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Autore: Shainareth    01/05/2009    2 recensioni
[Gundam SEED Destiny] Alzò lo sguardo al grande pendolo che in quel momento batteva gli imponenti rintocchi delle sette del mattino. Il suo superiore lo aveva convocato lì di buon’ora per un motivo che Athrun ignorava.
Genere: Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Athrun Zala, Cagalli Yula Athha
Note: nessuna | Avvertimenti: Spoiler!
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RICOMINCIARE




Si rigirò la pietra fra le dita con fare pensieroso, specchiando inconsapevolmente gli occhi color smeraldo sulla sua superficie scura. Ancora oggi, dopo più di due anni, la portava ancora con sé, e probabilmente lo avrebbe sempre fatto perché, a dispetto di quello che lui stesso aveva più volte sperato, molte persone non volevano che riscattasse gli errori commessi con la morte. Ormai però aveva smesso di addossarsi colpe che non gli erano proprie, e per di più aveva deciso di ascoltare il buon senso piuttosto che voler fare l’eroe a tutti i costi – cosa che invero non aveva mai fatto con presunzione.

   Alzò lo sguardo al grande pendolo che in quel momento batteva gli imponenti rintocchi delle sette del mattino. Il suo superiore lo aveva convocato lì di buon’ora per un motivo che Athrun ignorava. Non sperava più in un miracolo che potesse farli tornare a quel giorno in cui lui aveva creduto di lasciare Orb momentaneamente; erano successe tante, troppe cose, troppi sbagli che li avevano in qualche modo allontanati l’uno dall’altra. Eppure si erano capiti, si erano perdonati tutto senza mai rimproverarsi niente. Non era bastato. Si sentiva uno stupido. O forse, come diceva lei, lo era per davvero.

   Sorrise, ricordando l’espressione allegra con cui Cagalli gli aveva snocciolato in faccia quella verità senza mezze misure, incurante dello stato d’animo pessimo in cui egli si trovava in quel momento. E paradossalmente erano state quelle parole a risollevargli in parte il morale. Non paga, era tornata a cercarlo per fargli presente che il contenuto del suo cranio fosse molto più simile ad un criceto che gira in tondo piuttosto che a materia grigia. Sì, era piuttosto confortante sapere che la donna che amava avesse questa opinione di lui.

   La donna che amava…

   Athrun era stato l’unico pilota di Gundam ad attivare per ben due volte il dispositivo di autodistruzione del suo Mobil Suit, prima con l’Aegis e poi con il Justice, e in entrambe le occasioni era stato proprio quel diavolo scatenato dai capelli biondi a salvarlo. Io voglio che non muoia più nessuno, gli aveva detto lei quando gli aveva regalato l’amuleto che ancora portava al collo. Vivere… vuol dire combattere!, erano state invece le sorprendenti parole che lo avevano convinto a non pagare con la vita i crimini commessi da suo padre.

   Strinse la pietra nel palmo della mano. Cagalli… no, anche Kira, Lacus e gli altri tenevano a lui sinceramente. Non li avrebbe delusi. Non più.

   «Scusa se ti ho fatto aspettare.» Sobbalzò, non avendo udito entrare nessuno. Si volse e vide il Delegato Athha sulla soglia, il sorriso sulle labbra.

   «Non importa, sono stato io ad arrivare in anticipo.» Se pure parlò con voce calma, non gli riuscì di curvare la linea della bocca verso l’alto. Rimase piuttosto inespressivo, probabilmente perché il suo subconscio era impegnato in una strenue battaglia per evitare che il suo sguardo andasse a cercare la mano sinistra della ragazza.

   Cagalli chiuse la porta alle sue spalle ed entrò nella stanza, percorrendola per oltre la metà prima di fermarsi dietro la propria scrivania. Vi poggiò su un fascicolo piuttosto spesso e tornò a rivolgersi al giovane. «Mi dispiace anche di averti convocato qui così presto, ma vista la situazione caotica in cui ancora ci troviamo, non potevo fare altrimenti: sarò impegnata per tutto il giorno con gli altri emiri.»

   «Sta’ tranquilla, capisco benissimo.» Quella voce atona le piacque poco, per cui si zittì, fissando le iridi dorate in quelle verdi di lui. Athrun si sentì giustamente a disagio. «Cosa?»

   «Potresti smetterla con quell’espressione truce?»

   Batté le palpebre. «Non ho un’espressione truce.»

