To the Beautiful You
- Stati
Uniti -
-Ehi…
Jinki! Guarda la Tv, c’è un tuo connazionale che
farà un salto da due metri e
mezzo. Se ci riuscirà, stabilirà un nuovo record!
–
-Dai
su svegliati... piccolo. -
-Hmm…
non chiamarmi piccolo, lo sai che non mi piace. -
Il
ragazzo infastidito tolse la sua mano dal volto, non amava essere
toccato
soprattutto, dalle ragazze con le quali ci passava per divertimento
solo il
fine settimana.
Poi,
prese il telecomando che stava sul comodino alla sua destra e accese
quella
scatola rettangolare che stava davanti a lui.
La
tv trasmetteva in diretta la gara Olimpica del salto in alto.
Jinki
lentamente si alzò sedendosi sul letto, non staccava gli
occhi dallo schermo
mentre muoveva le mani indietro per sistemare meglio i cuscini in modo
da
poggiarci la schiena per stare più comodo possibile e
godersi lo spettacolo.
Il
silenzio regnava sovrano, non solo nella stanza ma anche nell’arena di lancio. I minuti passavano e il
giovane che era pronto ad affrontare la sfida che lo avrebbe fatto
diventare
una celebrità, si stava preparando al salto.
La
trombetta suonò ponendo fine al silenzio ma, non alla
concentrazione
dell’atleta che iniziò a correre.
Corsa ben decisa …
… uno …
…
due …
… tre …
Passi
lunghi che precedettero lo slancio. La
schiena del ginnasta s’inclinò, insieme alle sue
gambe oltrepassando l’asta
che, rimase immobile senza cadere.
Era
riuscito a battere il record, a fare quel che sembrava per gli altri
avversari... impossibile.
Aveva
vinto la medaglia d’oro.
Pochi
istanti e poi, fu circondato dai telecronisti, dalla stampa e dai flash
delle
macchine fotografiche.
“…
WOOW …”
Lo
schermo si spense sotto l’incredulità di Jinki.
Forse, aveva visto qualcosa che
gli altri non avevano visto … forse, aveva iniziato ad
ammirarlo da lontano …
-TRE
SETTIMANE DOPO -
Una
valigia verde era trascinata verso il terminal del grande aeroporto di
Yceon.
“Miracolo
...
ecco un altro modo di chiamare l’impegno
…”
Era
quello che c’era scritto su un maxi cartellone con
l’immagine di Choi Minho,
l’atleta che aveva fatto l’impossibile.
“Finalmente
sono ad un passo da te …”
pensò Jinki guardando quel cartellone prima di uscire
dall’aeroporto per
prendere un taxi e farsi accompagnare alla scuola che coltivava molti
talenti.
Era la stessa scuola che frequentava Minho.
All’arrivo
Jinki scese dal taxi, ringraziò il taxista porgendogli una
banconota. Prese la
sua valigia ed entrò nell’enorme cancello grigio
in ferro zincato.
Ad
attenderlo c’erano molte ragazzine stridulanti convinte che
fosse Minho a
scendere da quel taxi ma, constatato che non era lui, lo fecero entrare
senza
difficoltà.
“Non
posso
crederci che è così amato da queste ragazzine
… al massimo avranno tredici anni
l’una …” pensò
Jinki mentre percorreva la strada che lo avrebbe condotto
all’entrata
principale.
Nello
stesso istante arrivò un SUV nero, all’interno vi
era l’autista con a bordo,
due passeggeri: Minho e una donna che, era la sua
segretaria.
Jinki
vedendo l’auto provò a guardare per vedere chi
fosse arrivato ma, non riuscì a
scorgere nessuna figura.
-Sarà
qualcuno d’importante... - mormorò fra
sé.
Entrò
nella scuola e si diresse in segreteria, dove incontrò
un’insegnate
rimproverandolo per non aver indossato l’uniforme. Jinki
spiegò che si era
appena trasferito e il docente scusandosi lo portò a
compilare i documenti
mancanti.
-Ragazzo
mio, il tuo curriculum è veramente sorprendete! Con questi
risultati anche tu
potresti diventare una celebrità! –
sbottò l’uomo dai capelli brizzolati.
“Eh…
eheheh …
quel deficiente ha esagerato a inventare questo falso profilo
… altro che
talento. L’unica cosa che so fare è
cantare!” pensò Jinki accennando ad
un mezzo sorriso preso
dalla tensione di essere smascherato.
[Una settimana
prima della partenza]
- Jinki ma sei
pazzo? Come puoi chiedermi di falsificare il tuo curriculum solo per
entrare in
quella stupida scuola! Per vedere chi? Quel Minho? -
pronunciò incredulo una degli amici di Jinki,
esperto di computer. Aveva l’aria di un ragazzo stupido ma,
in realtà era un
genio dell’informatica.
-Tu non puoi
capire … si è infortunato e ha smesso di saltare!
Tu non hai colto quello che
ho visto io! – ribatté Jinki guardandolo con occhi
supplichevoli.
Già
nessuno aveva
visto quel salto come lo aveva osservato lui … e nessuno
riusciva a capirlo.
Dopo quel salto
Jinki iniziò a fare ricerche sul conto di Choi Minho e come
un fan
sfegatato era
informato ventiquattro ore
su ventiquattro sui suoi allenamenti, miglioramenti e infortuni
…
Era grazie ad una
rivista che aveva saputo che scuola frequentava e, una volta fatta una
ricerca,
vide che era impossibile entrarci, fatta eccezione per chi avesse
talento nello
sport.
-OK …
TIENI! TZ …
non so come puoi lasciare il canto solo per cosa? Aiutare il tuo
bell’atleta a
rimettersi in carreggiata? E se lui non volesse il tuo aiuto? E se
fosse una
sua scelta, quella di non continuare? Jinki riflettici ! - , il ragazzo
picchiettò velocemente su quella tastiera nera e in pochi
attimi creò un
curriculum sorprendente. Lo stampò e lo porse al suo amico
rimproverandolo.
-Andrà
tutto
bene, non preoccuparti per me … farò quello che
so fare meglio e poi, ritornerò
in America per continuare i miei studi di canto – rispose
Jinki prendendo quel
fascicolo senza leggerlo.
Il
professore dopo aver registrato i dati lo condusse allo spogliatoio
dove Jinki
si sarebbe potuto cambiare indossando l’uniforme.
-Dopo
esserti cambiato, vai nell’aula stabilita per seguire la
lezione.- raccomandò
il docente. Jinki annuì ed entrando nello spogliatoio
andò al suo armadietto,
lo aprì e rimase meravigliato di trovare
l’uniforme con il suo nome sopra.
-Faithing!
– esclamò indossandola prima di correre in classe.
Una
volta entrato, non si aspettava il silenzio poiché era nuovo
e forse, qualcuno
voleva sapere da dove venisse e perché si trovasse in quella
scuola, però non
fu così.
I
ragazzi non si accorsero di lui, erano impegnati a parlare fra loro
divisi in
gruppetti; c’era solo un ragazzo che alzò lo
sguardo come Jinki varcò la porta:
era Kim Jonghyun.
Jinki
cercò di presentarsi, ma niente. L’unica occasione
in cui ebbe la loro
attenzione, fu quando gli fu lanciata una buccia di banana in pieno
volto. Il
giovane si arrese mentre Jong gli mostrò il banco accanto al
suo dicendogli che
era vuoto.
Jinki
gli sorrise e timidamente, si sedette accanto a lui senza fiatare.
Passarono
pochi minuti e nell’aula entrò Minho, Jinki
alzò lo sguardo e vedendolo sgranò
gli occhi. Si sentiva emozionato, Choi Minho era entrato da quella
porta e si
stava dirigendo verso di lui. Minho sembrava avere lo sguardo perso nel
vuoto,
forse seccato di essere in quella scuola o semplicemente, stanco di
essere
circondato da quelle ragazzine.
Si
sedette al banco posto dietro a Jinki.
Jinki
voleva trattenersi dal girarsi ma, non ci riuscì, si
voltò sorridendo, i loro
occhi s’incontrarono e lui non poté che
bisbigliare: - Sei proprio tu? Minho!-
Minho
corrugò la fronte e sospirò prima di
rispondergli: - Girati avanti! – con tono
seccato.
Le
ore passavano con continui cambi di professori fino al suono
dell’ultima
campanella che segnava la fine delle lezioni.
Minho
fu il primo a uscire dalla classe. Jinki invece fu uno degli ultimi
insiemi al
gruppo di ragazzi che poche ore prima lo avevano “umiliato”, uno di loro si
avvicinò tranquillamente a Jinki e
portando la mano sinistra sulla spalla destra dell’altro: -
Ehi … nuovo
arrivato. Lo sai che per essere accettato devi superare una prova?
– chiese il
ragazzo dalle labbra carnose e dalla chioma bionda.
-
Una prova? Che cosa devo fare? – rispose Jinki votandosi.
-Nel
giardino della scuola c’è un cane che si
è impossessato della nostra palla da
baseball … dovresti recuperarla al posto nostro, semplice
no? – spiegò il
ragazzino inclinando la testa sorridendogli. Jinki annuì.
Il
ragazzo allora lasciò la presa per poi salutarlo. “Vediamo se riuscirà a
prenderla …” pensò
dirigendosi nel suo
dormitorio.
