Forceland
«Ecco, vedi, io mi sono innamorato
due volte nella mia vita, ma sul serio,
e tutt'e due le volte ero sicuro che
sarebbe stato per sempre e fino alla morte,
e tutte e due volte è finita e non sono morto.»
È
nell'autunno del mio ultimo anno da universitario che Phil, mio
compagno di stanza nonché amico, decide che ho bisogno di una
botta di vita.
I motivi, ragazzi miei, potrebbero essere molteplici, ma a troneggiare
sugli altri vi è la mia fresca rottura con Samantha, mia [ ex ]
fidanzata, che ha pensato bene di mollarmi dopo due settimane dal suo
trasferimento da Forceland, piccolo spicchio del Michigan; sì,
piccolo, talmente piccolo che si è guadagnato un posto nel mondo
solo grazie al suo prestigioso college che occupa circa la metà
delle buone ragioni per venire qui. Tornando alla mia tragica vita
sentimentale, il motivo per cui abbiamo rotto non lo so neppure io.
Andava tutto assurdamente bene, ma poi si sa come vanno queste cose,
scivolano, e tu puoi a malapena provare ad afferrarle. Questo ha fatto
Samantha: mi è scivolata dalle dita, convincendomi che la
distanza fosse troppo straziante da sopportare. Tutte cazzate,
suppongo. La distanza non è straziante, l'assenza lo è, e
se lei preferisce avermi a portata di mano anziché a portata di
cuore, allora forse non mi amava come pensavo.
«Allora!—»
Urla, tentando di sovrastare la musica che, tanto per la cronaca, sto
benedicendo «Ti stai divertendo?» E giuro che è
circa la quarta volta che me lo chiede, dunque non vogliateme se mi
sono ampliamento rotto le palle e sto tentando di utilizzare la musica
alta a mio vantaggio, fingendo di non capire cosa sta cercando di
dirmi: in verità la sento benissimo ma preferirei non fosse
così in quanto raramente ho mai trascorso dei venticinque minuti
così catastrofici. Questa tale, Susan mi sembra si chiami,
studia belle arti ed è un'amica di Phil. Lui, neanche a dirlo,
ha deciso che dovrà diventare anche amica mia. Phil conosce gran
parte del campus, e suppongo debba la sua notorietà al fatto che
il suo gruppo rock, i Dark Souls, nome plagiato dal famoso videogioco,
siano i più acclamati del campus. Tanto che non mi stupirebbe se
una volta terminato il college lui e gli altri componenti facessero
fortuna suonando anziché per quello per cui studiano qui. Phil,
ad esempio, studia giurisprudenza.. eppure io non lo ingaggerei mai!
Okay, so cosa state pensando, è tuo amico e non dovresti parlare
di lui così, ma appunto! È proprio perché è
mio amico e lo conosco fin troppo bene che non gli affiderei /mai/ una
mia causa, finirebbe per confondere i documenti che la riguardano con
carta straccia o inizierebbe a scrivergli la bozza di un nuovo testo
musicale sul retro.
Certe persone sono semplicemente nate per fare qualcosa di diverso da
quello che la vita gli ha prefissato di fare, o nel caso del mio
ossigenato amico biondo, quello che sua madre gli ha prefissato di
fare. Ella, da quanto ne so, è una degli avvocati più
richiesti di Detroit, città Natale di Phil, dove esercita il
mestiere che si è imposta di ereditare al figlio, desiderando
più di ogni altra cosa il suo successo. È un vero peccato
che non abbia preso in considerazione due tristi fatalità:
(a) Phil mostra interesse solo per due cose oltre sé stesso: la musica e la birra.
(b) A lui non frega un cazzo dell'attività giuridica, e sebbene
gli piacerebbe poter soddisfare la madre, va contro la sua stessa
natura.
Del padre di Phil invece non so molto a parte che è un ex
alcolizzato tornato a vivere con i genitori dopo che sua moglie l'ha
sbattuto fuori di casa, di lui so solo quel poco che Phil mi ha
raccontato, ovvero praticamente nulla in quanto non è
esattamente il suo argomento preferito.
«Uuh-uuh» Fa Susan per richiamare la mia attenzione
«Ci sei ancora?» Mi rendo conto che, sebbene sia un
indifendibile scassa palle, la moretta di fronte a me ha un sorriso
incantevole. Ora che presto più attenzione, in effetti, somiglia
in modo quasi inquietante a Samantha: lo stesso nasino all'insù,
gli stessi occhi verdi e lo stesso faccino paffuto. Guardate un po' la
vita che buffa, eh? Il tuo migliore amico ti combina un appuntamento
per farti dimenticare l'amore della tua vita, ed ecco che ti si
presenta davanti una che ne è la fotocopia. No, la vita non
è buffa, la vita è una vera stronza. «Kyle?!»
Susan sembra essersi accorta che la sto ignorando e da l'aria di
esserne infastidita.
«Scusami» Mormoro distrattamente, ed il lineamenti di ella,
che prima si erano fatto duri, si rilassano «Devo andare»
mi volto e, insofferente al fatto che Susan sia rimasta lì a
fissarmi incredula e basita mentre mi allontano, inizio a cercare Phil
per chiedergli come ha anche solo potuto pensare di presentarmi una
ragazza che è la goccia d'acqua di Sam. Cammino per i corridoi
affollati della casa, spalleggiando sconosciuti per farmi strada tra la
folla. È l'ennesima festa organizzata da qualcuno di cui so a
malapena il nome, a cui sto partecipando per conoscere persone di cui
neppure voglio sapere il nome, quando l'unico nome che vorrei
pronunciare in questo momento si trova lontano chilometri, in
California.
È pazzesco come il nostro corpo si difenda dalla mancanza di
qualcuno di importante, facendo il modo che ogni cosa ci faccia pensare
ad egli, costruendo intorno al nostro cuore una barriera fatta di
ricordi.
