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Autore: PrincesMonica    02/05/2009    2 recensioni
E' una storia totalmente AU prettamente su Shannon. E' stata scritta per il compleanno di una mia carissima amica, quindi preparatevi a tinte rosa pastello e dolciotte.
Genere: Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Shannon Leto
Note: Alternate Universe (AU) | Avvertimenti: nessuno
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TITOLO: Il Batterista e la bambina

AUTRICE: Princes_of_the_univers

RATING: nc-17

PARING: Shannon/Stefania e Jared/Monica (marginale)

DISCLAIMER: I protagonisti non sono di mia proprietà, purtroppo. Tutto quello che scrivo è frutto della mia fantasia. Qualsiasi fatto o nome riconducibile alla realtà è puramente casuale.

COMMENTI: monicucciad@hotmail.com

 

Dedicato a Stefania: buon compleanno

 

Il locale era fumoso e pieno di gente. Tim non poteva desiderare di meglio per il suo debutto come bassista nei 30 Seconds to Mars, formazione di Los Angeles non ancora alla ribalta. Aveva preso il posto di Matt circa due mesi prima e tutti sembravano soddisfatti di lui. Il suo muovere la testa energicamente per far ruotare il ciuffo, mandava in visibilio le fans, o almeno questo speravano i suoi compagni di gruppo. Si guardò in giro e, grazie al suo metro e novanta e più, riuscì a guardare fino in fondo alla sala. Non si accorse, o meglio, fece finta di non accorgersi, che parecchie ragazze se lo stavano mangiando con gli occhi. Era famoso nell’ambito musicale come uno sciupafemmine di prima categoria, anche perché di solito, nessuna si lamentava del trattamento riservato.

In quel momento, però, stava aspettando altre persone: per quella importante serata voleva accanto a se le uniche due donne, oltre a sua madre, che non si sarebbe mai portato a letto, le sue uniche e vere amiche da ormai una vita.

Stefania e Monica erano due sue vecchie compagne di scuola: quando lui era finito nei guai per delle canne, lo avevano aiutato e cercato di discolpare. Con loro vicino, paradossalmente, si sentiva protetto ed invulnerabile. Per questo motivo le voleva lì, ma ancora le due non si vedevano.

“Ehy tutto ok?” davanti a lui si era materializzato il chitarrista Tomo. Come lui portava un gran ciuffo che qualcuno avrebbe definito emo, ma aveva il volto più squadrato, una barbetta incolta e un accenno di baffi alla cosacca. Gli occhi leggermente a mandorla erano scuri e dolci.

“Sì, sto solo aspettando due persone.”

“Ah, stanotte non te ne basta una, addirittura due… ma riesci a tenere il colpo, sì?”

“Spara meno cazzate, Tomo.” Rispose Tim quasi offeso: come poteva osare a dire che non sarebbe riuscito a farlo con due? Eh sì che lo conosceva da parecchio ormai.

“Dai muoviti, dobbiamo fare il soundcheck.” E così dicendo i due salirono sul palco ingombro di fili, dove altri due ragazzi li stavano già attendendo.

 

Intanto, poco fuori il locale, due ragazze stavano parcheggiando una Vespa blu e si stavano spogliando: ok che era primavera inoltrata, ma la sera faceva ancora freschino.

“Muoviti che siamo in ritardo, Tim ci aspettava mezz’ora fa.” Disse la prima, chiudendo il casco sotto il sellino. Aveva lunghi capelli neri mossi con le punte blu elettrico, il volto ovale, morbido, con due occhi castani enormi, resi ancora più grandi dalle lenti degli occhiali, anch’essi con la montatura blu, direttamente in tinta con i capelli. Indossava un paio di jeans neri e una camicetta rossa con una leggera scollatura di sicuro effetto, visto che aveva un seno piuttosto prominente.

