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Autore: Melanto    01/05/2009    9 recensioni
"Da quando mi sono risvegliato a Kaer Morhen di due cose ho scoperto di avere davvero la certezza assoluta: sono un witcher e sono uno sfigato." E sulla seconda certezza, Geralt non poteva nemmeno immaginare quanto. In fondo, il bello del gioco è proprio questo.
Genere: Fantasy | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Questa storia partecipa alla V° Disfida indetta da Criticoni col titolo di “Faccia a Faccia”.
Il sottobando che mi è capitato si chiama “Coercitivo” ed ho l’obbligo di inserire un set di 10 parole all’interno della storia.
Ho scelto di utilizzare il I° Set composto dai seguenti sostantivi:

- Angelo, burro, cristallo, drago, famiglia, fulmine, giroscopio, insetto, sfera, sibilo.

L’unica parola che è stata volta al plurale (come consentito dal regolamento) è ‘insetto’.
Faccio il mio più sincero “In bocca al lupo” alla mia diretta sfidante, la bravissima Harriet!
Note varie ed eventuali sui personaggi citati nella storia, sui luoghi e  sulle bestiole le potrete trovare alla fine della fic.

Ovviamente, ci sono alcuni spoiler per chi sta giocando a questo gioco o vorrà giocarci in futuro.

Infine, un ringraziamento speciale a Maki-chan per essere stata la mia pucciabetuccia *_* *Luv-infinito*

Buona lettura!

 

Il bello del gioco

Da quando mi sono risvegliato a Kaer Morhen di due cose ho scoperto di avere davvero la certezza assoluta: sono un witcher e sono uno sfigato.
Per la prima, mi è bastato dare un’occhiata in uno specchio per convincermi che Vesemir non stesse cercando di prendermi per il culo: capelli bianchi che nemmeno una tintura riesce a coprire, occhi gialli come quelli di un lupo e più cicatrici di un cadavere a cui hanno fatto l’autopsia. Ma Triss dice che sono affascinante, modestamente.
A dire il vero, credo che noi due fossimo piuttosto intimi quando avevo ancora la memoria, ma sto divagando e questa è un’altra storia.
La seconda certezza è stata anch’essa quasi istantanea, giusto il tempo che Vesemir mi raccontasse in soldoni come funzionasse la vita di un witcher ed avevo già capito che, una volta lasciata Kaer Morhen, non me la sarei passata tanto bene.
Certo, questo va ben oltre le mie più nere aspettative.
Per colpa sua ho una fama talmente pessima che, giorni fa, quando mi sono presentato ad un mercante di Vizima, questi ha cominciato ad urlare come un indemoniato: “Non avvicinarti a mia figlia!”.
Io nemmeno sapevo che ne avesse una!
Ormai ignoro se sia peggio essere additato come ‘mostro pulcioso’ o come ‘colui che estrae l’uccello più velocemente della spada’.
E al primo che si azzarda a chiedere: “Ma chi te lo fa fare?” gli mozzo la testa con la spada d’acciaio! Lo giuro sul Ragno Leonino, Melitele, i Signori dell’Acqua e tutte le stramaledette divinità di Temeria!
Avessi potuto scegliere, una volta fuori da Kaer Morhen, avrei volentieri detto a Vesemir di arrangiarsi che già ero morto una volta – stando a ciò che si dice – e che l’idea di fare il bis non rientrava nei miei piani di redivivo.
Poi, però, ho scoperto che mi faccio prendere troppo dai sentimenti, che il mio cuore mutante batte al ritmo di: “Nooooo! Tale crimine non rimarrà impunito!” ed ho ceduto.
“E sia.” mi sono detto “Mi immolerò per la causa, tanto sono già morto, non può succedermi nulla di così peggiore!”. A saperlo che sarei passato dalla padella nella brace, forse non sarei stato tanto precipitoso.
Al mio cuore mutante avrei sicuramente detto: “Fatti i cazzi tuoi, che sono appena risorto dalla tomba!” e me ne sarei andato per la mia strada.
Ed invece, ora eccomi qui, incastrato da Vossignoria – che starà comodamente seduta a godersi lo spettacolo – in questa fetida palude, piena di insetti e zanzare succhiasangue, a debellare viverne.
Ora, non so se voi abbiate mai avuto a che fare con una viverna, in caso contrario, lasciate che vi illumini: sono la versione ridotta di un drago, ma non abbastanza ridotta per impedire ad una loro zampata di aprirvi la pancia. In più, le bastarde volano. Alcune in maniera rozza ed approssimativa, questo è vero, ma sono capaci di attaccare dall’alto, il che gioca tutto a loro vantaggio.
Sono pericolose, incazzose e…

