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Autore: xjnicodiangelo    08/09/2016    1 recensioni
[Solangelo - AU]
Will uscì velocemente di casa dirigendosi verso quella di fronte alla sua dove abitava il suo fidanzato per convincerlo a passare insieme una delle ultime giornate estive che restavano loro prima del devastante ritorno a scuola che li avrebbe risucchiati in una routine monotona e stressante per sei mesi circa.
–☼–
[...] Si chiese come facessero le persone ad essere così disorganizzate e menefreghiste da ridursi a studiare l'ultima settimana prima del rientro a scuola, ma non trovando risposta lasciò cadere l'argomento. Sbuffò, colpito dall'illuminazione di un'idea che lo portò ad alzarsi, attraversare la strada deserta e prendere a lanciare sassolini verso la finestra del moro.
Genere: Comico, Commedia | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Nico di Angelo, Nico/Will, Will Solace
Note: AU, OOC | Avvertimenti: Spoiler!
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Di corse contro il tempo e due di picche a non finire
 
Will uscì velocemente di casa dirigendosi verso quella di fronte alla sua, dove abitava il suo fidanzato, per convincerlo a passare insieme una delle ultime giornate estive che restavano loro, prima del devastante ritorno a scuola che li avrebbe risucchiati in una routine monotona e stressante per sei mesi circa.
Una volta arrivato sotto il cupo porticato di casa Di Angelo suonò il campanello aspettando che un qualsiasi membro della famiglia venisse ad aprirgli –in realtà sperava in Nico, ma sapeva che l'italiano era troppo pigro per alzarsi–.
La porta si aprì qualche minuto dopo mostrando una Persefone con tanto di sorriso tirato: «Oh, ciao caro! Cercavi il ragazzino? È in camera sua, come al solito.» L’ultima parte della frase era stata pronunciata con tono duro quindi il biondo decise saggiamente di non fare domande e andare alla ricerca di Nico.
Salite le scale, si stupì della calma presente: di solito al piano di sopra la prima cosa che giungeva all'udito era la musica ad alto volume proveniente dalla camera di Bianca, poi gli effetti sonori dei videogames di Nico ed infine l'eco di Hazel che parlava al telefono; invece in quel momento tutto sembrava tacere.
Si diresse verso quella che sapeva fosse la camera del suo moro preferito e non si preoccupò nemmeno di bussare visto che aveva passato buona parte dell’estate in quella camera in compagnia del suo proprietario. Una volta dentro, non poté credere alla scena che gli si presentò davanti: Nico era alla scrivania, curvo a scrivere qualcosa, con le gambe incrociate sulla sedia e gli occhi concentrati sul foglio: «Ti ho sentito, Solace.»
Il biondo aveva alzato gli occhi al cielo superando lo stipite della porta di qualche passo: «Tre mesi di relazione e mi chiami ancora per cognome? Potrei offendermi.» L'altro ancora non aveva staccato gli occhi dal foglio quando rispose: «Fammi occupare di queste stronzate, poi penserò alle tue.1»
Il maggiore decise di ignorare l'affermazione dell'altro: «Sì, a proposito,  che stai facendo?» Gli si avvicinò fino ad arrivargli alle spalle e chinandosi poggiò i palmi ai lati del quaderno aperto sulla scrivania. Strizzò gli occhi leggendo numeri e schemi nella scrittura disordinata del minore. L’italiano alzò lo sguardo dal quaderno e fece incontrare i loro sguardi per la prima volta da quella mattina e Will non potette fare a meno di pensare che fosse bellissimo come sempre: «Non è palese? Sto facendo i compiti.»
«Ancora devi finirli?» replicò il biondo retorico.
Il moro lo guardò accigliato: «Perché tu no?»
Will alzò le spalle: «Io sono organizzato: ho finito tutto prima dell'inizio di settembre.»
Il minore l'aveva guardato incredulo e spingendolo con una spallata aveva urlato: «Vaffanculo Will, ti odio! Lasciami in pace, devo studiare!» Il diretto interessato sorrise ammiccante: «Come, zuccherino, non la vuoi una mano?»
«No, voglio che tu te ne vada e mi lasci studiare!»
Il più alto scoppiò a ridere ma di fronte alle urla del suo adorabilmente stressato amante, non potette far altro che girare i tacchi e togliere il disturbo.
 