Mi dirigo verso quella che deve essere la sala da pranzo, la casa
è grande e da l'aria di contenere almeno tre o quattro camere da
letto, cosa che mi fa supporre che il proprietario abbia un bel po' di
spiccioli sotto mano, o che per lo meno li abbia suo padre. Qui
è stato allestito un piano bar dove, su di esso, vi sono una
serie di drink preparati in precedenza, ne afferro uno senza pensarci
troppo e lo porto alle labbra: è amaro, secco e asciutto.. di
certo chi lo ha preparato non ci sapeva fare. Mi costringo a farmelo
andar bene e mi allontano con il bicchiere ancora pieno in mano, non
sarà granché, ma è molto forte e sento già
lo stomaco bruciare.
Tipico, giusto? Preferiamo mandar giù robe imbevibili
purché riescano a farci girare subito la testa. Suppongo sia lo
stesso concetto con le persone: la loro presenza nella nostra vita
è ingestibile e ci fa del male, ma nonostante questo ci
ubriachiamo delle loro attenzioni, beandoci di quegli attimi sereni che
ci concedono.
Mi addentro in quello che sembra essere il salotto, la musica è
talmente alta da far traballare lievemente i pochi quadri appesi alla
parete, il loro movimento oscillatorio è quasi ipnotico per me
che, indovinate un po', sono pure astemio. Bevo un ultimo sorso di
quell'intruglio prima di accorgermi che, qualche metro più
avanti, vi è Phil. È accompagnato da un ragazzo dall'aria
elegante: i suoi capelli sono perfettamente in ordine, la camicia
bianca è abbottonata fino al colletto ed il suo portamento
è impeccabile, persino il modo in cui regge il bicchiere tra le
dita sembra abilmente costruito.
«Kyle! Vieni qui, amico!» Mi chiama Phil, accorgendosi
della mia presenza «Lui è Josh, hai presente no?
Quell'amico di cui ti parlavo!» Baggianate, Phil non ha mai
nominato nessun Josh e no, non mi stupisce: lui, gli amici, li conta
sulle dita della mano destra, il resto sono solo conoscenze di
convenienza «Mi stavo complimentando con lui per la festa che
è riuscito ad organizzare, e gli stavo proponendo un po' di
buona musica dal vivo per la prossima!» Eccolo qua il mio caro,
opportunista, Phil.
«Ed io stavo rispondendo che mi piacerebbe, del resto..» E
qui Josh solleva il mento con superbia «Il denaro per me non
è certo un problema»
E allora vedi di ingaggiare un barman migliore la prossima volta, cocco. Quel drink mi ha fatto schifo.
Phil, che sembra non gradire l'ultimo scoppio di vanità
dell'altro, lo ignora totalmente «Prima ho incontrato Susan,
sembrava parecchio irritata, sai?» Ridacchia portando il proprio
bicchiere alle labbra.
Accidenti, mi ero completamente dimenticato di lei o delle buone
maniere preso alla sprovvista dai ricordi legati a Samantha «Non
trovi somigli vagamente a Sam?»
Phil assottiglia lo sguardo, scocciato «Tieni» Dice
passandomi il proprio bicchiere «Fatti un drink, ne hai
bisogno» Tipico comportamento da Phil, quando dici qualcosa che
non condivide ti tratta da pazzo. Afferro il bicchiere che mi ha appena
passato chiedendomi se farà schifo come quello che ho bevuto in
precedenza e, quando mi umetto le labbra con il contenuto, mi rendo
conto che la risposta è sì.
«Ehi, Josh. Questo drink è davvero squisito, mi
raccomando, fai sinceri complimenti al tuo barman, è un
grande!» Solo Phil, che trattiene una risatina, riesce a cogliere
quanto sarcasmo sia intinto nelle mie lusinghe, l'altro si limita a
ringraziare come il perfetto idiota che evidentemente è, per poi
tornare a parlare con il biondo. Mi estraneo dalla conversazione per
analizzare il sapore del mio cocktail, anche questo non ha un buon
sapore seppur è assai più dolciastro del precedente. Sono
un pessimo bevitore e non vanto di aver assaggiato i migliori drink del
mondo, eppure anche io sarei capace di stabilire che quesi sono davvero
pessimi. Devono essere stati preparati con così tanti miscugli
che, oltre ad essere orribili, sono anche letali. La testa mi gira e,
intontito, non riesco a distinguere le urla che all'improvviso mi
travolgono dai miei pensieri, in un attimo mi ritrovo seduto su uno dei
divanetti del salotto, alla mia destra una ragazza a me sconosciuta e
alla mia sinistra Phil, che tra l'altro sembra non star più
nella pelle. Il tavolino di fronte a me viene occupato da un cartellone
con delle pedine che ricordano molto il gioco dell'oca e due dadi, una
ventina di ragazzi si accalcano intorno ad esso come le mosche con il
miele.
«Ma che roba è?» Chiedo a Phil, sono un po'
intontito. Dannazione, quella roba che ho bevuto era un vero schifo,
eppure era talmente forte da stendere chiunque.
Il mio amico, preso dall'eccitazione, mi ignora totalmente, dunque
perdo le speranze e mi poggio allo schienale del divano, osservando la
situazione. La ragazza seduta accanto a me, Clarissa la chiamano i
presenti incitandola a tirare i dadi, prende questi ultimi in mano e li
lancia sul tabellone, facendo uscire un otto. Assottiglio lo sguardo
per leggere meglio, “ bevi x2 ”, faccio mente locale e mi
rendo conto che lo scopo del gioco deve essere quello di finire in coma
etilico. Un ragazzo riempie a Clarisse due bicchieri da shortino, e
questa li manda giù senza pensarci troppo.