Jinki
si recò nel giardino, era molto grande con varie stradine,
panchine poste
davanti alle siepi e i lampioni che, s’illuminavano in tarda
serata. Il ragazzo
prese uno di quei percorsi, camminò per pochi minuti prima
di ritrovarsi
davanti ad un piccolo spiazzale con una cuccia.
“Deve essere
quella …”
pensò avvicinandosi. Arrivato davanti alla cuccia, si
piegò, vide il cane, era
bianco e sembrava una volpe. Il cane lo vide ma non abbaiò,
anzi si alzò dalla
sua casetta, avanzò verso Jinki iniziando a leccarlo. Jinki
iniziò a ridere,
amava gli animali e non capiva del perché gli altri avessero
paura di quel cane
inoffensivo.
Entrò
nella cuccia per cercare la palla, una volta trovata la prese,
indietreggiò e
uscendo urtò alla gamba di qualcuno. Notò i
pantaloni grigi della divisa
scolastica, alzò il capo e vide Minho.
-Oh
… scusami tanto, stavo solo prendendo la pal.. - si
bloccò, Minho lo stava
guardando di nuovo in quel modo.
-Puoi
andartene grazie … - disse freddo e distaccato.
-Tornerai
a saltare vero? Per quel che vedo, il tallone è quasi
guarito... - rispose
Jinki facendo finta di non aver ascoltato le parole
dell’altro.
-Non
è affar tuo e, ho detto di andartene … -
ripeté di nuovo scocciato Minho.
Jinki
annuì e se ne andò.
Rientrando
nel dormitorio incontrò Jong che gli andò
incontro offrendosi di accompagnarlo
nel suo dormitorio.
-Allora
… se il numero della stanza è giusto, dovresti
essere nel dormitorio blu … -
sbottò Jong leggendo il foglietto che strappò
dalle mani di Jinki.
-
Ah … scusa non mi sono neanche presentato … mi
chiamo Jonghyun. Tu?- disse il
giovane ragazzo dai capelli castani e poco più basso di lui.
-
Non preoccuparti … io mi chiamo Jinki, piacere di
conoscerti!- rispose
sfoderando uno dei suoi migliori sorrisi.
“Jinki, che bel
nome … come il suo sorriso.”
pensò Jong ricambiandolo con lo stesso entusiasmo.
A
guardarli in lontananza c’era un ragazzo dagli occhi felini
capaci di far paura
a chiunque li guardasse, soprattutto quando era nervoso.
Non
era Jinki che guardava, ma Jong “Hmm
…
appetitoso …” pensò
accennando un mezzo sorriso con quelle sue labbra a
forma di cuore.
Intanto
Jinki e Jong si erano allontanati insieme, il più basso,
iniziò a spiegargli
come funzionavano le cose all’interno della scuola, gli
mostrò la mensa, l’aula
studio, il bar e per finire, arrivarono al dormitorio blu.
Jinki trasportava con
sé la sua valigia mentre
Jong cercava la stanza, nella quale, una volta trovata, il
più basso vi entrò
per primo poi, fu la volta del più alto che si chiuse la
porta alle spalle.
Il
nuovo arrivato rimase a bocca aperta ritrovandosi davanti a quella
stanza.
C’erano
due scrivanie ben arredate, due scarpiere, un frigo e la stanza era
soppalcata
per metà.
Infatti
il letto in basso era stato già occupato dal ragazzo con il
quale avrebbe
condiviso la stanza.
Invece,
quello che sarebbe stato il suo, si trovava in alto.
La
meraviglia la si leggeva nei suoi occhi mentre con lo sguardo
notò la scala a
chiocciola da dover usare per salire, sembrava uno spazio a due piani,
e si
sorprese nel constatare che oltre al letto c’era sia il
comodino che un comò
grande .
Era
super contento, neanche in America aveva avuto una stanza del genere.
In più
c’era il bagno all’interno della camera e un
divanetto con un tavolino.
-È
perfetta!- esclamò Jinki.
– Jong, per
caso sai con chi dividerò la stanza?- chiese al suo nuovo
amico.
-Ehm
… sì, però non te lo dico.
Sarà una vera sorpresa! - rispose l’altro
facendogli
l’occhiolino. Non voleva dirgli che si trattava di Minho.
Aveva notato come
Jinki parlava sempre di lui, si erano conosciuti da poco eppure, non
aveva
perlato di se stesso ma solo, di quell’atleta.
Jong
invece gli aveva spiegato di essere bravo a calcio e che, il suo
obbiettivo era
quello di entrare nella nazionale per poter anche lui, avere la
possibilità di
gareggiare alle Olimpiadi.
Il
più piccolo lasciò il suo nuovo amico da solo in
stanza.
Chiusa
la porta, Jong notò che c’era qualcuno che lo
stava spiando. Percorse il
corridoio tranquillamente, girò a destra e, invece di
proseguire poggiò
improvvisamente le mani al muro spiazzando il ragazzo che lo stava
spiando.
-Boccuccia
a cuore, eri tu … - disse Jong guardando negli occhi il
giovane.
-Cia…
ciao Jong … giuro che non ti stavo spiando io …
bhe … - il ragazzo iniziò a
balbettare mordendosi il labbro inferiore nervosamente.
-
… non morderti le labbra … non voglio che si
rovinino a causa mia. –
rispose il ragazzo dalla pelle ambrata,
portando il pollice della mano destra sulle labbra dell’altro
sfiorandole. – Lo
sai che sei più carino quando sei geloso?- chiese con voce
calda e profonda,
però, non riuscì a trattenere quel sorriso
sarcastico. Sapeva che avrebbe
infastidito Key.
-Smettila
di prendermi in giro!- esclamò allontanando la mano di Jong
dalle proprie
labbra. – Quello che è successo è stato
solo un errore dettato dall’eccessivo
alcol che abbiamo bevuto durante la festa! Quindi SMETTILA DI PRENDERTI
… - Key
stanco di essere preso di mira da Jong iniziò ad urlare ma
l’altro, riuscì a
tappargli la bocca con la mano concludendo la sua frase : -
… gioco di te? -,
Key annuì mentre i loro sguardi persi l’uno
nell’altro si allacciavano dicendo
il contrario delle loro bocche.
Nei
loro occhi c’era una scintilla ma, entrambi sapevano cosa
significasse senza
però dargli retta.
Key
spinse Jong distogliendo lo sguardo, lo fece indietreggiare e lui
scappò via.
[Un anno prima
alla festa di inizio anno]
Tutti gli
studenti si erano riuniti nella hall della scuola per festeggiare
quello che
sarebbe stato l’inizio del loro secondo anno accademico.
Promesse, speranze e
voglia di fare l’impossibile come il loro compagno di scuola.
Ecco cosa
festeggiavano. I loro successi ancor prima di renderli reali.
Jong
quell’anno
aveva bevuto molto sapendo che c’era molta strada da fare
prima di raggiungere
il suo obbiettivo quindi, decise solo di divertirsi e per farlo
chiamò alcune
modelle facendole intrufolare all’interno della scuola.
Però, le
cose non
andarono come lui voleva. Le modelle si mischiarono fra gli altri
studenti
dell’ultimo anno lasciandolo da solo.
Key invece aveva
semplicemente bevuto perché gli piaceva. Nessun fine e
nessun successo.
I due casualmente,
quella sera si ritrovarono in bagno, Jong provocò Key che
senza pensarci un
secondo, si fiondò sulle sue labbra e poi scappò.
Durante la serata
i due non si videro e continuarono a festeggiare insieme ai loro amici
fino a
quando la festa non finì e ognuno ritornò nelle
proprie stanze, o meglio così
si pensava.
Key aveva molte
volte stalkerato Jong, sapeva dov’era la sua stanza e quella
notte, sbronzo
com’era, si ritrovò a entrare per sbaglio nella
sua stanza. Jong la lasciava
sempre aperta, ancora non gli era stato affidato un compagno di stanza.
Sicuro di
sé il
ragazzo entrò nella stanza senza accendere la luce quando,
qualcuno lo baciò
sulle labbra. Jong inizialmente era convinto che fosse una modella,
ricambiò il
bacio facendola distendere sul suo letto.
“Qualcosa
non va
…” pensò Jong continuando a baciare
quelle labbra peccaminose mentre tentava di
accendere l’abat jour sul suo comodino. Ci riuscì
e, vide chi era quella
persona che stava sotto di sé. “ … Key
...” pensò fra sé senza però
fermarsi.
Jong era rimasto
ammaliato da quella bellezza e fragilità che
l’altro, gli stava mostrando in
quel momento. Di solito Key era un tipo scontroso e lunatico ma, quella
sera
era completamente un’altra persona.
Per tutta la
notte fecero l’amore… ansimi … spasmi
… schiene inarcate e graffi indelebili
sul corpo.
Secondo Jong
è
stata la notte più bella della sua vita.
Il giorno dopo
Key si svegliò prima di lui, si rivestì e
scappò via lasciandogli un
bigliettino con scritto: E’ STATO UN ERRORE DETTATO DAL
TROPPO ALCOL.
Jong una volta
svegliatosi, vide che accanto a sé non c’era
più il suo amore ma un bigliettino
sul cuscino. Lo lesse e non comprese mai quelle parole sapendo che
l’altro era
attratto da lui.
♠
♣ ♥ ♦
Jinki
intanto aveva disfatto la valigia mettendo ogni sua cosa nel suo spazio.
