Anime & Manga > Letter Bee/Tegami Bachi
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Autore: Akane    11/09/2016    0 recensioni
Ci sono storie sotto la superficie, storie non raccontate, storie accennate, storie mostrate solo a metà, storie addirittura nascoste. E spesso queste storie sono importanti per qualcun altro che un giorno si sfiorerà, si intreccerà, si aiuterà in qualche modo. Sono storie che si sviluppano nel tempo come una specie di otto. Perché tutto si ripete, tutto si tocca, tutto si intreccia.
Così come la storia di Gauche e Jiggy con quella di Lag e Zazie.
Genere: Fantasy, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Yaoi | Personaggi: Goos Suede/Noir, Jiggy Pepper, Lag Seeing, Zazie
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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la_proporzione_perfetta3 *Ecco un altro capitolo. Torniamo nel mondo di Jiggy, così criptico, di cui non si sa molto. Sappiamo che Jiggy deve il suo essere Bee a Largo Lloyd, ma non è mai stato specificato nulla a tal proposito. Anche sulla sua infanzia si sa poco se non  che ha una sorella ed un fratello, di cui in certe occasioni li definisce sorellastra e fratellastro, perciò ho spaziato un po'. In questo capitolo ho creato un idolo nell'infanzia di Jiggy collegato alla sua passione per il cavallo di ferro ed hai suoi modi da tenebroso. Di Largo ce ne occuperemo più avanti. Buona lettura. Baci Akane*

3. HO TE




"Seduti fuori in attesa che le parole arrivino Vivo la mia vita Cercando di fare ciò che è giusto E spero in un giorno migliore Sai quelle parole che mi hai scritto mi hanno portato in ginocchio E tutto ciò che sto dicendo è che... Sei a casa Non sarai mai solo"
/Active Child - Silhouette (Feat Ellie Goulding)/

Un’altra giornata di lavoro finì nel migliore dei modi. Quel giorno erano andati da soli a consegnare lettere, alcune vicine, altre un po’ più lontane. Entrambi avevano affrontato alcuni gaichu ma se l’erano cavata bene.
Una volta concluso il turno di quel giorno, Gauche e Jiggy salutarono ed uscirono insieme di nuovo, lasciando Aria e Largo a guardare perplessi.
Giusto in tempo per sentire parte del dialogo.
- Sai, oggi sono andato a consegnare in un erboristeria. Ho provato a chiedere se avevano qualche rimedio per il tuo problema… - Ma la porta si chiuse e Largo rimase con la curiosità, nonché lo shock, per la realizzazione del fatto che Jiggy avesse un problema e che Gauche lo stava aiutando a risolverlo.
- Non capisco cosa c’è di male se sono amici. - Disse Aria fissando male Largo che faceva l’aria esterrefatta.
- Nulla! - Esclamò lui allora. - Sono loro che lo nascondono! - Aria sospirò e scosse il capo andandosene a sua volta.

- Ecco, mi hanno dato questa erba da sciogliere nel the prima di usare un mezzo, attenua i sintomi della nausea! - Gli diede un sacchetto con le erbe, un sacchetto abbastanza consistente. - Se funziona e te ne serve ancora, possiamo andare insieme a prenderne!- Jiggy lo guardò e glielo riconsegnò.
- Non posso accettare anche questo. - Gauche però glielo infilò in borsa.
- Il mio ospitarti è qualcosa per cui mi ripagherai. Non è gratis. Questo invece è un regalo, voglio fartene uno! - Jiggy sospirò lasciandosi andare di nuovo, suo malgrado accettò.
- Allora ricambierò. - Gauche alzò gli occhi al cielo.
- I regali non si ricambiano, altrimenti non sono regali! - Jiggy si strinse nelle spalle rispondendo indifferente, sebbene fosse colpito dai modi di quel ragazzo.
 - Non sono abituato ad avere debiti. - Gauche gli diede un pugno sulla spalla, il primo gesto di stizza e rimprovero.
- I regali non sono debiti! Mi dai la gioia di potertene fare uno? - Con questo Jiggy strinse le labbra e lo guardò trovandolo di nuovo carino, come l’aveva trovato quella mattina. Aveva dei momenti in cui si sentiva strano, accanto a lui. Sorprendentemente bene. Non si era mai sentito così.
A quel punto si guardò intorno e vedendo che lì nei pressi non c’era nessuno, gli tolse il cappello, gli sistemò i capelli e rimase con la mano sulla sua nuca in quella che era a tutti gli effetti una carezza.
Aveva seguito il suo istinto.
- Ti ringrazio. - Si decise, pur senza sorridere. Gauche si bloccò e avvampò, rimase ebete a sentire quelle mille sensazioni che lo invadevano da quello strano, bellissimo gesto per nulla da lui. Così bello. Così intimo.
Jiggy, però, vedendolo così imbarazzato e trovandolo ancora più carino, realizzò quale era quella sensazione che provava da quando l’aveva visto la prima volta, dai loro primi contatti.
La notò, la capì, la tradusse e l’accettò senza perdere tempo.
E sorrise.
Con questo demolì definitivamente Gauche che rimase imbambolato, fermo lì nell’angolo, rossissimo in viso, senza la capacità di muoversi.
Jiggy gli rimise il cappellino da Bee e riprese a camminare facendo finta di nulla.
“Ok, mi piace. Mi piace parecchio. Ma posso gestirla, posso conviverci e gestirla.”
Con questo Jiggy si illuse che sarebbe riuscito a non superare quei limiti che, ne era convinto, l’avrebbero indebolito.
Si illuse, appunto.

