Questa storia partecipa alla V°
Disfida indetta da Criticoni
col titolo di “Faccia a Faccia”.
Il sottobando che mi è capitato si chiama “Coercitivo”
ed ho l’obbligo di inserire un set di 10 parole
all’interno della storia.
Ho scelto di utilizzare il I° Set
composto dai seguenti sostantivi:
- Angelo, burro, cristallo, drago, famiglia, fulmine, giroscopio, insetto, sfera, sibilo.
L’unica parola che è stata volta al
plurale (come consentito dal regolamento) è ‘insetto’.
Faccio il mio più sincero “In bocca al
lupo” alla mia diretta sfidante, la bravissima Harriet!
Note varie ed eventuali sui personaggi citati nella storia, sui luoghi
e sulle bestiole le potrete trovare alla fine della fic.
Ovviamente, ci sono alcuni spoiler
per chi sta giocando a questo gioco o vorrà giocarci in
futuro.
Infine,
un ringraziamento speciale a Maki-chan
per essere stata la mia pucciabetuccia *_* *Luv-infinito*
Buona lettura!
Il bello del gioco
Da quando mi sono
risvegliato a Kaer Morhen di
due cose ho scoperto di avere davvero la certezza assoluta: sono un
witcher e sono uno sfigato.
Per la prima, mi è bastato dare
un’occhiata in uno
specchio per convincermi che Vesemir non stesse cercando di prendermi
per il culo: capelli bianchi che nemmeno una tintura riesce a coprire,
occhi gialli come quelli di un lupo e più cicatrici di un
cadavere a cui hanno fatto l’autopsia. Ma Triss dice che sono
affascinante, modestamente.
A dire il vero, credo che noi due fossimo piuttosto intimi
quando avevo ancora la memoria, ma sto divagando e questa è
un’altra storia.
La seconda certezza è stata anch’essa
quasi
istantanea, giusto il tempo che Vesemir mi raccontasse in soldoni come
funzionasse la vita di un witcher ed avevo già capito che,
una
volta lasciata Kaer Morhen, non me la sarei passata tanto bene.
Certo, questo
va ben oltre le mie più nere aspettative.
Per colpa sua
ho una fama talmente pessima che, giorni fa, quando mi sono presentato
ad un mercante di Vizima, questi ha cominciato ad urlare come un
indemoniato: “Non avvicinarti a mia figlia!”.
Io nemmeno sapevo che ne avesse una!
Ormai ignoro se sia peggio essere additato come
‘mostro
pulcioso’ o come ‘colui che estrae
l’uccello
più velocemente della spada’.
E al primo che si azzarda a chiedere: “Ma chi te lo
fa
fare?” gli mozzo la testa con la spada d’acciaio!
Lo giuro
sul Ragno Leonino, Melitele, i Signori dell’Acqua e tutte le
stramaledette divinità di Temeria!
Avessi potuto scegliere, una volta fuori da Kaer Morhen,
avrei
volentieri detto a Vesemir di arrangiarsi che già ero morto
una
volta – stando a ciò che si dice – e che
l’idea di fare il bis non rientrava nei miei piani di
redivivo.
Poi, però, ho scoperto che mi faccio prendere
troppo dai
sentimenti, che il mio cuore mutante batte al ritmo di:
“Nooooo!
Tale crimine non rimarrà impunito!” ed ho ceduto.
“E sia.” mi sono detto “Mi
immolerò
per la causa, tanto sono già morto, non può
succedermi
nulla di così peggiore!”. A saperlo che sarei
passato
dalla padella nella brace, forse non sarei stato tanto precipitoso.
Al mio cuore mutante avrei sicuramente detto:
“Fatti i
cazzi tuoi, che sono appena risorto dalla tomba!” e me ne
sarei
andato per la mia strada.
Ed invece, ora eccomi qui, incastrato da Vossignoria
– che starà comodamente seduta a godersi lo
spettacolo
– in questa fetida palude, piena di insetti e zanzare
succhiasangue, a debellare viverne.
Ora, non so se voi abbiate mai avuto a che fare con una
viverna, in caso contrario, lasciate che vi illumini: sono la versione
ridotta di un drago, ma non abbastanza ridotta per impedire ad una loro
zampata di aprirvi la pancia. In più, le bastarde volano.
