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Autore: kannuki    31/03/2005    10 recensioni
“Perché non chiudi mai le finestre?” Gli aveva chiesto incuriosita dalla sua strana abitudine.
“Per far entrare la notte.”
La donna aveva riso piano, con la sua voce dolce e seducente “molto bella…non ti facevo romantico”
“Non sono romantico..” Aveva ribattuto a bassa voce, cullato dal suono della sua risata.
“Ti amo proprio perchè sei così”
CONSIGLIATA A CHI HA GIA LETTO 'GAME OVER'
Genere: Romantico, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: Spoiler!
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La piccola Simone stava giocando in giardino circondata dai suoi giocattoli preferiti, quando vide un signore dall’aria distin

La piccola Simone stava giocando in giardino circondata dai suoi giocattoli preferiti, quando vide un signore dall’aria distinta che si avvicinava lentamente.

“Ciao bambina, è in casa il tuo papà?” le chiese soppesando con lo sguardo il faccino della bimba che già mostrava il carattere dispotico del genitore.

“Tu chi sei?” domandò con vocetta acuta, lasciando a terra la sua bambola “la mamma non vuole che parli con gli sconosciuti!” esclamò compunta.

Piccola stronza, pensò guardandola dall’alto.

La bimba riprese il suo gioco, lanciandogli di tanto in tanto delle occhiate preoccupate.

Bisognerebbe farle fuori a quest’età, pensò tastando la pistola. “Se mi chiami il tuo papà, ti do una caramella”

Complimenti, un manico della televisione non avrebbe saputo fare di meglio! Si schiarì la voce che era cambiata in un sibilo sommesso e la guardò tentando di sorridere normalmente.

La bambina lo fissò imbronciata e si alzò in piedi spazzolandosi il vestitino rosa, sporco di erba e terriccio. “Tu sei cattivo”

Noo, mica, pensò facendo la sua migliore faccia innocente. Fallì miseramente nel giro di un secondo.

Con un grugnito nervoso sorpassò la nana rompipalle e si approssimò alla porta socchiusa della casa. Entrò facendo meno rumore possibile. Infilò i guanti ed estrasse la pistola. Si diresse nello studio della vittima e aprì silenziosamente l’uscio, restando a guardare per qualche attimo l’uomo che sonnecchiava sulla scrivania, con gli occhiali ancora infilati e la penna in procinto di cadere dalle dita indebolite dal sonno.

Gli sparò un paio di colpi senza neanche prendersi la briga di spaventarlo un po’ come il suo solito.

L’uomo ricadde pesantemente sulla scrivania e sulla schiena fiorirono due macchie rosse intense.

 

Quando uscì, la mocciosa era ancora la che giocava. La tentazione di mandarla al creatore era forte ma poi ci ripensò. Troppa gente che passava, poteva attirare l’attenzione.

La fissò attentamente pensando che aveva tempo per farla fuori.

La bimba si girò e lo fissò con un musetto che crescendo sarebbe sicuramente divenuto arrogante e autoritario come quello del padre.

Le fece un bel sorriso cattivo e si allontanò per raggiungere l’auto posteggiata poco lontano.

Vincent sarebbe stato contento della missione. Bravo ragazzo, un coglione con un sacco di soldi, che paga molto bene.

Si tolse gli occhiali da sole e il cappello che aveva indossato per non farsi identificare da eventuali testimoni e gettò un’occhiata allo specchietto retrovisore. Due occhi calmi e freddi, dello stesso colore del ghiaccio sporco...occhi che non perdonavano e non dimenticavano.

Le palpebre si abbassarono per un istante, rilassando le lievi rughette che gli contornavano la pelle sottile. Quando tornarono a guardarsi, il cemento che vi era stato colato dalla Natura s’indurì  ulteriormente.

Non ti dimentico.      