Gauche rimase un attimo indietro, inebetito da quel bel gesto inatteso, poi realizzando che si stava allontanando, avanzò di corsa per riaffiancarlo, ricordandosi quello che voleva fare prima che lo interrompesse…
- Senti, ti va di venire con me da quell’amico di mio padre a vedere se ha un cavallo di ferro? -
Jiggy lo guardò mentre lo affiancava trafelato, ancora un po’ deliziosamente rosso in quel suo viso sempre pallido, poi annuì.

I due arrivarono insieme nell’officina poco fuori città. L’officina era un garage di medie dimensioni situato accanto ad una casa, Gauche entrò nel garage per primo, seguito dal solito silenzioso e discreto Jiggy.
Il garage era pieno di cianfrusaglie, come un vecchio antiquariato, con la differenza che erano tutte cianfrusaglie da aggiustare. Di ogni tipo. Soprammobili, materiale, strumenti.
Jiggy rimase impressionato dalla quantità di roba che c’era e per poco pensò che qualcosa potesse cadergli in testa e soffocarlo.
- Signor Ogure? - Chiamò Gauche senza vederlo. Lo richiamò una seconda volta e a quel punto un rumore da un punto imprecisato li fece girare. Il rumore divenne una piccola frana che i due ragazzi seguirono, quando lo raggiunsero, l’alzarono fino a trovare un piccolo signore intorno ai cinquant’anni, basso e mingherlino, gli occhiali spessi e tondi, pochi capelli brizzolati sulla testa, tutto sporco.
Quando Gauche lo rimise in piedi sorridendo, il signore lo guardò e lo riconobbe.
- Oh, Suede! Che piacere rivederti! Cosa ti porta in questo disastro? -
Gauche continuando a sorridere, si raddrizzò e gli indicò Jiggy.
- Lui è il mio amico Jiggy Pepper. Ha un lavoro da commissionarti. - Jiggy sentì del calore sentendo che lo chiamava ‘amico’, ma come sempre non fece pieghe.
Ogure allora spostò lo sguardo su di lui e notandolo lo salutò gentile.
- Piacere Pepper! Dimmi tutto! Come posso esserti utile? -
Jiggy a quel punto spiegò quello che cercava, specificando che non poteva acquistarla subito e che se costava troppo, l’avrebbe pagata a rate.
Appena spiegò quel che voleva, cioè un cavallo di ferro che funzionava col cuore, il signor Ogure si illuminò tutto e come se tornasse bambino, cominciò a scavare nel mezzo delle mille cianfrusaglie del suo garage, buttando all’aria, alla ricerca di qualcosa.
- Ecco qua, vieni, vieni da questa parte! Non avrei mai immaginato di trovare una persona con questa passione in grado di usarla! L’ho costruita perché mi piaceva, ma pensavo l’avrei esposta e basta, sapere che può essere usata mi riempie di gioia, così tanta gioia che non immagini. -
Ogure mostrò loro un cavallo di ferro già pronto, solo da ritoccare. Era grande, coi manubri alti, il sedile lungo, imbottito e comodo dove ci si poteva salire in due. Nel serbatoio lo spazio per l’ambra spirituale.
Jiggy, quando la vide, rimase di sasso e per una delle rare volte mostrò sorpresa e meraviglia. Gauche vide chiaramente i suoi occhi brillare, accendersi e diventare vivi.
- Ma questa… - Ogure capì dalla sua reazione.
- L’hai già vista? - Chiese sapendo che poteva essere possibile. Jiggy annuì.
- Quando ero piccolo un Bee è venuto su questo stesso cavallo di ferro, tutto nero. Era un Corriere Espresso. Sembrava così forte su questo gigantesco cavallo! - Gauche rimase shoccato da quella sua condivisione, ma anche dal modo in cui l’aveva raccontata. Poi proseguì dispiaciuto, toccando il manubrio impolverato.
- Purtroppo quando sono venuto a fare l’esame da Bee, mi hanno detto che lui era morto in un attacco di gaichu. - Gauche si riempì di tristezza, ma Ogure rimase sorridente, come colpito da un’apparizione.
- Quel ragazzo adorava questo posto. Ha costruito lui il cavallo di ferro, con me. È una sua idea, non ce ne sono molti in giro, perché devi essere in grado di gestire il tuo cuore. Era un mio caro amico. - Il silenzio calò, nessuno parlò di come era morto, di qualche triste dettaglio. La malinconia li avvolse nostalgica. Poi il signor Ogure si riprese carezzando il mezzo. - Sarebbe felice di vedere che qualcuno lo usa. Ed io sarei orgoglioso di aggiustarlo per te. - Gauche sorrise anche per Jiggy, commosso, mentre lui dopo aver guardato con morbidezza quello che sarebbe stato il suo grande compagno per sempre, tornò a guardare Ogure e chinando il capo, accettò.
- Sarei onorato di avere proprio il suo. - Disse con formalità. - tornerò a prenderlo quando avrò il primo stipendio, così parleremo anche di prezzi… - Ogure scosse il capo.
- Lo prenderai domani, non mi ci vorrà molto per rimetterlo in sesto! - Jiggy si irrigidì.
- Ma non posso ancora pagare… - Ogure allora mise entrambe le mani sul cavallo di ferro.
- Non importa, lo farai con calma quando potrai. Intanto voglio che lo usi, mi dai la gioia più grande. Torna domani e l’avrai! - Con questo Ogure si mise a lavorare sul mezzo, senza ammettere repliche.
Jiggy non trovò modo di rifiutarsi e sorpreso di tutta la gentilezza che stava ricevendo da quando era lì, capì che valeva la pena tenere duro e resistere e provare le strade difficili. Perché poi ricompensavano.


