Storie originali > Romantico
Segui la storia  |       
Autore: NaomyK    13/09/2016    6 recensioni
Kyle, studente di medicina alle prese con il suo ultimo anno da universitario, segue una vita serena in compagnia dei suoi amici di sempre, quando i suoi equilibri vengono stravolti dalla sua rottura con Samantha, fidanzata storica, e dal trasferimento di questa a San Francisco. Costantemente in lotta con i suoi amici che, chissà per quale motivo, decideranno che egli debba intraprendere una nuova relazione con Susan, studentessa di Belle Arti, in modo da dimenticarsi della vecchia relazione. Kyle si ritroverà a stringere amicizia con Meredith, coinquilina di quest'ultima, che tenterà di dargli una visione differente del mondo che, fin ora, Kyle sembra aver vissuto con i paraocchi e senza troppe fatiche.
«Questi mesi mi sono serviti per riflettere. Forse ho davvero sbagliato tutto con te. Non ci credo, non voglio credere che tra di noi sia finita solo perché adesso siamo distanti, Sam. Per me non sei distante, per me non sei mai stata così vicina» Mi fermo per riprendere fiato «Ti amo, Samantha. So che non te lo dicevo spesso, so che ero una frana e so che non sono mai stato come mi volevi tu. Ma io ti amo»
Genere: Commedia, Drammatico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Slash, FemSlash
Note: Lemon | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Universitario
Capitoli:
   >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
f.n

Forceland


«Ecco, vedi, io mi sono innamorato

due volte nella mia vita, ma sul serio, 

e tutt'e due le volte ero sicuro che

sarebbe stato per sempre e fino alla morte,

e tutte e due volte è finita e non sono morto.»

È nell'autunno del mio ultimo anno da universitario che Phil, mio compagno di stanza nonché amico, decide che ho bisogno di una botta di vita. 
I motivi, ragazzi miei, potrebbero essere molteplici, ma a troneggiare sugli altri vi è la mia fresca rottura con Samantha, mia [ ex ] fidanzata, che ha pensato bene di mollarmi dopo due settimane dal suo trasferimento da Forceland, piccolo spicchio del Michigan; sì, piccolo, talmente piccolo che si è guadagnato un posto nel mondo solo grazie al suo prestigioso college che occupa circa la metà delle buone ragioni per venire qui. Tornando alla mia tragica vita sentimentale, il motivo per cui abbiamo rotto non lo so neppure io. Andava tutto assurdamente bene, ma poi si sa come vanno queste cose, scivolano, e tu puoi a malapena provare ad afferrarle. Questo ha fatto Samantha: mi è scivolata dalle dita, convincendomi che la distanza fosse troppo straziante da sopportare. Tutte cazzate, suppongo. La distanza non è straziante, l'assenza lo è, e se lei preferisce avermi a portata di mano anziché a portata di cuore, allora forse non mi amava come pensavo.