 

“Fatto. Pagami, così mi tolgo di torno”

Si sedette nel lussuosissimo ufficio di Vincent con la faccia scolpita nella pietra e un lieve nervosismo che gli correva sotto pelle. Aveva voglia di spaccare qualcosa. Non sapeva neanche lui il perché.

Il suo capo era impegnatissimo con il minigolf che aveva appena comprato. Concentrato, eseguì una mossa delicata sbagliando di poco. Gettò un’occhiataccia alla pallina e si mise sulla spalla la mazza d’acciaio.

“Sei veloce” rispose guardando il suo ospite scontroso che annuì in silenzio.

Non parla poi tanto, pensò Vincent battendosi la mazza sulla spalla “ti ha visto qualcuno?”

“La figlia, ma non mi riconoscerà mai” rispose scostante senza girarsi a guardarlo.

Il ragazzo posò l’altra mano sulla mazza e si alzò le sopracciglia “se lo dici tu, mi fido. Non la potevi ammazzare?”

“Passava gente”

Vincent si sedette sulla scrivania continuando a giocherellare con la mazza. “Sei bravo, sei il migliore, dico davvero”

“Grazie” mormorò con un moto di presunzione dentro che solleticava il suo ego.

“Ho bisogno di gente come te per il mio progetto” gli rivelò con voce seria.

E sarebbe?”

“Voglio il monopolio. La Morte su commissione deve essere gestita solamente da me” dichiarò con enfasi.

L’uomo lo guardò con commiserazione “quindi?”

“C’è un tipo che non mi va a genio…voglio che tu lo faccia fuori” gli sbattè davanti una foto con tanto di file informativo.

Lo guardò appena. “Non se ne parla” dichiarò tranquillo continuando a rimanere con i gomiti poggiati sui braccioli della sedia e le mani incrociate.

Vincent ammutolì in preda allo stupore.

“Piuttosto ammazzo te”

Tirò indietro la sedia ed estrasse l’arma che puntò contro la sua fronte. Un paio di colpi a bruciapelo.

Un sottile gemito mentre cadeva, un rumore attufato e fu tutto.

 

Al funerale di Vincent non piangerà nessuno.

 

Prese la foto e il file allegato e li mise nella giacca con noncuranza. Restò per un po’ a smanettare il computer visibilmente impressionato dalla quantità d’informazioni che aveva raccolto Vincent sul suo avversario. 

Su di lui non sapevano un cazzo e andava bene così.

Vecchie conoscenze…nuovi acquisti…troppi dati. Via tutto.

Delete file.

 

Ne cancellò un bel po’ restando appoggiato alla poltroncina comoda finché non ebbe finito.

L’ultima parte era interessante. Alzò un sopracciglio sulla foto che apparve e quando lesse la nota restò incredulo. Le immagini che scorrevano sugli occhi gelidi dell’uomo erano inspiegabili, non poteva credere….

 

Missing.

 

Quando aprì l’ultimo file, un brivido gli corse lungo la schiena. Sgranò gli occhi e restò per un minuto buono a guardare la foto della donna. 

La mano fremette sul mouse, il dito che picchiettava sulle labbra ben disegnate e strette in una linea, rifiutò di continuare il suo sincronico balletto.   

Mosse la gamba destra indietro e si alzò lentamente, posando le mani sulla scrivania. Allungò l’indice e premette Enter.

 

Delete file?

 

Il dito si piegò su se stesso mentre gli occhi vagavano sul volto serioso della donna.

 

Delete file?

 

Il viso di una donna che soffriva da troppo tempo.

 

Delete file?

 

No.

 

In fretta stampò la cartella e raccolse i quattro fogli  in una cartellina che rinchiuse nella propria valigetta. Cancellò i dati e resettò il computer.

Lanciò un’ultima occhiata al corpo di Vincent. Idiota!