Il biondo sospirò scendendo gli ultimi scalini del portico di casa Di Angelo e componendo il numero della sua migliore amica: se Nico gli aveva dato buca non significava certo che sarebbe stato a casa sprecando una delle ultime giornate estive che tanto amava!
S’incamminò verso una meta sconosciuta persino a se stesso mentre la voce della ragazza gli  giungeva alle orecchie dopo pochi squilli: «Ciao Willy!»
«Ehi Lou, come va?» Sentì l'amica borbottare qualcosa sottovoce prima che rispondesse: «Mh, potrebbe andare meglio.»
Evitò di chiederle spiegazioni per non doversi sorbire un altro degli sproloqui della ragazza dal caschetto rosa su trucchi di magia non riusciti e/o tinte venute male. Si fermò ad un semaforo pedonale rosso, e aggrottò le sopracciglia sentendo l'amica inveire sottovoce contro qualcosa di indefinito: «Lou, ehm, sei sola?»
La ragazza sembrò riprendersi d'un tratto dal suo stato di trance: «Certo! Perché me lo chiedi?»
Il volto di Will assunse un espressione perplessa mentre attraversava le strisce pedonali una volta scattato il semaforo: «E contro chi stai inveendo?»
«Contro l'algebra; anzi, la matematica in generale!»
Il riccio assunse un'aria seccata: «Non dirmi che anche tu devi ancora finire i compiti!» In risposta ebbe attimi di silenzio prima che la tinta lo beffeggiasse con un «Oops!» falsamente dispiaciuto: «Comunque, perché? Chi altro deve finirli?»
Will sbuffò entrando nel parco e sedendosi sulla prima panchina che trovò libera: «Nico. Ma dico io, sapete cos'é l'organizzazione?»
Il biondo dovette allontanarsi il telefono dall'orecchio quando la  sua migliore amica prese ad urlare: «Ora si capisce tutto! Il tuo moretto ti ha dato il due di picche per studiare e tu vieni da me. Mi dispiace Willy, ma devo darti il benservito anch'io: manca poco all'inizio della scuola!»
Il ragazzo mise su un broncio: «Così mi fai sentire in colpa e comunque, se tu avessi seguito il programma che ti avevo proposto ora potresti uscire con me!»
Sentì uno sbuffo scocciato: «Il programma che prevedeva di iniziare a studiare il weekend dopo la fine della scuola? No grazie Willy, preferisco fare le corse contro il tempo. Ti voglio bene, ciao!»
Non diede tempo all'altro di replicare che chiuse la telefonata lasciando un biondo imbronciato a decidere cosa fare per non sprecare quella giornata.
 