Alcune
in maniera rozza ed approssimativa, questo è vero, ma sono
capaci di attaccare dall’alto, il che gioca tutto a loro
vantaggio.
Sono pericolose, incazzose e…
«Ahia!»
La nube verdastra lo avvolse all’improvviso, intossicandolo
per
alcuni lunghissimi istanti necessari affinché una delle
viverne
gli planasse alle spalle, con un acuto sibilo, e lo colpisse con
l’ala.
…velenose.
Ruzzolò nella fanghiglia erbosa che cresceva in
abbondanza
nell’intera palude, bloccando la sua corsa in un rigoglioso e
verde cespuglio. Sospirò, tirandosi in piedi e dandosi una
rapida pulita ai calzoni di cuoio.
Con un gesto lento si tolse un rametto di Celidonia dai capelli candidi
come la neve, osservandolo poi con un sopracciglio inarcato e decidendo
di metterlo via nella sua piccola borsa degli elementi.
Che qui non si butta via nulla. Mi servirà per qualche pozione.
Di lontano, il gruppo di viverne lo osservava minaccioso,
girando
attorno al cadavere per il quale si era fatto quella non tanto
piacevole passeggiata nella palude.
Senza perderle di vista, si chinò a raccogliere la spada
d’argento rimettendola nel suo fodero sulla schiena, accanto
a
quella d’acciaio.
«Mie care signore, se non volete mollare il morto, mi
costringete
ad accelerare il vostro processo di estinzione.» disse,
stringendosi nelle spalle. La viverna reale, la più grossa,
allargò le ali sbattendole nell'aria nebbiosa.
«Mh, un modo come un altro per dirmi “Fottiti.”,
suppongo.»
E
va bene, prima
che faccia buio, vediamo di darci una mossa; non è che abbia
chissà quanta
voglia di trovarmi accerchiato da drowner, morti affogati e bloedzuiger.
Le iridi gialle cominciarono a brillare di un intenso
bagliore, come
fossero frammenti di topazio. Avvicinò i palmi delle mani,
lasciando che tra essi comparisse una luminescenza rossastra che
lentamente aumentava di dimensioni ed intensità.
Gli occhi fissi sulle viverne davanti a sé per cercare la
migliore angolazione da cui portare l’attacco: se le avesse
fatte
fuori tutte in un colpo solo, avrebbe risparmiato tempo e fatica.
Con un guizzo rapido si mosse alla sua sinistra, portandosi di fianco a
loro e rilasciando tutta la potenza del segno di fuoco Igni in una
letale fiammata.
In pochi attimi, l’odore di carne bruciata pizzicò
le sue narici, facendogli interrompere l’incantesimo.
«Viverna flambè.» esclamò
dopo aver osservato
ciò che rimaneva delle bestie, poi si avvicinò
finalmente
al suo obiettivo. «Quanto mi hai fatto penare.»
borbottò al cadavere ormai roso e cadente da giorni di
decomposizione. Un braccio era stato staccato dal corpo con un morso, e
sicuramente ora doveva trovarsi nella pancia di una delle creature che
lui aveva arrostito.
Il tanfo di putrefazione lo investì con una zaffata, non
appena
aprì la casacca di uno sbiadito e sporco color porpora. Con
una
smorfia, girò la testa di lato sbuffando «Addio
cena,
stasera.» e, nonostante perquisire cadaveri non fosse il suo
hobby preferito, infilò comunque la mano in una delle tasche
interne cavandone l’oggetto della sua missione.
Il diamante era grosso quanto
la falange del suo dito indice,
ed aveva un taglio perfetto e brillante sotto il riverbero dei fiochi
raggi di sole al tramonto che a fatica riuscivano ad arrivare fino a
lui attraverso l’intricata vegetazione della palude.
Vossignoria sarà soddisfatta, immagino.
E, giusto per la cronaca, sì: era proprio un
diamante
quello che stavo cercando e per cui stavo per farmi ridurre il culo a
strisce dalle viverne.
Comprarlo, direte voi?
Ah! Troppo facile e poi Vossignoria
è talmente
spilorcia che sbianca alla sola idea di spendere duecento oren. Se
consideriamo poi lo scopo cui sarà finalizzato
l’utilizzo
di questa pietra… via! Lasciamo perdere e vediamo di
abbandonare
questo cesso.