«Tocca a te, amico!» Mi incita Phil dandomi una pacca sulla
spalla. Sono già un po' stordito, ma non talmente tanto da non
riuscire a prendere i dadi in mano e lanciarli. Lo faccio, ed esce un
4. «Bevi x3» Sono un po' stranito all'idea di dover bere
ancora essendo abbastanza lucido da capire che è meglio per me
fermarmi qui, eppure non riesco a sottrarmi all'adrenalina dettata
dalle grida di incitamento dei presenti, grida che mi costringono ad
afferrare il primo bicchiere, berlo, e fare lo stesso con gli altri
due. Sento la tipica sensazione di bruciore allo stomaco e sento il
bisogno di allontanarmi, barcollante, verso la cima delle scale. Il
piano superiore è deserto, non serve un genio per capire che
sono tutti in salotto ad assistere a quel buffo gioco, e che
probabilmente io sono l'unico ad aver gettato la spugna al primo turno.
Apro una serie di porte finché non mi ritrovo in una camera da
letto, chiudo la porta e mi getto sul materasso a pancia in su, il
mondo intorno a me sembra vorticare, era da un po' che non mi sentivo
così.
Chissà cosa sta facendo Sam in questo momento, e chissà se impiega un decimo del tempo che impiego io a pensarmi.
Spero che domani mi chiami.
Anzi, no, spero che mi chiami in questo preciso momento, così
potrei dirle che la amo e che sono pronto a seguirla in California una
volta finiti gli studi, se lei vorrà.
«Scusa?» È una voce femminile, piacevole, fresca, mi
fa aprire gli occhi e sussultare. Davanti allo stipite della porta, in
piedi, vi è una figura femminile che distinguo a malapena
«Ti dispiace?» Chiede mettendosi seduta sul divanetto al
lato destro della camera «L'altra camera ha le lenzuola sporche
di vomito, e puzza, e quella qui accanto è stata, come dire,
occupata da due ragazzi.» Ridacchia lievemente imbarazzata
«Se facciamo silenzio riusciamo addirittura a sentire le molle
del letto cigolare, che orrore!» Mi metto seduto e la osservo,
spero possa perdonarmi: non sono un ottimo oratore durante questo tipo
di sbronze tristi «..D'accordo, ti prego, parlami. Se non lo fai
riuscirò DAVVERO a sentire le molle cigolare, ed è un
vero schifo!» Mi viene naturale scoppiare a ridere, ma non per la
battuta della ragazza in sé, ma perché mi è
tornata in mente quella volta che dovetti passare la notte al telefono
con Sam perché sua sorella aveva portato a casa un bellimbusto
con cui se la stava spassando in camera sua, e Sam poteva giurarmi di
averla sentita urlare «Ma quanto hai bevuto?» Mi chiede
l'estranea, rendendosi conto che sembro essere sullo spazio. È
vero, in questi giorni sembro essere in rotta di collisione con
l'autocommiserazione.
«Un po'» Mi rigetto sulle coperte, non hanno esattamente un
buon odore, anzi, tutta la stanza in sé sembra puzzare di
chiuso. La sconosciuta si alza, si avvicina alla finestra, e quasi
intercettando i miei pensieri la spalanca per far cambiare l'aria
«Allora, cosa ti porta qui?»
«La stessa cosa che fai tu, suppongo.. mi hanno trascinata. Perché non sei giù con gli altri?»
«Per il tuo stesso motivo, suppongo. Sono una checca quando si
tratta di bere.» Non ne sono sicuro, ma sembra aver sorriso.
«Ma non mi dire? L'avevo capito dal modo in cui a malapena ti
reggi in piedi. Ti serve una mano, a proposito?» La schernisco
con un gesto della mano, come a volerle dire che è tutto okay
«Fammi indovinare, la tua ragazza ti ha lasciato»
«Eggià»
L'altra si fa seria «Sul serio? Cavolo, mi spiace!— Ti giuro che prima ho totalmente tirato ad indovinare»
«Bhe, non era poi così difficile. Da solo in una camera da
letto mentre al piano di sotto i miei amici se la spassano ed io
ubriaco marcio. Puzzo di disperazione, insomma»
«Diciamo che non emani un'aura di spensieratezza, ecco» Si
mette seduta vicino a me, da qui posso notare che indossa un allegro
vestito giallo con delle margherite bianche, e che profuma di gelsomino
«Ti ha mollato lei?»
«Indovina?»
«Sì, ti ha mollato lei» Si getta sul letto a pancia
in su ed io faccio lo stesso «Stai tranquillo, passerà.
Passa sempre.»
«Parli per esperienza?»
«Mmh, sì. Prima di iniziare il college ho avuto una di
quelle storie kamikaze che non servono ad altro che ferirti»
«Ooh, le storie kamikaze sono le peggiori!» Ripeto con
sarcasmo, ella mi molla un pizzicotto sul braccio per canzonarmi
«Non trovo altro modo per definirla, in verità. Era una
bomba ad orologeria, mi avrebbe fatta esplodere ed io avrei lasciato
che accadesse»
«E sei esplosa, poi?»
«Ti sembro una che è esplosa?»
«Non lo so, non ti conosco abbastanza» Ride, ha una bella
risata ma assai diversa da quella di Sam «Come si chiamava?»
«William, era proprio un bel tipo. Avevo quattordici anni quando lo conobbi, e me ne innamorai»
«E poi cos'è successo? Lui non contraccambiava?»
«Credo di sì, gli piacevo eccome. Il problema è che
il nostro amore non era destinano a durare. Diffido dal credere che mi
abbia mai amato davvero, ero solo una ragazzina del resto» Si
alza in piedi, tira fuori una sigaretta dal pacchetto che teneva dentro
la borsetta di cuoio marrone e l'accende. Mi viene spontaneo corrugare
la fronte con disappunto; una ragazza talmente bella, con dei modi
così fini, con delle parole così gentili, con un vestito
così adorabile NON può fumare. Non le si addice. Eppure
lo sta facendo, si porta alle labbra una Winston reggendola tra due
dita dalle unghia dipinte di rosso e aspira «Ne vuoi una?»