Lo scalpiccio di passi lo distolse dal fumetto che stava leggendo. Alzò lo sguardo da quest'ultimo portandolo sul ragazzo biondo che aveva appena fatto la sua comparsa sulla sua veranda: «Will, che ci fai qui?»
«Ehi, Cecil!» lo scrutò facendo aggrottare le sopracciglia perplesso al padrone di casa, aggiungendo: «Stai leggendo, non studiando: mi sembra un buon segno.»
«Sei impazzito, amico?»
Il biondo sorrise: «No, sono solo un po' disperato.» Si sedette sullo scalino del portico accanto all'amico.
Cecil sorrise ammiccando in direzione dell’altro: «Cos'è? Nico non vuole scopare?»
Will lo guardò malissimo spingendolo leggermente: «Tieniteli per te questi commenti: la mia disperazione deriva da altro.» In fondo, non era nemmeno troppo stupito: con l'influenza dei suoi fratellastri  –Connor e Travis Stoll– non c'era da meravigliarsi, affatto.
L’amico lo scrutò attentamente: «Il ritorno a scuola?» provò non troppo convinto.
«No, ma questa è una delle ultime sere d'estate che possiamo sfruttare prima dell'inizio della scuola e nessuno sembra capirlo! Tutti disorganizzati a studiare tutto all'ultimo minuto e nessuno disposto ad uscire e divertirsi!»
L'altro annuì lentamente portando lo sguardo sulla casa di fronte: «Allora non posso aiutarti, amico.» Il riccio lo guardò perplesso in cerca di spiegazioni, che ricevette poco dopo: «Sono in punizione fino a nuovo ordine.»
Will lo guardò per qualche secondo scuotendo la testa rassegnato prima di borbottare: «Forse dovrei rivedere seriamente le mie amicizie. –un sospiro sconsolato– Che hai combinato, stavolta?»
Il diretto interessato scrollò le spalle noncurante nemmeno provando a nascondere il ghigno divertito che aveva preso possesso delle sue labbra: «Abbiamo fatto un mercatino dell'usato con il mobilio di Chirone e qualcun altro.»
Il biondo  lo guardò perplesso prima di alzarsi esclamando: «Ricordami perché spreco ancora il mio tempo con te?»
«Perché sono l'unico che sopporta la tua solarità onnipresente.» Il ragazzo ormai in piedi, sorrise in direzione dell'amico alzando le spalle: «Okay, te la concedo. Ci vediamo, Cecil!»
Non ascoltò il saluto dell'altro troppo occupato a cercare nella sua testa qualcun altro da poter importunare e convincere ad uscire con lui.
 
Le urla lo sconcertarono, e non poco. Si fece strada nel vialetto di selciato su cui l'aveva condotto la signora White, finché non trovò la fonte delle urla: i due ragazzi di casa stavano litigando mentre un'italiana scocciata cercava di calmarli.
Il biondo non ci pensò due volte a correre in aiuto della bionda –forse perché era una sua cara amica, forse perché aveva un debole per gli italiani–: «Ethan, Damien! Calmatevi!» Ovviamente i due ragazzi fecero finta che lui non esistesse e continuarono ad  urlarsi contro qualcosa riguardo furti tra fratelli e vendette premeditate.
Dopo una manciata di minuti, un quasi occhio nero per Will e una Chiara Benvenuti davvero molto arrabbiata, la rissa fu sedata. Il biondo crollò su una sedia a sdraio lì vicino, con Chiara su quella accanto: «Perché litigavate, ragazzi?»
Ethan fu il primo a rispondere con tanto di minaccia negli occhi: «Damien non capisce che non deve toccare le mie cose!»
Il diretto interessato, sbuffò: «Oh, andiamo: me l'hai già fatta pagare per il coltellino svizzero!» L'orientale assottigliò gli occhi –oops, l'occhio–, replicando: «Non abbastanza.»
Il fratellastro lo guardò scocciato: «Davvero? Mandarmi il tuo ragazzo con la sua banda di fratelli psicopatici non ti sembra abbastanza?»
Will aveva osservato lo scambio di battute tra i due come si osserva un match di tennis: spostando gli occhi dall’uno all’altro, ma l'ultimo commento lo lasciò un po' sorpreso: «Ragazzo?» Doveva essersi perso quel particolare.  In risposta il fratello maggiore si era alzato stizzito e con le guance rosse aveva urlato: «Luke non è il mio ragazzo!»
Chiara aveva borbottato con un mezzo sorriso: «Non ancora, almeno.»
Il biondo decise di non indagare: i due fratellastri sapevano essere pericolosi e non voleva testarlo sulla sua pelle, affatto.
«Uhm, Will, che ci fai qui?» aveva chiesto Damien sprofondando sul lettino. Il diretto interessato si era alzato, pronto ad andare alla ricerca di qualcun altro con cui uscire: «Volevo chiedervi se vi andava di uscire, ma a quanto pare avete altro a cui pensare.»
«Già, scusa, amico.» aveva borbottato Damien non troppo dispiaciuto: probabilmente aveva altri piani per se stesso e Chiara.
Quest'ultima lo salutò con un sorriso rassicurate e gli sventolò la mano. Il riccio non potette fare altro che sorridere quando uscendo dal cancello sentì l'eco della risata dell'italiana.
 