 

 

Nella stanza semibuia, continuava a leggere gli stampati. Odiava la luce forte, soprattutto quella fredda del neon. La lampada che emanava una calda luce arancione, era la benvenuta n quella stanza piccola e ben ammobiliata che chiamava casa. Aveva così poche occasioni di tornarsene nella sua tana che quasi ne aveva dimenticato l’esistenza.

Prese una lattina dal frigo stringendola con piacere. Faceva un caldo terribile e il suo appartamento non disponeva di un condizionatore. Non gli piaceva e gli faceva venire il raffreddore.

 

La luce che entrava dalla strada era fioca, una leggera brezza spirava dalle finestre spalancate, dotate di una comoda zanzariera.

Le zanzare adoravano il suo sangue straniero e banchettavano avidamente sul suo corpo. Raramente dormiva vestito d’estate e raramente chiudeva le finestre.

 

Perché non chiudi mai le finestre?” Gli aveva chiesto incuriosita dalla sua strana abitudine.

“Per far entrare la notte.” Le aveva risposto mezzo assonnato.

La donna aveva riso piano, con la sua voce dolce e seducente “molto bella…non ti facevo romantico”

“Non sono romantico..” Aveva ribattuto a bassa voce, cullato dal suono della sua risata.

La donna si era mossa verso di lui e l’aveva baciato a lungo “lo sei, anche se ti secca ammetterlo”

Aveva sollevato appena un angolo della bocca, lasciandola in sospeso. Lei aveva sorriso nuovamente, soddisfatta di aver avuto l’ultima parola.”Ti amo proprio perchè sei così”

Lui aveva osservato per un po’ la sua sagoma distesa, saettando lo sguardo stanco sulla luna che brillava in cielo.

 

Era estate anche allora.

No, forse era l’inizio dell’estate. La luna era alta …adesso...guardò fuori della finestra. La luce gli illuminò gli occhi malinconici, schiarendoli leggermente della loro freddezza, si sta abbassando…

Nessuna nube, solo una cappa di velluto blu poggiata sulle loro teste.  

 

Gettò la testa all’indietro, posandola su un cuscino che scansò un attimo dopo. I suoi occhi si muovevano pigramente sulla lattina, il dito tracciava sullo strato di condensa delle linee rette o arrotondate, assecondando le fantasie del suo autore. La posò sullo stomaco e chiuse gli occhi nostalgici.

Serata anomala…ne stanno capitando troppe, da qualche mese a questa parte. Si mosse leggermente, cercando di sfuggire alla morsa di calore che lo divorava.

 

Strane voglie, desideri eccentrici. La vecchiaia che incombe? Si domandò inquieto.

 

Quel pomeriggio si era fermato a guardare una coppia che si teneva per mano e quando si era reso conto di ciò che stava facendo, si era ripreso con un moto d’insofferenza.

Poi era tornato a guardare i due che scherzavano e il suo spirito aveva fortemente agognato qualcosa di simile per se stesso. 

 

Era passato a trovare la piccola Alina. Era diventata così carina…14 anni, anche se ne dimostrava di più. Aveva il corpo di Margot e i suoi colori…solo i capelli erano di una tonalità più chiara. Ma i suoi occhi…identici.

Andava trovare Alina da dieci anni ormai, da quando aveva scoperto per puro caso di avere una figlia.

Che assurdità, doversi nascondere per vedere la propria figlia crescere. Margot lo odiava…chissà cosa le aveva raccontato da piccola. Forse niente, visto che la donna era sposata felicemente.

Non si era mai azzardato ad avvicinarla, ma quando l’aveva vista entrare nel negozio di cd si era mosso istintivamente attraversando la strada e facendosi strombazzare dietro dagli automobilisti infuriati..

Alina si aggirava fra gli scaffali; la vedeva aggrottare la fronte e muovere la bocca biascicando qualcosa a bassa voce. Aveva la sua tipica smorfia d’indecisione.