«Ahia!»
La nube verdastra lo avvolse all’improvviso, intossicandolo per alcuni lunghissimi istanti necessari affinché una delle viverne gli planasse alle spalle, con un acuto sibilo, e lo colpisse con l’ala.

…velenose.

Ruzzolò nella fanghiglia erbosa che cresceva in abbondanza nell’intera palude, bloccando la sua corsa in un rigoglioso e verde cespuglio. Sospirò, tirandosi in piedi e dandosi una rapida pulita ai calzoni di cuoio.
Con un gesto lento si tolse un rametto di Celidonia dai capelli candidi come la neve, osservandolo poi con un sopracciglio inarcato e decidendo di metterlo via nella sua piccola borsa degli elementi.

Che qui non si butta via nulla. Mi servirà per qualche pozione.

Di lontano, il gruppo di viverne lo osservava minaccioso, girando attorno al cadavere per il quale si era fatto quella non tanto piacevole passeggiata nella palude.
Senza perderle di vista, si chinò a raccogliere la spada d’argento rimettendola nel suo fodero sulla schiena, accanto a quella d’acciaio.
«Mie care signore, se non volete mollare il morto, mi costringete ad accelerare il vostro processo di estinzione.» disse, stringendosi nelle spalle. La viverna reale, la più grossa, allargò le ali sbattendole nell'aria nebbiosa.
«Mh, un modo come un altro per dirmi “Fottiti.”, suppongo.»

E va bene, prima che faccia buio, vediamo di darci una mossa; non è che abbia chissà quanta voglia di trovarmi accerchiato da drowner, morti affogati e bloedzuiger.

Le iridi gialle cominciarono a brillare di un intenso bagliore, come fossero frammenti di topazio. Avvicinò i palmi delle mani, lasciando che tra essi comparisse una luminescenza rossastra che lentamente aumentava di dimensioni ed intensità.
Gli occhi fissi sulle viverne davanti a sé per cercare la migliore angolazione da cui portare l’attacco: se le avesse fatte fuori tutte in un colpo solo, avrebbe risparmiato tempo e fatica.
Con un guizzo rapido si mosse alla sua sinistra, portandosi di fianco a loro e rilasciando tutta la potenza del segno di fuoco Igni in una letale fiammata.
In pochi attimi, l’odore di carne bruciata pizzicò le sue narici, facendogli interrompere l’incantesimo.
«Viverna flambè.» esclamò dopo aver osservato ciò che rimaneva delle bestie, poi si avvicinò finalmente al suo obiettivo. «Quanto mi hai fatto penare.» borbottò al cadavere ormai roso e cadente da giorni di decomposizione. Un braccio era stato staccato dal corpo con un morso, e sicuramente ora doveva trovarsi nella pancia di una delle creature che lui aveva arrostito.
Il tanfo di putrefazione lo investì con una zaffata, non appena aprì la casacca di uno sbiadito e sporco color porpora. Con una smorfia, girò la testa di lato sbuffando «Addio cena, stasera.» e, nonostante perquisire cadaveri non fosse il suo hobby preferito, infilò comunque la mano in una delle tasche interne cavandone l’oggetto della sua missione.
Il diamante era grosso quanto la falange del suo dito indice, ed aveva un taglio perfetto e brillante sotto il riverbero dei fiochi raggi di sole al tramonto che a fatica riuscivano ad arrivare fino a lui attraverso l’intricata vegetazione della palude.

