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Autore: emmawh    03/05/2009    7 recensioni
Com'era Jack prima di essere marchiato a pirata, e quali furono le circostanze? Se volete un parere, leggete e commentate!
Genere: Commedia, Azione | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Jack Sparrow, Lord Cutler Beckett
Note: nessuna | Avvertimenti: Spoiler!
- Questa storia fa parte della serie 'Pirati dei Caraibi - Tre storie secondo me'
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Beckett aspettava nella sua cabina l’arrivo del capitano.
Sì, poteva anche essere il miglior capitano della Compagnia delle Indie Orientali, ma era davvero un tipo strano. Si muoveva quasi come se stesse nell’acqua, con gesti ampi e lenti, e parlava in modo veloce e incomprensibile.
Tuttavia, per l’incarico che doveva affidargli, era il migliore: in quanto a fiducia, quel capitano riponeva tutte le speranze in lui. Era giovane, non più di una ventina d’anni, ma abilissimo, e forse un po’ ingenuo, nonostante di sicuro intelligente.
-Signore, il capitano di cui chiedevate è arrivato,- annunciò una guardia, e Beckett fece segno di farlo entrare.
Il ragazzo era alto, muscoloso, forse, ma non si notava sotto la camicia candida di lino e il semplice soprabito rosso che indossava; alla cintura erano legate una pistola e una spada, e aveva un tricorno in testa. Portava i capelli lunghi raccolti disordinatamente con un fiocco e i baffi.
-Ossequi, signor Sparrow,- sorrise mellifluo Beckett tendendogli la mano.
-Capitano, prego,- rispose lui alzando un dito, ma non gliela strinse. Sbuffando, Beckett la ritirò.
Tipico di Sparrow.
-Gradite un liquore?- gli chiese, avvicinandosi al carrello.
-Un bicchiere di rum, se possibile,- sorrise l’altro. Beckett aveva sempre creduto che “leccarsi i baffi” fosse solo un’espressione idiomatica, ma guardando Jack ogni sua certezza svaniva. Gli porse un boccale di rum, quasi sudando freddo al pensiero di quello che lo aspettava.
Sparrow bevve tutto d’un sorso, poi si pulì la bocca con il dorso della mano. Le guardie fecero una smorfia di disgusto, ma Beckett riuscì a restare con un’espressione neutra.
-Ah!- esclamò lui soddisfatto, sbattendo con forza il bicchiere di cristallo sul tavolo, e Beckett temette che si potesse spaccare in mille pezzi. -Niente di meglio di un buon bicchiere di rum!
Beckett si sedette. -Vi ho fatto chiamare perché devo affidarvi un trasporto.
Non lo invitò a sedersi, ma lui si spaparanzò comodamente sulla poltrona, giocherellando con il bicchiere. Lo guardava con occhi furbi. -Che tipo di trasporto?
-Un trasporto… delicato,- rispose Beckett cautamente.
-A-ah! Roba di contrabbando!- esclamò Sparrow, quasi felice. Si sporse sul tavolo, lo sguardo ammiccante. -E dite, di che si tratta? Oro delle navi spagnole? O diamanti dalle miniere africane francesi?
Se non fosse d’importanza fondamentale per la Compagnia, Beckett avrebbe già buttato fuori a pedate quell’uomo strano e così irriguardoso. Tuttavia, era l’unico a cui potesse affidare quel trasporto, l’unico che non ne avrebbe parlato con nessuno. Per cui si mantenne calmo.
-No, capitan Sparrow, non è oro né diamanti. È merce ancor più delicata.
-E cosa può essere?- si chiese l’uomo lanciando in aria il bicchiere e riprendendolo con l’altra mano. Beckett lo recuperò, lo poggiò sul tavolo e lo guardò fisso negli occhi.
-Schiavi neri, capitano.
Gli sembrò quasi che si fosse irrigidito, ma fu solo un istante. Quasi più rilassato di prima, si verso un altro bicchiere di rum e bevve di nuovo, ma non lo finì. Sorrise. -Gli schiavi non sono merce, signore. Sono uomini.
-Sono schiavi proprio perché sono di proprietà di qualcuno.
-Della Compagnia, in questo caso,- concluse Sparrow alzandosi. Si stiracchiò. -Be’, allora permettetemi di rifiutare l’incarico.
Beckett sussultò. -E per quale motivo lo chiedete?
-Diciamo pure che non sono abilitato a trasportare questo tipo di merce. Se lo fossi, l’avrei già fatto altre volte, ma siccome non l’ho fatto, non vedo perché dovreste abilitare me a farlo. Potrei mandare tutto all’aria e ne perderemmo entrambi,- concluse sorridendo. Beckett gli si avvicinò.
-Diciamo pure che se voi non lo farete, io sono abilitato a mandarvi alla forca. D’altronde, è la mia parola contro la vostra, Sparrow.
Jack lo guardò di sottecchi. -Come volete,- disse infine. Tracannò il resto del rum e uscì.