«Allora!—» Urla, tentando di sovrastare la musica che, tanto per la cronaca, sto benedicendo «Ti stai divertendo?» E giuro che è circa la quarta volta che me lo chiede, dunque non vogliateme se mi sono ampliamento rotto le palle e sto tentando di utilizzare la musica alta a mio vantaggio, fingendo di non capire cosa sta cercando di dirmi: in verità la sento benissimo ma preferirei non fosse così in quanto raramente ho mai trascorso dei venticinque minuti così catastrofici. Questa tale, Susan mi sembra si chiami, studia belle arti ed è un'amica di Phil. Lui, neanche a dirlo, ha deciso che dovrà diventare anche amica mia. Phil conosce gran parte del campus, e suppongo debba la sua notorietà al fatto che il suo gruppo rock, i Dark Souls, nome plagiato dal famoso videogioco, siano i più acclamati del campus. Tanto che non mi stupirebbe se una volta terminato il college lui e gli altri componenti facessero fortuna suonando anziché per quello per cui studiano qui. Phil, ad esempio, studia giurisprudenza.. eppure io non lo ingaggerei mai! Okay, so cosa state pensando, è tuo amico e non dovresti parlare di lui così, ma appunto! È proprio perché è mio amico e lo conosco fin troppo bene che non gli affiderei /mai/ una mia causa, finirebbe per confondere i documenti che la riguardano con carta straccia o inizierebbe a scrivergli la bozza di un nuovo testo musicale sul retro. 
Certe persone sono semplicemente nate per fare qualcosa di diverso da quello che la vita gli ha prefissato di fare, o nel caso del mio ossigenato amico biondo, quello che sua madre gli ha prefissato di fare. Ella, da quanto ne so, è una degli avvocati più richiesti di Detroit, città Natale di Phil, dove esercita il mestiere che si è imposta di ereditare al figlio, desiderando più di ogni altra cosa il suo successo. È un vero peccato che non abbia preso in considerazione due tristi fatalità:
(a) Phil mostra interesse solo per due cose oltre sé stesso: la musica e la birra. 
(b) A lui non frega un cazzo dell'attività giuridica, e sebbene gli piacerebbe poter soddisfare la madre, va contro la sua stessa natura. 
Del padre di Phil invece non so molto a parte che è un ex alcolizzato tornato a vivere con i genitori dopo che sua moglie l'ha sbattuto fuori di casa, di lui so solo quel poco che Phil mi ha raccontato, ovvero praticamente nulla in quanto non è esattamente il suo argomento preferito.
«Uuh-uuh» Fa Susan per richiamare la mia attenzione «Ci sei ancora?» Mi rendo conto che, sebbene sia un indifendibile scassa palle, la moretta di fronte a me ha un sorriso incantevole. Ora che presto più attenzione, in effetti, somiglia in modo quasi inquietante a Samantha: lo stesso nasino all'insù, gli stessi occhi verdi e lo stesso faccino paffuto. Guardate un po' la vita che buffa, eh? Il tuo migliore amico ti combina un appuntamento per farti dimenticare l'amore della tua vita, ed ecco che ti si presenta davanti una che ne è la fotocopia. No, la vita non è buffa, la vita è una vera stronza. «Kyle?!» Susan sembra essersi accorta che la sto ignorando e da l'aria di esserne infastidita. 
«Scusami» Mormoro distrattamente, ed il lineamenti di ella, che prima si erano fatto duri, si rilassano «Devo andare» mi volto e, insofferente al fatto che Susan sia rimasta lì a fissarmi incredula e basita mentre mi allontano, inizio a cercare Phil per chiedergli come ha anche solo potuto pensare di presentarmi una ragazza che è la goccia d'acqua di Sam. Cammino per i corridoi affollati della casa, spalleggiando sconosciuti per farmi strada tra la folla. È l'ennesima festa organizzata da qualcuno di cui so a malapena il nome, a cui sto partecipando per conoscere persone di cui neppure voglio sapere il nome, quando l'unico nome che vorrei pronunciare in questo momento si trova lontano chilometri, in California. 
È pazzesco come il nostro corpo si difenda dalla mancanza di qualcuno di importante, facendo il modo che ogni cosa ci faccia pensare ad egli, costruendo intorno al nostro cuore una barriera fatta di ricordi. 
Mi dirigo verso quella che deve essere la sala da pranzo, la casa è grande e da l'aria di contenere almeno tre o quattro camere da letto, cosa che mi fa supporre che il proprietario abbia un bel po' di spiccioli sotto mano, o che per lo meno li abbia suo padre. Qui è stato allestito un piano bar dove, su di esso, vi sono una serie di drink preparati in precedenza, ne afferro uno senza pensarci troppo e lo porto alle labbra: è amaro, secco e asciutto.. di certo chi lo ha preparato non ci sapeva fare. Mi costringo a farmelo andar bene e mi allontano con il bicchiere ancora pieno in mano, non sarà granché, ma è molto forte e sento già lo stomaco bruciare. 
Tipico, giusto? Preferiamo mandar giù robe imbevibili purché riescano a farci girare subito la testa. Suppongo sia lo stesso concetto con le persone: la loro presenza nella nostra vita è ingestibile e ci fa del male, ma nonostante questo ci ubriachiamo delle loro attenzioni, beandoci di quegli attimi sereni che ci concedono. 
Mi addentro in quello che sembra essere il salotto, la musica è talmente alta da far traballare lievemente i pochi quadri appesi alla parete, il loro movimento oscillatorio è quasi ipnotico per me che, indovinate un po', sono pure astemio. Bevo un ultimo sorso di quell'intruglio prima di accorgermi che, qualche metro più avanti, vi è Phil. È accompagnato da un ragazzo dall'aria elegante: i suoi capelli sono perfettamente in ordine, la camicia bianca è abbottonata fino al colletto ed il suo portamento è impeccabile, persino il modo in cui regge il bicchiere tra le dita sembra abilmente costruito. 
«Kyle! Vieni qui, amico!» Mi chiama Phil, accorgendosi della mia presenza «Lui è Josh, hai presente no? Quell'amico di cui ti parlavo!» Baggianate, Phil non ha mai nominato nessun Josh e no, non mi stupisce: lui, gli amici, li conta sulle dita della mano destra, il resto sono solo conoscenze di convenienza «Mi stavo complimentando con lui per la festa che è riuscito ad organizzare, e gli stavo proponendo un po' di buona musica dal vivo per la prossima!» Eccolo qua il mio caro, opportunista, Phil. 
«Ed io stavo rispondendo che mi piacerebbe, del resto..» E qui Josh solleva il mento con superbia «Il denaro per me non è certo un problema» 
E allora vedi di ingaggiare un barman migliore la prossima volta, cocco. Quel drink mi ha fatto schifo. 
Phil, che sembra non gradire l'ultimo scoppio di vanità dell'altro, lo ignora totalmente «Prima ho incontrato Susan, sembrava parecchio irritata, sai?» Ridacchia portando il proprio bicchiere alle labbra.
Accidenti, mi ero completamente dimenticato di lei o delle buone maniere preso alla sprovvista dai ricordi legati a Samantha «Non trovi somigli vagamente a Sam?»
Phil assottiglia lo sguardo, scocciato «Tieni» Dice passandomi il proprio bicchiere «Fatti un drink, ne hai bisogno» Tipico comportamento da Phil, quando dici qualcosa che non condivide ti tratta da pazzo. Afferro il bicchiere che mi ha appena passato chiedendomi se farà schifo come quello che ho bevuto in precedenza e, quando mi umetto le labbra con il contenuto, mi rendo conto che la risposta è sì. 
«Ehi, Josh. Questo drink è davvero squisito, mi raccomando, fai sinceri complimenti al tuo barman, è un grande!» Solo Phil, che trattiene una risatina, riesce a cogliere quanto sarcasmo sia intinto nelle mie lusinghe, l'altro si limita a ringraziare come il perfetto idiota che evidentemente è, per poi tornare a parlare con il biondo. Mi estraneo dalla conversazione per analizzare il sapore del mio cocktail, anche questo non ha un buon sapore seppur è assai più dolciastro del precedente. Sono un pessimo bevitore e non vanto di aver assaggiato i migliori drink del mondo, eppure anche io sarei capace di stabilire che quesi sono davvero pessimi. Devono essere stati preparati con così tanti miscugli che, oltre ad essere orribili, sono anche letali. La testa mi gira e, intontito, non riesco a distinguere le urla che all'improvviso mi travolgono dai miei pensieri, in un attimo mi ritrovo seduto su uno dei divanetti del salotto, alla mia destra una ragazza a me sconosciuta e alla mia sinistra Phil, che tra l'altro sembra non star più nella pelle. Il tavolino di fronte a me viene occupato da un cartellone con delle pedine che ricordano molto il gioco dell'oca e due dadi, una ventina di ragazzi si accalcano intorno ad esso come le mosche con il miele. 
«Ma che roba è?» Chiedo a Phil, sono un po' intontito. Dannazione, quella roba che ho bevuto era un vero schifo, eppure era talmente forte da stendere chiunque. 
Il mio amico, preso dall'eccitazione, mi ignora totalmente, dunque perdo le speranze e mi poggio allo schienale del divano, osservando la situazione. La ragazza seduta accanto a me, Clarissa la chiamano i presenti incitandola a tirare i dadi, prende questi ultimi in mano e li lancia sul tabellone, facendo uscire un otto. Assottiglio lo sguardo per leggere meglio, “ bevi x2 ”, faccio mente locale e mi rendo conto che lo scopo del gioco deve essere quello di finire in coma etilico. Un ragazzo riempie a Clarisse due bicchieri da shortino, e questa li manda giù senza pensarci troppo. 
«Tocca a te, amico!» Mi incita Phil dandomi una pacca sulla spalla. Sono già un po' stordito, ma non talmente tanto da non riuscire a prendere i dadi in mano e lanciarli. Lo faccio, ed esce un 4. «Bevi x3» Sono un po' stranito all'idea di dover bere ancora essendo abbastanza lucido da capire che è meglio per me fermarmi qui, eppure non riesco a sottrarmi all'adrenalina dettata dalle grida di incitamento dei presenti, grida che mi costringono ad afferrare il primo bicchiere, berlo, e fare lo stesso con gli altri due. Sento la tipica sensazione di bruciore allo stomaco e sento il bisogno di allontanarmi, barcollante, verso la cima delle scale. Il piano superiore è deserto, non serve un genio per capire che sono tutti in salotto ad assistere a quel buffo gioco, e che probabilmente io sono l'unico ad aver gettato la spugna al primo turno. Apro una serie di porte finché non mi ritrovo in una camera da letto, chiudo la porta e mi getto sul materasso a pancia in su, il mondo intorno a me sembra vorticare, era da un po' che non mi sentivo così. 
Chissà cosa sta facendo Sam in questo momento, e chissà se impiega un decimo del tempo che impiego io a pensarmi. 
Spero che ‪domani‬ mi chiami. 
Anzi, no, spero che mi chiami in questo preciso momento, così potrei dirle che la amo e che sono pronto a seguirla in California una volta finiti gli studi, se lei vorrà. 
«Scusa?» È una voce femminile, piacevole, fresca, mi fa aprire gli occhi e sussultare. Davanti allo stipite della porta, in piedi, vi è una figura femminile che distinguo a malapena «Ti dispiace?» Chiede mettendosi seduta sul divanetto al lato destro della camera «L'altra camera ha le lenzuola sporche di vomito, e puzza, e quella qui accanto è stata, come dire, occupata da due ragazzi.» Ridacchia lievemente imbarazzata «Se facciamo silenzio riusciamo addirittura a sentire le molle del letto cigolare, che orrore!» Mi metto seduto e la osservo, spero possa perdonarmi: non sono un ottimo oratore durante questo tipo di sbronze tristi «..D'accordo, ti prego, parlami. Se non lo fai riuscirò DAVVERO a sentire le molle cigolare, ed è un vero schifo!» Mi viene naturale scoppiare a ridere, ma non per la battuta della ragazza in sé, ma perché mi è tornata in mente quella volta che dovetti passare la notte al telefono con Sam perché sua sorella aveva portato a casa un bellimbusto con cui se la stava spassando in camera sua, e Sam poteva giurarmi di averla sentita urlare «Ma quanto hai bevuto?» Mi chiede l'estranea, rendendosi conto che sembro essere sullo spazio. È vero, in questi giorni sembro essere in rotta di collisione con l'autocommiserazione. 
«Un po'» Mi rigetto sulle coperte, non hanno esattamente un buon odore, anzi, tutta la stanza in sé sembra puzzare di chiuso. La sconosciuta si alza, si avvicina alla finestra, e quasi intercettando i miei pensieri la spalanca per far cambiare l'aria «Allora, cosa ti porta qui?»
«La stessa cosa che fai tu, suppongo.. mi hanno trascinata. Perché non sei giù con gli altri?» 
«Per il tuo stesso motivo, suppongo. Sono una checca quando si tratta di bere.» Non ne sono sicuro, ma sembra aver sorriso. 
«Ma non mi dire? L'avevo capito dal modo in cui a malapena ti reggi in piedi. Ti serve una mano, a proposito?» La schernisco con un gesto della mano, come a volerle dire che è tutto okay «Fammi indovinare, la tua ragazza ti ha lasciato»
«Eggià»
L'altra si fa seria «Sul serio? Cavolo, mi spiace!— Ti giuro che prima ho totalmente tirato ad indovinare» 
«Bhe, non era poi così difficile. Da solo in una camera da letto mentre al piano di sotto i miei amici se la spassano ed io ubriaco marcio. Puzzo di disperazione, insomma»
«Diciamo che non emani un'aura di spensieratezza, ecco» Si mette seduta vicino a me, da qui posso notare che indossa un allegro vestito giallo con delle margherite bianche, e che profuma di gelsomino «Ti ha mollato lei?» 
«Indovina?» 
«Sì, ti ha mollato lei» Si getta sul letto a pancia in su ed io faccio lo stesso «Stai tranquillo, passerà. Passa sempre.»
«Parli per esperienza?»
«Mmh, sì. Prima di iniziare il college ho avuto una di quelle storie kamikaze che non servono ad altro che ferirti» 
«Ooh, le storie kamikaze sono le peggiori!» Ripeto con sarcasmo, ella mi molla un pizzicotto sul braccio per canzonarmi 
«Non trovo altro modo per definirla, in verità. Era una bomba ad orologeria, mi avrebbe fatta esplodere ed io avrei lasciato che accadesse» 
«E sei esplosa, poi?» 
«Ti sembro una che è esplosa?»
«Non lo so, non ti conosco abbastanza» Ride, ha una bella risata ma assai diversa da quella di Sam «Come si chiamava?» 
«William, era proprio un bel tipo. Avevo quattordici anni quando lo conobbi, e me ne innamorai» 
«E poi cos'è successo? Lui non contraccambiava?»
«Credo di sì, gli piacevo eccome. Il problema è che il nostro amore non era destinano a durare. Diffido dal credere che mi abbia mai amato davvero, ero solo una ragazzina del resto» Si alza in piedi, tira fuori una sigaretta dal pacchetto che teneva dentro la borsetta di cuoio marrone e l'accende. Mi viene spontaneo corrugare la fronte con disappunto; una ragazza talmente bella, con dei modi così fini, con delle parole così gentili, con un vestito così adorabile NON può fumare. Non le si addice. Eppure lo sta facendo, si porta alle labbra una Winston reggendola tra due dita dalle unghia dipinte di rosso e aspira «Ne vuoi una?» Mi chiede, suppongo abbia pensato che fosse da maleducati non offrirne
«No, grazie. Non sono un gran fumatore»
Sbuffa via il fumo gettando la cenere sul parquet, sembra non importarle se qualcuno ‪domani‬ dovrà preoccuparsi di pulire «Non sei un gran fumatore, non sei un gran bevitore, ed allora in cosa sei /grande/?»
«Sto ancora cercando di capirlo, in verità» 
«Lei come si chiamava?» 
«Samantha. Ah, e lei sapeva rendermi grande» 
«Allora forse è un bene che sia finita, sai? Devi saper essere grande da solo, non per merito di qualcun altro» mi ammutolisco, non sono abbastanza sobrio per rispondere ad una cosa del genere in modo concreto «Posso chiederti perché ti ha lasciato?» Credo si sia resa conto del mio imbarazzo, quindi, dopo l'ennesimo tiro di sigaretta, si volta nella mia direzione per fornirmi una spiegazione alla sua indiscrezione «Mi affascina conoscere le cause della rottura di un amore, sono tutte così strane e prive di senso»
«Prive di senso? Suppongo che, se non vivi un problema, non ti ci puoi rispecchiare. Fai male a giudicare così questo tipo di cose» 
La ragazza scaccia il mio rimprovero con un gesto della mano, noncurante «Sono sciocchezze, non esiste nessun motivo sufficientemente valido per distruggere l'amore, l'amore non si lascia distruggere. Se accade, allora o non è più amore o non lo è mai stato» 
Rimango in silenzio per qualche istante, il forte pugno figurativo appena ricevuto mi fa dolere il petto. Dunque Sam non mi ama più? «Ci siamo conosciuti qui, anche lei come me studia medicina. Adesso, però, si è trasferita in California» Inspiro, espiro. Perché parlarne è sempre così straziante? «Pensava che la distanza fosse troppo dura da sopportare, credo» 
L'altra ha preso a mordicchiarsi il labbro inferiore, sembra quasi percepisca il mio malessere e ne stia ricavando una vagonata di sensi di colpa per avermi fatto affrontare un argomento così delicato «È triste» 
«Lo so»
«No, non hai capito» Si china sul parquet, spegnendo la cicca su di esso «È triste che esista gente capace di tollerare una rottura, nonché un allontanamento definitivo, e non la distanza. Credo sia una delle magie dell'amore: se abbastanza forte, è in grado di arrivare ovunque, anche dove il corpo non può» Si alza in piedi, mi sorride e raggiunge la porta «Credo sia ora che io raccolga le mie amiche ubriache, stammi bene!» Il suo sorriso è raggiante mentre esce dalla stanza, quasi non si sia resa conto che le sue parole si siano appena trasfigurate in una spada pronta a trafiggermi.

