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Autore: heather16    10/09/2016    2 recensioni
"...i loro nasi si toccavano, le labbra dell’uno potevano percepire il respiro dell’altra. Le strinse il visino pallido fra le mani. –Non cercarmi più. Te l’ho sempre detto Harley, che non dovevi provare a capirmi. E tu lo hai appena fatto.-"
Genere: Thriller, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri, Harley Quinn, Joker
Note: nessuna | Avvertimenti: Tematiche delicate
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- Questa storia fa parte della serie 'The Joker'
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Un anno prima
Harleen rideva davanti allo specchio. Guardava i segni sul suo corpo. Lividi, graffi. Il più fresco era una macchia violacea all’altezza dello zigomo. Si accarezzava, come se le sue dita sottili avessero potuto guarire l’amore violento del Joker. Lo amava così tanto. Era bello vederlo sempre presente su di lei, come un marchio. Il sesso con il clown era un incubo ad occhi aperti. Immagini spaventose correvano nella mente di lei, mentre l’adrenalina aumentava, fino a prorompere in un terrorizzante orgasmo, che proiettava nella sua mente scene cruente, creature demoniache. E lui, che la voleva così tanto. Mai Harleen si era sentita tanto desiderata. L’uomo aveva bisogno di lei, come l’aria che respirava. Non la poteva lasciare sola. Quella notte era uscito prima di lei. Le aveva detto di raggiungerlo all’alba nel loro locale preferito, l’Iced Nightmare. La bionda sorrise soddisfatta. La vecchia Harleen non sarebbe mai andata in un posto del genere. Indossò un completo elegante bianco e nero, quello che portava quando aveva fatto evadere il Joker da Arkham. Si osservò nello specchio. Era ancora alta e snella, aveva ancora lo stesso meraviglioso portamento. Il suo viso era ancora roseo, nonostante conservasse il pallido candore della sua carnagione. i capelli ricadevano in disordine sulle spalle. Quella sera Harleen ci pensò: poteva tornare indietro. Sarebbe potuta uscire da quella folle casa, con il suo tailleur e la sua camicia stropicciata, avrebbe potuto prendere un taxi, tornare a casa. Chiamare la mamma, gli amici, Clare, dire loro che stava bene, che era solo andata via per un po’, magari inventando la storia di una gita in montagna, avrebbe potuto, poteva, poteva ancora essere Harleen! Poi vide quel livido, quella macchia violacea all’altezza dello zigomo. Vide i suoi occhi, quel lampo di follia che li attraversava, come se da un momento all’altro avesse potuto sgozzare un agnello a mani nude. Toccò la superficie dello specchio. Liscia come la pelle del suo Puddin. La prima volta che lo aveva toccato, in quello studio ad Arkham, si era spaventata.
-Non aver paura, dottoressa Quinzel.- le disse.
-Paura? E di cosa?-
-Non aver paura del dolore. Lo sai perché il mio corpo è così, conosci la mia storia.-
-Ecco, so del suo incidente nel..-
-Nell’acido, dottoressa. Ma non è stato un incidente.-
-Lei… lo ha fatto di proposito?-
-Harleen, cosa c’è di più bello di portare i segni del dolore sul proprio corpo? Le persone non temono i pericoli, ma le conseguenze del cadere nelle loro trappole, del capitare nelle situazioni sbagliate al momento sbagliato. Dimmi, se io tenessi una tanica di acido proprio qui, nelle mie mani,- la camicia di forza gli era stata tolt; ,Harley aveva cercato di convincere la dottoressa Quinzel che una volta slegato il Joker si sarebbe trovato maggiormente a suo agio- di cosa avresti paura? Della bottiglia? Del liquido? Oppure di cosa potrebbe succedere se una colata di acido si rovesciasse sul tuo bel faccino?-
-Delle… reazioni dell’acido, credo.-
Il Joker sorrise, estasiato. –Esattamente!- Harleen si sentì in paradiso, come se avesse dato la risposta esatta al più difficile dei quesiti. Il paziente, il suo paziente, era soddisfatto.
-Io sono diventato la conseguenza  di un pericolo, la vera parte spaventosa di tutta la materia! –
 