-Sarà
meglio farmi una doccia! - mormorò fra sé
entrando nel bagno chiudendo la porta
e infilandosi in doccia.
Come
Jinki aprì l’acqua, Minho varcò la
porta della loro stanza rischiando di
inciampare per via di un paio di scarpe non sue poste davanti alla
porta.
“Eeeh? Queste non
sono mie … non mi dire che devo condividere la stanza con
qualcuno!” pensò guardandosi intorno.
Udì
il rumore dell’acqua provenire dal bagno.
“ Chi sarà mai?”,
notò che la porta del bagno
non era stata chiusa correttamente allora decise di entrare.
Contemporaneamente
Jinki chiuse l’acqua, prese l’accappatoio e lo
indossò prima di uscire dal box
doccia con gli occhi chiusi.
-Non
è possibile … ancora tu?- sbottò
incredulo Minho.
Jinki
al suono di quella voce si spaventò, non si era accorto che
qualcuno fosse
entrato nel bagno. Aprì gli occhi sorpreso di vedere davanti
a sé Minho.
-Mi…
mi hanno assegnato a questa stanza. - ribatté uscendo dal
bagno con ancora addosso
l’accappatoio.
-Bene,
adesso vestiti e vattene … - rispose freddamente
l’altro.
-Cosa?
IO NON VADO DA NESSUNA PARTE! - urlò Jinki stanco di quel
comportamento.
Allora,
Minho prese la valigia verde di Jinki, salì sul suo piano e
tolse i suoi
vestiti dai vari cassetti buttandoli a terra.
-EHI…
NON PUOI FARLO! Solo perché sei famoso, non puoi permetterti
di essere così
scontroso verso gli altri! SEI ARROGANTE! Questo, dovrebbero scrivere
su di te
sulle riviste. - pronunciò Jinki salendo le scale a
chiocciola per tentare di
fermare Minho che, al contrario lo spinse. Il giovane si rifece di
nuovo avanti
ma questa volta con l’intenzione di picchiarlo, lo stesso
scopo era di Minho.
I
due iniziarono a spingersi fino a scivolare insieme dalle scale.
-A
parte quel sorriso e quella medaglia che cosa sei eh? –
continuò Jinki una
volta atterrato sopra di lui iniziando a prenderlo a pugni. Minho
riuscì a
proteggersi il viso, aspettò che l’altro
scaricasse la sua rabbia e subito dopo
partì al contrattacco ribaltando le posizioni.
Jinki
al contrario di Minho non sapeva difendersi, accusò i colpi.
-Che
succede non ti difendi? Sei una femminuccia? Perché non te
ne torni in America
bastardo?- disse Minho con occhi arrossati e le gambe tremanti.
I
ragazzi che stavano nella porta accanto sentendo tutto quel baccano,
chiamarono
il capo del dormitorio che dopo alcuni minuti fece irruzione nella loro
stanza,
con lui entrò anche Taemin, il ragazzo biondo che aveva
chiesto a Jinki di
prendergli la palla da baseball.
-SMETTETELA
ORA SE NON VOLETE ESSERE ESPULSI!- urlò il capo seriamente
arrabbiato.
Minho
si bloccò guardando Jinki con occhi tristi. Ripensamenti su
quello che aveva
fatto? No, non era per quello ma per le parole che Jinki ebbe il
coraggio di
dirgli. Nessuno prima d’ora lo aveva affrontato
così come aveva fatto lui.
Taemin
spingendo Minho indietro soccorse Jinki.
-
Jinki ti porto in infermeria.- disse preoccupato sollevandolo da terra
portando
il suo braccio intorno al collo e, per sorreggerlo meglio lo cinse per
un
fianco con il braccio.
-
… sono riuscito a prendere la palla … -
sbottò Jinki abbozzando un mezzo
sorriso.
-
Quanto sei scemo … - mormorò fra le sue labbra
Taemin portandolo in infermeria.
♠
♣ ♥ ♦
Intanto
le settimane passavano, le amicizie si intensificavano ma, Jinki e
Minho non
ebbero modo di parlare o, di scambiarsi sguardi fugaci fino al giorno
della
cerimonia di beneficenza che la scuola organizzava ogni anno.
Era
una tipica giornata d’inverno, il sole splendeva nel cielo
mentre da lontano
sembravano arrivare delle nubi grigie minacciose ponendo fine a quella
giornata
luminosa.
Il
vento era assente, l’aria che si respirava era fresca e
pulita.
Quel
giorno Jinki si era alzato presto per andare a correre, amava quando
l’aria leggermente
fresca gli accarezzava il volto rendendolo liscio e soffice come la
neve.
Indossava una tuta blu con le strisce laterali bianche e nere,
scarpette blu
con lacci bianchi e un cappellino di lana, adatto per le corsette. In
più aveva
con sé un orologio sportivo che gli indicava i chilometri
che percorreva,
quante calorie bruciava e quanto doveva assimilarne per rimanere in
perfetta
salute.
Durante
la sua corsetta che prevedeva il tour per il giardino, campo di
baseball e
calcio, vide Taemin e Jong allenarsi insieme. L’uno aiutava
l’altro in due
categorie completamente diverse mentre, in lontananza dietro ad un
cespuglio
intravide un ragazzo tutto ben incappucciato pronto a scattare delle
foto ai
suoi due amici.
“Ma che tipo
strano … il primo giorno di scuola ho notato che seguiva sia
me che jong … uhm
… forse ha una cotta per lui …”
pensò Jinki facendo finta di nulla mentre continuava la sua
attività.
-EHIIII
JINKIIIII!- una voce allegra e squillante fece arrestare la sua corsa, “…e adesso chi
sarà mai…” pensò
voltandosi. Improvvisamente una figura alta e robusta gli si
presentò davanti
sorridendo. Era il rappresentate del suo dormitorio.
-Scusa
se interrompo i tuoi allenamenti ma, era un mio dovere informarti che
questa
sera ci sarà una festa di beneficenza e, tutti gli studenti
devono essere
presenti. Molto probabilmente ti ritroverai più di una volta
faccia a faccia
con Minho e, non voglio che la festa venga rovinata per
un’altra vostra lite.
Ok? – il ragazzo parlò con sincerità
esponendo la sua preoccupazione. Sapeva
che Jinki sapeva far finta di nulla ma, non valeva lo stesso per Minho.
-Va
bene, cercherò di evitarlo … a quanto pare Lui
non sopporta la mia presenza.
Sto aspettando che si liberi un posto per cambiare stanza.- rispose
Jinki
abbozzando un mezzo sorriso di rimorso per aver
“attraversato” l’Oceano
Pacifico ed aver abbandonato la scuola di canto, solo per stare accanto
al suo
idolo che a quanto pare, non lo voleva vedere.
-Oh…
mi dispiace molto, sai da quando ha perso sua madre… Minho
non è più lo stesso…
- il giovane capì di aver detto fin troppo, fece finta di
tossire e : - … bando
alle ciacie, ti aspetto questa sera vestito con giacca e cravatta!
– cambiò
discorso e facendogli l’occhiolino lo salutò prima
di tornare anche lui ad
allenarsi al salto in alto.
Jinki
annuì ricambiò il saluto e continuò la
sua corsa. “Devo uscire a comprare
il vestito.”
Nel
pomeriggio Taemin inviò un messaggio a Jinki, scrivendogli
che sarebbe uscito
dal campus a fare alcune compere per la festa e, voleva sapere se
voleva
accompagnarlo.
Jinki
gli rispose che sarebbe uscito volentieri con lui, gli occorreva un
vestito per
il galà.
Allora,
i due si incontrarono fuori dal cancello e insieme passeggiarono per le
vie
della città.
-Tae,
non sapevo che per uscire dal campus c’era bisogno di un
permesso…- sbottò
sorpreso Jinki mentre entrava in un negozio di abiti da sera.
-Già
… io per fortuna posso uscire tranquillamente. Sono qui
grazie ad una borsa di
studio ed un mio diritto poter lavorare per avere qualche soldo da
parte…-
rispose Taemin seguendolo all’interno del negozio.
-
OOooh, quindi tu lavori? E come fai con gli allenamenti? –
chiese curioso Jinki
guardando alcuni abiti della sua taglia.
-È
semlice… io lavoro solo la sera. Faccio il cameriere e
quando i clienti hanno
voglia di ascoltare un po’ di musica,
suono il piano per loro.- disse sorridente Taemin
prendendo un completo
nero mettendolo accanto a jinki per vedere se gli stesse bene.
– Uhm … si,
prova questo!- si mosse verso il più grande mostrandogli il
vestito che aveva
scelto per lui. Jinki lo guardò per ben tre volte prima di
prenderlo e
provarlo. – Aspettami… ci metterò un
attimo!- affermò Jinki allontanandosi
verso il camerino.
Intanto
Taemin si era seduto su una poltroncina in pelle nera e,
nell’attesa guardò
attentamente il negozio.
Era
piccolo ma ben organizzato : c’era il reparto dei completi,
delle calze da
poter scegliere in base al colore del vestito. C’era inoltre
un reparto per le
cravatte ed uno per le scarpe.
“Tz… alla faccia
delle celebrità! Ci manca solo il reparto per i portafogli e
siamo apposto!” pensò fra sé
e sé Taemin. Nello
stesso istante una commessa tirò fuori un portafoglio da
mostrare al cliente
per poter abbinare al suo completo.