Qualche ora dopo mi sono ripreso, fuori il sole sta iniziando ad albeggiare. Mi tocca cercare Phil, che trovo steso sul divano, accanto ad una bella ragazza dal seno prosperoso; credo la stia usando come cuscino, a proposito. Lo scuoto un po', puzza di alcol e dorme così profondamente che mi sento in dovere di controllargli il battito, così, giusto per assicurarmi che non sia morto. Gli mollo due schiaffetti sul viso «Coraggio bell'addormentato, si torna a casa!» Phil mi risponde con un paio di mugugni, e credo stia silenziosamente implorando per poter dormire altri cinque minuti. 
«È morto, finalmente?» Non mi serve voltarmi per riconoscere la voce di Scott. Era anche lui nostro compagno di avventure, o per lo meno lo era sino all'anno scorso, quando ha conosciuto Cara, la sua attuale ragazza. Niente da dire su di lei, è una tipa apposto, un po' stravagante forse, ma simpatica. Mi volto e posso vederli entrambi, Scott ha i capelli in disordine e la t.shirt bianca che indossa sotto il giubbotto di pelle nero è macchiata. Ha l'aria di uno che ha passato la notte a far sesso e, a giudicare dalla zip dei jeans che ha dimenticato di allacciare, credo di aver fatto centro. Lei lo affianca e gli tiene la mano, è una bella ragazza sebbene non sia il mio tipo; oramai la conosco da quasi un anno e non credo di ricordare di averle mai visto lo stesso colore di capelli per più di un mese: adesso sono blu notte, corti fino al mento, e il ciuffo è domato da una forcina. Ha il mascara sbavato, il vestitino nero sgualcito i collant rotti. Evidentemente questa è stata una nottata da leoni per tutti, meno che per me. 
«Purtroppo è vivo, preferirei non lo fosse visto che adesso toccherà a me riportarlo in camera, mi aiuti?» Scott lo solleva per un braccio ed io faccio lo stesso, lo carichiamo di peso e lo infiliamo in auto, mi accomodo con lui nei sedili posteriori mentre Scott e Cara occupano quelli davanti. Sembrano molto affiatati e, sebbene Cara abbia passato l'estate in Inghilterra, il loro rapporto non sembra essersi scalfito, anzi.