Se c'era una regola in quel quartiere, era tenersi lontani dalla progenie del signor Ermes –in quel momento fuggitivo per chissà quale motivo– e dalla casa del signor Efesto.
Egli aveva un bel numero di figli, quasi tutti grandi, grossi e massicci che non godevano di particolare bellezza, ma erano buoni amici e nemici pericolosi.
Will scosse la testa scacciando quei pensieri, e premette il campanello sperando di non incappare in una qualsiasi trappola. I due minuti che dovette aspettare perché la porta si aprisse furono i due minuti più lunghi della sua esistenza. Quando la porta si aprì, mostrando il piccolo Harley non potette far altro che deglutire –i ricordi dei letali giochi collettivi in cui coinvolgeva tutti i ragazzi del quartiere lo tormentavano ancora–: «Oh, ehm, ciao Harley! Volevo sapere se c'é Jake.»
Il bambino gli sorrise ricambiando il saluto: «Ciao Will! Lo sai, sto preparando una maratona con ostacoli-» Il biondo si sentì in dovere di interromperlo: «Oh, ehm, forte. –Cercò di fingere entusiasmo per non offendere il bambino– Ma io volevo sapere se c'é Jake.»
Il bambino si guardò le unghie sporche per via di qualche macchina infernale che stava creando, ipotizzò Will, prima di rispondergli disinteressato: «Dipende da chi lo cerca e da cosa vuole da lui.»
Il maggiore scrutò il bambino perplesso chiedendosi da quando in qua faceva il bodyguard per i suoi fratelli, ma soprattutto perché lo faceva: «È nei guai, per caso? Comunque lo cerco io, per uscire.»
Il più piccolo l'aveva guardato per un secondo poi si era sporto in avanti per sussurrare: «Gara di scherzi.» Quelle tre parole bastarono al riccio per capire la gravità della cosa, quando il bambino continuò: «Comunque, sta lavorando e non può uscire perché-» «Gli Stoll e il resto dei fratellastri sono sempre all'agguato –completò la frase sentita e risentita nelle battaglie tra i figli di Ermes e qualsiasi altra famiglia avesse il coraggio di sfidarli.– Si lo so, okay, grazie!»
Girò i tacchi facendo per andare via quando la voce del bambino mi richiamò: «Ehi, Will: ci sei la settimana prossima per la maratona?»
Di norma non si sarebbe fatto problemi a rifiutare lì su due piedi una richiesta suicida, ma la voce del bambino era stata sconsolata e il biondo sospettò che dopo l'ultima volta avesse ricevuto soltanto buche, quindi sospirò sapendo che se ne sarebbe pentito: «Certo, sì!»
Scese gli scalini sorridendo al «Grazie!» eccitato che aveva abbandonato le labbra del bambino prima che lui sbattesse la porta.
 