“No … non ci
posso credere…”
,continuò il suo monologo interiore sgranando gli occhi non
solo per aver visto
il portafogli ma, per aver capito riconosciuto il cliente. Era Minho.
Celere
si alzò dalla poltroncina e corse verso i camerini cercando
il suo amico che,
non trovò. “Diavolo
Jinki, dove sei?”.
Una commessa vide Taemin intento a cercare qualcosa, si
avvicinò con calma
chiedendogli cosa stesse cercando. Taemin voltandosi iniziò
a descriverle il
suo amico e Lei sorridente rispose : - Il suo amico sta pagando in
questo
momento.-, gli indicò la cassa.
Jinki
aveva finito di pagare, non avendo visto Tae era convinto di trovarlo
fuori dal
negozio.
-Eccomi!
Possia…- si bloccò ritrovandosi davanti Minho. Si
trovava fuori con il viso
rivolto verso il cielo a guardare le prime stelle che iniziavano ad
apparire su
quello sfondo celestino dipinto da colori a pastello caldi.
Rimase
ad ammirarlo in silenzio. Quel calore che emanava il cielo faceva da
contrasto
al freddo che si percepiva, infatti, nell’inspirare di Minho
si poteva scorgere
il respiro (l’aria) uscire dalla sua bocca.
-JINKI!-
la voce preoccupata di Taemin spezzò quel silenzio misto
alla magia di quel momento.
-So…sono
q..qua!- rispose balbettando Jinki distogliendo lo sguardo dal suo
compagno di
stanza.
Nel
frattempo una macchina bianca era arrivata davanti al negozio, Minho
aprì lo
sportello anteriore salendoci sopra. Sembrava non si fosse accorto
della
presenza di Jinki. Subito dopo la macchina ripartì con un
Minho assorto nel
guardare Jinki chiacchierare con Taemin. “Mi
ha fissato per tutto il tempo senza dirmi una
parola…” pensò sorridendo
divertito.
-Mi
hai fatto preoccupare! Non ti ho più visto!- lo
ammonì Taemin raggiungendolo
con il fiatone. – Ti ha fatto o detto qualcosa?- chiese
subito dopo.
-
No, sembra che non si sia neanche accorto della mia
presenza…- rispose Jinki
dandogli una dolce pacca sulle spalle.
Le
stelle iniziarono ad illuminarsi sempre di più, segno che il
sole era
tramontato dando spazio alla luna di brillare nel cielo.
-Sarà
meglio tornare a casa…- disse Jinki vedendo
l’orario. – A breve inizierà la
feste e noi non siamo ancora pronti!-
-Vorrai
dire che tu non sei ancora pronto..!-
ribattè Taemin. – Io purtroppo lavoro
e non potrò esserci.- spiegò a
Jinki dispiaciuto.
-Allora
le nostre strade si dividono qua per oggi…- jinki con la sua
solita gentilezza
lo abbracciò augurandogli una piacevole serata nonostante il
lavoro che lo attendesse.
Lo stesso fece Taemin mettendolo in guardia di stare lontano da Minho.
-Certo
non preoccuparti! Andrà tutto bene!- lo rassicurò
Jinki salutandolo prima di
correre alla fermata dell’autobus.
---
Un’ora dopo ---
Jinki
arrivò al suo dormitorio, aprì la porta
ritrovandosi Minho con il busto
scoperto con una ragazza che faceva finta di guardare da
un’altra parte.
-Scusa
… non pensavo fossi in camera … - si
scusò abbassando il capo. Minho come lo
vide s’infilò subito la camicia bianca
abbottonandosela. – Non scusarti … che
fai non entri?- chiese allungando la mano verso la sedia per prendere
la
cravatta.
“Eh?! Sto avendo
una conversazione con lui?”
pensò entrando spiazzato da quel suo comportamento. Chiuse
la porta alle sue
spalle, vide che l’altro era concentrato a farsi il nodo
della cravatta e senza
proferire parola salì la scala a chiocciola per poi buttarsi
sul letto.
-Jenny
sai fare il nodo alla cravatta?- chiese Minho alla ragazza che stava
sbirciando
fra le sue cose. – Uhm.. no, non ho mai fatto un nodo in
tutta la mia vita..-
rispose.
-Ehm
… se vuoi posso farlo io…- la voce di Jinki
risuonò nella stanza. Si era alzato
dal letto sporgendosi dal soppalco.
Minho
annuì alzando il capo per guardarlo dal basso, poi si
avvicinò alle scale
mentre Jinki scendeva. Dopo il loro litigio quella era la prima volta
che si
ritrovavano l’uno davanti all’altro.
Si
scambiarono uno sguardo fugace prima che Jinki si mettesse
all’opera. Il nodo
non era poi una cosa così complicata da fare, bastarono tre
gesti e il nodo era
fatto.
-Finito…-
disse Jinki posizionandogli meglio la cravatta. –
Grazie…- rispose l’altro con
tono calmo.
Jinki
gli sorrise e, come tentò di scendere di un altro gradino
scivolò. Per fortuna
Minho era davanti a lui riuscendo così ad afferrarlo dalle
braccia un secondo
prima che il suo corpo sfiorasse le scale. Il ragazzo, si
ritrovò a stringersi
forte fra le braccia di Minho.
-Tutto
bene?- chiese Minho preoccupato. –S.. si…sto bene
grazie..- rispose Jinki
indietreggiando. Minho lo lasciò indietreggiare sciogliendo
il loro abbraccio.
I
due tornarono a guardarsi ma Jinki subito dopo di voltò
salendo le scale.
Stranamente si sentiva imbarazzato e il suo cuore batteva
così forte da temere
di essere sentito dall’altro.
Minho
per un attimo si era sentito di nuovo se stesso percependo quel colore
provenire dal corpo di Jinki. Si sentiva bruciare dentro, qualcosa
dentro di
lui si era mosso ma, non riusciva a capire cosa… fu veloce e
netta cosi come
quel momento.
-Andiamo?-
sbottò seccata la ragazza. – Si… -
rispose Minho avvicinandosi alla porta
aprendola per farla passare e, prima di chiuderla rivolse lo sguardo
verso
Jinki che si stava cambiando.
“Che cosa era
quella sensazione che ho provato prima?” si chiese
dentro di sé Minho chiudendo la porta.
Passarono
pochi minuti e Jinki era già pronto, gli mancava un ultima
sistemata ai
capelli. Entrò in bagno e prendendo il gel se li
portò all’indietro mettendo in
luce il suo volto.
Improvvisamente
bussarono alla porta.
“E adesso chi è?”
si chiese correndo ad aprire.
-Era
ora! Ma quanto ti ci vuole a prepararti?! Non devi mica fare una
sfilata una di
moda? E poi se vuoi piacere a Minho ti consiglio un lo…- era
Jong con la sua
voce seccata e leggermente infastidita per il ritardo. Aveva iniziato a
parlare
veloce e senza guardare Jinki era entrato nella sua stanza. Si
bloccò nel
parlare solo quando vide il suo amico sistemarsi la giacca. –
Ehm … si, adesso
potresti piacergli…- mormorò a denti stretti.
-
Cosa hai detto?- chiese Jinki, era così indaffarato che non
lo aveva neanche
ascoltato.
-No…
nulla..andiamo suuuu!!!- disse allegro spintonandolo giocosamente fuori
dalla
stanza.
Scesi
nella hall, la festa era ormai iniziata. Le luci principali erano
spente,
lasciando l’illuminazione della sala a tre sfere enormi che
pendevano dal
soffitto, proiettavano le luci con alternanza di colori freddi come gli
striscioni appesi alle pareti insieme a tantissimi palloncini: blu,
celeste e bianco.
Non potevano mancare i
tavolini, posti intorno
alle pareti, imbanditi da pietanze che, non sarebbero state toccate da
tutti i
presenti, rimanendo lì a marcire per il resto della serata.
Invece, non si
poteva dire lo stesso per le bevande e gli alcolici.
Le
persone continuavano ad arrivare varcando la porta principale, non
erano solo
studenti ma anche sponsor, allenatori, giornalisti e genitori che
rappresentavano le più importanti catene di accessori,
scarpe e indumenti
sportivi.
Jinki
si guardava intorno meravigliato di tale organizzazione e
serietà sull’evento.
Lui in tutti quei anni passati a studiare all’estero, aveva
partecipato a feste
ben diverse.
-Woow
… quindi voi ogni anno organizzate tutto questo? –
chiese meravigliato Jinki
dopo aver dato un’occhiata ad ogni minimo particolare.
-Si
amico. E il bello deve ancora arrivare ahahahah! Aspetta che
l’alcol inizi a
circolare in corpo!- esclamò divertito Jong dandogli una
pacca sulle spalle per
poi allontanarsi per prendere qualche drink.
Jinki
intanto, si era lanciato da solo sulla pista da ballo. A guardarlo a
pochi
metri da lui, c’erano tre ragazzi con in mano i bicchieri.
Parlavano fra loro
ma ridevano di lui.
-Smetti
di ballare e bevi!- sbottò dal nulla Jong porgendogli il
bicchiere.
-Che
c’è di male nel ballare scusa?!-
ribatté Jinki arrestando la sua danza
prendendo il bicchiere offertogli dal suo amico.