Vossignoria sarà soddisfatta, immagino.
E, giusto per la cronaca, sì: era proprio un diamante quello che stavo cercando e per cui stavo per farmi ridurre il culo a strisce dalle viverne.
Comprarlo, direte voi?
Ah! Troppo facile e poi Vossignoria è talmente spilorcia che sbianca alla sola idea di spendere duecento oren. Se consideriamo poi lo scopo cui sarà finalizzato l’utilizzo di questa pietra… via! Lasciamo perdere e vediamo di abbandonare questo cesso.
Ad occhio e croce dovrei arrivare a Vizima prima che il sole sia calato del tutto.

Rigirò la gemma tra le dita ancora per qualche secondo, prima che il suo amuleto a testa di lupo cominciasse a vibrare, attirando la sua attenzione.
A quanto pareva stava per ricevere visite poco gradite.
Eclissò il diamante in una tasca, mantenendo tutti i sensi in allerta.
La vibrazione del ciondolo aumentò, facendogli capire come il nemico fosse ormai alle sue spalle.
Un fruscio di foglie e poi il leggero gorgogliare di fauci che venivano aperte lentamente; sbatter d’ali ed un sibilo talmente acuto da far invidia persino alle onde ultrasoniche dei fleder.
Il witcher non si mosse dalla sua posizione inginocchiata, ma si volse appena per inquadrare una giovane viverna con la coda dell’occhio.
«E tu?» disse, la mano che lentamente afferrava l’elsa della spada d’argento. «Dove ti eri nascosta?»
La bestia spiccò un balzo nella sua direzione, mantenendosi in volo radente grazie alle ali.
I denti colanti veleno e bava si fecero più vicini e minacciosi.
La spada, con un secco rumore metallico, abbandonò il fodero e lui la fece ruotare abilmente in un rapido gioco di mani/polso prima di tranciare di netto il corpo della viverna come fosse stato un pezzo di burro. Le due metà della bestia volarono oltre la sua testa, schiantandosi con un sonoro ‘ciaff’ nelle scure acque della palude.
Il Lupo Bianco osservò con espressione sorpresa e soddisfatta la lama della sua arma, rimettendosi in piedi.

Però! Niente male quell’unguento! State a vedere che Vossignoria ha fatto l’acquisto giusto, una volta tanto.

*****

I suoi passi si susseguivano, silenziosi ma decisi, attraverso la palude.
Gracchiando in maniera fastidiosa da sopra le fronde, uno stormo di corvi lo oltrepassò mentre lui guadava tratti di acqua salmastra e verdognola che separava gli isolotti nei pressi del piccolo altare alla Dea Melitele.
A volte, il medaglione prendeva a vibrare per qualche momento, prima di tornare a sopirsi. Già di giorno la palude non era propriamente il luogo ideale per andare in villeggiatura o fare una scampagnata, ma sul far della sera i mostri sembravano decuplicare la loro presenza e lui non è che facesse i salti di gioia all’idea di trovarseli davanti.
Quando arrivò nelle vicinanze di un’isoletta stracarica di sanguisughe ipernutrite ed alte quanto lui, che venivano chiamate appunto bloedzuiger, rallentò il passo nascondendosi dietro a dei folti cespugli.
«Li ho visti, vecchio mio.» mormorò al suo amuleto che sembrava come impazzito. Strinse con forza l’elsa della spada d’argento, muovendosi lentamente e senza fare il minimo rumore per aggirare l’ostacolo; dietro il gruppo di mostri c’era l’altare alla dea, ma, soprattutto, il Luogo di Potere attraverso il quale si sarebbe teletrasportato nel laboratorio di Kalkstein, l’alchimista: poteva già scorgerne il baluginio azzurro.
Con astuzia sfruttò il fatto che i bloedzuiger non fossero creature molto sveglie e riuscì ad evitare lo scontro diretto, allungando leggermente il percorso. Sbucò sulla strada che portava al villaggio dei mattonai, a poca distanza dall’unico molo della palude.
La vibrazione del medaglione scemò lentamente, segno che la zone era pulita e che l’unico probabile pericolo veniva solo dai vermoni, ma erano lenti e troppo distanti perché potessero dargli qualche fastidio.
Con calma rinfoderò l’argento, avvicinandosi al Luogo di Potere; il cui bagliore aumentò di intensità non appena lo raggiunse. Il Lupo Bianco avvertì la magia rifluire in lui con forza, provocandogli uno strano formicolio, ma non avrebbe sfruttato il luogo per intensificare il potere dei suoi segni.
Dalla sacca estrasse il cristallo del teletrasporto, dalla forma di una sfera grande quanto il suo pugno, che gli aveva dato l’alchimista di Vizima. La sua superficie trasparente racchiudeva una strana nebbiolina che cambiava continuamente colore e forma.
Lui osservò l’oggetto con una certa diffidenza. Non si fidava molto di Kalkstein e quell’affare del teletrasporto era ancora in fase sperimentale: chi gli assicurava che l’avrebbe riportato a Vizima tutto intero?
E con ‘tutto’ intendeva ‘tutto-tutto’.
Beh, non che avesse chissà quale scelta. La seconda opzione era farsi mezza palude a piedi, arrivare al molo e pagare la bellezza di cinque oren per farsi traghettare fino in città, il che avrebbe significato perdere quelle due/tre orette, se poi si mettevano in conto i sicurissimi mostri che avrebbe incontrato lungo la strada… cosa stava dicendo del cristallo?!