“Non è colpa mia, dovevo dar da mangiare alla piccola.” Rispose l’altra togliendosi la giacca scura. Era un po’ più bassa dell’altra ragazza, munita di scintillanti capelli rossi e un piccolo broncio: odiava essere sgridata. Lei indossava un top nero con il collo ad U piuttosto castigato e un paio di pantaloni neri e le scarpe eleganti. Sembrava a disagio davanti alla luce al neon verde del locale.

“Monica, non dovrei essere qui mi sa.” Disse, infatti.

“Stefy, smettila. Ti fa solo che bene e poi qui parliamo di Tim, mica di uno qualsiasi. Te lo devo ricordare io tutto quello che ha fatto per noi?”

“Ovvio che no, ma…” fissò la via in lontananza, come se si aspettasse qualcosa.

“Ma niente. Ora andiamo e per questa sera ti svaghi un po’.” La prese per mano e la accompagnò all’interno. Lanciarono immediatamente uno sguardo al palco ed individuarono il loro amico. Impossibile non notarlo, era il più alto di tutti, svettava su chiunque.

“Andiamo da lui?” Chiese Stefania.

“Non adesso, mi sembra che stiano provando…magari disturbiamo.”

Le due trovarono il piccolo divanetto dove avevano notato la giacca di pelle di Tim e vi misero anche le loro borse. Presero da bere, rigorosamente analcolico, e tornarono al loro posto.

“Ragazze!” l’urlo le fece voltare e si ritrovarono con Tim che le abbracciava tutto felice.

“Orsetto!” Esclamò Stefy felice “sei bellissimo questa sera.”

“Ti ringrazio patata.”

“Oh vi prego, smettetela con tutte queste smancerie.” Fece Monica prendendoli in giro.

“Se non ti conoscessi bene, potrei pensare che sei una persona acida e dura di cuore.” Disse Tim dandole un buffetto sulla guancia.

“Ma io lo sono!”

“Ma non dire cazzate!”

“Non capisco proprio perché non ci credete…io sono cinica!” fece Monica lamentandosi, solo che i suoi due amici non parevano prenderla sul serio. “uff…”

“Sentite, io devo andare a suonare…ci vediamo dopo ok?”

“In groppa al riccio Timmuzzo!”

“Con le mutande di ghisa!”

Le luci si spensero e le note iniziarono a volare alte. Non erano i ragazzi che suonavano, ma i Carmina Burana di Mozart, con “O Fortuna”. A Monica e Stefania fece un gran bell’effetto.

Poi la batteria, potente, unica, un suono secco che riempiva l’aria circostante e non ti lasciava scampo. Stefy non riuscì a pensare ad altro che a quei battiti di inaudita potenza, quasi non si accorse che anche chitarra e basso avevano iniziato. Fissò il batterista, ma ci vedeva poco: capelli scuri sparati qua e là con il gel e due braccia possenti in una maglietta a maniche corte bianca.

“Porca puttana quanto è bello!” Sentì esclamare Monica. Stefy si risvegliò e cercò di capire di chi la sua amica stesse parlando. Non le ci volle molto per intuirlo: non staccava gli occhi dal cantante.

Non sembrava molto alto, vestito completamente di nero, con jeans stinti e camicia, Tiger Onitzuka e i capelli lunghi fino sulle spalle scuri, con dei ciuffi rosso fuoco. I grandi occhi di colore chiaro- grigio?- sembravano quasi sproporzionati rispetto il volto. Una leggera barbetta incorniciava il volto perfetto. Si stava scatenando come un invasato.

Stefy poteva capire che a Monica piacesse: non si faceva fatica a trovarlo carino, ma a lei non diceva nulla. In realtà già da un po’ l’universo maschile non la interessava per niente. Aveva già la sua vita che era abbastanza incasinata, non le serviva di certo anche un uomo che le rovinasse, di nuovo, tutto quanto.

“Sì, passabile.” Si permise di dire alla ragazza, che ora la stava fissando come se le avesse appena detto che il cielo era fatto di zucchero e le nuvole di panna.

“Passabile? Ste, ma tu gli occhi li usi?”