Mi chiede, suppongo abbia pensato che fosse da maleducati non offrirne
«No, grazie. Non sono un gran fumatore»
Sbuffa via il fumo gettando la cenere sul parquet, sembra non
importarle se qualcuno domani dovrà preoccuparsi di pulire
«Non sei un gran fumatore, non sei un gran bevitore, ed allora in
cosa sei /grande/?»
«Sto ancora cercando di capirlo, in verità»
«Lei come si chiamava?»
«Samantha. Ah, e lei sapeva rendermi grande»
«Allora forse è un bene che sia finita, sai? Devi saper
essere grande da solo, non per merito di qualcun altro» mi
ammutolisco, non sono abbastanza sobrio per rispondere ad una cosa del
genere in modo concreto «Posso chiederti perché ti ha
lasciato?» Credo si sia resa conto del mio imbarazzo, quindi,
dopo l'ennesimo tiro di sigaretta, si volta nella mia direzione per
fornirmi una spiegazione alla sua indiscrezione «Mi affascina
conoscere le cause della rottura di un amore, sono tutte così
strane e prive di senso»
«Prive di senso? Suppongo che, se non vivi un problema, non ti ci
puoi rispecchiare. Fai male a giudicare così questo tipo di
cose»
La ragazza scaccia il mio rimprovero con un gesto della mano,
noncurante «Sono sciocchezze, non esiste nessun motivo
sufficientemente valido per distruggere l'amore, l'amore non si lascia
distruggere. Se accade, allora o non è più amore o non lo
è mai stato»
Rimango in silenzio per qualche istante, il forte pugno figurativo
appena ricevuto mi fa dolere il petto. Dunque Sam non mi ama
più? «Ci siamo conosciuti qui, anche lei come me studia
medicina. Adesso, però, si è trasferita in
California» Inspiro, espiro. Perché parlarne è
sempre così straziante? «Pensava che la distanza fosse
troppo dura da sopportare, credo»
L'altra ha preso a mordicchiarsi il labbro inferiore, sembra quasi
percepisca il mio malessere e ne stia ricavando una vagonata di sensi
di colpa per avermi fatto affrontare un argomento così delicato
«È triste»
«Lo so»
«No, non hai capito» Si china sul parquet, spegnendo la
cicca su di esso «È triste che esista gente capace di
tollerare una rottura, nonché un allontanamento definitivo, e
non la distanza. Credo sia una delle magie dell'amore: se abbastanza
forte, è in grado di arrivare ovunque, anche dove il corpo non
può» Si alza in piedi, mi sorride e raggiunge la porta
«Credo sia ora che io raccolga le mie amiche ubriache, stammi
bene!» Il suo sorriso è raggiante mentre esce dalla
stanza, quasi non si sia resa conto che le sue parole si siano appena
trasfigurate in una spada pronta a trafiggermi.
Qualche
ora dopo mi sono ripreso, fuori il sole sta iniziando ad albeggiare. Mi
tocca cercare Phil, che trovo steso sul divano, accanto ad una bella
ragazza dal seno prosperoso; credo la stia usando come cuscino, a
proposito. Lo scuoto un po', puzza di alcol e dorme così
profondamente che mi sento in dovere di controllargli il battito,
così, giusto per assicurarmi che non sia morto. Gli mollo due
schiaffetti sul viso «Coraggio bell'addormentato, si torna a
casa!» Phil mi risponde con un paio di mugugni, e credo stia
silenziosamente implorando per poter dormire altri cinque minuti.
«È morto, finalmente?» Non mi serve voltarmi per
riconoscere la voce di Scott. Era anche lui nostro compagno di
avventure, o per lo meno lo era sino all'anno scorso, quando ha
conosciuto Cara, la sua attuale ragazza. Niente da dire su di lei,
è una tipa apposto, un po' stravagante forse, ma simpatica. Mi
volto e posso vederli entrambi, Scott ha i capelli in disordine e la
t.shirt bianca che indossa sotto il giubbotto di pelle nero è
macchiata. Ha l'aria di uno che ha passato la notte a far sesso e, a
giudicare dalla zip dei jeans che ha dimenticato di allacciare, credo
di aver fatto centro. Lei lo affianca e gli tiene la mano, è una
bella ragazza sebbene non sia il mio tipo; oramai la conosco da quasi
un anno e non credo di ricordare di averle mai visto lo stesso colore
di capelli per più di un mese: adesso sono blu notte, corti fino
al mento, e il ciuffo è domato da una forcina. Ha il mascara
sbavato, il vestitino nero sgualcito i collant rotti. Evidentemente
questa è stata una nottata da leoni per tutti, meno che per me.
«Purtroppo è vivo, preferirei non lo fosse visto che
adesso toccherà a me riportarlo in camera, mi aiuti?»
Scott lo solleva per un braccio ed io faccio lo stesso, lo carichiamo
di peso e lo infiliamo in auto, mi accomodo con lui nei sedili
posteriori mentre Scott e Cara occupano quelli davanti. Sembrano molto
affiatati e, sebbene Cara abbia passato l'estate in Inghilterra, il
loro rapporto non sembra essersi scalfito, anzi.
«E
tu, invece? Ti sei divertito?» Credo che Scott voglia assicurarsi
che io non abbia passato la serata a piangere in un angolo.
«Abbastanza» Rispondo con superficialità e prendo a
fissare il viso addormentato di Phil, così, giusto per iniziare
a guardare un punto fisso fingendomi soprappensiero ed evitare le
domande.
Lui e Cara si scambiano uno sguardo preoccupato «Ho saputo che
hai conosciuto Susan, eh! È mia amica, frequentiamo lo stesso
corso. È carina, non trovi?»
Carina quasi quanto Sam, sì.