Prendete nota: ad un witcher tocca anche questo, non solo il classico ‘lavoro sporco’.
Nasciamo come cavie ed anche se io sono morto e risorto la storia non è cambiata, continuo ad essere cavia anche in questa mia ‘seconda opportunità’.
Quindi, Lezione Numero Uno: se siete stati sfigati nella vostra vita precedente, non significa che non possiate esserlo anche in quella successiva.
Lezione Numero Due: quando un alchimista vi affida un incarico donandovi un suo manufatto nuovissimo e stupendissimo, ma non proprio sicurissimo, ditegli che va contro la vostra religione e che preferite i mezzi artigianali. Costeranno un po’ di più, ma almeno a casa riuscirete a tornarci con le vostre gambe. Forse.
Lezione Numero Tre: se alla Lezione Numero Due sarete stati poco furbi e avrete deciso che tanto di una morte si deve pur morire e farlo in nome della scienza ha un che di romantico, fatevi almeno spiegare come cazzo funziona lo stramaledetto manufatto magico!

«Avanti coso, vedi di attivarti, non ho mica tutto il giorno.» borbottò, cominciando ad agitare la sfera senza alcun risultato. Dopo che l’ebbe sballottata per bene, la osservò inarcando un sopracciglio e dipingendosi una smorfia. «Mai fidarsi degli alchimisti chiacchieroni discendenti dagli gnomi.» ed alzò il braccio seriamente intenzionato a buttarla via, ma come questa toccò il bagliore azzurro dell’amplificatore di segni, si attivò il meccanismo di teletrasporto e, se un attimo prima c’era la statua di Melitele davanti ai suoi occhi, l’attimo dopo riconobbe il disordinatissimo laboratorio di Kalkstein nel distretto di non-umani di Vizima.
La prima volta che vi aveva messo piede, gli aveva ricordato quello di Vesemir a Kaer Morhen, dove il witcher più anziano preparava pozioni e unguenti. Dopo la sgradita visita dei Salamandra e di Javed, il lungo tavolo da lavoro, gli alambicchi ed i distillatori erano andati distrutti completamente ed il corpo di Leo giaceva privo di vita sul pavimento, tra i frammenti di vetro e quelli del giroscopio di legno che Triss aveva regalato al vecchio Ves.
Lui grugnì qualcosa a quel ricordo, attirandosi finalmente l’attenzione dell’alchimista.
«Oh! Sei già di ritorno?» e sembrava particolarmente su di giri, raggiungendolo subito. «Hai usato il cristallo?! Allora, funziona bene?! Sono o no un genio?! Vedo che sei apparso tutto intero!»
Lui alzò una mano per zittirlo. «Decido io se sono tutto intero.»
«Naaaah! Come vuoi.» accordò Kalkstein stringendosi nelle spalle ed osservandolo mentre prendeva visione del suo stesso corpo.
Pettorali?
A posto.
Addome?
A posto.
Braccia?
A posto.
Gambe?
A posto.
Spade e pozioni?
A posto.
Gioielli di famiglia?
Si tastò rapidamente i pantaloni.