Una volta fuori Gauche sembrava volare.
- Pensa te il destino! Dovevi avere proprio il suo! Che bella storia! - Era molto entusiasta della cosa e questo calmava Jiggy, che comunque era sorpreso delle coincidenze che si erano verificate.
- Farai il secondo giro con me. - Concluse deciso come se questo non fosse in discussione.
Gauche però lo guardò dubbioso spegnendo il suo sorriso raggiante.
- Ma lo sai usare? La prima volta non sarà mica facile… - Jiggy così lo fissò storto lasciandolo solo più inquieto di prima, ed in risposta avanzò verso casa. - E quello cosa significherebbe? - Chiese Gauche convinto che non sapesse guidare un cavallo di ferro.
Ovviamente non ne cavò un ragno dal buco.

- È per questo che hai quest’aria da bel tenebroso? - Chiese Gauche in camera, dopo aver cenato ed essersi preparati per dormire.
Jiggy lo guardò ironico, seduto per terra nel proprio letto di fortuna. Gauche, in quello più sollevato, arrossì. - Intendevo che hai un certo stile… parli poco, non sorridi mai… hai modi da… beh, tenebroso… ti dai un tono, non mostri debolezze perché vuoi apparire forte e… ti ispiri a quel Bee? - Jiggy capendo cosa intendeva smise di guardarlo e annuì, poi decise di parlargliene.
- È venuto una volta sola nella mia città dimenticata da tutti. Io non sapevo cosa fossero i Bee… mi ha detto che consegna lettere per conto della gente. Era gentile e forte al tempo stesso. Mi ha fatto fare un giro sul cavallo di ferro con lui. Credo fosse originario di quel posto. - spiegò. - E così mi sono messo a sognare di diventare come lui. Aveva un lavoro che lo portava a viaggiare per tutto il mondo, aveva un mezzo meraviglioso ed era una persona carismatica! Mi piaceva. - Gauche si chiese se il senso del suo piacergli fosse ammirazione o altro, ma non osò chiederglielo.
- Credo che tutti abbiamo dei miti che ci ispirano. È bello quando ci riusciamo, non trovi? - Jiggy tornò ad osservarlo preso da quel discorso idealista e si ricordò di quanto, idealista, lo era anche lui. Ed aveva deciso di diventare un Bee.
- L’importante è riuscire negli obiettivi che ci poniamo. Non importa a quale costo. - Disse di nuovo pragmatico e deciso. Gauche si toccò la nuca ricordando di quando l’aveva fatto lui prima ed arrossì sperando in qualche altro gesto del genere.
- Sei felice di guidare il suo? - Chiese riferendosi alla moto del suo idolo. Jiggy annuì rimanendo però serio.
- E perché non sorridi? Prima per un momento ti sei emozionato. Quando l’hai riconosciuto. - Jiggy lo guardò pensieroso, poi si alzò e si sedette sul letto con lui, gli sistemò una ciocca di capelli dietro l’orecchio, poi si limitò a guardarlo da vicino, sfiorandolo col proprio corpo, con l’aria così intensa ed intrigante da turbarlo e togliergli il respiro.
- Non è più un gesto automatico. Il sorridere è automatico per chi lo fa. Per me no. - Gauche, colpito dal suo discorso che mostrava un infanzia davvero difficile, dispiaciuto per lui, ma emozionato da quella vicinanza, mormorò con un filo di voce:
