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Autore: supersara    06/09/2016    8 recensioni
Fanfiction scritta per il contest "Quel semaforo rosso…" indetto dal gruppo di Facebook "Takahashi Fanfiction Italia".
Sappiate da subito che è una storia no-sense e inconcludente, che punta soltanto a farvi fare una risata sulle farneticazioni e le fantasie di una Rin che, dopo aver passato una giornata orribile a causa di un esame andato male, tampona una macchina a un semaforo e incontra un uomo che le trasformerà la giornata da orribile a epica!
Genere: Comico, Demenziale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Rin, Sesshoumaru | Coppie: Rin/Sesshoumaru
Note: Nonsense, OOC | Avvertimenti: nessuno
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NON AVEVO MAI AMATO COSÌ TANTO QUEL SANTO SEMAFORO ROSSO!
 
 



 
Continuavo a contorcere la faccia in smorfie d’indignazione e di rabbia. Le parole del professore riecheggiavano alle mie orecchie, ripetendosi all’infinito.

“Signorina, non ci siamo: questa collezione sembra realizzata da una bambina di sette anni!”

Ma come osava quel vecchio rincitrullito? E cosa ne sapeva lui di moda? Insegnava all’accademia da cinquant’anni, ormai i suoi gusti erano antiquati! Retrogradi! Da vero troglodita! Gettai lo sguardo sul sedile del passeggero, dove erano poggiati i miei bellissimi disegni, ispirati al film DisneyFrozen, il regno di ghiaccio. E dire che quando avevo avuto l’idea di fare dei vestiti eleganti ispirati ad Elsa ero così felice! Maledetto vecchiaccio! Il ventidue torreggiava sulla pagina della presentazione, rappresentando l’essenza della mia sconfitta… doveva essere un trenta, dannazione!

In poche occasioni mi ero sentita così arrabbiata: solitamente quando non ero sicura di una cosa, ero la prima ad ammettere i miei errori o ad accettare voti poco brillanti, ma in quella collezione ci avevo messo tutta me stessa!

Afferrai il cellulare e andai sulla rubrica, fino a trovare il numero di Kagome. Il telefono squillò due volte, poi riagganciai ancora più arrabbiata. Perché dovevo mostrarmi così debole? Chiamare la mia migliore amica per farmi dire “ma no cara, sei bravissima”, quando Kagome non sapeva un emerito cavolo di moda! Studiava economia, per Diana!

Muovevo freneticamente le ginocchia, infierendo sulla frizione della macchina: dovevo fare qualcosa per tenermi impegnata persino durante il viaggio in auto fino a casa! Niente musica, non potevo soffrirla in quel momento. Niente Kagome, non mi servivano false parole di conforto! Cosa mi restava? Ma certo!

Afferrai di nuovo il cellulare e aprii “Pokemon Go”, almeno mi sarei distratta un po’.

Stai andando troppo veloce!”, la scritta che apparve appena l’applicazione si aprì mi fece saltare i nervi, al che premetti con tutta la forza che avevo sul tasto: “sono un passeggero!”.

Poi sentii il botto: un rumore molesto, che inizialmente mi fece arrabbiare ancor di più con chi lo stava provocando; istintivamente inchiodai e mi sentii mozzare il fiato dalla cinta che attutiva il mio sterno, facendomi rendere conto, mio malgrado, che ero io la causa del rumore!

Mi ci volle qualche secondo per capire cosa fosse successo: ero a un semaforo rosso, ma non avevo frenato ed ero finita contro la macchina in fila davanti a me, tamponandola alla grande. Mi sganciai la cinta e gettai via il telefono con quel dannatissimo gioco aperto. Perché era successo proprio a me? Perché giocavo ai Pokemon in macchina mentre guidavo? Che giornata di merda!

Cosa potevo fare? Avevo tamponato ed ero quella dietro, quindi avevo torto: la mia Cinquecento, oltretutto, era finita contro un’Audi TT nuova di zecca, distruggendole il paraurti!

Ok, a quel punto non potevo far altro che fruttare la situazione per prendermela con qualcuno e sfogarmi di tutti i miei problemi.

