Film > Star Wars
Ricorda la storia  |       
Autore: linguadigatto    08/09/2016    1 recensioni
Obi-Wan, da pochi mesi su Tatooine, è tormentato dagli strascichi fisici ed emotivi del suo passato. Il peso della caduta di Anakin e della sofferenza che tale avvenimento ha generato preme sulle sue spalle. Un incontro casuale (ma è pur vero che la Forza lavora in modi misteriosi) lo costringerà ad affrontare piuttosto direttamente i suoi timori.
«Mentre oltrepassava il confine dei terreni di Palar notò che una figura avanzava a piedi in senso opposto al suo. Era interamente coperta da un ampio mantello e da un copricapo avvolto attorno alla testa più volte, come usavano fare i viaggiatori in quella zona; distinguere i tratti del volto era impossibile. Le distanze tra loro si ridussero ben presto, ed allora Obi-Wan notò che la Forza era in agitazione, tremante come l'acqua di uno stagno disturbato.»
Genere: Azione, Drammatico, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Nuovo personaggio, Obi-Wan Kenobi
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
   >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

L'universo di Star Wars appartiene a Lucasfilm e Disney; ho scritto questa storia per diletto ed esercizio personale.

Capitolo 1
Incubi

Il vento spazzava impetuoso le dune di sabbia; i soli gemelli erano ormai tramontati, lasciando la superficie di Tatooine orfana del loro calore rovente. Le rocce, nel profondo della notte, erano immense superfici gelide. La maggioranza degli abitanti era rintanata all'interno delle case, con le finestre serrate. Neppure le grida dei predoni Tusken interrompevano l'ululare uniforme del vento; quegli esseri primitivi sapevano meglio di ogni altro che non sarebbe stata una decisione saggia uscire a caccia in mezzo a quella tempesta. I fattori avrebbero potuto dormire sereni, senza sobbalzare ad ogni suono in lontananza, preoccupati per le loro residenze e le loro famiglie; almeno per quella sera nessuno avrebbe tentato di derubarli. I danni ai preziosi condensatori di umidità da cui dipendeva la loro sopravvivenza sarebbero stati presto riparati, come ogni volta.

Nel profondo del deserto, oltre i corridoi di pietra della Desolazione dello Jundland, il maestro del defunto Ordine Jedi Obi-Wan Kenobi rabbrividiva nel sonno. Il gelo, a quella distanza dalle grandi città, era ancora più pungente, e lingue di vento sibilanti si intrufolavano da ogni fessura nelle mura della sua disadorna dimora. La stuoia di lana di Bantha intrecciata mascherava appena la durezza del pavimento, e la coperta, ruvida e semplice, era troppo sottile per poterlo scaldare. Non soltanto le intemperie, tuttavia, lo turbavano; era infatti tormentato, come gli capitava fin troppo spesso, da sogni angoscianti.

Padmé, in preda al dolore, piangeva disperatamente in una sala bianca. Egli cercava di alleviare i suoi patimenti attraverso la Forza, ma sembrava che i suoi tentativi, invece di aiutarla, la ferissero ulteriormente. Le lacrime scorrevano sulle sue pallide guance sudate in una lunga fila ininterrotta. All'improvviso la voce di Anakin tagliò l'aria come un pugnale, ruggendo «Me l'hai portata via!». Obi-Wan percepì i contorni del manico della propria spada laser nel palmo della mano appena in tempo per accenderla e respingere il fulmineo assalto del giovane, i cui occhi erano furiosi ed arrossati, tanto che il limpido azzurro delle sue iridi brillava innaturalmente. Si scambiarono una raffica di fendenti violentissimi, contraccambiati da parate impeccabili. L'aria ribolliva, così calda che il solo respirare costava una buona dose di fatica. Il rombo del fiume di lava in tumulto lo assordava, la veste fradicia di sudore gli si incollava fastidiosamente alla schiena. Vide le sue braccia preparare il colpo prima ancora di comprendere cosa stesse facendo: non poté distogliere lo sguardo dalla lama della sua spada mentre disegnava linee crudeli e precise nelle carni del suo allievo, lasciando dietro di sé scie incandescenti. L'odore della carne bruciata lo nauseò più di quanto avesse mai fatto prima, e il rumore sordo degli arti amputati che cadevano a terra gli arrivò addosso come un pugno. Due occhi gialli tra le fiamme lo fissavano carichi di un odio primordiale. Obi-Wan si rigirò sul suo giaciglio, costretto nei movimenti dalla coperta che si era tramutata in una corda attorcigliata alle sue gambe. Satine, terrorizzata da qualcosa, gli veniva incontro a passi veloci, implorandolo di aiutarla con lo sguardo. Qualcosa interrompeva bruscamente la sua corsa a pochi passi da lui: una lama nera si faceva strada nel suo petto, illuminando il suo viso affilato di sinistri bagliori. La donna si accasciava pesantemente, i capelli biondi si spargevano disordinatamente sul pavimento. Egli riusciva a raggiungerla appena in tempo per vederla spirare. Disperato, le prendeva il viso tra le mani: le sue guance erano ghiacciate. Singhiozzi sommessi lo raggiungevano dalle profondità del buio: l'esile figura di Ahsoka era inginocchiata per terra, il viso nascosto nelle mani. Obi-Wan sapeva che qualcuno la guardava con malevolo interesse, una figura avvolta in un mantello nero strisciava nel buio, le girava attorno come una bestia feroce, le nodose dita bianche protese verso di lei. Avrebbe voluto avvertirla, proteggerla, ma una forza misteriosa glielo impediva, non permettendogli di muovere un singolo muscolo. Provò ad urlare, ma per quanto si impegnasse nessun suono emergeva dalla sua bocca. La figura era molto vicina, stava per afferrare la fanciulla. Si voltò verso di lui con uno scatto che non aveva nulla di naturale: le gialle iridi dell'essere lo trafissero come spilli.