Lei non rispose e si limitò a fare spallucce: che ne poteva capire Monica? Era vero, le era stata sempre vicina e quindi tutto quello che lei aveva provato, lo sapeva, però passarcene in prima persona era tutta un’altra cosa.

Il concerto durò un’oretta e mezza: i ragazzi fecero per lo più cover, ma si lanciarono anche in qualche canzone originale molto bella. Insomma, le due ragazze, per motivi differenti, furono soddisfatte.

“Allora, come sono andato?” fu la prima domanda di Tim: era tutto sudato e stanco, ma i suoi occhi brillavano felici. Nonostante le sue ansie, sapeva di essere andato bene.

“Fantastico, hai superato te stesso!” Fece Monica.

“Sì, mi sembravi molto sicuro di te la sopra.” Rincarò la dose Stefy contenta che il suo Tim fosse felice.

“In effetti…all’inizio quando le luci si sono spente, ero in panico.” Il ragazzo non riusciva a stare fermo, si muoveva come se lo avesse punto una tarantola. “Cioè, mi sentivo come se avessi dimenticato tutti gli accordi. Poi, quando Shannon ha iniziato a rullare, bam, sono partito in automatico!”

“E chi sarebbe sto Shannon?” fece Stefy curiosa.

“Io.” Da dietro le arrivò una voce profonda e divertita. Lei si voltò come presa con le mani nella marmellata e rimase senza fiato. In fronte a lei stavano il paio di occhi più incredibili che avesse mai fissati: erano leggermente a mandorla, di un colore indefinito, un misto tra il castano chiaro e il verde, con delle sfumature di giallo. Sembrava di guardare un grosso felino notturno. Cercò di deglutire, ma con scarsi risultati. Va bene che erano da cinque anni che non usciva con un uomo e che, soprattutto, non gli interessavano, ma quello davanti a lei era indescrivibile. Teneva calato in testa un cappellino con il frontino rosso e aveva una maglia nera con la scritta viola “LAMF”: evidentemente dopo il concerto si era cambiato. I pantaloni rossi gli fasciavano le gambe muscolose. Era sbarbato con un dolce sorriso dipinto sulle labbra carnose. Stava fissando Stefania piuttosto interessato.

“Ciao, io sono Monica.” Si presentò tendendogli la mano.

“Piacere. E tu sei?” fece a Ste che ancora non aveva detto una parola.

“Io sono…ehm, io sono Stefania.” Gli porse la mano e si sentì il batticuore quando lui gliela strinse: forte, sicura, dolce.

“Cavoli Tim, dovevi farcele conoscere prima queste bellezze.” E rise mentre lasciava una manata sulla spalla dell’amico facendolo barcollare. Era almeno venti centimetri più basso di Tim, ma in quelle braccia aveva una forza incredibile.

Monica faceva vagare lo sguardo per tutta la sala: voleva il suo bel cantante, ma di lui neppure una traccia misera.

“Venite, sedetevi qui con noi.” Fece Tomo riuscendo a liberare il piccolo divanetto.

“Allora, che fai di bello nella vita?” Domandò Shannon a Stefania. Lui si era seduto volutamente vicino a lei, perché quei capelli lunghi e rossi gli erano piaciuti subito. Certo, poi era rimasto ammaliato anche dai suoi occhi scuri e profondi, da quelle labbra rosse tutte da mangiare e pure da quel piccolo corpo da poter possedere. Sperò ardentemente che quella sera il suo fascino funzionasse alla grande.

“Io insegno.” Fece lei velocemente.

“Interessante…e cosa?”

“Insegno all’asilo nido. Con i bambini di due anni circa.”

“Immagino che sarai una madre favolosa, allora.” Monica e Tim si voltarono all’unisono, ma nessuno sembrò farci caso. Stefy, invece, rimase un attimo interdetta, ma sorrise a Shannon e tornò a fissare il palco dove le prime coppie stavano iniziando a ballare.

“Ti va di fare due salti?” Le chiese Shannon.