Dopo aver fatto il giro per tutte le case degli amici che aveva nel quartiere e aver chiamato tutti quelli che invece abitavano più lontano, Will si ritrovava a sole calato seduto sugli scalini del portico di casa sua pensando amaramente che nonostante tutto la serata l'aveva sprecata comunque.
Si chiese come facessero le persone ad essere così disorganizzate e menefreghiste da ridursi a studiare l'ultima settimana prima del rientro a scuola, ma non trovando risposta lasciò cadere l'argomento. Sbuffò, colpito dall'illuminazione di un'idea che lo portò ad alzarsi, attraversare la strada deserta e prendere a lanciare sassolini verso la finestra del moro.
Dovette aspettare dieci minuti buoni prima di vedere la luce accendersi, le tende essere spostate e la finestra essere spalancata subito dopo mostrando il suo ragazzo in tutto il suo assonnato splendore.
«Ehi, Nico!» lo richiamò notando lo sguardo assonnato e perso che aveva in volto. L'altro in risposta si passò la mano sugli occhi per svegliarsi e assottigliò lo sguardo cercando la figura del suo biondo quanto irritante fidanzato: «Diamine, Will: cosa vuoi a quest'ora della notte?»
Il maggiore sembrò scioccato da ciò che le sue orecchie avevano appena sentito: «Vuoi dirmi che non stavi giocando a qualche stupido videogame, ma dormendo?» Il minore sbuffò alzando gli occhi al cielo prima di farfugliare: «Studiare è stancante. –si era morso il labbro inferiore riportando lo sguardo su di lui, mentre si appoggiava meglio al davanzale– Piuttosto, com'é andata la tua serata estiva?»
Il biondo sbuffò scocciato: «Mi hanno dato tutti buca! Possibile che nessuno abbia il buon senso di fare i compiti durante le vacanze e non all'ultimo?» Il ragazzo affacciato alla finestra alzò le spalle chiedendo: «Nemmeno Malcom e Annabeth?» Will emise un verso beffeggiatore: «Per favore, stavano ripetendo i programmi dalla prima elementare in poi!»
Nico in risposta si era liberato in una risata sincera e contagiosa che strappò un sorriso anche al suo ragazzo che sembrava così turbato dal fatto che tutti i loro amici avessero di meglio da fare che andare in giro con lui.
Una volta essersi ripreso, si morse nuovamente il labbro: «Aspetta che mi prepari e scenda: hai perso un pomeriggio estivo, ma la notte è ancora giovane.»
Will aveva alzato la testa di scatto guardando il moro con gli occhi scintillanti di un bambino: «Davvero?»
Nico sbuffò replicando: «Sì, e vedi di non farmi cambiare idea a riguardo.» Neanche il tempo di concludere la frase che si era allontanato dalla finestra andando –probabilmente– a rendersi presentabile. Il più alto, non più disperato come qualche minuto prima, non riuscì a trattenersi dall'urlargli: «Ti amo, lo sai?» e sorridere ai grugniti sommessi che aveva ricevuto in risposta.

 
 
[1] Riferimento a Mickey Milkovich in Shameless: “Fammi pensare prima a quella stronzata, poi penserò alle tue di stronzate.

 

 
Ehilà!
Okay, premetto che questa storia è nata da uno sclero risalente a pochi giorni fa per via della mancanza che ho avuto di wifi/3G per circa un giorno, quindi non tutto ciò che ho scritto era intenzionale; tant'è vero che questa os contiene tanta roba: accenni a Bianca viva, Ethan resuscitato e con l'accenno a una pseudo-relazione con Luke (viva le mie ship strampalate), Chiara e Damien che ultimamente compaiono in tutto ciò che scrivo, Harley con i suoi giochi infernali, Lou Ellen con la fissa per tinte/trucchi di magia (viva i miei headcanon), Cecil un po' tanto delinquente e infine un Will disperato perché nessuno può -vuole- passare una delle ultime serate estive insieme a lui ed un Nico con tendenze alla Milkovich e che comunque alla fine accontenta il suo ragazzo.
Devo dire che questa os contiene la chiara l'influenza che ha avuto Shameless su di me -riferimento a parte-, in quanto non mi sarei mai sognata di far dire certe cose ad un qualsiasi personaggio  e anche perché l'idea di tutti che abitano nello stesso quartiere o nei dintorni mi fa pensare alla serie.
Comunque sia, trovo che questa storia non sia niente di particolare e non ho nemmeno un parere a riguardo, quindi niente: giudicate voi! So che non è esattamente una Solangelo (sono insieme in sole due scene), ma volevo scrivere una Will!Centric quindi eccomi qui; infine, vorrei che sapeste che questa storia è stata scritta con tutta la mia ironia in quanto Nico è la mia incarnazione (ho iniziato pochi giorni fa i compiti per le vacanze). 
Non ho nient'altro da dire, se non che spero che questa storia non faccia troppo schifo  e che spero di ricevere recensioni per capire se questa cosa che ho scritto è almeno decente.
Non so quando tornerò, quindi tenetevi all'erta!
Lots of love e for yall e alla prossima! 
  
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