Il Joker entrò nella stanza.
-Puddin, perché sei tornato tanto presto?-  zoppicando, il clown si sedette sul divano verde.
-I bambini più grandi mi hanno rubato i soldi del pranzo, piccola, tutto qui.-
-Oh, la faremo pagare a quei bambini cattivi…- la giovane donna gli si avvicinò, porgendogli un bicchiere. Dentro, fra tintinnannti cubi di ghiaccio, oscillavano tre tremolanti dita di Gin. Il Joker guardò con attenzione il liquido nel bicchiere, studiando concentrato le forme che il ghiaccio disegnava sulla superficie. Poi lo scagliò contro il muro, in un impeto di rabbia.
-Puddin, che succede?- parlava mugulando come un violino alla sua nota più acuta.
-Bazzecole cara, bazzecole.- la sua voce era una corda di contrabbasso tirata allo stremo.
-Ma che cosa ti fa tanto ar…-
-Zitta!- la mano guantata di bianco scivolò con uno schiocco sulla pelle chiara della ragazza, che si ritrovò a terra. Lei cominciò a ridere. Ultimamente non riusciva a piangere, il clown le aveva dato una lezione a riguardo.
- Perché piangi?- il Joker teneva ancora la lametta fra le mani. Sembrava colpito. La bocca era piena di sangue, leccato via dalla schiena della ragazza, su cui aveva inciso con precisione una “J”.
Harleen si girò, le guance rigate di lacrime. –Perché mi fai questo?-
-Perché ti amo, piccola.- 
Come una ragazzina, la bionda cominciò a singhiozzare. –Se mi amassi, soffriresti nel vedermi così, nel farmi del male! Tu… tu ti stai divertendo con il mio corpo. Comese fosse uno dei tuoi cadaveri.-
Il clown sorrise. Dio, quanto era crudele il suo sorriso. –Zucchero, io rido solo esteriormente. Il mio sorriso è solo a fior di pelle. Se tu potessi vedermi dentro, io sto piangendo!- Si avvicinò a lei. Il suo respiro le solleticava il collo. Le sue parole un sottile sussurro di sangue. -Puoi unirti a me per un singhiozzo?-1
Lei lo guardò. Davanti a lei un uomo, sorridente. Liquido rosso che colava dal mento. Lui sognava, voleva che lei capisse. Lui la amava. E condivideva con lei tutto. E per lui il dolore era l’apice ultimo del piacere. E Harleen capì.
Rise, e da quel momento non si fermò più. Il Joker la baciò con foga, lei poteva assaporare il proprio sangue in quella bocca dai denti d’argento.
Si rialzò dal pavimento dove lo schiaffo l’aveva scaraventata, senza smettere di ridere. Camminò lentamente verso il Joker, che la guardava incapace di reagire in qualsiasi modo. Sul tavolino, davanti al divano, c’era un vaso. Con un gesto rapidissimo, la bionda lo prese, scaraventandolo contro la faccia del clown. La sua testa si rovesciò all’idietro, contro lo schienale del divano. Quando tornò a guardarla, il suo viso era una maschera di sangue, costellato di piccoli e grandi schegge di porcellana blu. Harley non lo lasciò parlare. –Avanti, è questo che vuoi, vero?- gli montò  sulle ginocchia, mentre lui restava fermo e sul suo viso si dipingeva un sorriso.
-Vuoi solo dolore, solo rabbia, non è così?- con foga Harley si levò la giacca, strappò la camicia stropicciata. Staccò dalla faccia del clown un frammento del vaso, che si era ben bene conficcato nella carne. Lui non si mosse.
-Vuoi solo sangue, violenza?- prese la scheggia, iniziò ad incidere la sua stessa carne. La punta insanguinata scorreva a fatica tagliando i lembi di pelle, dal collo e poi giù, giù, lungo lo sterno, fra i seni, fino all’ombelico.
Finito il lavoro con la porcellana, Harley prese la mano dell’uomo, facendola scorrere lungo la ferita, riempendola di sangue. Era la prima volta che reagiva in quel modo. La prima volta che della donna del Joker c’era solo quella nuova creatura, Harley Quinn.
Il clown non sorrideva più. In silenzio, spostò un’ansimante Harleen tinta di rosso dalle sue ginocchia. Si alzò, camminando fino al centro della stanza.
-Batman. Lui. Il mio unico fallimento eterno. Lui, mi ricorderà per sempre chi sono, da dove vengo. Lui sarà sempre lì, a mostrarmi l’umanità, la caducità degli esseri viventi. La mia. A dirmi che una volta che un corpo è morto, è esattamente come gli altri. Esattamente come gli altri. Anche se nella mia testa c’è qualcosa di spaventoso, che nessuno potrà vedere mai, da morto sarò solo un pezzo di carne come gli altri.-
Si girò,e guardò Harley, si mostrò ad Harley, donandole qualcosa di unico, che lei non avrebbe mai più visto da allora.
È forse una lacrima il simbolo dell’impossibile, malato, folle, eterno amore? 2
Da allora Harleen fu solo, totalmente sua.
Furono il re e la regina di Gotham City.3
 
1= frase del joker di Jack Nicholson.
2= ho voluto inserire questo dettaglio perché nel Joker di Brian Azzarello viene proprio detto che Harley si ostina a restare con lui, perchè è l’unica ad aver visto il Joker piangere.
3= dal film “suicide squad”
  
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