Perché tutti vogliono appiopparmi a lei? Non ho nulla contro
Susan, a parte essere logorroica a livelli anomali non mi ha fatto
nulla di male, eppure a forza di accoppiarmici finiranno per farmela
odiare sul serio.
«Molto» Taglio corto, fortunatamente il nostro dormitorio
non è assai lontano dal luogo della festa, riesco già ad
intravedere l'imponente struttura.
La nostra camera è la numero 302, Scott mi aiuta a trasportare
Phil e, una volta in camera, lo abbandoniamo sul suo letto. Sento la
stanchezza prendere il sopravvento, decido di sdraiarmi, lo stomaco mi
duole lievemente. Ricordo quella volta in cui mi beccai la rosolia e
Sam, che l'aveva già avuta, rimase a farmi compagnia per una
settimana intera. Ogni sera lei preparava un dolce diverso, era un asso
in cucina, anzi, credo fosse un asso in ogni cosa. Adesso, a pensarci,
non sono sicuro di riuscire a trovarle anche un solo difetto, suppongo
sia questo l'amore, no? Senza rendermene conto mi addormento.
Così, tutto d'un tratto, proprio come quando ci si innamora.
«Sveglia,
pigrone!» Sobbalzo ed apro gli occhi. Accanto a me vi è
Phil, è fresco come una rosa e sembra quasi non essere appena
uscito da una sbornia «Hai piani per la serata?»
«Sì, dovrei studiare»
«Fantastico, perché ho le prove con la band e voglio che
tu venga a vedermi!» Il fatto che ho rotto con Sam significa che
adesso abbiano il diritto di distruggere la mia carriera universitaria?
«Non posso, devo studiare. Sul serio.»
Phil alza gli occhi al cielo «Ooh, andiamo! È domenica sera, e per di più ci saranno / tutti /»
Assottiglio lo sguardo, la faccenda mi puzza «Definisci “tutti”»
«Tutto il mio gruppo, Scott, JBig, qualche amica..»
«Definisci “qualche amica”»
«Cara, Annie, Susan e delle amiche di Susan»
«Amico, hai rotto. Non infilerò l'uccello dentro Susan, se
è questo che speri. Ed anche se lo facessi, non mi aiuterebbe.
Non è Sam.»
«Sei un brutto ingrato figlio di puttana, lo sai sì?»
«Forse hai ragione, lo sono. Ma ciò non toglie che io /
amo / Sam, e non ho intenzione di sostituirla, intesi?»
«Intesi» Fa una pausa di qualche secondo «Cerca di
essere pronto per le 20.30, Dean passa a prenderci per quell'ora»
Dean è il batterista dei Dark Souls, la band di Phil. Del gruppo
è quello con la testa più sulle spalle, studia
giurisprudenza [ ed è grazie al fatto che frequentino la stessa
facoltà, che i due si sono conosciuti ] ha degli ottimi voti,
è fidanzato da quattro anni con Annie e din din din, ciliegina
sulla torta, a febbraio si sposano. Inizialmente pensavamo forse uno
scherzo perché, voglio dire, sul serio?! Un tipo che passa tre
quarti della sua vita a sbattere delle bacchette di legno su dei
tamburi / non / può decidere di sposarsi così presto.
Eppure è successo. Gli ha fatto la proposta il giorno del
compleanno di Annie, a maggio. Ricordo che se la stava facendo
letteralmente addosso, e ricordo anche che Sam ne parlò
entusiasta per settimane, e promise ad Annie che l'avrebbe aiutata con
i preparativi, che per qualsiasi cosa ci sarebbe stata, ed io mi
promisi mentalmente che il più presto possibile le avrei
regalato la stessa gioia che Dean stava regalando ad Annie. Invece
adesso sembra tutto così lontano perché, da quando Sam
è via, sembra che l'intero universo abbia fatto un passo
indietro, e che io mi stia sempre più avvicinando all'oblio.
Trovo
giusto il tempo di fare una doccia, vestirmi e provare a studiare un
po'. Neanche a dirlo, non riesco; e dire che il mese prossimo ho un
esame e non ho ancora la massima certezza di riuscire a passarlo.
Controllo la segreteria telefonica, nessun messaggio di Sam.
La chiamerei, ma mi ha chiesto esplicitamente di non farlo ed ho paura
che facendo di testa mia io possa peggiorare le cose. Pazienza,
aspetterò. Magari anche lei sta lottando contro sé stessa
pur di non chiamarmi.
«Kyle?» Mi chiama Phil rendendosi conto che sono di nuovo
soprappensiero. Egli indossa la t shirt del videogioco a cui il loro
gruppo plagia il nome e dei jeans scuri talmente stretti da farmi
venire spontaneo chiedermi se le palle non gli facciano male
«Stai di nuovo annegando nella disperazione, per caso?»
«No» Chiudo di botto il libro di neurologia «Stavo cercando di studiare. Dean è giù?»
«Sì, ci sta aspettando. Mi raccomando, cerca di non
mettere il broncio» non metterei il broncio se qualcuno non mi
stesse trascinando fuori casa contro la mia volontà, sai? Il mio
sguardo lo fulmina, ma dal suo sorrisetto deduco che non gli importi
«E mi raccomando, sii carino con le ragazz—»
«Cammina»
Fuori
dal dormitorio, in una Mercedes nuova di zecca, vi è Dean
accompagnato da Annie. Da quanto ne so i genitori di Dean sono ricchi
da far schifo, per questo non mi ha stupito poi così tanto il
matrimonio, o l'auto nuova, o il fatto che il suo portafoglio sia
sempre pieno. Dean ci accoglie in auto con un bel sorriso; ha un fisico
atletico ereditato dagli anni del liceo in cui giocava a football, i
capelli sempre in ordine ed un look impeccabile. Sotto questo punto di
vista, oserei dire che è la pecora nera della band. Quando ai
concerti gli altri membri annegano nel sudore delle loro t.shirt, lui
si presenta in camicia e cravatta. Agli altri non dispiace, anzi,
è una buona strategia per attirare fan che prediligono la figura
del bravo ragazzo a quella della rockstar dannata.