Ad occhio e croce dovrei arrivare a Vizima prima che il sole
sia calato del tutto.
Rigirò la gemma tra le dita ancora per qualche
secondo, prima
che il suo amuleto a testa di lupo cominciasse a vibrare, attirando la
sua attenzione.
A quanto pareva stava per ricevere visite poco gradite.
Eclissò il diamante in una tasca, mantenendo tutti i sensi
in allerta.
La vibrazione del ciondolo aumentò, facendogli capire come
il nemico fosse ormai alle sue spalle.
Un fruscio di foglie e poi il leggero gorgogliare di fauci che venivano
aperte lentamente; sbatter d’ali ed un sibilo talmente acuto
da
far invidia persino alle onde ultrasoniche dei fleder.
Il witcher non si mosse dalla sua posizione inginocchiata, ma si volse
appena per inquadrare una giovane viverna con la coda
dell’occhio.
«E tu?» disse, la mano che lentamente afferrava
l’elsa della spada d’argento. «Dove ti
eri
nascosta?»
La bestia spiccò un balzo nella sua direzione, mantenendosi
in volo radente grazie alle ali.
I denti colanti veleno e bava si fecero più vicini e
minacciosi.
La spada, con un secco rumore
metallico,
abbandonò il fodero e lui la fece ruotare abilmente in un
rapido
gioco di mani/polso prima di tranciare di netto il corpo della viverna
come fosse stato un pezzo di burro. Le due metà della bestia
volarono oltre la sua testa, schiantandosi con un sonoro ‘ciaff’
nelle scure acque della palude.
Il Lupo Bianco osservò con espressione sorpresa e
soddisfatta la lama della sua arma, rimettendosi in piedi.
Però! Niente male quell’unguento! State a vedere che Vossignoria ha fatto l’acquisto giusto, una volta tanto.
*****
I suoi passi si susseguivano,
silenziosi ma decisi, attraverso la palude.
Gracchiando in maniera
fastidiosa da sopra le fronde,
uno stormo di corvi lo oltrepassò mentre lui guadava tratti
di
acqua salmastra e verdognola che separava gli isolotti nei pressi del
piccolo altare alla Dea Melitele.
A volte, il medaglione prendeva a vibrare per qualche momento, prima di
tornare a sopirsi. Già di giorno la palude non era
propriamente
il luogo ideale per andare in villeggiatura o fare una scampagnata, ma
sul far della sera i mostri sembravano decuplicare la loro presenza e
lui non è che facesse i salti di gioia all’idea di
trovarseli davanti.
Quando arrivò nelle vicinanze di un’isoletta
stracarica di
sanguisughe ipernutrite ed alte quanto lui, che venivano chiamate
appunto bloedzuiger, rallentò il passo
nascondendosi dietro a dei folti cespugli.
«Li ho visti, vecchio mio.» mormorò al
suo amuleto
che sembrava come impazzito. Strinse con forza l’elsa della
spada
d’argento, muovendosi lentamente e senza fare il minimo
rumore
per aggirare l’ostacolo; dietro il gruppo di mostri
c’era
l’altare alla dea, ma, soprattutto, il Luogo di Potere
attraverso
il quale si sarebbe teletrasportato nel laboratorio di Kalkstein,
l’alchimista: poteva già scorgerne il baluginio
azzurro.
Con astuzia sfruttò il fatto che i bloedzuiger
non
fossero creature molto sveglie e riuscì ad evitare lo
scontro
diretto, allungando leggermente il percorso. Sbucò sulla
strada
che portava al villaggio dei mattonai, a poca distanza
dall’unico
molo della palude.
La vibrazione del medaglione scemò lentamente, segno che la
zone
era pulita e che l’unico probabile pericolo veniva solo dai
vermoni, ma erano lenti e troppo distanti perché potessero
dargli qualche fastidio.
Con calma rinfoderò l’argento, avvicinandosi al
Luogo di
Potere; il cui bagliore aumentò di intensità non
appena
lo raggiunse. Il Lupo Bianco avvertì la magia rifluire in
lui
con forza, provocandogli uno strano formicolio, ma non avrebbe
sfruttato il luogo per intensificare il potere dei suoi segni.