«E tu, invece? Ti sei divertito?» Credo che Scott voglia assicurarsi che io non abbia passato la serata a piangere in un angolo. 
«Abbastanza» Rispondo con superficialità e prendo a fissare il viso addormentato di Phil, così, giusto per iniziare a guardare un punto fisso fingendomi soprappensiero ed evitare le domande. 
Lui e Cara si scambiano uno sguardo preoccupato «Ho saputo che hai conosciuto Susan, eh! È mia amica, frequentiamo lo stesso corso. È carina, non trovi?» 
Carina quasi quanto Sam, sì.
Perché tutti vogliono appiopparmi a lei? Non ho nulla contro Susan, a parte essere logorroica a livelli anomali non mi ha fatto nulla di male, eppure a forza di accoppiarmici finiranno per farmela odiare sul serio. 
«Molto» Taglio corto, fortunatamente il nostro dormitorio non è assai lontano dal luogo della festa, riesco già ad intravedere l'imponente struttura. 
La nostra camera è la numero 302, Scott mi aiuta a trasportare Phil e, una volta in camera, lo abbandoniamo sul suo letto. Sento la stanchezza prendere il sopravvento, decido di sdraiarmi, lo stomaco mi duole lievemente. Ricordo quella volta in cui mi beccai la rosolia e Sam, che l'aveva già avuta, rimase a farmi compagnia per una settimana intera. Ogni sera lei preparava un dolce diverso, era un asso in cucina, anzi, credo fosse un asso in ogni cosa. Adesso, a pensarci, non sono sicuro di riuscire a trovarle anche un solo difetto, suppongo sia questo l'amore, no? Senza rendermene conto mi addormento. Così, tutto d'un tratto, proprio come quando ci si innamora.