- E cosa è automatico, per te, invece? -
Jiggy ci pensò un po’, poi tornando a sistemargli i capelli, come un istinto indomabile, rispose malinconico:
- Tenere le emozioni lontane da me. Ma ultimamente non ci sto riuscendo benissimo. - Gauche si aggrottò.
- Perché? -
- Perché le emozioni sono segno di debolezza, io devo diventare forte se voglio aiutare la mia famiglia e la mia città. - Gauche si riscosse e batté le palpebre un paio di volte.
- Io intendevo perché non ci stai riuscendo bene ultimamente… - Jiggy scivolò con la mano sulla sua schiena, avvolta solo da una canottiera intima bianca, i brividi lo ricoprirono.
- Perché ho qualcosa che non avevo mai avuto. - Gauche lo guardò interrogativo, mentre dentro di sé aveva mille accelerazioni e si sentiva male. - Ho te. - Non fu meno criptico, ma trattandosi di uno che non diceva nemmeno se aveva fame, era una grande cosa.
Gauche arrossì felice di essere ‘qualcosa’ per lui. Non aveva importanza di cosa. Era felice così.
- E ti dispiace? - Chiese ritornando al discorso, mentre la mano di Jiggy indugiava sulla sua schiena scivolando di lato, sul suo fianco permettendogli di avvolgerlo con il braccio.
Gauche si sentiva morire.
- È molto bello. Spero non lo sia troppo. - Gauche senza capire si aggrottò di nuovo.
- In che senso? -
- Che non mi distolga dai miei obiettivi, dal mio lavoro, da quello che sono venuto a fare. Voglio guadagnare molto per aiutare la mia città, la mia famiglia. -
- Ma io non potrei mai farti venire meno ai suoi doveri… so che per te è importante e… - Gauche con un pizzico di sana e vera ingenuità, fece di nuovo sorridere Jiggy in quel modo per nulla automatico e per questo ancora più incredibile.
- Non tu di proposito. Ma potrebbe essere una tua dote innata! - Gauche non capì subito cosa intendeva e Jiggy così si avvicinò e gli sfiorò la tempia con le labbra, seguendo l’ennesimo istinto indomabile. Pensando che, nonostante si fosse detto di non fare nulla, una volta che stava provando cosa significavano le emozioni, era difficile gestirle. Gauche era difficile da gestire.
“Spero che non mi deconcentri davvero.”
E con questo, indeciso sull’essere pronti o meno, decise di prendersi ancora un po’ di tempo prima di arrendersi a quel che provava.
- Buonanotte. - Mormorò senza spiegare nulla, tornando più criptico di prima. Jiggy si rimise nel suo letto a terra e si girò dall’altra parte per dormire. Ovviamente non riuscì ad addormentarsi. E non lo fece nemmeno Gauche, troppo eccitato ed emozionato per riuscirci.
Confuso, felice, pieno di un turbinio interiore, inebetito.
Incapace di capire se gli piaceva o se aveva frainteso quelle parole dette e non confermate.
I sentimenti erano più complicati dei gaichu!
   
 
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