Si era fermato nel reparto dvd; da li aveva un’ottima visuale della sua figuretta snella. Muovendosi con gli occhi incollati sul cd che aveva scelto, era arrivata fino a lui e si era incantato a guardarla per qualche secondo, sufficiente a far si che la ragazza alzasse gli occhi e incontrasse i suoi.

L’aveva fissato sorpresa distogliendo subito gli occhi.

Stava per uscire quando Alina l’aveva fermato “mi scusi...lei per caso..” Aveva stretto la cinghia della borsa che portava a tracolla e l’aveva fissato nuovamente “lei ha gli occhi simili ai miei…” era arrossiva visibilmente, cincischiando con la maglietta e tirandola giù a coprire l’ombelico che spuntava dai pantaloni a vita bassa.

Era stranamente timida, a differenza di molte adolescenti viziate e sfrontate. Identica a Margot quando l’aveva incontrata la prima volta nel parco, sotto un sole cocente mentre lui studiava la vittima disegnata.

Osservava sua figlia indeciso...poteva dirglielo e finirla una volta per tutte.

 

“Lei è mio padre? Il mio vero padre?”

 

La domanda l’aveva colpito come una bastonata alla nuca, lasciandolo senza parole. Quindi Margot gliel’aveva detto… sicuramente non le aveva detto che genere di lavoro faceva suo padre!

“No, mi dispiace” aveva mormorato senza neanche pensarci su.     

Era uscito dal negozio col cuore scombussolato e l’assurda convinzione di aver fatto una cazzata. Non si era voltato perché sapeva che la ragazza…sua figlia, lo stava guardando.

Addio Alina.

 

Si recò alla finestra sospirando più volte. Tolse la maglietta nuovamente sudata, sebbene avesse  appena fatto la doccia e la gettò dietro di se.

Sono ancora passabile, decretò dandosi un’occhiata veloce.

 

La finestra davanti al suo palazzo era inondata di luce. Ci abitava una ragazza con le amiche: la vedeva affaccendarsi a mettere a posto la camera da letto, raccogliendo i vestiti sparsi, riponendo scarpe e libri.

Era carina anche se un pò troppo formosa per i suoi gusti.

Le amiche andavano e venivano dalla stanza; le vedeva bisticciare e discutere mentre si vestivano velocemente.

Mi sento un po’ voyeur, pensò scostandosi leggermente dalla finestra.

Una di loro l’aveva visto e ora si sgomitava con le amiche. Non che potessero vedere molto di lui, solo la sua sagoma in controluce.

Lo salutò con un cenno della mano ma l’altra la sgomitò con aria offesa. La terza, che si era appena infilata un top particolarmente seducente, le scostò entrambe e s’indicò.

Lui sorrise e le fece un cenno d’assenso col pollice bene in vista. Lei rise e gli lanciò un bacio mentre la seconda tirava la tenda.

Fine del teatrino per stasera, pensò poggiando la lattina vuota sul tavolinetto accanto alla poltrona. Si sedette e riprese gli stampati.

 

Probabile relazione.

 

Scomparsa.

 

È una follia, non può essere. Probabile relazione? Cazzate! Non credo ad una parola.

Guardò il telefono che inspiegabilmente era entrato nel suo campo visivo e allungò la mano per prenderlo. 

Compose il numero con le dita che tremavano. Per la stizza attaccò stringendo i pugni.

Probabile relazione…ma scherziamo?

Non loro due!

 

 

 

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Salvee!!! Lo so che sono bastarda e vi starete chiedendo che diavolo è sta roba. Vi accontento subito: questo piccolo racconto si colloca alla fine di ‘Game Over’, subito prima di ‘Lost Souls Forever’ ..non fate quelle facce, ma io ai miei personaggi ci sono affezionata! 

 

Spero vi sia piaciuta questa one-shot atipica (per me) con una storia ancora da finire (ma i capitolo sono pronti e penso che ne posterò uno al giorno, ormai) e un’altra da mettere a posto..ma sono una fucina di idee questo periodo!

ciaooo

  
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