«Sveglia, pigrone!» Sobbalzo ed apro gli occhi. Accanto a me vi è Phil, è fresco come una rosa e sembra quasi non essere appena uscito da una sbornia «Hai piani per la serata?»
«Sì, dovrei studiare»
«Fantastico, perché ho le prove con la band e voglio che tu venga a vedermi!» Il fatto che ho rotto con Sam significa che adesso abbiano il diritto di distruggere la mia carriera universitaria? 
«Non posso, devo studiare. Sul serio.»
Phil alza gli occhi al cielo «Ooh, andiamo! È domenica sera, e per di più ci saranno / tutti /»
Assottiglio lo sguardo, la faccenda mi puzza «Definisci “tutti”» 
«Tutto il mio gruppo, Scott, JBig, qualche amica..»
«Definisci “qualche amica”»
«Cara, Annie, Susan e delle amiche di Susan»
«Amico, hai rotto. Non infilerò l'uccello dentro Susan, se è questo che speri. Ed anche se lo facessi, non mi aiuterebbe. Non è Sam.» 
«Sei un brutto ingrato figlio di puttana, lo sai sì?»
«Forse hai ragione, lo sono. Ma ciò non toglie che io / amo / Sam, e non ho intenzione di sostituirla, intesi?»
«Intesi» Fa una pausa di qualche secondo «Cerca di essere pronto per le 20.30, Dean passa a prenderci per quell'ora» Dean è il batterista dei Dark Souls, la band di Phil. Del gruppo è quello con la testa più sulle spalle, studia giurisprudenza [ ed è grazie al fatto che frequentino la stessa facoltà, che i due si sono conosciuti ] ha degli ottimi voti, è fidanzato da quattro anni con Annie e din din din, ciliegina sulla torta, a febbraio si sposano. Inizialmente pensavamo forse uno scherzo perché, voglio dire, sul serio?! Un tipo che passa tre quarti della sua vita a sbattere delle bacchette di legno su dei tamburi / non / può decidere di sposarsi così presto. Eppure è successo. Gli ha fatto la proposta il giorno del compleanno di Annie, a maggio. Ricordo che se la stava facendo letteralmente addosso, e ricordo anche che Sam ne parlò entusiasta per settimane, e promise ad Annie che l'avrebbe aiutata con i preparativi, che per qualsiasi cosa ci sarebbe stata, ed io mi promisi mentalmente che il più presto possibile le avrei regalato la stessa gioia che Dean stava regalando ad Annie. Invece adesso sembra tutto così lontano perché, da quando Sam è via, sembra che l'intero universo abbia fatto un passo indietro, e che io mi stia sempre più avvicinando all'oblio.

Trovo giusto il tempo di fare una doccia, vestirmi e provare a studiare un po'. Neanche a dirlo, non riesco; e dire che il mese prossimo ho un esame e non ho ancora la massima certezza di riuscire a passarlo. Controllo la segreteria telefonica, nessun messaggio di Sam. 
La chiamerei, ma mi ha chiesto esplicitamente di non farlo ed ho paura che facendo di testa mia io possa peggiorare le cose. Pazienza, aspetterò. Magari anche lei sta lottando contro sé stessa pur di non chiamarmi. 
«Kyle?» Mi chiama Phil rendendosi conto che sono di nuovo soprappensiero. Egli indossa la t shirt del videogioco a cui il loro gruppo plagia il nome e dei jeans scuri talmente stretti da farmi venire spontaneo chiedermi se le palle non gli facciano male «Stai di nuovo annegando nella disperazione, per caso?» 
«No» Chiudo di botto il libro di neurologia «Stavo cercando di studiare. Dean è giù?»
«Sì, ci sta aspettando. Mi raccomando, cerca di non mettere il broncio» non metterei il broncio se qualcuno non mi stesse trascinando fuori casa contro la mia volontà, sai? Il mio sguardo lo fulmina, ma dal suo sorrisetto deduco che non gli importi «E mi raccomando, sii carino con le ragazz—» 
«Cammina»