A posto.

«Sì, sono intero.»
«Tsk! Che ti avevo detto?! Sono un genio, sissignore! Ah-a! Quei maledetti del Circolo degli Alchimisti si roderanno fino ai gomiti, non solo per la scoperta dei Sephirot, ma anche per il mio geniale teletrasporto! A proposito, li hai mes-…»
Ma lui era già arrivato in cima alle scale.
«Non ora Kalkstein, non ho tempo.» eclissandosi al piano superiore per lasciare la sua abitazione.
«Eh?! Ma…» l’alchimista sbuffò, incrociando le braccia al petto. «Questi witcher sono tutti maledettamente scorbutici, sissignore.»

*****

Lezione Numero Quattro: quando Kalkstein prova ad aprire la bocca nel tentativo di intavolare una discussione che esuli dalla missione che vuole affibbiarvi: scappate.
A gambe levate, se possibile.
Quel tizio è capace di ciarlare per mezzora di fila senza prendere fiato nemmeno per un secondo, ve lo posso garantire.

La prima cosa che vide una volta fuori fu la luce abbagliante di un fulmine che illuminò a giorno il cielo plumbeo di Vizima, subito seguito dal rombare del tuono.

Uhm, sta per piovere, che novità. In questa città la pioggia è all’ordine del giorno, un po’ come il suo odore di piscio, vomito e morte, ma, se tralasciamo la peste che sta decimando la popolazione e la spropositata quantità di sicari che bazzicano il quartiere del Tempio, tutto sommato come posto non è male. 

Uno di questi gli passò accanto, mentre abbandonava il Distretto dei Non-umani.
«Mi prudono le palle!» borbottò.
«Ma non mi dire.» rispose lui in maniera quasi automatica, attirandosi l’occhiataccia del sicario che però continuò a camminare.

Ad ogni modo, essendo un witcher, i due problemi per me non sussistono perché non posso ammalarmi e perché gli assassini temono la mia natura e sanno che, se non vogliono trovarsi stecchiti, devono starmi alla larga.
Ehi! Doveva pur esserci un lato positivo oltre alla sterilità, no?
Mh, vi vedo perplessi. Forse non vi ho detto che quelli come me non possono procreare?
Ebbene sì, altrimenti Vossignoria non ci proverebbe tanto gusto.
“E’ il bello del gioco.” dice lei, “Tanto non semina pargoli.” dice lei, “Tutto piacere e zero responsabilità.” dice lei, “Gli faccio un favore!” dice lei. Peccato che la fama del porco me la debba portare sulle spalle io!
Poi ci si è messo anche quell’idiota di Dandelion che va millantando in giro una mia incapacità tra le lenzuola. Già avrei voluto appenderlo per le palle con le corde del suo liuto, ma il peggio è stata la reazione di Vossignoria.
“Incapace a letto?!” l’ho sentita sbottare “Col cazzo!” - esattamente con quello, per forza! - “Gegè, dobbiamo riabilitare il tuo nome!”
Ecco, a prescindere dal fatto che ‘Gegè’ non si possa sentire e sia meglio ‘mostro pulcioso’: io non volevo riabilitare il mio nome!
Non c’è nulla da ‘riabilitare’, sono solo le ciarle di un bardo beone, ma lei noooo non ha voluto sentire ragioni ed ha adocchiato la donna più pettegola dei bassifondi di Vizima così: “…la voce si spargerà prima!” dice lei.
Stamattina mi ha costretto ad abbordarla; essendo una pettegola ha subito attaccato bottone e, se ripenso allo squallidissimo modo in cui ho tentato di sedurla, mi vengono i brividi.
Fatto sta che appena le ho rivelato la mia identità, le ho visto un lampo malizioso negli occhi chiari prima che buttasse lì la diceria di Dandelion.
E mentre io avrei voluto sotterrarmi per la vergogna e strozzare quella lingua biforcuta di Dan, Vossignoria ha esultato un: “Sì! Che colpo di fortuna!”, impuntandosi sul fatto che avessi assolutamente dovuto conquistare quella donna.
Peccato che, ad un tratto, la suddetta se ne fosse uscita con: “Dammi un dono da mostrare alle mie amiche…”
Un dono. Niente di troppo difficile. Avevo svariate cianfrusaglie di valore raccolte in giro durante qualche incarico o frutto di ricompense e pagamenti per un lavoro svolto.
Così, avevo frugato nelle tasche e, toh!, avevo uno zaffiro purissimo di qualche carato. Quale donna avrebbe mai potuto rifiutare uno zaffiro?!
Ma ovviamente la mia!
Ed è stato allora che avrei dovuto capire che le cose si sarebbero irrimediabilmente complicate, quando, con nonchalance ed un civettuolo sbatter di ciglia ha detto: “Sai, ho una vera passione per i diamanti!”
Cosa non ho dovuto fare per riuscire a trovarne uno lo sapete anche voi, ma finalmente quel sassolino trasparente è nella mia tasca e a breve potrò mettere fine a questa lunghissima giornata.

