Personaggi: Mary Winchester, Sam Winchester, Azazel/YED.
Genere: Angst, Spoiler! (4x03)
Lunghezza: 650 (W)
Disclaimer: Non sono miei. Ed è uno degli aspetti più tristi della mia vita. Non mi pagano. Questo ne è un altro.
Note: questa è una fanfic per nulla originale, e non contiene nulla di nuovo *scuote la testa* è solo che amo il “prologo” della serie, e volevo davvero scriverci sopra qualcosa ù.u
Tabella: QUI
In the beginning it was blood
Un alito di vento accarezza le lenzuola della culla, e il bambino apre
gli occhi, ancora assonnato.
I
pagliacci, lì in alto, girano piano, ed i loro sorrisi di
plastica sono
quasi ghigni. Lo sguardo del piccolo si sposta lentamente dai
giocattoli all’alta figura china su di lui: non la riconosce
ma, per
abitudine, allunga le braccia nella sua direzione. Lo strano uomo
sorride e si avvicina ancora un po’, sporgendosi sulla culla:
il bimbo
fissa curioso quelle iridi gialle, che sembrano ancora più
brillanti
nella penombra della camera, poi protende una manina paffuta, quasi
volesse afferrarle.
Senza
smettere di sorridere Azazel si scopre il polso e, con un movimento
veloce, ne lacera la carne, lasciando scorrere il sangue nella bocca
del piccolo Sam.
Il
bambino ne sente la consistenza vischiosa sulla lingua e lancia un
piccolo lamento, mentre gli occhi si riempiono di lacrime: quel sapore
così strano e ferroso non gli piace per niente.
L’uomo,
intanto, sussurra parole intellegibili, continuando a tenere lo sguardo
fisso nel suo. Sam non capisce cosa sta accadendo ma, spinto
dall’istinto, comincia a piangere.
*
Il
pianto del bambino non è molto forte, ma Mary lo capta
immediatamente.
Sospirando si alza dal letto e si dirige nella stanzetta del figlio.
È
da una settimana almeno che Sam dorme male, ma ancora non è
riuscita a
fissare un appuntamento con il medico. Mary si ripromette di farlo
l’indomani, subito dopo aver accompagnato Dean
all’asilo.
Quando apre la porta,
però, vede che John è arrivato prima di lei.
- Ha fame?
- Shhh. – risponde
l’altro, senza voltarsi.
- Okay. – si
limita a ribattere Mary, prima di uscire, contenta di poter tornare a
letto.
E
poi tutto diventa troppo veloce per avere davvero un senso: la luce, il
rumore lieve della televisione, John addormentato in salotto…
Mary
corre, e il panico che le stringe il petto come una morsa, viene
immediatamente messo da parte, mentre quell’istinto di
cacciatrice, che
credeva ormai assopito, prende automaticamente il sopravvento.
Quando
spalanca di nuovo la porta della stanza, lui è ancora
lì. Mary non ha
bisogno di vedere i suoi occhi per capire di chi si tratta.
- Tu! – un soffio
di disperazione e paura.
Azazel
sorride ancora una volta, e un ghigno di pura soddisfazione deforma il
volto che sta indossando. Mentre la donna si lancia di corsa verso di
lui, il demone alza una mano e la sbatte contro il muro, e con un altro
gesto, più lento questa volta, le squarcia
l’addome.
Nel
vedere la macchia rossa espandersi sulla sua camicia da notte, il
demone pensa distrattamente che è davvero un peccato: in
fondo gli
piaceva quella ragazzina.
Mary non sente dolore,
soltanto un gran freddo.
Nella sua testa rivive quel
giorno lontano quando, in cambio della vita di John, Azazel le chiese quel
piccolo favore.
Con il passare degli anni, si era scioccamente convinta che nulla
sarebbe accaduto, e che quel patto non avrebbe mai visto il suo
adempimento.
Eppure
era e rimane una cacciatrice: doveva saperlo che i demoni vengono
sempre a riscuotere i loro crediti. Come ha potuto illudersi?
Come ha potuto pensare che
sarebbe andato tutto bene?
“Stupida,
stupida, stupida” se lo ripete tante e tante volte,
mentre il suo corpo viene trascinato contro il muro, ed il suo sangue
gocciola sul pavimento.
Adesso è proprio
sopra la culla di Sammy, ed Azazel è sparito nel nulla.
Sotto
di lei, il bambino smette quasi di piangere: vedere il volto della sua
mamma, anche se così lontano, sembra averlo tranquillizzato.
I
loro sguardi si incontrano, e mentre il fuoco l’avvolge nelle
sue
spire, ed il dolore comincia ad invadere violentemente il suo corpo,
Mary sente un’unica lacrima scivolarle via dal volto.
Con uno sforzo si costringe
ad aprire la bocca: vorrebbe urlare che le dispiace, le
dispiace così tanto, ma la morte arriva
più veloce del previsto, troncando sul nascere quel suo
ultimo respiro.