-Cosa
c’è?! Uno, non sei in compagnia di una ragazza
… Due, in questi casi l’alcol è
il tuo unico amico e … Tre, io ti abbandono qui per stare
con … qualcuno che è
geloso se sto accanto ad altri ragazzi … capisci cosa
intendo, no?- disse Jong
punzecchiando con il gomito il braccio di Jinki in senso di intesa.
-Ricevuto
forte e chiaro il tuo messaggio!- rispose Jinki ridendo prima di
salutarsi.
Jong immediatamente si diresse
verso le scale dove
era seduta una sagoma con la sua macchina fotografica appesa al collo e
il
cellulare che teneva fra le mani.
“Quanto è carino
quando fa finta di non vedermi, dopo avermi osservato per tutto questo
tempo …” pensò Jong mentre si
avvicinava camminando sensualmente. Sapeva che l’altro lo
guardava di
sottecchi. “ Uhm …
vediamo se funziona
…”, il pensiero e i gesti partirono in
sincrono, Jong si morse il labbro
inferiore mentre insinuava le
dita,
della sua mano destra fra i propri capelli portandoli lentamente
all’indietro.
“DIO MIOOO …”
pensò il ragazzo sentendo il
suo cuore battere come i suoi occhi si posarono su Jong e quel suo modo
di
saper provocare con solo due gesti.
Jong
salì le scale e sedendosi accanto al ragazzo gli
sfilò il telefono dalle mani.
–Oh, guardiamo quante belle foto mi hai fatto!- disse
divertito. – Ehi!
Ridarmelo! Il mondo non gira intorno a te Jong!- sbottò
innervosito Key
cercando di riprendersi il telefono.
-Io
non smetterò mai di dirlo che sei più carino
quando ti comporti così! –
pronunciò Jong bloccandogli entrambe le mani per poi
voltarsi a guardarlo
inclinando di poco il capo. Lo sguardo dolce e sincero di Jong invase
quello
felino ed imbarazzato dell’altro. – Quanto hai
bevuto per dire queste cavolate
… - disse Key cercando di aggrapparsi ad altro distogliendo
lo sguardo. – In
verità non ho ancora bevuto e tu, con questo completo sei
così bello da mozzare
il fiato … - rispose Jong sincero e diretto lasciando la
presa dalle braccia
del suo amato. “Perché
gli piace
prendermi in giro! PERCHé?”
pensò fra sé Key alzandosi di scatto tenendo i
pugni ben chiusi per il nervoso.
-Ti
ho detto di smetterla di prenderti gioco di ME!- sfogò Key
con voce incrinata.
Jong vedendo l’altro alzarsi capì cosa stava per
succedere, questa volta però
non voleva lasciarlo scappare e allora, si alzò anche lui
ribattendo : - Ehi …
Key, io non ti sto prendendo in giro. Quello che è successo
quella notte è
stato … unico ed importante per me e dimenticarlo o fare
finta che non sia
successo per me è difficile! Tu mi piaci per davvero Key!
– non sapeva più come
dirglielo o farglielo capire quindi fece solo una cosa,
portò la sua mano sotto
il mento del ragazzo portandolo ad alzare la testa per poi inclinare il
capo e
adagiare le proprie labbra sulle sue.
Key
sgranò gli occhi incredulo a quella confessione, a quel
gesto che non si
sarebbe mai aspettato. Il suo cuore iniziò a battere forte
pronto ad esplodere
… i brividi avvolsero le sue spalle e le gote a divenire
rosee. “Jonghyun
…” fu l’unica cosa che
pensò
in quel momento poi, indietreggiò.
-Ma
sei pazzo a baciarmi qua?! E se ci avesse visto qualcuno?! Razza di
zuccone! –
esordì Key agitando le braccia imbarazzato in modo da
nascondere il rossore che
aveva in volto.
Jong
trattenne le risate per la reazione che aveva avuto il suo ragazzo.
Alzò
entrambe le sopracciglia guardandolo rallegrato.
Poi,
senza chiedere lo prese per il polso trascinandolo con sé
verso la sua stanza.
Key continuava a parlare ma, Jong faceva finta di non ascoltarlo
salendo le
scale, percossero tre corridoi ognuno di un colore diverso che,
servivano a
dividere i diversi dormitori.
Arrivati
al dormitorio blu, Jong svoltò a sinistra
oltrepassò tre stanze, sfilò la
chiave della stanza dalla tasca interiore della giacca, la
infilò nella
serratura ed aprì entrando nella stanza con Key.
La
porta venne chiusa con veemenza così come Jong
sbatté Key contro di essa
baciandolo per farlo stare zitto.
Le
labbra si schiusero, l’uno insinuò la propria
lingua nella bocca dell’altro in
cerca della loro gemella. Si sfiorarono per poi intrecciarsi in una
danza
dettata dagli ansimi dei due.
Key
portò le sue esili braccia intorno al collo del suo amato
mentre Jong faceva
scivolare le sue mani su quel splendido fondoschiena per issarselo
imbraccio.
Key non aspettava altro che aggrapparsi a lui facendo intrecciare le
sue gambe
intorno alla vita di Jong.
Allora,
Jong preso dalla foga del momento indietreggiò con Key di
qualche passo per poi
voltarsi e farlo sedere sulla scrivania di Taemin mentre con le mani
cercava di
togliere più cose possibili da quel tavolo per far star
comodo il suo amato.
-Jo..ng..
Tae … ci..ci … ammazzerà …
- mugugnò Key fra le sue labbra facendo insinuare le
sue mani fra le ciocche dei suoi capelli.
-Shh
… lui è abituato al … caos
…- ribatté Jong mordendogli il labbro inferiore.
Intanto aveva iniziato a denudare il suo prezioso amore, gli
sfilò la giacca e
pian piano iniziò a sbottonargli la camicia. Le sua pelle
era bianca e liscia
come la porcellana e Jong lo ricordava benissimo sfiorandogli quel
lembo di
belle con il palmo della mano che, si intravedeva dal tessuto di cotone
bianco
che veniva aperto bottone dopo bottone …
“La sua pelle è
così liscia … e … profumata da volerla
mordere …” pensieri intensi seguiti da
gesti. A malincuore Jong sciolse quell’intreccio di lingue,
labbra e respiri,
per potersi concentrare su quella candida pelle che profumava di magnolia. Adagiò le sue labbra
sul
collo di Key inclinando leggermente il capo e con i denti dolcemente
iniziò a
mordergli il collo, centimetro per centimetro scendendo lentamente sino
alla
clavicola.
-Hmm
… aahh … Jon.. hyuhhn … -
Key ansimava chiamandolo perdendosi al tocco di quelle labbra sottili
sulla
propria pelle mentre teneva ben salda la presa sui suoi capelli
stringendolo di
più a sé. – Ti voglio… -
sussurrò all’orecchio di Jong una volta chinato il
capo per poi sfiorarlo con la punta del suo naso.
-Ogni
tuo desiderio è un ordine
per me … mio bel … gattaccio
… -
rispose a tono Jong leccandogli con la sola punta della lingua la
clavicola.
Successivamente,
lo riprese in
braccio ed iniziò a camminare verso il suo letto mentre
continuava a sfiorargli
con il naso il petto. Pochi passi e Jong piegò lentamente il busto per far adagiare la schiena di Key fra le
lenzuola di seta nere per poi
mettersi a cavalcioni su
di lui.
I
preliminari andarono per le
lunghe continuando a punzecchiarsi, a farsi complimenti, a scambiarsi
sguardi
intensi che valevano molto più delle parole. Scambi di
sorrisi, altri
piccoli baci, morsi
e, tra un’attenzione
e l’altra oramai i due erano completamente nudi …
Le
loro mani iniziarono ad
intrecciarsi come i loro corpi e, le loro erezioni a strusciarsi. I
loro corpi
umidi si muovevano in una danza all’unisono, sembravano
fondersi l’un con
l’altro. Il letto sembrava muoversi in sintonia con i
movimenti di Jong che, si
teneva ancorato con le mani sulla testata ogni volta che affondava
dentro Key
regalandogli un piacere unico.
--- Contemporaneamente
alla
festa di sotto … ---
Jinki
non aveva seguito il consiglio
di Jong cioè quello del
bere. Stava passando la serata a parlare con studenti che praticavano
sporti
diversi e, si era messo a chiacchierare con qualche sponsor che di
continuo
faceva il nome di Minho.
Questo
sotto un certo aspetto faceva sentire Jinki un po’ a disagio
ma allo stesso
tempo lo incuriosiva molto capire il perché del cambiamento
dell’atleta.
-Eeh
… devi anche sapere che ha rifiutato di saltare in molti
spot.- a quell’affermazione
dell’uomo jinki si girò guardandolo sorpreso.
– Non essere meravigliato … non
dirmi che non lo sapevi?! Minho è guarito ma si rifiuta di
saltare e in più
sembra che non abbia molti amici … - ribadì lo
sponsor con tale disinvoltura,
come se non fosse nulla di nuovo mentre per Jinki lo era.
Jinki
lo aveva capito già dal primo giorno che Minho non era
più lo stesso, era
sempre scontroso, non sorrideva come invece aveva fatto una volta
battuto il
record e soprattutto aveva notato che non parlava mai con nessuno, solo
per
chiedere scusa o stuzzicare e nient’altro.
“Fa
colazione da solo, esce da solo, studia
da solo … Lui è Solo …” pensava Jinki perdendosi in quelle
scene che
gli comparivano davanti agli occhi. Si era reso conto di essere
diventato cieco
davanti all’evidenza.