Fuori dal dormitorio, in una Mercedes nuova di zecca, vi è Dean accompagnato da Annie. Da quanto ne so i genitori di Dean sono ricchi da far schifo, per questo non mi ha stupito poi così tanto il matrimonio, o l'auto nuova, o il fatto che il suo portafoglio sia sempre pieno. Dean ci accoglie in auto con un bel sorriso; ha un fisico atletico ereditato dagli anni del liceo in cui giocava a football, i capelli sempre in ordine ed un look impeccabile. Sotto questo punto di vista, oserei dire che è la pecora nera della band. Quando ai concerti gli altri membri annegano nel sudore delle loro t.shirt, lui si presenta in camicia e cravatta. Agli altri non dispiace, anzi, è una buona strategia per attirare fan che prediligono la figura del bravo ragazzo a quella della rockstar dannata. 
Annie è tutto quello che ci si potrebbe aspettare da una ragazza: bella, sofistica e con un fisico mozzafiato. Ha dei lunghi capelli biondi legati in una coda di cavallo, e gli occhi più blu che abbia mai visto. È sempre stata gentile, disponibile e non credo di averla mai vista arrabbiata. Anzi, delle volte mi viene da chiedermi se non sia costantemente in trip, o la sua permanenza costante nel paese delle meraviglie non si spiega. La conosco da un bel po', studia medicina come me e spesso e volentieri i suoi appunti mi hanno tirato fuori dai guai, insomma, una buona amica che fa sempre piacere avere intorno. 
Parliamo per un po' del più e del meno, dopo di che Dean tocca un tasto x. «..Phil mi ha detto che hai conosciuto Susan, eh?» 
«Lei e Cara sono molto amiche, dice che è fantastica!» Interviene Annie
Credo che i miei amici abbiano interpretato la mia tristezza post rottura come un segnale di un possibile atto suicida, altrimenti non si spiega la loro ossessione nel trovarmi una nuova fidanzata. 
«Abbiamo scoperto che non è il suo tipo, Dean» Stranamente, Phil decide di prendere le mie difese e smorzare questa conversazione sul nascere. Gli lancio un'occhiata per ringraziarlo e lui mi ammicca in risposta. 
Vorrei chiedere ad Annie di Sam, se l'ha sentita e se sa come si sta trovando in California, ma non mi sembra il caso davanti a Phil e Dean, aspetterò che siano occupati con la band. 
Raggiungiamo la sala prove che poi, in realtà, non è altro che un garage che hanno affittato e sistemato alla meno peggio. Non è molto grande, ma è in un posto isolato del campus e qui possono suonare senza essere disturbati a qualsiasi ora. 
Entriamo, dentro vi sono Shuji che accorda il suo basso e JBig. 
Shuji è il bassista dei Dark Souls, i suoi genitori sono giapponesi [ sebbene lui sia nato e cresciuto in America ] e studia economia. È un tipo abbastanza riservato, parla poco ed a prima vista mette i brividi, ma è uno apposto. JBig, invece, è un omaccione di 110 kg che Phil ha ingaggiato come mascotte. Il suo vero nome credo sia Junior, ma insomma, non gli si addice. Suppongo che la loro amicizia sia nata principalmente dal fatto che JBig sia uno degli spacciatori più forniti del campus, ma questa è un'altra storia. 
Phil batte il cinque prima ad uno e poi a l'altro, dopo di che inizia ad occuparsi del montaggio della strumentazione. Saluto a mia volta e mi guardo intorno: è vero, questo posto non è mai stato granché, eppure sembra andare bene a tutti; le pareti sono bianche, a nessuno interessa riverniciarle e di sicuro a nessuno interesse riparare il pavimento in legno che scricchiola da far paura. Sarà che in questa serie interminabile di difetti, di pezzi mancanti, di cose sbagliate, siano riusciti a vedere il posto giusto. E non potrei essere più d'accordo. 
Sento la saracinesca alzarsi e da sotto di essa entrare il resto dei ragazzi. Il primo ad entrare è Freddie, il secondo chitarrista, nonché la persona meno affidabile del pianeta. È un tipo strambo, non c'è mai con la testa e non gli affiderei neppure un pesce rosso. Ricordo quella volta che dimenticò il garage aperto rischiando che qualcuno rubasse tutti gli strumenti, o quella volta ancora che casa sua stette per esplodere perché dimenticò il gas acceso, o quell'altra che, per divertimento, raccontò ad un poliziotto di pattuglia di aver drogato e seviziato una nonnina. Fortuna che nessuno riesce a prenderlo seriamente. 
Dopo averlo salutato volto lo sguardo dall'altra parte, qui vi è Annie che saluta un gruppo di ragazze, amiche di lei e Cara immagino. Riconosco Susan proprio nell'istante in cui ella mi nota e, raggiante, mi si avvicina per salutarmi.
«Anche stasera hai in programma di scappare?» Mentre lo dice mi sorride, non gradisco troppo la sua presenza, eppure una fitta di sensi di colpa non può fare a meno di tranciarmi a metà. Forse avrei dovuto allontanarla con più leggerezza, e non in modo tanto brusco, lasciandola da sola sulla pista da ballo. 
«Ti chiedo scusa, Susy» Susy, sul serio?! Mi spingo a tanto pur di farmi perdonare?! «Non mi sentivo molto bene, sai com'è, avevo bevuto un po'..» Sciocchezze, non avevo ancora toccato un drink, ma cosa dovrei dirle? «Mi perdoni?» Mi costringo a sollevare un angolo delle labbra in un sorriso, del resto non si merita di essere trattata con tanta scortesia, è così carina. Ha la fronte coperta dalla frangetta, ed i capelli castani le ricadono sulle spalle. Indossa una camicetta nera, scollata quanto basta per lasciar intravedere il seno abbondante, ed un paio di jeans a vita alta; a differenza dell'altra volta non indossa i tacchi, eppure è comunque parecchio alta per essere una ragazza dal fisico talmente asciutto. 
«Ti perdono, ti perdono!» Non smette di sorridere, credo si stia sforzando per non sembrare scortese «Vieni, ti presento le mie amiche!» ovviamente non posso sottrarmi ai convenevoli ed ovviamente non me ne frega un cazzo, ma si sa, quando ti tocca ti tocca «Lei è Rachel, e lei è Meredith»
La prima sembra aver ucciso un barboncino ed esserselo messo in testa, ha una quantità di ricci tale da farmi venire caldo solo a guardarla. A differenza di Susan è bassina, ha i fianchi larghi ed una simpatica spruzzata di lentiggini sul naso. Indossa una camicia di jeans ed una gonna ampia che lascia intravedere le cosce carnose. 
L'altra, invece, ha dei lunghi capelli rossi e sembra implorare Susan con lo sguardo per andare via. Indossa un vestito blu che le arriva appena sopra alle ginocchia, e degli stivaletti marroni. Quando si volta a guardarmi, per qualche ragione, sembra quasi abbia visto un fantasma. Anche lei come Susan è abbastanza minuta ma a differenza di questa, che vanta un seno prosperoso, sembra essere a corto di mercanzia. 
Stringo la mano a Rachel e poi faccio lo stesso con Meredith «Rachel studia lingue, mentre Meredith è un asso della pittura, dico bene Mery?» 
Quella si limita a sorridere, non sembra particolarmente loquace. Poveretta, condivido il suo sconforto, anche io vorrei non essere qui stasera. Vorrei poter dedicare un po' più di tempo a Susan, Rachel e la loro martire, ma i ragazzi stanno già cominciando a strimpellare le prime note ed io devo riuscire ad isolarmi con Annie per chiederle di Sam. 
È seduta sopra un tavolino che Shuji vinse ad un mercatino dell'usato, e osserva da lontano Dean che nel frattempo ha già iniziato a picchiettare sulla batteria. 
Ricordo perfettamente il giorno in cui ce la presentò, si tennero per mano tutta la sera e lui non smise di parlarne bene e di raccontarci quanto fosse fantastica. Lei lo guardava più o meno come lo sta guardando in questo momento, e non ricordo un solo istante in cui ha smesso di guardarlo con quegli occhi. 
Sono stato invidioso per un po'. 
Prima di conoscere e mettermi con Sam, intendo. Mi chiedevo se qualcuna mi avrebbe mai guardato come Annie guarda Dean e, sebbene amavo Sam con tutto il cuore ed ero certo che lei mi amasse con altrettanto sentimento, ero sempre in dubbio sul fatto che il suo sguardo fosse anche solo lontanamente vicino a quello di Annie, ed adesso che lei non c'è più la mia paura si è mai accentuata. Non lo sappiamo come e quanto siamo amati, possiamo solo cercare di immaginarlo e pregare di aver fatto centro.
«Scusate ragazze, torno subito» Ed il mio “subito” può variare da un istante a tutta la vita, sappiatelo. 
«Annie..» Questa si volta e, con la sua solita cortesia, mi sorride
«Sì?»
«Possiamo parlare?» 
Annie si fa seria. Non so perché sia stupita o perché in effetti sappia cosa sto per chiederle «..Certo, Kyle. Dimmi» 
La musica inizia a riempire la stanza, ed io ho la certezza che tutti siamo troppo occupati a far altro per accorgersi di quello che sto per dire «Hai sentito Sam?» 
Annie tace per qualche istante, storce le labbra e prende a fissarsi la punta delle ballerine «Kyle..»
«Annie, ti prego. Non ti sto chiedendo di prenotarmi un volo per la California, ti sto chiedendo come sta. Ho il diritto di saperlo, non credi?» 
Sospira, credo sia combattuta «Sta bene» Inizia «San Francisco è splendida e si trova magnificamente, l'università è fantastica e così gli studenti. Persino i professori sono simpatici, dice» 
Sono felice che stia bene e che il posto le piaccia, giuro! Ma per qualche motivo non posso fare a meno di esserne deluso; una piccola parte di me, la più egoista forse, sperava che il posto non fosse di suo gusto, che i suoi vicini facessero baccano, che i professori la prendessero di mira, che il cibo fosse pessimo e che il clima fosse insopportabile. Una parte di me, quella più innamorata, sperava che San Francisco le risultasse meravigliosa come la San Francisco delle locandine, e che lei l'amasse, ma sempre un po' meno di quanto riuscisse ad amare me, che me ne sto qui e che so già che non andrei da nessuna parte se non da lei. 
«Ha chiesto di me?» 
Annie scuote la testa «Kyle.. lei sta cercando di dimenticarti, forse dovresti cercare di fare lo stesso»
Come se non ci stessi provando, poi! Mi chiedo come faccia a risultarle così semplice.
«Tu ci riusciresti?» Annie sembra confusa «Intendo.. tu riusciresti a dimenticare Dean?» 
Non risponde subito e il petto mi si gonfia d'orgoglio per essere riuscito a zittire lei e le sue prediche ma poi, quando sto per girare i tacchi ed andarmene in modo teatrale, ecco che il sipario mi cade sulla testa «Sì, se lui lo volesse. Kyle, Samantha vuole dimenticarsi di te, e credo che più di ogni altra cosa voglia che tu ti dimentichi di lei. Non perché non ti voglia bene, ma perché te ne vuole troppo» Sento una forte colica partirmi dalla bocca dello stomaco fino a raggiungere il petto «Kyle..» Annie deve essersi accorta del mio sconcerto, tanto da alzarsi in preda ai sensi di colpa «Scusami, io..» Annie mi poggia una mano sulla spalla, ma io mi scosto 
«No, Annie, scusami tu» Andare via non sarebbe un ottima mossa, anzi, significherebbe rovinare le prove ai ragazzi e dare spettacolo. Sono le ultime due cose che voglio fare. Quindi mi volto e, adagio, mi incammino verso il divanetto dell'ikea che Phil ha acquistato con i suoi risparmi, lasciandomici andare sopra. Sono estraneo a ciò che sta succedendo intorno a me, la musica è alta ma io non la sento, le voci sono chiassose ma io non gli do peso, il mondo continua girare ma il mio ha smesso da un po'. 
Dunque è questo il triste sapore della rassegnazione? È questo il vuoto insopportabile che lascia quando, spietata, ti fa rendere conto che è finita e che non c'è più niente che tu possa fare? Tutti la bramano, tutti la aspettano con ansia questa tanto agognata rassegnazione, dicono che dopo di lei è tutto in discesa e dicono che ti fa aprire gli occhi ed alleviare il dolore; ma allora come si spiega che io, il dolore, in questo momento lo sento tutto concretato in un unico punto, nel petto, quasi si accalcasse intorno al cuore e come una bestia selvaggia iniziasse a sbranarlo? 
«Va tutto bene?» È Scott, deve aver notato il mio improvviso cambio d'umore, si mette seduto vicino a me e mi poggia una mano sulla coscia «Mi sto sforzando di essere affettuoso anche a rischio di sembrare un finocchio, il minimo che dovresti fare è rispondermi» Mi viene da ridere e lo faccio, apprezzo il fatto che tutti stiano cercando di mettermi di buon umore, sebbene delle volte esagerino. 
«Nulla, sul serio. Ogni tanto mi torna solo in mente, tutto qua» Preferisco non dire che ho chiesto ad Annie di Sam, anche se so che con ogni probabilità lei lo racconterà a Dean e lui lo racconterà a Phil, io preferisco far finta di niente per più tempo possibile «Adesso mi sto solo godendo la musica, davvero» Mi rendo conto che la musica è cessata e che Phil e Dean stanno litigando come al solito perché entrambi sono convinti che l'altro abbia sbagliato i tempi, e nessuno dei due vuole ammettere che la colpa sia propria. Lancio un'occhiata ad Annie mentre Scott mi parla, si fissa la punta del piedi e sembra avere l'aria di una che sta affogando nei sensi di colpa. Quello che adesso si sente in colpa, però, sono io. Quando staremo per andarcene lo farò. 
«Kyle, mi stai ascoltando?» 
Volto il capo verso Scott che, poverino, nel frattempo ha continuato a parlarmi «Domani pomeriggio Cara farà una mostra di quadri alla galleria d'arte studentesca e, ovviamente, sono costretto ad andare. Mi accompagneresti?» Visto che non sembra essere l'ennesimo piano per accoppiarmi con qualcuna di cui non me ne frega un cazzo, non trovo motivo per non dire di sì 
«Vedremo il nostro Scott in cravatta, quindi?» 
Quello annuisce con amarezza «Cosa non si fa per amore, eh?» 
Mi si gela lo stomaco. Già, cosa non si farebbe per amore.