Dalla sacca estrasse il cristallo del teletrasporto, dalla forma di una sfera grande quanto il suo pugno,
che gli aveva dato l’alchimista di Vizima. La sua superficie
trasparente racchiudeva una strana nebbiolina che cambiava
continuamente colore e forma.
Lui osservò l’oggetto con una certa diffidenza.
Non si
fidava molto di Kalkstein e quell’affare del teletrasporto
era
ancora in fase sperimentale: chi gli assicurava che l’avrebbe
riportato a Vizima tutto intero?
E con ‘tutto’ intendeva ‘tutto-tutto’.
Beh, non che avesse chissà quale scelta. La seconda opzione
era
farsi mezza palude a piedi, arrivare al molo e pagare la bellezza di
cinque oren per farsi traghettare fino in città, il che
avrebbe
significato perdere quelle due/tre orette, se poi si mettevano in conto
i sicurissimi mostri che avrebbe incontrato lungo la strada…
cosa stava dicendo del cristallo?!
Prendete nota: ad un witcher tocca anche questo, non
solo il classico ‘lavoro sporco’.
Nasciamo come cavie ed anche se io sono morto e risorto la
storia non è cambiata, continuo ad essere cavia anche in
questa
mia ‘seconda opportunità’.
Quindi, Lezione Numero Uno: se siete stati sfigati nella
vostra
vita precedente, non significa che non possiate esserlo anche in quella
successiva.
Lezione Numero Due: quando un alchimista vi affida un
incarico
donandovi un suo manufatto nuovissimo e stupendissimo, ma non proprio
sicurissimo, ditegli che va contro la vostra religione e che preferite
i mezzi artigianali. Costeranno un po’ di più, ma
almeno a
casa riuscirete a tornarci con le vostre gambe. Forse.
Lezione Numero Tre: se alla Lezione Numero Due sarete stati
poco furbi e avrete deciso che tanto di una morte si deve pur morire e
farlo in nome della scienza ha un che di romantico, fatevi almeno
spiegare come cazzo funziona lo stramaledetto manufatto magico!
«Avanti coso, vedi di attivarti, non ho mica tutto
il
giorno.» borbottò, cominciando ad agitare la sfera
senza
alcun risultato. Dopo che l’ebbe sballottata per bene, la
osservò inarcando un sopracciglio e dipingendosi una
smorfia.
«Mai fidarsi degli alchimisti chiacchieroni discendenti dagli
gnomi.» ed alzò il braccio seriamente intenzionato
a
buttarla via, ma come questa toccò il bagliore azzurro
dell’amplificatore di segni, si attivò il
meccanismo di
teletrasporto e, se un attimo prima c’era la statua di
Melitele
davanti ai suoi occhi, l’attimo dopo riconobbe il
disordinatissimo laboratorio di Kalkstein nel distretto di non-umani di
Vizima.
La prima volta che vi aveva messo piede, gli aveva ricordato quello di
Vesemir a Kaer Morhen, dove il witcher più anziano preparava
pozioni e unguenti. Dopo la sgradita visita dei Salamandra e di Javed,
il lungo tavolo da lavoro, gli alambicchi ed i distillatori erano
andati distrutti completamente ed il corpo di Leo giaceva privo di vita
sul pavimento, tra i frammenti di vetro e quelli del giroscopio di
legno che Triss aveva regalato al vecchio Ves.
Lui grugnì qualcosa a quel ricordo, attirandosi finalmente
l’attenzione dell’alchimista.
«Oh! Sei già di ritorno?» e sembrava
particolarmente
su di giri, raggiungendolo subito. «Hai usato il cristallo?!
Allora, funziona bene?! Sono o no un genio?! Vedo che sei apparso tutto
intero!»
Lui alzò una mano per zittirlo. «Decido io se sono
tutto intero.»
«Naaaah! Come vuoi.»
accordò Kalkstein
stringendosi nelle spalle ed osservandolo mentre prendeva visione del
suo stesso corpo.
Pettorali?
A posto.
Addome?
A posto.
Braccia?
A posto.
Gambe?
A posto.
Spade e pozioni?
A posto.
Gioielli di famiglia?
Si tastò rapidamente i pantaloni.