-Uhm
… sono convinta di averlo visto da qualche parte
… ma non ricordo dove … -
mormorava a denti stretti guardando in lontananza Jinki, la giovane ballerina dai
capelli lunghi color
nocciola che faceva da accompagnatrice a Minho.
-Di
chi stai parlando? – chiese curioso Minho guardando nella
stessa direzione dove
guarda lei.
-Del
tuo compagno di stanza … sembra che nasconda qualcosa
… - rispose Jenny
stringendosi forte a lui continuando a ballare un lento anche se, Minho
barcollava per il troppo alcol ingerito.
“È
bellissimo con quel completo addosso … per
non parlare dei suoi capelli …”
pensò Minho guardando Jinki da lontano. “
Come ho fatto a picchiarlo, non è da me
…”
si stava lasciando andare in quei pensieri che, lo portarono
a porre fine
al ballo ed a staccarsi da quella posizione impostagli dalla ragazza.
-Scusa,
devo andare … - disse indietreggiando. Jenny lo
guardò con aria interrogativa
ma, lo lasciò andare. Sapeva che quando Minho beveva si
sentiva sempre male e
in più il giorno dopo non ricordava mai nulla di quello che
faceva quindi,
azzardare a baciarlo o andargli dietro non sarebbe servito a niente.
Jinki
invece non si era accorto della presenza di Minho, per tutta la sera non lo aveva cercato e
tranquillamente salì le
scale per andare al bagno che, si trovava nell’aula est del
piano superiore.
Una
volta fatto si sistemò per bene bagnandosi il viso
leggermente arrossato per il
calore che faceva al piano di sotto. Uscì dal bagno,
percorse il lungo
corridoio e si ritrovò sulla cima delle scale ed
iniziò a scendere :
contemporaneamente, Minho le stava salendo.
I
due si incrociarono a metà scalinata, Jinki non lo
salutò facendo finta di non
vederlo, scese uno scalino sotto di lui ma inaspettatamente Minho lo
afferrò
per un polso bloccandolo.
-Oh
… ciao Minho! – sbottò Jinki
sorridendogli mascherando la sua agitazione.
-Lo
sai che … sei carino … quando sorridi
…- disse l’altro barcollando portando
Jinki a voltarsi verso di lui per poi posare entrambe le mani sulle
spalle
dell’altro. - … mi chiedo come ho fatto a
… farti del male … scusami tanto
jinki … - continuò a parlare rivolgendogli uno
sguardo triste e vuoto.
Jinki
in quel momento si sentì disarmato, non sapeva come
comportarsi. Era là,
davanti al suo amato atleta con l’alito che puzzava di alcol
e lui, non sapeva
proprio come aiutarlo.
Allora,
fece un respiro profondo, portò una mano sulla sua spalla e
regalandogli un
sorriso rispose : - Non preoccuparti, capita non andare
d’accordo con qualcuno
… -.
In
quell’istante Minho accennò un mezzo sorriso e
scendendo con la gamba sinistra
di un gradino, inclinò il capo e baciò Jinki
sulle labbra.
Fu
un veloce bacio a stampo poi, Minho posò la testa sulla
spalla di Jinki
sussurrandogli : - Non mi sento bene. Mi viene da vomitare …
-
Jinki
rimase immobile, non fece nulla per evitare quel bacio inatteso. Si
sentì
tremare le gambe ma per fortuna non cedettero e il tempo, sembrava
essersi
fermato.
“
Minho … ora ti ho visto per quello che sei
realmente …” pensò Jinki
accarezzandogli dolcemente i
capelli, - Andiamo … ti riporto in stanza. –
Qualcuno
dal piano di sopra aveva visto tutta la scena riprendendola con il
telefonino.
Il giorno dopo il risveglio per Jong e
Key fu all’insegna
di carezze, baci e coccole dimenticando che prima o poi Taemin avrebbe
varcato
la soglia di quella porta.
-
Sei bellissimo quando dormi … - gli sussurrò Jong
accarezzandogli il volto. Key
sorrise dolcemente vezzeggiandogli il petto scolpito dai duri
allenamenti di
calcio. – Tu … sei bellissimo in qualsiasi momento
… - rispose Key alzando di poco il capo per
far
sfiorare i loro nasi. Jong non potè far altro che sorridere
e mordersi il
labbro per tale sensualità, Key non poteva far nessun tipo
di movimento che lui
si eccitava bramando di rifarlo suo.
-
Bene! Avete finito di fare i
piccioncini? - improvvisamente si udì una voce a loro
familiare rimproverarli
con tono interessato.
I
due andarono subito nel
panico, Jong cercava di coprire entrambi con le lenzuola mentre Key
più agitato
di lui istintivamente lo spinse facendolo cadere a terra per poi
coprirsi con
la trapunta a quadri.
Jong
per non cadere a terra
cercò di aggrapparsi alla libreria ma, il tentativo fu vano
riuscendo a far
cadere un libro sul letto.
-Aish!
Keyyyy!- urlò Jong
sdraiato a terra cercando di afferrare un cuscino per coprire il suo
sesso.
-AHAHAHAAHAHAH
SIETE UNO
SPASSO! – Taemin si piegò in due dalle risate, non
aveva mai visto così tanto
disagio in vita sua. – Fate con comodo! Ahahah io vado a
riposarmi prima delle
lezioni! Ahahah.- non riusciva a controllare le risate, gli occhi erano
diventati
rossi e le lacrime iniziavano a scendere per le risate.
Salì
le scale a
chiocciola, si tolse le scarpe e a
peso morto si lasciò cadere sul letto. Sfilò il
suo mp3 dalla tasca laterale
dei suoi jeans strappati, si mise le auricolari alle orecchie e chiuse
gli
occhi.
Come
Taemin si sdraiò sul
letto, Key uscì da sotto la trapunta vedendo il libro che
era caduto sul letto : “Il
Club dei Suicidi” , lesse a bassa voce.
Poi sempre con il tono di voce
basso : - Scusami tanto Hyung … - disse preoccupato.
-Non
scusarti … sto bene!-
rispose dolorante Jong alzandosi da terra. – Che ne dici di
farci una doccia e
uscire dalla stanza? Ti va … a-m-o-r-e m-i-o-?- chiese Jong
ghignando
sillabando le ultime parole mentre si piegava sul letto per prendere
fra le sue
braccia Key. Il ragazzo annuì contento aggrappandosi come un
koala fra le sue
braccia. I due subito dopo andarono in bagno per darsi una rinfrescata.
Taemin
come loro sembrava
rilassato e stranamente felice. Di solito ogni volta che tornava dal
lavoro si sentiva
stanco e non voleva vedere e sentire nessuno.
Sorrideva
mentre immaginava
quello che era successo in quella settimana, in particolar modo la
notte
precedente …
Ogni
sera Taemin lavorava come cameriere in un piccolo ristorante
frequentato da
persone altolocate. Candele accese, fiori freschi come centrotavola e
un piano,
messo a pochi metri di distanza dai tavolini, il giusto per servire
comodamente
i clienti.
Alcune
sere Taemin da cameriere diventava musicista e, fu in quelle piccole
occasioni
che qualcuno si accorse di lui. La sua musica lo stregava, rilassandolo
dopo
ogni missione andata male. Quella melodia gli permetteva di dimenticare
per un
istante tutto ciò che lo circondava.
“Quel
ragazzino ci sa veramente fare con il piano …”
pensò l’uomo dalla carnagione
leggermente scura seduto al piano bar in giacca e cravatta.
Da
quella sera, l’uomo dai lunghi rasta richiese sempre una
canzone.
Un
giorno Taemin uscì prima dal lavoro, si tolse la divisa e
con una tenuta
sportiva si sedette al piano bar ordinando un piccolo cocktail. Il
rasta in
quel momento arrivò nel locale sedendosi accanto a lui. Si
guardò intorno e
vedendo che il ragazzino non era in sala chiese al barman : - Mi scusi
ma oggi
non c’è nessuno a suonare il piano? – il
barman non fece in tempo a rispondere che Taemin lo precedette : - Mi
dispiace
ma questa sera non
suono … esco prima
per divertirmi un po’ … - , rispose
tranquillamente il biondino voltandosi
verso di lui con il bicchiere in mano. – Allora devi essere
tu il tiz…- come i
suoi occhi incrociarono quelli del rasta Tae si zittì
rimanendo ammaliato dal
suo fascino.
Intanto
una donna si era avvicinata e sedendosi fra di loro sfiorò
volutamente la mano
dell’uomo. – Un bicchiere di scotch con ghiaccio!
– ordinò la donna dalla voce
calda e seducente.
“
Deve essere la sua donna …” pensò
Taemin tornando a voltarsi per il bancone
bevendo tutto ad un fiato il suo drink.
-Grazie
per il drink Daniel! – sbottò Taemin posando il
bicchiere sul bancone, gli
sorrise e scendendo dallo sgabello : - Ora vado, ci vediamo domani
… - affermò
il più piccolo salutandolo mentre s’infilava una
giacca nera. – Ti raccomando …
Non fare tardi e non bere troppo! – raccomandò il
barman facendogli
l’occhiolino.
Come
Tae uscì dal locale il rasta guardò il barman con
aria interrogativa, l’altro
lo capì ed iniziò a spiegargli tutto quello che
sapeva sul ragazzino dalle
labbra carnose ed un talento straordinario.