Assunsi la mia espressione da militare battagliero e scesi dalla macchina tutta impettita. Chi avevo tamponato? La bionda figa e rifatta di turno o il vecchio riccone di merda? In entrambi i casi lo avrei distrutto – anche se era colpa mia, qualcuno doveva pagare!

Poi lo vidi scendere dalla macchina, e restai senza fiato: lunghi capelli d’argento, occhi dorati, alto almeno un metro e novanta, spalle larghe, petto ampio con addominali scolpiti… ok, gli addominali non li vedevo, o almeno con la camicia non potevo ammirarli, ma sapevo che c’erano! Era palese! Sopra la camicia bianca portava una giacca blu che gli stava divinamente: era fatta su misura, non c’era altra spiegazione, soltanto un lavoro di sartoria poteva essere così perfetto addosso a una persona! I jeans a sigaretta gli fasciavano perfettamente i fianchi, e sembravano gridare “Affacciati Rin! Il culo sta dietro!”, al che impercettibilmente, mi sporsi con nonchalance per cercare di gettare l’occhio su quel punto così importante, quando la sua voce mi distolse dai miei discutibili pensieri.

-Si è fatta male?- Il timbro era profondo, ma fretto, atono, e quindi… SEXY! Dovevo rispondere perché sicuramente stava parlando con me!

-Chi?- Chiesi continuando a guardarlo… lo guardavo tutto, nonostante sapevo che per sostenere il dialogo avrei dovuto concentrarmi sugli occhi.

-Lei: si è fatta male?- Ripeté di nuovo, stavolta sembrava preoccupato, forse perché pensava che fossi talmente scossa da non riuscire neanche a guardarlo negli occhi. Era così teneramente ingenuo a preoccuparsi per me.

-No, no…- dissi cercando di concentrarmi: dovevo provare a spiegargli che stavo tornando a casa dopo un esame e che purtroppo non avevo visto il semaforo rosso, quindi per sbaglio lo avevo tamponato, ma riuscii a sbiasciare soltanto: -Rin, semaforo, casa!-

Lui mi osservò ancora per qualche secondo… Dio quanto era figo! Poi lo vidi prendere il cellulare dalla tasca dei pantaloni e fare qualche telefonata: ascoltai poco e niente, immagino che abbia chiamato un carro attrezzi per far portare via le nostre auto, dato che le avevo ridotte così male da essere inutilizzabili… era una fortuna che stessimo bene entrambi.

-Si sieda.- Mi fece cenno indicando il marciapiede e prendendomi la mano. Il contatto con la sua pelle mi fece impazzire e non potei fare altro che obbedire. Gettai lo sguardo sulle macchine, rendendomi conto che effettivamente non me ne fregava un emerito cavolo! Non avevo mai, e dico MAI, visto nulla di più figo di quel tipo! Poco dopo ci raggiunse un’ambulanza e mi ritrovai accerchiata da gente molesta che mi chiedeva come mi chiamavo, quanti anni avevo e se stavo bene. Ma lui dov’era? Quegli inutili soccorritori mi impedivano la visuale. Mi aiutarono ad alzarmi e fecero per portarmi dentro l’ambulanza, nonostante stessi benissimo! Quando lo vidi dietro di loro che parlava con un infermiere allungai la mano verso di lui – dovevo avere una faccia pazza, perché nel vedermi alzò un sopracciglio confuso.

-Signorina?- Fece uno degli infermieri tenendomi stretta.

Dovevo fare qualcosa per non separarmi da lui!

-FRATELLO!!!- Gridai fingendomi nel panico totale.

I soccorritori ci guardarono entrambi con la confusione sui volti: io con gli occhi e i capelli marroni, la pelle abbronzata e una costituzione minuta; lui capelli d’argento, occhi dorati, pallido e alto… non ci somigliavamo per niente.

-Non sono il fratello.- Disse lui d’un tratto.

-La ragazza è sconvolta, la sta scambiando per qualcun altro… potrebbe seguirci in ospedale, almeno finché non si calma!- Lui annuì e io risi malignamente mentre lo vedevo salire sull’ambulanza.