Sbucò nel quartiere del Tempio che la guardia cittadina stava appena cominciando la ronda serale. Per le strade non c’era quasi nessuno anche a causa dell’acquazzone che sembrava ormai prossimo. Si incamminò verso la Locanda dell’Orso Peloso e trovò il suo obiettivo intento a chiacchierare con il fabbro dell’Ordine della Rosa Fiammeggiante.
Come lo vide, la donna gli rivolse un sorrisetto malizioso, congedandosi dal suo interlocutore.
Il Lupo Bianco la osservò farglisi incontro ondeggiando, con sensuale lentezza, le sue procacissime forme. La gonna lunga le avvolgeva le gambe ed i fianchi in maniera morbosamente perfetta, mentre la camicetta, dallo scollo provocante, riusciva appena a contenere i seni sodi che il bustino sospingeva verso l’alto.
«Non immaginavo che ci saremmo rivisti così presto, mio caro witcher.» La bocca si strinse in una smorfietta seducente, mentre il petto si alzava ed abbassava ritmicamente ai suoi respiri. Mantenere lo sguardo fisso nei suoi occhi non era poi tanto semplice.
Lui estrasse il diamante, facendolo roteare nelle dita. «Detesto far aspettare una così bella signora.»
La donna nascose una risatina in una mano. «Sei stato un vero Angelo, non di certo il Demonio che tutti dicono. La gente non dovrebbe mettere in giro certe dicerie, non credi?»
«Veramente sono altre le dicerie che vorrei sfatare.» Delicatamente fece scivolare la gemma nell’incavo dei suoi seni dove rimase perfettamente appoggiata. La donna seguì attentamente i suoi movimenti, sollevando appena lo sguardo con uno strano sorriso sulle labbra.
Le fredde iridi gialle puntate nelle sue le provocarono un brivido lungo la schiena mentre disse «Perché non mi lasci verificare quanto di vero c’è nelle parole di Dandelion.»
Gli occhi del Lupo Bianco si strinsero leggermente e le labbra si tesero in un sottile sorriso. La mano inguantata si appoggiò fianco della donna che sussultò quando lui le sfiorò il lobo in un bisbiglio.
«Vieni con me.»

*****

Quando chiuse la porta dell’abitazione alle sue spalle, la notte era già inoltrata e cadeva appena qualche ritardataria goccia di pioggia dell’acquazzone da poco concluso.
Aveva lasciato la sua amante addormentata e semicoperta da un lenzuolo, i crini biondo scuro sparsi sul cuscino.
Riavviò meccanicamente i capelli bianchi dando un’ultima sistemata alla cartucciera porta-pozioni e facendo una rapida valutazione: era a corto di Rondine e Gatto. Poco male, per quella sera aveva finito il suo turno di lavoro e poteva andarsene tranquillamente alla Locanda a farsi un bicchierino di vodka di segale ed una partita a dadi col vecchio Zoltan. Poi si sarebbe preparato le pozioni per il giorno successivo e si sarebbe messo in meditazione fino a mezzogiorno. Che diamine, se l’era meritato un po’ di riposo, o no?!
Scese rapidamente le scale che portavano ai bassifondi pullulanti di sicari a quell’ora.