La
notte stessa, Taemin leggermente brillò entrò in
un night club dandosi alla
pazza gioia. Dopo qualche ora uscì barcollando dirigendosi
alla sua auto e come
sfilò le chiavi qualcuno da dietro gli bloccò il
polso sequestrandogliele.
-
Tu ridotto così non vai da nessuna parte … ti
accompagno io … - , una voce
calda e profonda si udì in quel silenzio che regnava sovrano
nel parcheggio.
Taemin si voltò e, una sagoma alta, dal fisico perfetto
nonostante l’età
dell’uomo era davanti a lui. Le luci di un lampione lo
stavano accecando, non
riusciva a vedere il suo volto. Poi l’uomo lo tirò
a sé e tutto fu più chiaro,
era il tizio del ristorante.
-
Taemin è un piacere conoscerti, io mi chiamo Manuel e per
questa notte sarò il
tuo autista … - disse sorridendogli dolcemente.
“Manuel
... che bel nome …” pensò Taemin
ricambiando quel sorriso prima di svenire fra
le sue braccia …
Per
Jinki il risveglio non fu
traumatico, si alzò presto facendo attenzione a non
svegliare Minho che,
dormiva come un ghiro dopo aver passato tutta la notte a rimettere
l’anima.
In
punta di piedi scese le
scale, si avvicinò al frigo, lo aprì prendendo un
limone per poi chiuderlo.
Prese un coltello per tagliarlo a metà e uno spremi agrumi,
infine versò il
succo in un bicchiere e aggiungendoci un po’
d’acqua lo lasciò sulla sua
scrivania. Poi si preparò per andare ad allenarsi con Jong
lasciando la stanza
con molta discrezione.
“Speriamo
non si alzi con il mal di testa … altrimenti chi riesce a
sopportarlo!” pensò correndo per i
corridoi.
Qualche
ora dopo la sveglia di
Minho iniziò a trillare.
-Hhmm
… - tenendo ancora gli
occhi chiusi Minho si girò in direzione di essa per
spegnerla. Poi, lentamente
aprì gli occhi ritrovandosi sul comodino cinque diverse
bottiglie di succhi, su
una di questi vi era attaccato un post-it azzurro con su scritto: Non so che gusto preferisci, così li ho
comprati tutti! Però, penso che l’arancia sia il
gusto migliore! , -
Ma cosa … - mugugnò con voce impastata
ancora dal sonno. Staccò il foglietto e lo butto nel cestino
mentre si alzava
per controllare se Jinki stesse dormendo.
Salì
le scale ritrovandosi un
altro fogliettino, c’era scritto :
“So
che la mia presenza ti dà fastidio, quindi sono uscito prima
…”. Fece un
lungo respiro leggendo quel foglietto, dopo riscese le scale e
notò un
bicchiere con del liquido giallo sulla scrivania del suo coinquilino.
Si
avvicinò per vedere cosa
fosse e anche questa volta c’era un post-it con su scritto :
“
Un ottima spremuta di limone per il mal di testa!”,
Minho sorrise.
“No
… aspetta, ma che cosa è successo questa
notte?” pensò andandosi a preparare
infilandosi sotto la doccia. Cercò di ricordare ma nulla,
l’unica cosa che
ricordava era la chiacchierata con Jenny e, lui che saliva le scale
… “Maledizione
… e se … no, impossibile …”,
si diede velocemente una rinfrescata, indossò
la sua tuta e prima
di andare prese la
bottiglia con il succo all’arancia.
♠
♣ ♥ ♦
Passarono
giorni … settimane …
mesi e con essi anche le stagioni passavano. Era una primavera diversa
dalle
altre. Il clima continuava ad essere gelido con incessanti piogge,
sembrava
esser in autunno …
Jong
aveva iniziato ad
allenarsi duramente ogni mattina, l’esame di selezione per la
nazionale era
alle porte. La tensione era tanta e ci pensava il suo amore a
rilassarlo ogni
sera fra le lenzuola.
Key
invece continuava a spiarlo
da lontano pur sapendo di essere divenuti a tutti gli effetti una
coppia. Ad
ogni partita faceva il tifo per lui mettendosi sugli asfalti in prima
fila e,
quando ne aveva l’occasione gli preparava un pranzetto che,
avrebbero consumato
sul prato del campetto al termine della partita.
Intanto
Taemin oltre ad essere
impegnato con gli allenamenti di baseball, la mattina. Di sera
continuava a
lavorare senza sosta anche se, la fatica iniziava a farsi sentire e
Manuel
questo lo aveva notato. Infatti, una sera lo fece uscire prima dal
lavoro per
portarlo a divertirsi un po’ in qualche locale. Si facevano
da spalla a
vicenda, Tae trovava qualche donna per il rasta e Manuel qualche
ragazzo per il
più piccolo.
Jinki
e Minho pian piano
iniziarono ad andare d’accordo. La mattina facevano colazione
insieme e a loro
qualche volta si univano Jong e Taemin. L’allegria sembrava
regnare sovrana
intorno a loro, Minho non rideva mai tranne quando stava con Jinki.
Un
giorno Minho e Jinki
uscirono insieme per andare a comprare delle scarpe da corsa.
-
Jinki, guarda quelle scarpe
blu o … quelle grigie!- disse Minho indicandogli due paia di
scarpe esposte in
vetrina.
-
Minho … hai deciso di tornare
a saltare?- chiese speranzoso Jinki avvicinandosi a lui mentre i suoi
occhi
erano puntati sulle scarpe grigie.
Minho
stava per rispondere
quando, la voce dell’altro continuò a risuonare
nell’aria.
-Sai
… sono rimasto affascinato
da te quando la prima volta che ti ho visto saltare. Sembravi un angelo
ed io …
ho visto le tue ali … -, parlò con trasporto
sfiorando con il palmo della mano
destra la vetrina. – Tu, sei … un miracolo ed io
ho attraversato l’Oceano
Pacifico solo … per vederti di nuovo riaprire quelle ali
… - Jinki sembrava
ipnotizzato fra i suoi pensieri e l’immagine di quel salto.
Minho
si voltò per guardarlo,
quelle parole gli avevano toccato l’anima riscaldandola in
quella giornata
grigia di pioggia, dove tutto sembrava freddo.
“Jinki
perché mi fai questo effetto …”
pensò pronto ad allungare il braccio per sfiorargli la
spalla.
Nello
stesso istante una
macchina ad alta velocità sfrecciava sul’asfalto
verso di loro, Minho riuscì ad
vederla e, come passò davanti a loro lui, fece cadere
l’ombrello a terra
facendogli da scudo umano. L’auto prese in piano la pozza
d’acqua e il suo
getto fu riversato completamente sulla schiena di Minho.
Jinki
improvvisamente si
ritrovò il ragazzo dietro di sé con entrambe le
mani poggiate alla vetrina che
rifletteva il suo sguardo determinato.
Il
più grande si voltò, i loro
occhi s’intersecarono mentre le gocce di pioggia continuavano
a cadere
infrangendosi su di loro.
“Perché
lo hai fatto …”
si chiese Jinki allungando il braccio verso di Lui e con la mano
accarezzargli
il volto bagnato.
Fra
di loro il tempo sembrava
essersi fermato per la seconda volta.
--- Contemporaneamente
nella
stanza di Jenny ---
-Lo
sapevo! Ecco dove lo avevo
visto la prima volta! – l’intuito di Jenny non
sbagliava quasi mai. Stava
leggendo una rivista americana di gossip quando, si ritrovò
l’immagine di Jinki
in prima pagina con su scritto : “Il
prestigioso allievo della prestigiosa scuola di soprano Onew
è tornato in
patria dopo un intervento alle corde vocali”.
--- Davanti al negozio di
scarpe ---
Entrambi
stavano per dire
qualcosa quando, l’ululare di un cane li riportò a
quel momento e la clessidra
che dettava il trascorrere del tempo, ricominciò a scorrere.
Minho
si girò verso il cane
avendo riconosciuto il suo modo di abbaiare. Era il cane della scuola e
non
riusciva a capire come avesse fatto a scappare. Subito dopo anche Jinki
si
voltò, quel batuffolo tutto bianco si era seduto accanto a
loro come se li
stesse aspettando.
Jinki
sorrise mentre Minho si
era avvicinato a lui piegandosi sulle gambe per poterlo accarezzare.
-E
tu che ci fa fuori dalla
scuola, eh?!- chiese Minho continuando a coccolarlo.
Il
cane cominciò a bofonchiare
un simpatico abbaiare, a modo suo gli rispondeva. Il suo pelo era tutto
bagnato, chissà da quante ore era a gironzolare.
-
Minho, forse è meglio se
ritorniamo subito altrimenti sia tu che, Rex
vi prenderete un bruttò raffreddore - disse
Jinki catturando
l’attenzione di entrambi.
-
Hai ragione, andiamo! -
rispose Minho ammiccando.
Allora,
il più grande prese
l’ombrello caduto a terra per proteggere dalla pioggia Minho
che intanto, si
era alzato ordinando al cane di seguirlo.
I
due ragazzi per tutto il
tempo chiacchierarono.
Minho
gli raccontò la storia di
com’era stato l’unico a stringere amicizia con il
cane. Iniziava ad aprirsi
verso l’altro e questo non poté che far rallegrare
Jinki, per la felicità non
faceva altro che sorridere.