A posto.
«Sì, sono intero.»
«Tsk! Che ti avevo detto?! Sono un
genio, sissignore! Ah-a! Quei maledetti del
Circolo degli Alchimisti si roderanno fino ai gomiti, non solo per la scoperta dei Sephirot,
ma anche per il mio geniale
teletrasporto! A proposito, li hai mes-…»
Ma lui era già arrivato in cima alle scale.
«Non ora Kalkstein, non ho tempo.» eclissandosi al
piano superiore per lasciare la sua abitazione.
«Eh?! Ma…» l’alchimista
sbuffò,
incrociando le braccia al petto. «Questi witcher sono tutti
maledettamente scorbutici, sissignore.»
*****
Lezione Numero Quattro: quando Kalkstein prova ad
aprire la
bocca nel tentativo di intavolare una discussione che esuli dalla
missione che vuole affibbiarvi: scappate.
A gambe levate, se possibile.
Quel tizio è capace di ciarlare per mezzora di
fila senza prendere fiato nemmeno per un secondo, ve lo posso garantire.
La prima cosa che vide una volta fuori fu la luce abbagliante di un fulmine che illuminò a giorno il cielo plumbeo di Vizima, subito seguito dal rombare del tuono.
Uhm, sta per piovere, che novità. In questa città la pioggia è all’ordine del giorno, un po’ come il suo odore di piscio, vomito e morte, ma, se tralasciamo la peste che sta decimando la popolazione e la spropositata quantità di sicari che bazzicano il quartiere del Tempio, tutto sommato come posto non è male.
Uno di questi gli passò accanto, mentre abbandonava
il Distretto dei Non-umani.
«Mi prudono le palle!» borbottò.
«Ma non mi dire.» rispose lui in maniera quasi
automatica,
attirandosi l’occhiataccia del sicario che però
continuò a camminare.
Ad ogni modo, essendo un witcher, i due problemi per
me non
sussistono perché non posso ammalarmi e perché
gli
assassini temono la mia natura e sanno che, se non vogliono trovarsi
stecchiti, devono starmi alla larga.
Ehi! Doveva pur esserci un lato positivo oltre alla
sterilità, no?
Mh, vi vedo perplessi. Forse non vi ho detto che quelli come
me non possono procreare?
Ebbene sì, altrimenti Vossignoria
non ci proverebbe tanto gusto.
“E’ il bello del gioco.” dice
lei,
“Tanto non semina pargoli.” dice lei,
“Tutto piacere
e zero responsabilità.” dice lei, “Gli
faccio un
favore!” dice lei. Peccato che la fama del porco me la debba
portare sulle spalle io!
Poi ci si è messo anche quell’idiota di
Dandelion
che va millantando in giro una mia incapacità tra le
lenzuola.
Già avrei voluto appenderlo per le palle con le corde del
suo
liuto, ma il peggio è stata la reazione di Vossignoria.
“Incapace a letto?!” l’ho
sentita sbottare
“Col cazzo!” - esattamente con quello, per forza! -
“Gegè, dobbiamo riabilitare il tuo nome!”
Ecco, a prescindere dal fatto che
‘Gegè’ non
si possa sentire e sia meglio ‘mostro pulcioso’: io
non
volevo riabilitare il mio nome!
Non c’è nulla da
‘riabilitare’, sono
solo le ciarle di un bardo beone, ma lei noooo non ha voluto sentire
ragioni ed ha adocchiato la donna più pettegola dei
bassifondi
di Vizima così: “…la voce si
spargerà
prima!” dice lei.
Stamattina mi ha costretto ad abbordarla; essendo una
pettegola
ha subito attaccato bottone e, se ripenso allo squallidissimo modo in
cui ho tentato di sedurla, mi vengono i brividi.
Fatto sta che appena le ho rivelato la mia
identità, le
ho visto un lampo malizioso negli occhi chiari prima che buttasse
lì la diceria di Dandelion.
E mentre io avrei voluto sotterrarmi per la vergogna e
strozzare quella lingua biforcuta di Dan, Vossignoria
ha esultato un: “Sì! Che colpo di
fortuna!”,
impuntandosi sul fatto che avessi assolutamente dovuto conquistare
quella donna.