Una dolorosa scossa al gomito lo svegliò all'improvviso; se lo massaggiò lentamente, ancora avvolto nella confusione. Quando quest'ultima si fu diradata a sufficienza capì di aver colpito con violenza il pavimento di pietra nel tentativo di reagire all'incubo in cui era rimasto imprigionato. In un certo senso, non si poteva dire che non avesse funzionato. Rimase immobile per qualche minuto, ascoltando il proprio respiro. La tempesta era cessata, il vento soffiava con molta meno intensità; non doveva mancare molto all'alba. Si alzò lentamente, la schiena indolenzita. L'aria era ancora molto fredda. Anakin non avrebbe apprezzato; aveva sempre mal sopportato le basse temperature, e durante i lunghi viaggi spaziali dormiva con difficoltà e mai nella sua cabina. Obi-Wan, Ahsoka e Rex sapevano dove andarlo a cercare quando spariva: l'avrebbero sicuramente trovato addormentato nei dintorni della sala motori, dove generalmente era un po' più caldo rispetto al resto della nave. Forse, egli aveva ipotizzato, era anche il luogo dove il suo ex-allievo si sentiva più tranquillo. Durante i loro primi viaggi insieme, quando ancora era un bambino, sovente abbandonava la sua cuccetta per andare ad arrotolarsi sui sedili della cabina di pilotaggio dell'astronave Jedi. Si era sempre chiesto come potesse trovarlo comodo. Sospirò ed allungò il braccio destro per prendere la veste, abbandonata su uno sgabello: una fitta acuta gli attraversò la spalla, impedendogli di distendere il muscolo. Si lasciò sfuggire un gemito frustrato mentre si stringeva il braccio al fianco. Quel dolore lo accompagnava da quando era arrivato sul pianeta, qualche mese prima, e sembrava non volersene andare. Forse era uno strascico dello scontro su Mustafar, o poteva addirittura risalire ad un episodio precedente, avvenuto durante le battaglie della Guerra dei cloni. Allora, spedito continuamente da un angolo all'altro della galassia con le insegne di Generale della Repubblica, non aveva avuto il tempo per preoccuparsi di tali cose: l'infermeria delle navi era sempre ben fornita di fiale di doloricida. Solo vagamente ricordava i momenti in cui, in mezzo al caos degli ordini da impartire e ricevere, se n'era iniettata velocemente una nelle braccia o nelle cosce, con l'unico obbiettivo di arrivare alla fine della corrente battaglia. Esistevano dei centri medici nelle città più grandi di Tatooine, ma per ora aveva sempre preferito non avvicinarcisi: l'Impero poteva avervi posto delle spie che l'avrebbero facilmente riconosciuto. Forse, però, a breve avrebbe dovuto cedere. Un maestro jedi infortunato non avrebbe potuto essere di nessun aiuto al bambino nascosto nella fattoria dei Lars. Passava di lì almeno due volte al giorno, fermandosi molto di rado. Non c'era ancora mai stato motivo di ritenere che qualcuno fosse arrivato alla verità, e fin'ora la Forza non aveva manifestato tremiti o variazioni importanti. Il centro dell'organizzazione criminale degli Hutt era ben protetto e in ottimi rapporti con il potere: Jabba sapeva che il miglior modo per fare profitti era restare fuori dai conflitti e fare accordi con la fazione politica più forte. Al comando imperiale, d'altro canto, non doveva spiacere troppo non esercitare il pieno controllo