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Autore: Arupaka24    14/09/2016    2 recensioni
Nate, oramai stanco di vivere all'ombra del rivale Alain, tenterà il tutto per tutto per stupire il Team Flare, l'organizzazione per cui lavora. Messo con le spalle al muro, deciderà di chiamare una persona che da tempo non appariva nella sua vita.
Genere: Avventura, Comico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Shonen-ai | Personaggi: Un po' tutti
Note: Missing Moments, What if? | Avvertimenti: Contenuti forti, Tematiche delicate | Contesto: Anime
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Un sospiro di sconfitta ed uno zaino lanciato all’angolo della stanza erano abbastanza per descrivere Nate.
Il ragazzo, dalla faccia tumefatta da quaranta ore passate senza dormire, si fece cadere sul tanto agognato letto. Non aveva le forze né per piangere né per pensare al perché di tutta quell’amarezza. I suoi occhi si chiusero, respingendo l’impeto delle lacrime, e il ragazzo si addormentò.
 
Dodici ore di meritato sonno dopo, Nate si svegliò; il suo olfatto si era attivato al sentore di un dolce profumo, il suo Lilligant gli aveva preparato un infuso di fiori di baccarancia. Il Pokemon porse al ragazzo la tazza calda, ma non troppo, così da non turbare troppo il tatto del ragazzo appena sveglio. Ne bevve un sorso, il suo palato ne era assuefatto, e ne bevve un secondo sorso, poi un terzo; l’aroma di quella bacca aveva piacevolmente stimolato il senso del gusto di Nate, che continuò a sorseggiare da quella tazza. Con un sommesso “Grazie” il ragazzo ringraziò il suo premuroso Pokemon. Nate si guardò attorno, i suoi occhi, dapprima stropicciati dal cattivo sonno, si erano ripresi tornando alla nitida normalità. La stanza, da cui era circondato, era abbastanza spartana: il classico arredamento concesso ad una recluta semplice del Team Flare. Letto, scrivania e armadio erano tutti composti dallo stesso compensato rivestito da un film di plasticaccia rossa cremesi. I muri erano tinteggiati di un bianco ottico il più delle volte fastidioso alla vista; per ovviare a questo problema, Nate aveva tentato di coprire quel colore acceso con dei poster. Queste locandine manifestavano appieno le passioni di Nate: sulle quattro mura si potevano intravedere figure di ballerine classiche, che solo lui conosceva, o vecchie star del cinema dimenticate, o ancora cantanti di vecchie ballate melodrammatiche. Si circondava di ciò che più lo rappresentava: le sue aspirazioni, così da non sentirsi asfissiare da quella tintura così invadente.
 
Un rumore dalla stanza vicina sorprese l’orecchio di Nate: era Frillish che stava preparando un bagno per il suo padrone, mentre Bellossom ne stava profumando l’acqua con petali di baccamela. Il ragazzo iniziò a levarsi da dosso quei vestiti sudici ed entrò nella vasca tinta di rosa. Chiuse gli occhi e s’immerse nell’acqua, alcune bolle sgorgarono fuori da sotto la superficie del liquido, e le punte dei piedi apparvero dall’altro capo della vasca. I due si dileguarono presto, così da lasciar riposare Nate. Anche il bagno era di cattivo gusto, piastrelle bianche si alternavano a piastrelle arancio e formavano una scacchiera che ricopriva ogni metro quadrato della stanza.
Nel momento di pause mentre Nate era in bagno, i suoi Pokemon iniziarono a riordinargli la stanza ed a preparargli dei vestiti puliti; dopo, circa, una mezz’ora il ragazzo uscì dal bagno, ringraziò calorosamente i suoi amici per il gentile gesto e si vestì. Una camicia a quadri dalle tinte ocre, dei pantaloni in piedipull ed un camicie da laboratorio coprivano il ragazzo, Clefable non era il migliore negli abbinamenti.
 
Il perché del malessere di Nate era da rivedersi nell’insuccesso della sua ultima missione, difatti il ragazzo era stato scoperto appostato su di un albero durante l’annuale congresso dei capipalestre di Kalos e, nella frettolosa fuga dalle guardie poste attorno all’edificio, il ragazzo dimenticò sull’albero almeno un milione di Yen di attrezzatura da spionaggio. Elisio, capo del Team Flare per cui Nate lavorava nonché suo padre, non era affatto contento dell’operato del figlio. Nate non brillava in nessun campo utile per l’organizzazione: era un mediocre scienziato ed un pessimo allenatore di Pokemon, inoltre, una tragica vicenda aveva fatto perdere al ragazzo qualsivoglia motivazione per la carriera da spia. Il padre continuava a ripetergli di quanto lui fosse inutile per il team, mettendo sempre a paragone il discutibile operato del figlio con quello di Alain, punta di diamante dell’organizzazione scarlatta. Nate non ne poteva più di questa situazione, erano infatti due settimane che il ragazzo stava lavorando ad un suo progetto: trovare una mega-pietra. Di norma, Elisio elargiva mega-pietre ai membri più meritevoli o promettenti del Team Flare, tra cui Alain.
 