Peccato che, ad un tratto, la suddetta se ne fosse uscita
con: “Dammi un dono da mostrare alle mie
amiche…”
Un dono. Niente di troppo difficile. Avevo svariate
cianfrusaglie di valore raccolte in giro durante qualche incarico o
frutto di ricompense e pagamenti per un lavoro svolto.
Così, avevo frugato nelle tasche e, toh!, avevo
uno
zaffiro purissimo di qualche carato. Quale donna avrebbe mai potuto
rifiutare uno zaffiro?!
Ma ovviamente la mia!
Ed è stato allora che avrei dovuto capire che le
cose si
sarebbero irrimediabilmente complicate, quando, con nonchalance ed un
civettuolo sbatter di ciglia ha detto: “Sai, ho una vera
passione
per i diamanti!”
Cosa non ho dovuto fare per riuscire a trovarne uno lo sapete
anche voi, ma finalmente quel sassolino trasparente è nella
mia
tasca e a breve potrò mettere fine a questa lunghissima
giornata.
Sbucò nel quartiere del Tempio che la guardia
cittadina stava
appena cominciando la ronda serale. Per le strade non c’era
quasi
nessuno anche a causa dell’acquazzone che sembrava ormai
prossimo. Si incamminò verso la Locanda dell’Orso
Peloso e
trovò il suo obiettivo intento a chiacchierare con il fabbro
dell’Ordine della Rosa Fiammeggiante.
Come lo vide, la donna gli rivolse un sorrisetto malizioso,
congedandosi dal suo interlocutore.
Il Lupo Bianco la osservò farglisi incontro ondeggiando, con
sensuale lentezza, le sue procacissime forme. La gonna lunga le
avvolgeva le gambe ed i fianchi in maniera morbosamente perfetta,
mentre la camicetta, dallo scollo provocante, riusciva appena a
contenere i seni sodi che il bustino sospingeva verso l’alto.
«Non immaginavo che ci saremmo rivisti così
presto, mio
caro witcher.» La bocca si strinse in una smorfietta
seducente,
mentre il petto si alzava ed abbassava ritmicamente ai suoi respiri.
Mantenere lo sguardo fisso nei suoi occhi non era poi tanto semplice.
Lui estrasse il diamante, facendolo roteare nelle dita.
«Detesto far aspettare una così bella
signora.»
La donna nascose una risatina in una mano. «Sei stato un vero
Angelo, non di certo il Demonio che tutti dicono. La gente non dovrebbe
mettere in giro certe dicerie, non credi?»
«Veramente sono altre le dicerie che
vorrei
sfatare.» Delicatamente fece scivolare la gemma
nell’incavo
dei suoi seni dove rimase perfettamente appoggiata. La donna
seguì attentamente i suoi movimenti, sollevando appena lo
sguardo con uno strano sorriso sulle labbra.
Le fredde iridi gialle puntate nelle sue le provocarono un brivido
lungo la schiena mentre disse «Perché non mi lasci
verificare quanto di vero c’è nelle parole di
Dandelion.»
Gli occhi del Lupo Bianco si strinsero leggermente e le labbra si
tesero in un sottile sorriso. La mano inguantata si appoggiò
fianco della donna che sussultò quando lui le
sfiorò il
lobo in un bisbiglio.
«Vieni con me.»
*****
Quando chiuse la porta dell’abitazione alle sue
spalle, la
notte era già inoltrata e cadeva appena qualche ritardataria
goccia di pioggia dell’acquazzone da poco concluso.
Aveva lasciato la sua amante addormentata e semicoperta da un lenzuolo,
i crini biondo scuro sparsi sul cuscino.
Riavviò meccanicamente i capelli bianchi dando
un’ultima
sistemata alla cartucciera porta-pozioni e facendo una rapida
valutazione: era a corto di Rondine e Gatto.
Poco male, per quella sera aveva finito il suo turno di lavoro e poteva
andarsene tranquillamente alla Locanda a farsi un bicchierino di vodka
di segale ed una partita a dadi col vecchio Zoltan. Poi si sarebbe
preparato le pozioni per il giorno successivo e si sarebbe messo in
meditazione fino a mezzogiorno. Che diamine, se l’era
meritato un
po’ di riposo, o no?!