Annie è tutto quello che ci si potrebbe aspettare da una
ragazza: bella, sofistica e con un fisico mozzafiato. Ha dei lunghi
capelli biondi legati in una coda di cavallo, e gli occhi più
blu che abbia mai visto. È sempre stata gentile, disponibile e
non credo di averla mai vista arrabbiata. Anzi, delle volte mi viene da
chiedermi se non sia costantemente in trip, o la sua permanenza
costante nel paese delle meraviglie non si spiega. La conosco da un bel
po', studia medicina come me e spesso e volentieri i suoi appunti mi
hanno tirato fuori dai guai, insomma, una buona amica che fa sempre
piacere avere intorno.
Parliamo per un po' del più e del meno, dopo di che Dean tocca
un tasto x. «..Phil mi ha detto che hai conosciuto Susan,
eh?»
«Lei e Cara sono molto amiche, dice che è fantastica!» Interviene Annie
Credo che i miei amici abbiano interpretato la mia tristezza post
rottura come un segnale di un possibile atto suicida, altrimenti non si
spiega la loro ossessione nel trovarmi una nuova fidanzata.
«Abbiamo scoperto che non è il suo tipo, Dean»
Stranamente, Phil decide di prendere le mie difese e smorzare questa
conversazione sul nascere. Gli lancio un'occhiata per ringraziarlo e
lui mi ammicca in risposta.
Vorrei chiedere ad Annie di Sam, se l'ha sentita e se sa come si sta
trovando in California, ma non mi sembra il caso davanti a Phil e Dean,
aspetterò che siano occupati con la band.
Raggiungiamo la sala prove che poi, in realtà, non è
altro che un garage che hanno affittato e sistemato alla meno peggio.
Non è molto grande, ma è in un posto isolato del campus e
qui possono suonare senza essere disturbati a qualsiasi ora.
Entriamo, dentro vi sono Shuji che accorda il suo basso e JBig.
Shuji è il bassista dei Dark Souls, i suoi genitori sono
giapponesi [ sebbene lui sia nato e cresciuto in America ] e studia
economia. È un tipo abbastanza riservato, parla poco ed a prima
vista mette i brividi, ma è uno apposto. JBig, invece, è
un omaccione di 110 kg che Phil ha ingaggiato come mascotte. Il suo
vero nome credo sia Junior, ma insomma, non gli si addice. Suppongo che
la loro amicizia sia nata principalmente dal fatto che JBig sia uno
degli spacciatori più forniti del campus, ma questa è
un'altra storia.
Phil batte il cinque prima ad uno e poi a l'altro, dopo di che inizia
ad occuparsi del montaggio della strumentazione. Saluto a mia volta e
mi guardo intorno: è vero, questo posto non è mai stato
granché, eppure sembra andare bene a tutti; le pareti sono
bianche, a nessuno interessa riverniciarle e di sicuro a nessuno
interesse riparare il pavimento in legno che scricchiola da far paura.
Sarà che in questa serie interminabile di difetti, di pezzi
mancanti, di cose sbagliate, siano riusciti a vedere il posto giusto. E
non potrei essere più d'accordo.
Sento la saracinesca alzarsi e da sotto di essa entrare il resto dei
ragazzi. Il primo ad entrare è Freddie, il secondo chitarrista,
nonché la persona meno affidabile del pianeta. È un tipo
strambo, non c'è mai con la testa e non gli affiderei neppure un
pesce rosso. Ricordo quella volta che dimenticò il garage aperto
rischiando che qualcuno rubasse tutti gli strumenti, o quella volta
ancora che casa sua stette per esplodere perché dimenticò
il gas acceso, o quell'altra che, per divertimento, raccontò ad
un poliziotto di pattuglia di aver drogato e seviziato una nonnina.
Fortuna che nessuno riesce a prenderlo seriamente.
Dopo averlo salutato volto lo sguardo dall'altra parte, qui vi è
Annie che saluta un gruppo di ragazze, amiche di lei e Cara immagino.
Riconosco Susan proprio nell'istante in cui ella mi nota e, raggiante,
mi si avvicina per salutarmi.
«Anche stasera hai in programma di scappare?» Mentre lo
dice mi sorride, non gradisco troppo la sua presenza, eppure una fitta
di sensi di colpa non può fare a meno di tranciarmi a
metà. Forse avrei dovuto allontanarla con più leggerezza,
e non in modo tanto brusco, lasciandola da sola sulla pista da ballo.
«Ti chiedo scusa, Susy» Susy, sul serio?! Mi spingo a tanto
pur di farmi perdonare?! «Non mi sentivo molto bene, sai
com'è, avevo bevuto un po'..» Sciocchezze, non avevo
ancora toccato un drink, ma cosa dovrei dirle? «Mi
perdoni?» Mi costringo a sollevare un angolo delle labbra in un
sorriso, del resto non si merita di essere trattata con tanta
scortesia, è così carina. Ha la fronte coperta dalla
frangetta, ed i capelli castani le ricadono sulle spalle. Indossa una
camicetta nera, scollata quanto basta per lasciar intravedere il seno
abbondante, ed un paio di jeans a vita alta; a differenza dell'altra
volta non indossa i tacchi, eppure è comunque parecchio alta per
essere una ragazza dal fisico talmente asciutto.