Il viaggio fu breve ma intenso: lui mi teneva la mano e io continuavo a chiamarlo “fratello”, imperterrita. Soltanto una volta giunti in ospedale cominciai a farmi delle domande: COSA CAZZO STAVO FACENDO!?!

Mi fecero una risonanza magnetica e mi diedero del valium: avevo solo la schiena un po’ infiammata per il colpo di frusta, e soprattutto ero tornata leggermente in me, nonostante mi sentissi stordita dal farmaco.

Insomma, alla fine mi ritrovai su una barella, con lui seduto al mio fianco che mi osservava, sempre lucido e tranquillo. Dovevo assolutamente parlargli e scusarmi per quanto accaduto.

-Sono mortificata!- Iniziai a dirgli -Mi sono spaventata tantissimo per l’incidente!- Mentii spudoratamente.

-Stia tranquilla, non è successo niente, l’importante è che lei stia bene.- Rispose cortesemente. Ma quanto era bello sentirlo parlare? Dio, perché dovevo incontrare un figo del genere e tamponarlo? Non poteva succedere a una festa? In un bar? Ma anche al supermercato!

-Ha chiamato suo fratello?- Mi chiese improvvisamente.

Arrossii violentemente annuendo e cercando di ignorare il fatto che io non avessi mai avuto fratelli!

-Ovviamente la mia assicurazione le ripagherà tutti i danni!- Mi affrettai a dire.

-Si figuri, non è affatto un problema!-

-Invece ci tengo! Mi dispiace moltissimo! Ora sto meglio, quindi se vuole…- feci una pausa appellandomi a tutta la mia forza di volontà e dissi a malincuore: -può andare…-

-Non le serve nulla? È sicura di stare bene?-

Annuii disperata. In un’altra occasione non me lo sarei mai fatto scappare!

Si alzò guardandomi titubante negli occhi per qualche secondo, poi disse: -Allora vado.-

Annuii di nuovo.

Poi fu tutto molto veloce: lui si voltò, aprendomi la visuale sulle porte del paradiso! Quei jeans su quel culo… MA PERCHÈ SE LI ERA MESSI? Fece un passo che io vidi a rallentatore: la chiappa destra accompagnava elegantemente la gamba, facendo aderire ancor di più la stoffa alla carne. Non potevo lasciarlo andare!

Senza neanche accorgermene mi ritrovai in piedi, con la mano aperta, poggiata a coppa sulla natica di lui. Ci guardammo per un istante interminabile, al che finsi di afferrare la tasca del jeans e risi nervosamente.

-Mi scusi, volevo solo chiederle se le andrebbe di venire a cena con me una di queste sere: devo assolutamente sdebitarmi in qualche modo! Lasci che le offra la cena!-

-Le sanguina il naso.- Rispose lui con una punta di preoccupazione. Ero già rossa come il benedetto semaforo che me lo aveva fatto incontrare, ma credo che a quel punto diventai bordeaux. Afferrai una benda vicino alla mia branda e mi tamponai la narice.

-Sì- disse d’un tratto lui.

-Cosa?- Gracchiai piagnucolante.

-Sì, verrò volentieri a cena con lei- disse prendendo dalla tasca dei pantaloni un bigliettino da visita di una concessionaria Audi -mi chiamo Sesshomaru.- Disse senza mostrare un briciolo di emozione.

Afferrai il biglietto e ci lessi sopra il suo nome: persino il nome era figo! E oltretutto vendeva macchine come quella che gli avevo sfasciato! Non avevo le facoltà mentali per dire alcunché, quindi mi limitai ad annuire e sbiascicare un: -Rin!-

Poi se ne andò, ridonandomi di nuovo quella visuale paradisiaca! Lo avrei visto senza jeans e senza mutande! Fosse cascato il mondo, lo avrei fatto! Dovevo sdebitarmi no? Lo avrei fatto in natura! Sì! Decisamente! La sua non sarebbe stata più solo una visione paradisiaca! Con lui ci avrei aperto le porte del paradiso!!!

Non avevo mai amato così tanto quel santo semaforo rosso!
 
  
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