rules! )e 1 pappagallino scappato da chissà dove (oltre al cane e alla gatta mezza cieca e mezza scema). . .la mia non è una casa. . . . . .è la stramaledetta arca di Noè! Quindi non ho potuto fare a meno di chiedermi, complici le migliaia di fanart, che cosa sarebbe successo se Sherlock al posto di trovare un John, avesse trovato un Hedgejohn (Ba-dum-tsss, okay scusate, questa faceva proprio pena).
   
 
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