Nate considerava Alain suo rivale, anche se la cosa non era contraccambiata. Nei primi giorni di Alain nel Team Flare, i due avevano tentato di istaurare un’amicizia, ma il cupo con gli occhi ghiacciati non sembrava interessare i rapporti interpersonali. Presto, i due iniziarono a scontrarsi in battaglia Pokemon; Nate vinse un paio di volte contro Alain, ma ben presto, il presunto rivale si dimostrò troppo forte per il ragazzo. Alain non degnava di uno sguardo Nate, di rado mostrava un po’ di fredda compassione per il figlio di Elisio, era ancora incerto il motivo di questi gesti: poteva essere semplice pena o arrogante altruismo.
Compiendo ricerche tramite il suo computer, Nate aveva scoperto un grande deposito di mega-pietre situato in un laboratorio di ricerca nella capitale della regione: Luminopoli. Il ragazzo voleva competere con il mega-CharizardX del rivale con il suo futuro mega-Lopunny, unico Pokemon della sua squadra in grado di mega-evolversi.
 
Un bussare alla porta sorprese Nate che aprì di scatto: era suo padre, Elisio. “Papà!” esclamò il ragazzo con un mezzo tono fra la sorpresa e la paura; dietro all’uomo, era presente anche Alain che, a testa bassa, evitava lo sguardo del coetaneo.
La mano di Elisio, rapidamente, scheggiò sulla faccia di Nate, la guancia l’amava da arrossire. Dopo lo schiocco delle pelli, il silenzio piombò nel corridoio, solo il padre ne interruppe il rumore: “Sei un fallimento, vattene!”. Nate, inerme, si sfiorava il rossore con la mano, “Vattene!” gridò Elisio “Ora!”. Stanco della presenza del figlio immobile davanti a lui, Elisio lo spinse, usando entrambe le mani, nella stanza. Nate cadde scioccato, erano le parole appena sentite a non farlo muovere da terra, non lo spintone. Alain si premurò di chiudere la stanza del ragazzo, un po’ per compassione, e un po’ per vedere la faccia dello schiaffeggiato. Nate fece appena in tempo ad incrociare lo sguardo col rivale che la porta si chiuse.
Silenzio. Clefable aiutò il padrone a tornare in piedi, si girò, tutta la sua squadra lo fissava con aria incarognita. Trepidanti di vendetta contro quel gesto che reputavano così inconcepibile contro il loro fidato allenatore. Nate si convinse, quella era la sua ultima spiaggia, non c’erano possibilità di fallimento, non potevano esserci.
Una foto della Lopunnite ed un nome, sullo schermo del computer, balenarono all’occhio del ragazzo; aveva il proprietario della mega-pietra e la sua geo-localizzazione: Professor Augustine Platan, ricercatore di Pokemon presso il centro di ricerca a Luminopoli. Nate balzò davanti al PC, cercava nei database del Team Flare quel nome; un’inaspettata mole d’informazioni uscì fuori dall’omonima cartella: foto, documenti, lettere, numeri telefoni o e-mail, tutte associate alla stessa persona, si presentarono davanti agli occhi del ragazzo. Nate sapeva di non potercela fare da solo, aveva bisogno del suo aiuto, aveva bisogno di Rose, un’altra volta.
 
La ragazza si sistemò i capelli, aveva preferito morbidi boccoli che le scendevano lungo la schiena. Com’era solita fare si sistemò allo specchio, estrasse il suo rossetto Muk, sfilò la punta leggermente consumata da una o due applicazioni, posò la mano sul tavolino e si sporse leggermente davanti allo specchio per dipingersi con più precisione le labbra. Dopodiché, prese le Pokèball dal comodino vicino a lei e uscì dalla stanza. Nessuno sapeva della sua presenza nel dormitorio C del Team Flare, di scatto prese l’ascensore, eludendo un paio di reclute che ciondolavano nei corridoi. Un elicottero stava aspettando la ragazza all’ultimo piano, sul tetto. “Bentornata Rose, è un piacere rivederla” esclamò il pilota alla vista della donna appena salita sul mezzo; “Ne è passato di tempo, vero? Quando è stata l’ultima volta che mi sono fatta vedere? Oddio non mi ricordo, sono stata così impegnata di questi tempi” disse la ragazza spostandosi i capelli dietro la schiena. Il pilota sorrise sinceramente e partì.
Le pale del mezzo iniziarono a girare l’elicottero decollò dal quartier generale del Team Flare. A differenza d’altri mezzi di trasporto a disposizione dell’agenzia, l’aeromobile su cui viaggiava Rose era discreto e non presentava alcun richiamo al team di Elisio, come una carrozzeria totalmente rossa o adesivi richiamanti le fiamme. Seduta sul sedile appena dietro la cabina del pilota, Rose prese il pad rosso scarlatto alla sua sinistra, controllò le ultime informazioni utili per la sua missione, sapeva già tutto ma voleva comunque ammazzare l’attesa.
 
Dopo circa una ventina di minuti l’elicottero atterrò su di una landa desertica. Lì, il pilota intimò a Rose di scendere e di prendere con sé il motorino datole in dotazione dal Team Flare, “Si prenda cura di se, signorina!” urlò con forza il pilota, così da farsi sentire dalla ragazza nonostante il rumore delle pale sovrastanti. Non passò neanche un minuto, e l’elicottero era già pronto a ripartire, anche la ragazza non si fece attendere ed in fretta e furia partì a bordo del suo motorino. Controllò l’ora, era già in ritardo. Rapidamente attraversò il portone che divideva la città dalla strada non battuta, svoltò subito a destra nella parte bassa della capitale. In lontananza, vedeva il luogo dell’appuntamento.
 
   
 
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