-
Adesso capisci perché abbaia
a tutti tranne che a me! - finì l’atleta, una
volta varcato il cancello della
sede scolastica.
-
Bella storia … allora io ci
so fare con i cani! Ahahah - rispose Jinki chiudendo
l’ombrello.
Aveva
smesso di piovere e
alcuni raggi di sole, iniziavano a intravedersi illuminando lo spazio
che li
circondava mentre il cane, iniziò a correre verso la sua
casetta e i ragazzi
tornarono nella loro stanza.
Una
volta entrati in camera,
Minho cominciò a starnutire.
“Lo
sapevo … spero solo che sia uno raffreddore momentaneo
…”
pensò preoccupato Jinki salendo le scale per potersi
cambiare i
vestiti umidi.
Lo
stesso fece Minho prima di
chiudersi in bagno per farsi una bellissima doccia calda.
“Aish…
alla fine non ho comprato le scarpe!”
pensò fra sé il giovane spiattellandosi una mano
sulla fronte.
Si
asciugò velocemente si
rivestì e inviò un messaggio a Jong chiedendosi
se gli andava di uscire. Jong
accettò portandosi con sé anche Key.
Ricevuta
la risposta Jinki,
lasciò la stanza ma prima, scrisse su un bigliettino: “Ho dimenticato di comprare le scarpe
… ahahahah … che sbadato!”
lasciandolo sulla scrivania di Minho.
Dopo
mezz’ora Minho uscì dal
bagno accorgendosi che c’era troppo silenzio.
-Jinki
?! – azzardò a chiamarlo
pur sapendo, di essere solo in camera. “
Ma dove sarà andato?” si chiese
avvicinandosi alla sua scrivania per
iniziare a studiare.
“Uhm
… un bigliettino..”
scostò la sedia e si sedette
leggendo
comodamente. “Aish…
spero solo che si sia
coperto per bene…”. I suoi pensieri
andavano a moltiplicarsi fra un
esercizio di matematica e l’altro. La testa iniziava a fargli
male e gli
starnuti aumentavano a ogni minuto che passava affievolendo man mano la
sua
concentrazione. I brividi di freddo iniziarono a pervadergli la
schiena, i
muscoli delle gambe iniziavano a fargli male, allora, Minho decise di
sdraiarsi
un po’ nel letto fra quelle lenzuola calde e quei cuscini di
piuma d’oca.
I
sui occhi si chiusero in un
lampo come la sua testa sfiorò il capezzale cadendo fra le
braccia di Morfeo.
Qualche
ora più tardi Jinki
rientrò. La stanza era semibuia, notò che la luce
proveniva dall’abatjour posta
sul comodino di Minho.
“È
andato a letto senza cenare?”
pensò avvicinandosi in punta di piedi al divano per posare
le scarpe.
-Hhmm
… cof... cof … – Minho
iniziò a tossire facendo spaventare il più grande
che, si voltò di scatto
sicuro di essere stato scoperto però, quello che vide fu la
sagoma di un
ragazzo dolorante che si agitava nel letto respirando profondamente.
Gote
leggermente rosee e viso
inumidito da delle gocce di sudore.
Jinki
subito capì di cosa si
trattasse. Velocemente si tolse il pesante giubbotto, andò
in bagno per
riempire una bacinella con acqua fredda.
“Quanto
diavolo è stato sotto la doccia?”
si chiedeva il ragazzo prendendo un piccolo asciugamano per poi
immergerlo nell’acqua.
Uscì
dal bagno e
approssimandosi al letto posò la bacinella sul comodino, si
sedette al bordo
del letto e iniziò gli impacchi a freddo su polsi e fronte.
Minho
non si muoveva, era come
se neanche si accorgesse della presenza di Jinki e del suo prendersi
cura di
lui.
Il
più grande ripeteva la
manovra ogni dieci minuti fino a quando Minho, immerso nel suo sogno
gli
strinse la mano destra pronunciando la parola “Mamma…”.
Jinki
arrestò ogni movimento
guardandolo dolcemente percependo la stretta sulla sua mano farsi
sempre più
forte. Per un attimo il ragazzo abbassò le difese e questo
lo portò a
ritrovarsi sdraiato accanto a Minho, l’uno rivolto con il
capo verso l’altro.
Minho, con gli occhi ancora chiusi, lo aveva tirato verso di
sé e Jinki, per non
cadergli addosso e farlo svegliare assecondò con calma ogni
movimento lasciando
il panno umido sulla sua fronte.
Non
smise di guardalo, il suo
volto era bello nella penombra che, metteva in risalto ogni singolo
movimento
facciale che l’altro compieva mentre mugugnava nel sonno.
-
Mamma … non andare … -
sussurrò a filo di voce Minho.
-
Non vado da nessuna parte … -
rispose a tono Jinki accennando a un sorriso malinconico che
l’altro non
avrebbe mai visto.
Poi,
lentamente chiuse gli
occhi addormentandosi …
“Riprenditi
presto Minho …”
fu questo il suo ultimo pensiero, prima di addormentarsi.
Il
giorno dopo Minho si rese
conto che stava stringendo qualcosa di caldo e liscio fra la sua mano.
Con il
pollice lentamente ne tracciò il perimetro per capire di
cosa si trattasse, “Una mano
…”, come lo capì,
aprì gli
occhi ritrovandosi Jinki dormiente sul suo letto.
Frenò
il suo istinto di
ritrarre la mano per paura di svegliarlo. Il suo cuore batteva forte,
era come
se gli fosse venuto un attacco di tachicardia, ed era una cosa gli
accadeva
sempre prima di una gara.
Ma
Jinki … era sempre più
bello, quando dormiva somigliava ad un angelo. Minho lo
contemplò per qualche
minuto ricordandosi quelle esatte parole che il ragazzo gli disse il
giorno
prima, davanti a quella vetrina.
“Lui
è qua per me … vuole vedermi saltare
…”, pensò Minho sospirando
allungando il braccio e
con la mano libera cercava di spostargli alcune ciocche di capelli che
gli
cadevano sul viso facendo attenzione a non svegliarlo.
Jinki
dormiva come un ghiro e
questo permise a Minho di sciogliere con adagio le loro mani giunte
poi, con
delicatezza posò le sue labbra su di essa baciandogliela.
-Grazie
… - gli sussurrò
alzandosi dal letto per poi coprirlo.
Guardò
l’orologio, erano le
otto e trenta del mattino. Si vestì, preparò le
ultime cose e prima di uscire
dalla stanza si voltò sorridendo per guardare
un’ultima volta la silhouette di
Jinki nel suo letto.
--- Passata
un’ora. ---
Jinki
si svegliò aprendo subito
gli occhi si voltò verso il lato del letto, dove poche ore
prima dormiva Minho.
Era spaventato sapendo di aver dormito in un letto non suo e, aveva
paura che
l’altro fosse ancora nel letto ad aspettarlo pronto a
chiedergli spiegazioni. “Adesso mi
ammazza per davvero!”
pensò, ma girandosi, vide che il letto era vuoto e, sul
cuscino accanto al suo,
c’era un bigliettino con su scritto: “Grazie
per esserti preso cura di me. Ti aspetto in palestra.”
-…
Ti aspetto in palestra … -
ripeté quell’ultima frase. “Mi
vuole
uccidere in palestra.. Sì LUI MI VUOLE UCCIDERE! ”
pensò disperato.
Subito
si alzò dal letto per
andarsi a preparare. Entrato in bagno per lavarsi i denti, vide uno dei
suoi
post-it attaccati allo specchio dove c’era scritto: “ Una buona doccia aiuta a rendere il
corpo ben attivi la mattina”.
Jinki sgranò gli occhi incredulo, Minho aveva lasciato dei
post-it in giro per
la stanza come faceva il più grande ogni mattina per lui,
prima di dedicarsi
alla sua corsetta mattutina.
Uscì
dal bagno in accappatoio e
spazzolino in bocca, notò tre bottigliette di succhi sulla
sua scrivania ed un
altro post-it: “Un’ottima spremuta
d’arancia ti darà le vitamine necessarie per
affrontare la mattinata! P.s. Io amo la spremuta
d’arancia!”.
Jinki
sorrise felice per quel
gesto. Si sentiva ad un passo da lui.
Finì
di prepararsi e uscendo
dalla stanza andò direttamente in palestra.
Una
volta arrivato si nascose
vedendo Minho nell’atto di saltare. Il salto però
non fu dei migliori, infatti,
l’asta cadde sul tappeto blu insieme a Minho.
-Buon
… giorno … - disse Jinki
timorosamente.
-Buongiorno
dormiglione!-
rispose energicamente Minho alzandosi con l’asta in mano.
-Sei
pronto ad aiutarmi?-
chiese con trasporto mentre riposizionava la barra al suo posto pronto
a
ritentare il lancio.
-
Per cosa?- rispose Jinki guardandolo
con sguardo interrogativo.
-Per
starmi accanto! - esclamò
Minho sfoderando un sorriso a trentadue denti voltandosi verso di lui
per poi
rivoltarsi, mirare al suo obbiettivo, ricominciare a correre e saltare.
Continua
…
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Dietro
le quinte :
Maaaaaaaaaaaaa
ciaoooooooooooooooo!!!
Eheheheh,
non è finitaaa
muahahahahah
W.
White, in questa prima parte
vorrei semplicemente di … goderti queste pagine mentre
finisco di pubblicare il
finale! :P