-Che ti succede, Jack?- gli chiese Bill quando tornò nella cabina del capitano. -Che voleva Beckett?
-I nostri servigi per un trasporto straordinario,- rispose Jack scaraventando sul tavolo la sua giacca. Aprì un cassetto e ne tirò fuori una bottiglia di rum e bevve dalla bocca.
-Che trasporto?
-Schiavi africani.
Bill Turner sussultò. Jack s’infilò un gilè e ingurgitò altro rum.
-Non vorrai davvero farlo, Jack!- esclamò il nostromo, avvicinandosi al capitano.
Lui si girò e gli sorrise. -Certo che no. Sarò anche figlio di furfanti, ma in fondo –molto in fondo– sono un uomo d’onore.
-E cosa intendi fare?
-Vedrai,- gli rispose emblematico. Poi, con un gesto della mano, gli fece segno di uscire.

Gli schiavi furono caricati di notte. Uomini dalla pelle scura, legati con catene ai polsi e alle caviglie, salivano lentamente sulla passerella e finivano sottocoperta con le altre merci. Ogni tanto venivano incoraggiati alla velocità da una buona dose di frustate.
-Potremmo evitare almeno il gatto a nove code?- chiese Jack speranzoso, mentre osservava dispiaciuto il trattamento riservato a quei pover’uomini.
-No,- rispose secco Beckett al suo fianco. Quell’uomo lo irritava profondamente.
Il nostromo di Sparrow li raggiunse. -Schiavi caricati, signore.
-Bene. Buon viaggio, signor Sparrow,- aggiunse porgendogli la mano.
-Grazie, anche a lei e figli maschi,- sorrise l’altro, e se ne andò senza stringergliela di nuovo.