   «Sì che ce l’hai», gli fece notare lei, contrariata. «Odio quando sei così mortalmente serio anche se non ce n’è bisogno.» Il pilota si accigliò, mortificato e pronto a ribattere, ma Cagalli lo precedette, lasciandolo a bocca aperta. «Ecco, adesso per lo meno hai un che di umano.»

   Come tutte le volte in cui a lui riusciva impossibile, o per lo meno difficile, seguirla, Athrun decise di sorvolare e di cambiare argomento. «Di cosa avevi bisogno?»

   «Di sapere se hai intenzione di seguire Kira nell’esercito di ZAFT o meno.»

   Non c’era la minima traccia di rimprovero nel tono da lei usato, eppure quella richiesta fatta a bruciapelo lo colpì violentemente. Non che si fosse aspettato che la fanciulla gli buttasse le braccia al collo per rimediare a quel saluto formale che i due si erano scambiati cerimoniosamente quando l’Archangel aveva fatto ritorno ad Orb, ma adesso più di prima avvertiva crescere la distanza che si era creata fra lui e quella che era il capo dello Stato mondiale dalla situazione politica più delicata. Eppure, in passato, nessuno dei due vi aveva dato importanza. Eppure, in passato, avevano persino ignorato il fatto che lei fosse formalmente impegnata con un altro uomo, vivendo un amore clandestino che ancora li avrebbe voluti insieme e che, utopicamente, un giorno li avrebbe visti sposati. Era stupido sperare ancora in quel miracolo?

   «Non ti chiedo di darmi una risposta subito, anche perché vorrei che tu ci pens…»

   «Resto qui.» Cagalli, che nel frattempo aveva preso a riordinare nervosamente delle carte già archiviate in modo pressoché perfetto, alzò di scatto la testa verso di lui. «Resto a Orb», preferì ribadire il concetto Athrun, molto più sicuro di prima, gli occhi negli occhi.

   «Ne… sei sicuro?» Il terrore della ragazza era che lui potesse trovarsi male lì, preferendo perciò PLANT alla Terra. Era stata una delle motivazioni per cui si era lasciata convincere a sposare Yuna e a disimpegnare il fu Alex Dino, restituendogli un anello che però non era mai tornato nelle sue mani. Un anello che, seppur al momento non poteva portare al dito per una promessa imposta a se stessa, Cagalli conservava gelosamente fra i propri effetti personali in attesa di tempi migliori. Così come Athrun aveva cura dell’haumea che ancora stringeva nel palmo, benché non potesse essere considerata propriamente un pegno d’amore, quanto di speranza per il futuro.

   «Ti sei presa la responsabilità di farmi indossare questa uniforme», cominciò a rispondere lui, sentendo dentro di sé nuova forza, «per cui, quando l’ho accettata, ho giurato che non l’avrei mai tradita.»

   La vide sorridere e scuotere il capo. «Non si tratta di tradire o non tradire… Prendi Kira, per esempio: ha militato sia nell’EAF che nell’esercito di Orb, eppure adesso sta per entrare in ZAFT. Nessuno, però, si sognerebbe di chiamarlo traditore. E la stessa cosa vale per l’equipaggio dell’Archangel.»

   «Tuttavia, ho già disertato da ZAFT per ben due volte. Quanto sarei credibile se proponessi di tornare lì?»

   «Athrun…» Il Delegato pronunciò quel nome in tono quasi supplice. «Smettila di porti problemi del genere: sei uno degli eroi delle ultime due guerre, nessuno oserebbe muoverti obiezioni contro.»

   «Non è solo questo il punto. Non mi importa dell’opinione degli altri», mise in chiaro il giovane. «Voglio rimanere qui perché Orb rispecchia i miei ideali.»

   Cagalli schiuse le labbra, stupita e commossa. «Sul serio?», farfugliò dopo un’iniziale difficoltà.

   Lui annuì. «Quindi, con il tuo permesso…»

   «Ti farò avere una nuova uniforme», lo interruppe la ragazza, agguantando il telefono e premendo con fin troppo entusiasmo un pulsante del tastierino numerico. «Quella che hai indosso ora non va più bene.»

   «Perché?», chiese l’altro, confuso.

   «Vorrei sapere per quale dannato motivo non mi risponde nessuno…», iniziò ad imprecare la bionda.

   Athrun le si avvicinò, prendendole la cornetta dalle mani e mettendola giù. Fece cenno col capo verso l’orologio. «Non sono neanche le sette e un quarto del mattino.»