«Ti perdono, ti perdono!» Non smette di sorridere, credo si
stia sforzando per non sembrare scortese «Vieni, ti presento le
mie amiche!» ovviamente non posso sottrarmi ai convenevoli ed
ovviamente non me ne frega un cazzo, ma si sa, quando ti tocca ti tocca
«Lei è Rachel, e lei è Meredith»
La prima sembra aver ucciso un barboncino ed esserselo messo in testa,
ha una quantità di ricci tale da farmi venire caldo solo a
guardarla. A differenza di Susan è bassina, ha i fianchi larghi
ed una simpatica spruzzata di lentiggini sul naso. Indossa una camicia
di jeans ed una gonna ampia che lascia intravedere le cosce carnose.
L'altra, invece, ha dei lunghi capelli rossi e sembra implorare Susan
con lo sguardo per andare via. Indossa un vestito blu che le arriva
appena sopra alle ginocchia, e degli stivaletti marroni. Quando si
volta a guardarmi, per qualche ragione, sembra quasi abbia visto un
fantasma. Anche lei come Susan è abbastanza minuta ma a
differenza di questa, che vanta un seno prosperoso, sembra essere a
corto di mercanzia.
Stringo la mano a Rachel e poi faccio lo stesso con Meredith
«Rachel studia lingue, mentre Meredith è un asso della
pittura, dico bene Mery?»
Quella si limita a sorridere, non sembra particolarmente loquace.
Poveretta, condivido il suo sconforto, anche io vorrei non essere qui
stasera. Vorrei poter dedicare un po' più di tempo a Susan,
Rachel e la loro martire, ma i ragazzi stanno già cominciando a
strimpellare le prime note ed io devo riuscire ad isolarmi con Annie
per chiederle di Sam.
È seduta sopra un tavolino che Shuji vinse ad un mercatino
dell'usato, e osserva da lontano Dean che nel frattempo ha già
iniziato a picchiettare sulla batteria.
Ricordo perfettamente il giorno in cui ce la presentò, si
tennero per mano tutta la sera e lui non smise di parlarne bene e di
raccontarci quanto fosse fantastica. Lei lo guardava più o meno
come lo sta guardando in questo momento, e non ricordo un solo istante
in cui ha smesso di guardarlo con quegli occhi.
Sono stato invidioso per un po'.
Prima di conoscere e mettermi con Sam, intendo. Mi chiedevo se qualcuna
mi avrebbe mai guardato come Annie guarda Dean e, sebbene amavo Sam con
tutto il cuore ed ero certo che lei mi amasse con altrettanto
sentimento, ero sempre in dubbio sul fatto che il suo sguardo fosse
anche solo lontanamente vicino a quello di Annie, ed adesso che lei non
c'è più la mia paura si è mai accentuata. Non lo
sappiamo come e quanto siamo amati, possiamo solo cercare di
immaginarlo e pregare di aver fatto centro.
«Scusate ragazze, torno subito» Ed il mio
“subito” può variare da un istante a tutta la vita,
sappiatelo.
«Annie..» Questa si volta e, con la sua solita cortesia, mi sorride
«Sì?»
«Possiamo parlare?»
Annie si fa seria. Non so perché sia stupita o perché in
effetti sappia cosa sto per chiederle «..Certo, Kyle. Dimmi»
La musica inizia a riempire la stanza, ed io ho la certezza che tutti
siamo troppo occupati a far altro per accorgersi di quello che sto per
dire «Hai sentito Sam?»
Annie tace per qualche istante, storce le labbra e prende a fissarsi la punta delle ballerine «Kyle..»
«Annie, ti prego. Non ti sto chiedendo di prenotarmi un volo per
la California, ti sto chiedendo come sta. Ho il diritto di saperlo, non
credi?»
Sospira, credo sia combattuta «Sta bene» Inizia «San
Francisco è splendida e si trova magnificamente,
l'università è fantastica e così gli studenti.
Persino i professori sono simpatici, dice»
Sono felice che stia bene e che il posto le piaccia, giuro! Ma per
qualche motivo non posso fare a meno di esserne deluso; una piccola
parte di me, la più egoista forse, sperava che il posto non
fosse di suo gusto, che i suoi vicini facessero baccano, che i
professori la prendessero di mira, che il cibo fosse pessimo e che il
clima fosse insopportabile. Una parte di me, quella più
innamorata, sperava che San Francisco le risultasse meravigliosa come
la San Francisco delle locandine, e che lei l'amasse, ma sempre un po'
meno di quanto riuscisse ad amare me, che me ne sto qui e che so
già che non andrei da nessuna parte se non da lei.
«Ha chiesto di me?»
Annie scuote la testa «Kyle.. lei sta cercando di dimenticarti, forse dovresti cercare di fare lo stesso»
Come se non ci stessi provando, poi! Mi chiedo come faccia a risultarle così semplice.
«Tu ci riusciresti?» Annie sembra confusa «Intendo.. tu riusciresti a dimenticare Dean?»
Non risponde subito e il petto mi si gonfia d'orgoglio per essere
riuscito a zittire lei e le sue prediche ma poi, quando sto per girare
i tacchi ed andarmene in modo teatrale, ecco che il sipario mi cade
sulla testa «Sì, se lui lo volesse. Kyle, Samantha vuole
dimenticarsi di te, e credo che più di ogni altra cosa voglia
che tu ti dimentichi di lei. Non perché non ti voglia bene, ma
perché te ne vuole troppo» Sento una forte colica partirmi
dalla bocca dello stomaco fino a raggiungere il petto
«Kyle..» Annie deve essersi accorta del mio sconcerto,
tanto da alzarsi in preda ai sensi di colpa «Scusami, io..»
Annie mi poggia una mano sulla spalla, ma io mi scosto
«No, Annie, scusami tu» Andare via non sarebbe un ottima
mossa, anzi, significherebbe rovinare le prove ai ragazzi e dare
spettacolo. Sono le ultime due cose che voglio fare. Quindi mi volto e,
adagio, mi incammino verso il divanetto dell'ikea che Phil ha
acquistato con i suoi risparmi, lasciandomici andare sopra. Sono
estraneo a ciò che sta succedendo intorno a me, la musica
è alta ma io non la sento, le voci sono chiassose ma io non gli
do peso, il mondo continua girare ma il mio ha smesso da un po'.