“Parli con me?” fece Stefy. Da tempo ormai nessuno la invitava a fare qualcosa…in realtà da tempo ormai lei non usciva quasi di casa.

“Vedi una ragazza più bella di te a cui posso chiederlo?” Shannon si complimentò con se stesso per l’uscita degna di suo fratello. Stefy arrossì e si lasciò condurre in pista, incurante dello sguardo preoccupato di Tim.

Non quello di Monica, però, anche perché lei si era alzata per andare a prendere da bere al banco. Il suo cantante era scomparso e lei ne era decisamente infastidita.

“Un the freddo, al limone!” ordinò svogliata al barista. Passando in rassegna i ragazzi poggiati al banco, notò, proprio in fondo, l’uomo che voleva lei. Si era cambiato anche lui, non aveva più la camicia nera, bensì una t-shirt viola. Stava parlando fitto fitto con una finta bionda alta almeno dieci centimetri più di lui e praticamente senza un grammo di seno. Monica sorrise maliziosa e si avvicinò lentamente, ma inesorabilmente, alla coppia. Fece finta di guardare per aria, ma quando arrivò davanti alla bionda, inciampò e le rovesciò tutto il suo the addosso.

“Ma cosa?” urlò la malcapitata.

“Oddio, scusami, sono inciampata.” Fece Monica finta come una moneta da tre euro.

“Merda!” esclamò la bionda fiondandosi in bagno per sistemarsi un attimo.

“Ops, a quanto pare ho fatto il danno.” Continuò Monica facendo spuntare la lingua malandrina dalle labbra. Guardò il ragazzo che sembrava sul punto di scoppiare a ridere.

“Io sono Monica.” E gli porse la mano sicura. Lui guardò le sue unghie smaltate di nero e gliela prese.

“Io sono Jared, piacere.”

“Scusami, ti ho rovinato una piacevole chiacchierata.”

“Direi di no…una conversazione piuttosto normale. Quello che hai fatto tu è stato più divertente.”

“Che ho fatto io? Guarda, non so di cosa tu stia parlando.” E sorrise malefica, mentre lui scoppiava in una risata cristallina.

“Lo sai, sei molto bravo a cantare.” Lo elogiò. Se voleva farselo più che amico, meglio iniziare da prima di subito.

Con la coda dell’occhio Monica vide la bionda uscire dal bar e mandare a quel paese sia lei che Jared, ma non se ne curò: sfiga tua, fortuna mea.

Jared, dal canto suo, aveva quasi tirato un sospiro di sollievo. La bionda non gli dispiaceva, sarebbe stato facile portarsela a letto quella sera e poi dimenticarsela, solo che sentirla parlare era un’agonia. Non aveva un minimo di spessore culturale e, ok che a lui piacevano le Barbie, ma almeno sapere che cosa fosse un libro! Invece Monica era decisamente più sveglia. Innanzi tutto gli occhi erano più vispi e divertenti: c’era una luce che li animava. E poi il suo modo schietto di fare…l’attirava molto.

“Ti va se andiamo a sederci dai miei amici?” le fece.

La portò fino al divanetto, dove erano rimasti a parlare solo Tomo e Tim. Il bassista aveva in mano una cicca accesa e nell’altra una Corona a metà, mentre Tomo aveva optato per un birra chiara.

“Ciao ragazzi, vi presento Monica. L’ho conosciuta al banco.” I due lo guardarono e tornarono a parlare per i fatti loro. “Certo che siete veramente maleducati.” Monica rise e si sedette sulle gambe di Tim lasciando Jared a bocca aperta.

“Uff, Monica, pesi.” Fece lui prendendola in giro.

“Dai Orsetto…” Lo riprese lei facendo il verso a Stefy, poi guardò la sua preda “Io e Tim ci conosciamo da una vita.” Ma si spostò, in modo da sedersi vicino a Jared.

“Allora, Jared, che fai di bello nella vita?”

“Sono il proprietario di una libreria.” Monica sgranò gli occhi.