su un sistema piuttosto insignificante, se in cambio riceveva notevoli vantaggi economici. Tuttavia Obi-Wan sapeva dentro di sé che questa interessante analisi politica era soltanto la scusa dietro cui cercava di nascondere un'altra e più sincera motivazione per la sua lontananza da Luke: il solo guardare negli occhi quel neonato lo addolorava profondamente. La sua gemella e lui non sarebbero mai diventati orfani, molti altri non avrebbero sofferto, se lui avesse saputo cogliere le difficoltà di Anakin e rispondere adeguatamente, senza lasciarlo cadere nelle grinfie di Palpatine. Non era stato un maestro all'altezza di un allievo tanto dotato e insieme difficile. La spada del padawan e amico con cui aveva condiviso tante avventure giaceva nel fondo di un bauletto, ben nascosta; non ne sopportava la vista. Portava ancora con sé la propria, ben nascosta tra le pieghe degli abiti. Fino a quel momento l'aveva utilizzata solo una volta, nel bel mezzo del deserto, quando un gruppo di predoni Tusken aveva tentato di assalirlo; alla sola vista della lama si erano dileguati, lanciando acuti guaiti. Da allora non l'avevano più infastidito, e non osavano neppure avvicinarsi al suo rifugio. Aveva la chiara sensazione che avessero già avuto a che fare con una spada laser in precedenza, e quando ci ripensava gli sovveniva, intuitivamente, il ricordo dei primi, concitati giorni dopo lo scoppio della guerra civile, qualche anno prima, quando il suo allievo era ritornato dopo aver riaccompagnato la senatrice Amidala al suo pianeta natale, in modo che potesse consultarsi con i capi di governo e decidere la linea politica da assumere. In lui aveva percepito molta paura, rimorso e rabbia, ma aveva attribuito tali sentimenti alla battaglia appena trascorsa e al rapporto con la giovane donna, che non avrebbe mai creduto in grado di progredire abbastanza a lungo da generare dei figli. Gli aveva consigliato di meditare a fondo, e Anakin gli aveva risposto con la sua solita insofferenza. Abbandonarsi completamente alla Forza non gli era mai piaciuto particolarmente; tutto ciò che non aveva un meccanismo chiaro e definito – e quindi controllabile – non lo appassionava. Obi-Wan aveva spesso cercato di comprendere i tormenti del suo allievo, e pur percependo le numerose bugie con cui il suo padawan replicava alle sue domande, non aveva insistito più di tanto, credendo che Anakin si fidasse di lui abbastanza da non nascondergli nulla di troppo importante, convinto che non avrebbe esitato a confrontarsi con lui se i suoi sentimenti l’avessero messo in difficoltà. Avrebbe dovuto prendere maggiormente in considerazione i sentimenti del suo allievo, essergli più amico che maestro. Sapeva che lui e Padmé non erano rimasti su Naboo perché avevano impiegato pochissimo tempo a raggiungerlo su Geonosis, ma tra una riunione e una chiamata del Consiglio non aveva saputo trovare il tempo per chiedergli cosa era successo e dove erano andati, e di questo si rimproverava duramente. Da quel momento Anakin non gli aveva più parlato dei sogni su sua madre, e ad anni di distanza iniziava a sospettare il perché. Ogni volta che gli capitava di sentire le grida di un predone Tusken si sentiva sommergere da una profonda tristezza.