Quando i ragazzi hanno finalmente finito di suonare usciamo tutti dal garage per salutarci. L'aria è fresca e fa pizzicare il naso, rimpiango di non aver indossato una sciarpa. 
«Ciao Kyle, è stato un piacere rivederti» 
«Anche per me, Susan. Spero di rivederti presto» Ovviamente non è vero neanche un po', so bene che rivederla indurrebbe i miei amici a combinarmi con lei, per cui è forse meglio che mi stia lontana. 
Saluto anche Rachel, che nell'avvicinarsi ha rischiato di spiattellarsi al suolo dopo essere inciampata, e Meredith. 
Dopo aver salutato tutti salgo in macchina di Dean, la mia auto è dal meccanico da più di una settimana ed io inizio già a sentire lo stress dell'essere scarrozzati da una parte all'altra da qualcun altro, fortuna che domattina andrò a riprenderla. Phil e Dean continuano a litigare su chi ha sbagliato quella nota e si addossano la colpa a vicenda, mentre Annie tace per tutto il viaggio. 
Suppongo si senta in colpa, eppure sono io quello che si sente in dovere di chiedere scusa, visto che so quanto sensibile sia Annie e so che non vorrebbe immischiarsi in questa faccenda. 
Avrei dovuto chiedere alla diretta interessata, chiamare Sam o scriverle un messaggio anziché usare dei terzi per sapere come sta. Mi sento un vigliacco a non aver avuto il coraggio.