   «Oh… già», fu l’unica cosa che balbettò Cagalli, spaesata. A causa del troppo lavoro aveva perso la cognizione del tempo, concedendosi di mangiare e di dormire nei momenti più impensabili, cosa che aveva iniziato a causarle non poco stress. E se anche la sua attuale magrezza impensieriva i più, Kira e Athrun in primis, tutti erano ben consci della sua grande energia interiore e della sua ferrea forza di volontà. «Beh, vorrà dire che dovrai pazientare un po’», finì la Leonessa di Orb, scrollando le spalle.

   «Mi spiegheresti meglio?» Anche il pilota dell’Infinite Justice si lasciò finalmente andare in un sorriso. «Che ti frulla per la testa?»

   Lei schioccò le labbra, soddisfatta e allungò una mano nella sua direzione, battendo la punta dell’indice sul suo petto. Involontariamente, Athrun rabbrividì, succube anche dello sguardo monello che Cagalli gli stava lanciando. «I gradi militari. Sono sbagliati.» Il giovane la fissò guardingo, temendo di non aver capito bene ed ottenendo in risposta una risata. «D’ora in poi Orb ti conoscerà non come Alex Dino, bensì come l’Ammiraglio Athrun Zala.» Questi sgranò gli occhi, completamente spiazzato, e proruppe in un’esclamazione che la divertì più di prima. «Che altro ti aspettavi dopo tutto quello che tu e gli altri avete fatto?», osservò la ragazza, tornando al suo posto per consentirgli di recuperare il respiro in tutta calma. «Ho promosso Kira allo stesso modo solo per avermi riportata qui, perché non avrei dovuto fare la stessa cosa con te?»

   «Non… Non è questo, è solo che… Ammiraglio?!», stentava ancora a crederci lui.

   «Già», confermò fiera Cagalli. «Quindi d’ora in poi ti aspettano tempi duri, visto che dobbiamo tirare il Paese fuori dalla crisi. Ti toccherà affiancarmi in ogni situazione», gli fece presente.

   A quella prospettiva, Athrun riorganizzò velocemente i pensieri. «Tornerò anche a farti da guardia del corpo?»

   «Oh… beh, a questo non avevo pensato, in effetti», confessò l’altra, mordendosi un’unghia. «Ma se la cosa ti fa piacere…»

   «Altro che piacere, non chiedo di meglio: avrò due stipendi», si lanciò lui, troppo felice per non prendere al volo l’occasione di scherzarci su.

   «Che infame», gli rinfacciò Cagalli, gettandogli contro una gomma rubata dal set della sua scrivania, senza però smettere di ridere. «Tieni», aggiunse poi, riprendendo il plico in mano e porgendoglielo. «Questi sono i documenti che dovrai studiare per la riunione delle nove.»

   «Comincio subito?»

   «Se vuoi guadagnarti i due stipendi…»

   «Sta bene», concordò il ragazzo, infilando l’haumea in tasca e prendendo il fascicolo.

   «Ce la farai?», domandò il Delegato, rispondendosi però subito da sola. «Sì che ce la farai, dimentico sempre che sei un Coordinator.»

   Indeciso se considerarla una cosa positiva o meno, ma ben risoluto ad infischiarsene, Athrun le regalò un’espressione serena. «Grazie.»

   «Mh? Per cosa?», fece di nuovo spallucce lei.

   «Niente, lascia perdere», si arrese il giovane, sistemando i documenti sotto al braccio sinistro ed improvvisando un saluto militare. «A più tardi, Delegato», salutò, avviandosi verso l’uscita.

   «Sia puntuale, Ammiraglio, e cerchi di rigare diritto: non vorrei che in giro si dicesse che ha ottenuto quella carica sotto raccomandazione», celiò Cagalli, sprofondando sulla sedia. «Ah, e cerca di mangiare qualcosa prima, perché sappiamo sempre quando si inizia e mai quando si finisce», gli raccomandò, in un sospiro.

   «Ricevuto», rispose l’altro. «Vale anche per te.»

   La porta si era ormai quasi chiusa, quando la fanciulla lo richiamò indietro. «Athrun?» Lui tornò a fare un passo nella stanza, in attesa che lei continuasse. «È il massimo che posso fare per il momento. Mi dispiace.»

   Lo sguardo che gli rivolse era così disperato che, se avesse potuto, Athrun sarebbe corso ad abbracciarla. Si accontentò di stringere la presa sulla maniglia d’ottone. «Non dirlo neanche. Va bene così.»

   «Per ora», si affrettò a precisare lei.

   L’Ammiraglio sorrise. «Per ora.»

 




  
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