Scese rapidamente le scale che portavano ai bassifondi pullulanti di
sicari a quell’ora.
E
così, posso finalmente mettere la parola
‘fine’ a
questa giornata, totalmente sprecata, a mio modo di vedere ed io non
sono tipo
a cui piace perdere tempo, ma a Vossignoria
sì. Immagino che starà sghignazzando soddisfatta,
rimirando con cupidigia l’ennesima LoveCard che è
riuscita
a collezionare – a spese mie, ovviamente – al grido
di:
“Beccati questo, Dandelion!”.
Ah, ma la prossima volta mi sente: se Melantò si
azzarda
di nuovo a farmi rischiare la pelle per una dannatissima scopata, giuro
che faccio lo sciopero del sesso!
Parola di Geralt di Rivia.
**FINE**
…E poi Bla bla bla…
Alcune premessine
fondamentali: questa storia prende le mosse esclusivamente dal
videogame “The Witcher”
(e da una sua particolare sessione di gioco) e non dai libri ai quali
il videogame è ispirato, purtroppo. Questo
perché, i
libri di Andrzej Sapkowski non sono
ancora stati tradotti in italiano.
Ma c’è da dire che amo questo gioco ed il suo
protagonista
e spero davvero che le opere di Sapkowski vengano finalmente tradotte
anche da noi.
Ciò detto, passo alle note (troverete le immagini solo di
luoghi, bestie e personaggi principali):
- I luoghi citati sono realmente presenti nel game: Kaer Morhen, Palude, Locanda dell’Orso Peloso, Distretto dei Non-umani (che è una parte del Quartiere del Tempio di Vizima).
- Le creature citate sono realmente presenti nel game: viverne, drowner, morti affogati, bloedzuiger e fleder.
- Nel gioco, Gegè (detto anche Lupo Bianco o Gwynbleidd) utilizza spesso le pozioni (è una caratteristica dei witcher). Gatto (per vedere al buio) e Rondine (per recuperare vitalità) sono alcune di queste e gli elementi vengono estratti dai cadaveri dei mostri e le piante, come la Celidonia.
- I personaggi citati sono realmente presenti nel game: Vesemir, Triss, Leo, Dandelion (che è anche il miglior amico di Geralt! XD), Azar Javed, Kalkstein, Zoltan e la Pettegola (che non ha un nome XD poverina!)
- Ammirate Gegè che lancia una fiammata col segno Igni: *immagine*
- Nel gioco, Gegè può trombare felicemente con chi gli si concede dietro previo dono. Per ogni trombatio, si riceve una LoveCard da collezione! *_* Questa è la card della Pettegola: *una delle più caste* XD
- Le seguenti frasi sono state riprese interamente dal gioco: “Mi prudono le palle!” (non potevo non usarla! XD), “Dammi un dono da mostrare alle mie amiche…”, “Vieni con me.”.
- Nel gioco, esiste davvero il cristallo del teletrasporto che ha una forma sferica. XD Devo dire che è capitato proprio a fagiuolo (però non è figo come quello che ho descritto io! XD)! Per non parlare del fatto che Triss abbia davvero un giroscopio in legno. Inoltre, a Vizima piove SEMPRE! XD Tuoni, fulmini, saette e acquazzoni di continuo!
- Sono realmente esistenti anche le divinità: Ragno Leonino, Melitele ed i Vodyanoi o Signori dell’Acqua.
- Nel game, Gegè è munito di due spade: una d’acciaio ed una d’argento con l’elsa a forma di testa di lupo, può portare anche un pugnale ed una terza spada al fianco. Infine, è munito di un ciondolo che vibra in presenza di forza magica e mostri ed ha la forma della testa di un lupo. *immagine di tutto il necessaire* XD (ci sono anche i famosi dadi per giocare a poker!)
Disclaimer:
“The Witcher” ed i suoi personaggi/luoghi/tuttoilcucuzzaro appartengono felicemente ad Andrzej Sapkowski, che ne detiene i diritti.
“The Witcher – il videogame” e tutto ciò ad esso legato appartiene ai RedProjekt, all’Atari e compagnia cantante che ne detengono i diritti.
XD e credo di non avere più niente da dire a parte che questa è davvero una storiella senza pretese nata per far divertire il mio animo da fangirl.