Dunque è questo il triste sapore della rassegnazione? È
questo il vuoto insopportabile che lascia quando, spietata, ti fa
rendere conto che è finita e che non c'è più
niente che tu possa fare? Tutti la bramano, tutti la aspettano con
ansia questa tanto agognata rassegnazione, dicono che dopo di lei
è tutto in discesa e dicono che ti fa aprire gli occhi ed
alleviare il dolore; ma allora come si spiega che io, il dolore, in
questo momento lo sento tutto concretato in un unico punto, nel petto,
quasi si accalcasse intorno al cuore e come una bestia selvaggia
iniziasse a sbranarlo?
«Va tutto bene?» È Scott, deve aver notato il mio
improvviso cambio d'umore, si mette seduto vicino a me e mi poggia una
mano sulla coscia «Mi sto sforzando di essere affettuoso anche a
rischio di sembrare un finocchio, il minimo che dovresti fare è
rispondermi» Mi viene da ridere e lo faccio, apprezzo il fatto
che tutti stiano cercando di mettermi di buon umore, sebbene delle
volte esagerino.
«Nulla, sul serio. Ogni tanto mi torna solo in mente, tutto
qua» Preferisco non dire che ho chiesto ad Annie di Sam, anche se
so che con ogni probabilità lei lo racconterà a Dean e
lui lo racconterà a Phil, io preferisco far finta di niente per
più tempo possibile «Adesso mi sto solo godendo la musica,
davvero» Mi rendo conto che la musica è cessata e che Phil
e Dean stanno litigando come al solito perché entrambi sono
convinti che l'altro abbia sbagliato i tempi, e nessuno dei due vuole
ammettere che la colpa sia propria. Lancio un'occhiata ad Annie mentre
Scott mi parla, si fissa la punta del piedi e sembra avere l'aria di
una che sta affogando nei sensi di colpa. Quello che adesso si sente in
colpa, però, sono io. Quando staremo per andarcene lo
farò.
«Kyle, mi stai ascoltando?»
Volto il capo verso Scott che, poverino, nel frattempo ha continuato a
parlarmi «Domani pomeriggio Cara farà una mostra di quadri
alla galleria d'arte studentesca e, ovviamente, sono costretto ad
andare. Mi accompagneresti?» Visto che non sembra essere
l'ennesimo piano per accoppiarmi con qualcuna di cui non me ne frega un
cazzo, non trovo motivo per non dire di sì
«Vedremo il nostro Scott in cravatta, quindi?»
Quello annuisce con amarezza «Cosa non si fa per amore, eh?»
Mi si gela lo stomaco. Già, cosa non si farebbe per amore.
Quando
i ragazzi hanno finalmente finito di suonare usciamo tutti dal garage
per salutarci. L'aria è fresca e fa pizzicare il naso, rimpiango
di non aver indossato una sciarpa.
«Ciao Kyle, è stato un piacere rivederti»
«Anche per me, Susan. Spero di rivederti presto» Ovviamente
non è vero neanche un po', so bene che rivederla indurrebbe i
miei amici a combinarmi con lei, per cui è forse meglio che mi
stia lontana.
Saluto anche Rachel, che nell'avvicinarsi ha rischiato di spiattellarsi al suolo dopo essere inciampata, e Meredith.
Dopo aver salutato tutti salgo in macchina di Dean, la mia auto
è dal meccanico da più di una settimana ed io inizio
già a sentire lo stress dell'essere scarrozzati da una parte
all'altra da qualcun altro, fortuna che domattina andrò a
riprenderla. Phil e Dean continuano a litigare su chi ha sbagliato
quella nota e si addossano la colpa a vicenda, mentre Annie tace per
tutto il viaggio.
Suppongo si senta in colpa, eppure sono io quello che si sente in
dovere di chiedere scusa, visto che so quanto sensibile sia Annie e so
che non vorrebbe immischiarsi in questa faccenda.
Avrei dovuto chiedere alla diretta interessata, chiamare Sam o
scriverle un messaggio anziché usare dei terzi per sapere come
sta. Mi sento un vigliacco a non aver avuto il coraggio.
Arrivato
in camera mi getto sul letto, Phil ha già inserite le cuffie
nelle orecchie, dunque non ci metterà molto ad addormentarsi.
Come ogni volta che dovrei ma non riesco a dormire, inizio ad osservare
la nostra camera. Dal lato di Phil, sulla parete sopra il suo letto, vi
è un enorme poster della caricatura di Sid Vicious che
accoltella Nancy. Un po' più in alto la collezione di biglietti
di concerti vari a cui Phil ha partecipato e dischi in vinile che ha
acquistato al mercatino dell'usato. Accanto al letto il suo armadio a
cui ha dimenticato di chiudere le ante, visto che è aperto posso
vedere quanto disordinato sia il suo interno. L'unica cosa che mi
accomuna con Phil è il disordine, basta lanciare un'occhiata
alla mia scrivania per rendersi conto che il caos è dentro il
mio DNA. La mia parete è occupata da una bacheca piena zeppa di
post it [ in genere ci si aspetta che siano pieni di appunti, e invece
sono scarabocchiati con le dediche di amici vari. al lato destro della
specchiera, sulla parete, vi sono una ventina di foto scattate con la
polaroid di Samantha che mi ritraggono con lei. Mi si stringe il cuore
come al solito, non posso liberarmi di Sam se lei ha macchiato ogni
angolo della mia quotidianità. Mi volto in direzione di Phil,
dorme. Afferro il cellulare e compongo un numero ben impresso nella mia
mente, sta squillando!
Il cuore inizia a battere all'impazzata, tutto tace, persino il russare di Phil arriva alle mie orecchie come un suono sordo
«Ciao!»