E così, posso finalmente mettere la parola ‘fine’ a questa giornata, totalmente sprecata, a mio modo di vedere ed io non sono tipo a cui piace perdere tempo, ma a Vossignoria sì. Immagino che starà sghignazzando soddisfatta, rimirando con cupidigia l’ennesima LoveCard che è riuscita a collezionare – a spese mie, ovviamente – al grido di: “Beccati questo, Dandelion!”.
Ah, ma la prossima volta mi sente: se Melantò si azzarda di nuovo a farmi rischiare la pelle per una dannatissima scopata, giuro che faccio lo sciopero del sesso!
Parola di Geralt di Rivia.

 

**FINE**


…E poi Bla bla bla…

Alcune premessine fondamentali: questa storia prende le mosse esclusivamente dal videogame “The Witcher” (e da una sua particolare sessione di gioco) e non dai libri ai quali il videogame è ispirato, purtroppo. Questo perché, i libri di Andrzej Sapkowski non sono ancora stati tradotti in italiano.
Ma c’è da dire che amo questo gioco ed il suo protagonista e spero davvero che le opere di Sapkowski vengano finalmente tradotte anche da noi.
Ciò detto, passo alle note (troverete le immagini solo di luoghi, bestie e personaggi principali):

  • Le creature citate sono realmente presenti nel game: viverne, drowner, morti affogati, bloedzuiger e fleder.
  • Nel gioco, Gegè (detto anche Lupo Bianco o Gwynbleidd) utilizza spesso le pozioni (è una caratteristica dei witcher). Gatto (per vedere al buio) e Rondine (per recuperare vitalità) sono alcune di queste e gli elementi vengono estratti dai cadaveri dei mostri e le piante, come la Celidonia.
  • I personaggi citati sono realmente presenti nel game: Vesemir, Triss, Leo, Dandelion (che è anche il miglior amico di Geralt! XD), Azar Javed, Kalkstein, Zoltan e la Pettegola (che non ha un nome XD poverina!)
  • Ammirate Gegè che lancia una fiammata col segno Igni: *immagine*
  • Nel gioco, Gegè può trombare felicemente con chi gli si concede dietro previo dono. Per ogni trombatio, si riceve una LoveCard da collezione! *_* Questa è la card della Pettegola: *una delle più caste* XD
  • Le seguenti frasi sono state riprese interamente dal gioco: “Mi prudono le palle!” (non potevo non usarla! XD), “Dammi un dono da mostrare alle mie amiche…”, “Vieni con me.”.
  • Nel gioco, esiste davvero il cristallo del teletrasporto che ha una forma sferica. XD Devo dire che è capitato proprio a fagiuolo (però non è figo come quello che ho descritto io! XD)! Per non parlare del fatto che Triss abbia davvero un giroscopio in legno. Inoltre, a Vizima piove SEMPRE! XD Tuoni, fulmini, saette e acquazzoni di continuo!
  • Sono realmente esistenti anche le divinità: Ragno Leonino, Melitele ed i Vodyanoi o Signori dell’Acqua.
  • Nel game, Gegè è munito di due spade: una d’acciaio ed una d’argento con l’elsa a forma di testa di lupo, può portare anche un pugnale ed una terza spada al fianco. Infine, è munito di un ciondolo che vibra in presenza di forza magica e mostri ed ha la forma della testa di un lupo. *immagine di tutto il necessaire* XD (ci sono anche i famosi dadi per giocare a poker!)

Disclaimer:

 

“The Witcher” ed i suoi personaggi/luoghi/tuttoilcucuzzaro appartengono felicemente ad Andrzej Sapkowski, che ne detiene i diritti.

 

“The Witcher – il videogame” e tutto ciò ad esso legato appartiene ai RedProjekt, all’Atari e compagnia cantante che ne detengono i diritti.

XD e credo di non avere più niente da dire a parte che questa è davvero una storiella senza pretese nata per far divertire il mio animo da fangirl.

   
 
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