Arrivato in camera mi getto sul letto, Phil ha già inserite le cuffie nelle orecchie, dunque non ci metterà molto ad addormentarsi. Come ogni volta che dovrei ma non riesco a dormire, inizio ad osservare la nostra camera. Dal lato di Phil, sulla parete sopra il suo letto, vi è un enorme poster della caricatura di Sid Vicious che accoltella Nancy. Un po' più in alto la collezione di biglietti di concerti vari a cui Phil ha partecipato e dischi in vinile che ha acquistato al mercatino dell'usato. Accanto al letto il suo armadio a cui ha dimenticato di chiudere le ante, visto che è aperto posso vedere quanto disordinato sia il suo interno. L'unica cosa che mi accomuna con Phil è il disordine, basta lanciare un'occhiata alla mia scrivania per rendersi conto che il caos è dentro il mio DNA. La mia parete è occupata da una bacheca piena zeppa di post it [ in genere ci si aspetta che siano pieni di appunti, e invece sono scarabocchiati con le dediche di amici vari. al lato destro della specchiera, sulla parete, vi sono una ventina di foto scattate con la polaroid di Samantha che mi ritraggono con lei. Mi si stringe il cuore come al solito, non posso liberarmi di Sam se lei ha macchiato ogni angolo della mia quotidianità. Mi volto in direzione di Phil, dorme. Afferro il cellulare e compongo un numero ben impresso nella mia mente, sta squillando! 
Il cuore inizia a battere all'impazzata, tutto tace, persino il russare di Phil arriva alle mie orecchie come un suono sordo 
«Ciao!»

  
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
   >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Storie originali > Romantico / Vai alla pagina dell'autore: NaomyK