Dopo essersi lavato sotto i getti di aria igienizzante della doccia, essersi vestito ed aver mangiato qualcosa si sedette al centro del pavimento della sala, su una stuoia sfilacciata, incrociando le gambe e appoggiando le braccia sulle ginocchia, cercando di non far caso al pulsare della sua spalla destra.

Provava a meditare ogni mattina e spesso anche la sera; ma per quanto si concentrasse, sembrava che quel tipo di accesso al fiume della Forza gli fosse precluso. Non aveva mai avuto grossi problemi ad immergercisi, e anche quando, ancora sotto la guida di Qui-Gon, non sapeva davvero apprezzare tale esercizio, non gli era mai stato difficile eseguirlo. Il maestro Yoda gli aveva fornito le istruzioni per contattare il suo vecchio mentore, eppure, per quanto mettesse al centro dei suoi pensieri il ricordo della sua presenza, tutto ciò che sentiva era soltanto il lento crescere della sua frustrazione. Bramava il sollievo che la Forza avrebbe potuto dargli, ma non sembrava in grado di raggiungerlo. Rimaneva immobile, dando fondo a tutte le sue capacità, finché le sue ossa non lo imploravano di cambiare posizione. A volte si svegliava di soprassalto, rendendosi conto di essersi addormentato e provando una bruciante vergogna. I bambini del tempio si assopivano durante la meditazione, non i maestri.

Si rialzò, evitando accuratamente di utilizzare il braccio destro, ancora una volta sconfitto. Si stiracchiò e andò a liberare una delle finestre dalla sua copertura: la sera prima le aveva serrate tutte con le stuoie di solito sparse sul pavimento, cercando di bloccare il vento e la sabbia. All'orizzonte era apparsa una lingua di luce che iniziava a rischiarare il cielo; era ora di prepararsi.

Per mantenersi sul pianeta, e forse anche per occupare il tempo, lavorava come guardia e meccanico per la fattoria adiacente a quella dei Lars; difficilmente qualcuno l'avrebbe notato in mezzo a giganteschi appezzamenti di terreno desertico. Inoltre tale posizione gli permetteva di essere aggiornato su eventuali movimenti sospetti nei dintorni del bambino, rimanendo abbastanza vicino da poter facilmente intervenire.

Uscì dalla porta e si diresse verso la piccola rimessa sul retro dell'edificio; egli l'aveva trasformata in stalla per potervi alloggiare l'eopie che aveva acquistato il giorno del suo arrivo. L'animale, a cui aveva dato il nome di Medre, era affidabile, resistente ed affettuoso, in grado di sopportare senza troppa difficoltà le lunghe traversate sotto il calore rovente dei soli che insieme compivano ogni giorno. Quando lo vide arrivare dalla porta appena aperta si alzò dal cumulo di sabbia sul quale dormiva e gli si avvicinò allegramente, toccandogli una guancia con la piccola proboscide umida, le pesanti palpebre abbassate sugli occhi sonnolenti. Obi-Wan sorrise e gli accarezzò il collo. Era un'ottima compagnia per il suo lungo esilio. Sellò ed imbrigliò rapidamente l’animale, poi tornò indietro a prendere il mantello e gli oggetti che avrebbe portato con sé. Controllò, come spesso faceva, che la spada di Anakin fosse ancora sepolta nel suo nascondiglio. Non era probabile che qualcuno la trovasse, eppure qualcosa lo spingeva a temere che il potente oggetto potesse scomparire da un momento all'altro, come se il suo legittimo proprietario fosse alla sua ricerca. Razionalmente era una preoccupazione insensata: sarebbe stato molto complicato per Anakin andarsene da Mustafar, e anche se l'ex-Cancelliere avesse mandato dei soccorsi, sarebbe stato estremamente complesso curare ferite e bruciature così estese e profonde. Con ogni probabilità il suo allievo non aveva mai lasciato la spiaggia nera su cui il loro scontro era terminato; era morto provando un odio sconfinato per lui, consumato completamente dal Lato oscuro. Si sentì tutto ad un tratto molto stanco, ma non c'era tempo per riposare: per arrivare alla fattoria dei Tecress avrebbe dovuto avventurarsi nel deserto per almeno un paio d'ore. Chiuse la porta e tornò nella stalla, dove caricò su Medre il suo piccolo bagaglio. Dopo aver sistemato la sciarpa che gli proteggeva il viso dal sole e dal vento, si alzò il cappuccio sulla testa, abbassandolo il più possibile. Guidò l'animale all'esterno e poi gli indicò il terreno con una mano, mentre con l’altra serrava il vecchio e consumato portone di legno della stalla. L'eopie si inginocchiò docilmente sulle quattro zampe, permettendogli di salire in groppa; si rialzò non appena Obi-Wan strattonò leggermente le briglie, incamminandosi verso la direzione usuale. La loro sagoma si stagliò dondolante contro i due soli che si levavano velocemente nel cielo.

   
 
Leggi le 1 recensioni
Ricorda la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
   >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Film > Star Wars / Vai alla pagina dell'autore: linguadigatto