“Non l’avrei mai detto, ti vedevo meglio come…uhmmmm mi sa come cantante.”

“Bhe, faccio anche quello.” E sorrise malizioso, tanto che Monica sentì un brivido partirle lungo la schiena.

Intanto, in pista, Stefy si stava scatenando. Non riusciva a credere di poterlo fare così bene dopo tanto tempo. Il ragazzo dietro di lei la assecondava e le faceva mille complimenti. Si sentiva ebbra di felicità, qualcosa mai sentito veramente prima. Per meno di un secondo si dimenticò completamente di tutta la sua vita.

E Shannon era esultante: stava andando meglio di come se lo aspettava. La prese per la vita e ballò sensualmente con lei. Provò a lasciarle qualche bacio sul collo, ma lei si staccò e raggiunse la sua amica. Possibile che avesse rovinato tutto? Gli sembrava di essere stato decisamente chiaro nel lanciare i messaggi e anche nel recepirli.

In realtà Stefy si sentiva in colpa: per un piccolo glorioso minuto si era sentita di nuovo libera e avrebbe voluto continuare così per tutta la serata, ma si era sentita infine in colpa per averla dimenticata per troppo tempo.

“Monica, devo tornare a casa.” Esordì senza nemmeno dare il tempo alla ragazza di capire che cosa stava succedendo. Era intenta a parlare con Jared di tutto e niente, buttando lì innocentemente delle avance.

“Eh? Scusami?”

“Dai, muoviti, non posso stare ancora qui.” Monica la fissò con il labbro tremulo e gli occhioni sgranati, chiedendole silenziosamente di non farle questo, ma Stefania sembrava piuttosto determinata.

“Se vuoi ti accompagno io.” Fece Shannon: poteva ancora raccattare qualcosa da quella serata così strana.

“Fantastico!” Esclamò Monica lieta di poter stare ancora un po’ con Jared.

“Molla le chiavi della macchina, fratello.” Fece Shan, mentre Stefy guardava l’amica con odio.

“Tò. Mi raccomando, che torni intera.” Fece Jared.

“Siete fratelli?”

“Già… andiamo Stefania?” la rossa si avviò all’uscita un po’ mogia: preferiva che ad accompagnarla ci fosse Monica. Shannon era un gran bell’uomo e proprio di questo lei non ne aveva proprio bisogno.

In macchina parlò praticamente solo lui: lei si limitò a segnalargli la strada.

“Scusa, ma ti sto antipatico?” Fece esasperato Shannon dopo dieci minuti di silenzio tombale.

“Non proprio.” Fece lei.

“Ah, non si direbbe. Ok, scusa, non sono fatti miei.” E rimase in silenzio pure lui.

Quando la macchina si fermò sotto il palazzo di Stefy, lei guardò verso le sue finestre e sorrise vedendo che non c’era luce che proveniva dall’interno.

“Senti, Shannon…” iniziò lei con tono pacato “…sei un ragazzo simpatico, ma con me non c’è storia.”

“Ti vedi già con qualcuno?”

“No, ma la mia vita…è un po’ complicata e ti assicuro che adesso non voglio complicarmela di più. L’uscita di questa sera è stata bella, ma unica, perché io di solito non esco mai. Questo non dipende da te, ma da me e da problemi che io ho. Quindi, con il cuore in mano, ti consiglio di tornare al locale e trovare qualcuna che ti meriti molto più di me.” E gli sorrise dolcemente.

Shannon ci rimase di sale: si era aspettato qualcosa di decisamente più intrigante per lui, invece lei lo stava liquidando come un ragazzino delle medie.

“Ok, come preferisci. Mi spiace, perché mi eri piaciuta subito.” Tanto valeva dirle tutto no?

Stefy scese ed entrò nel palazzo. Appena varcò la soglia del suo appartamento andò a guardare fuori dalla finestra: Shannon stava accendendo il motore dell’auto e se ne stava andando. Si rammaricò di averlo conosciuto così tardi nella sua vita.

   
 
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