Jack scese sottocoperta con un mazzo di chiavi in mano.
-Benvenuti! Vogliate godervi il viaggio il più possibile fino all’agognata meta! È mia speranza che riusciate a credere, un giorno o l’altro, che non tutti sono degli emeriti idioti, qui nella Nuova Inghilterra!- esclamò affabile, rivolgendosi agli schiavi.
-Jack, ma che stai facendo?- gli chiese preoccupato Bill, raggiungendolo.
-Fidati, sembra di no, ma sono sempre cosciente delle mie azioni,- gli rispose inginocchiandosi accanto a un uomo. Lui, che non aveva capito nulla del suo discorso, si ritrasse spaventato. Ma quando vide che Jack aveva infilato una chiave nella fessura e che la catena cadde tintinnando ai suoi piedi, gridò incomprensibili parole di gioia, imitato dai compagni. Gli schiavi fecero talmente tanti schiamazzi e danze che Jack per poco non venne schiacciato. -O meglio, quasi sempre,- aggiunse tenendosi stretto il cappello sulla testa.
Scaricarono gli schiavi in America Latina, convincendo il resto dell’equipaggio che non ci sarebbero state conseguenze per loro.
                                                                                           *
Beckett scese nelle prigioni di Port Royal accompagnato da una scorta di guardie armate, un po’ infastidito dagli epiteti che i prigionieri gli tiravano contro. Raggiunse l’ultima cella, la più buia e angusta, e ordinò alla guardia di turno di aprirla. Jack Sparrow alzò la testa a guardarlo e gli sorrise.
-Signor Beckett! Che piacere, è venuto a farmi visita!
-Sapete com’è, ci tenevo a darvi l’estremo saluto,- commentò Beckett, sempre più convinto che quell’uomo fosse completamente tocco.
Sparrow si alzò e si accarezzò il mento. -Guardate, sto facendo crescermi il pizzetto. Mi fa un po’ più virile rispetto a quelli che vivono a Port Royal, no?-. Vedendo che tutte le guardie lo guardavano storto, aggiunse con un’alzata di spalle -Di sicuro s’intona alla P di “pirata” impressa a fuoco sul braccio,-. Sorrise, mostrando il marchio che Beckett gli aveva lasciato, su tutte le furie, due settimane prima, quando aveva ricevuto un’ingiunzione dalla Corte Inglese per l’invio degli schiavi, che non erano mai arrivati a destinazione. -Comunque sia, è una definizione che mi si addice. Eh, le mele non crescono mai lontano dall’albero,- sospirò calandosi il cappello sugli occhi.
-Non cadono, semmai,- lo corresse una guardia, che si zittì subito all’occhiataccia di Beckett.
-Ah, ecco, così ha più senso!- esclamò lui sorridendo. Si avvicinò alle guardie. -Per favore, non mettetemi in catene, mi si appesantiscono i polsi, giuro che non scappo durante il tragitto,-. Per tutta risposta, le guardie gli legarono le mani dietro la schiena con una spessa corda. Iniziando a camminare, Sparrow aggiunse -Ah be’, sempre meglio di niente.
Beckett lo seguì, in un certo senso ammirando l’estrema pazzia di quell’uomo.

Jack venne costretto a salire sulla forca. Gli misero un cappio intorno al collo e Beckett si sedette in prima fila: voleva godersi per bene lo spettacolo. Due guardie gli stavano ai lati, mentre un’altra annunciava alla piazza il crimine di Jack.
-… disubbidendo all’estremo ordine del Re d’Inghilterra,- concluse l’uomo.
-Però, la fate lunga,- sbuffò lui.
Beckett scosse la testa, sorridendo divertito. -È totalmente pazzo.
La guardia alla sua destra annuì, mentre l’altra guardava triste lo spettacolo. Una volta era stato nell’equipaggio di Jack, e pensava solo che gli sarebbe mancato.
Il boia stava per calare la botola, quando un proiettile gli trafisse la testa e cadde pesantemente al suolo. La folla fu percorsa da urla mentre alcuni dell’equipaggio di Sparrow salivano sulla pedana e slegavano Jack. Lui scappò verso le mura e si arrampicò nelle feritoie, seguito a ruota dai suoi.
Beckett scattò in piedi, urlando ai suoi uomini -Sparategli!-, mentre lui si gettava a rotta di collo all’inseguimento, accompagnato dalle due guardie.

In cima alle mura, Jack ringraziò Bill per il salvataggio.
-Ben riuscito, no?- commentò Bill sorridendo, mentre altri uomini fedeli a Jack annuivano.
-Decisamente, anche se temevo non arrivaste più,- rispose Jack aggiustandosi il cappello. Poi prese la pistola che l’amico gli porgeva e se la infilò nella cintura, indossò la giacca scura portatagli dagli uomini e prese la sua spada. In quel mentre, Beckett e le sue guardie erano arrivate.
-Sparrow, vi ordino di fermarvi!
-Ma neanche per sogno!- commentò lui sorridendo. -Questo è già il secondo ordine a cui non ubbidisco, merito una morte peggiore che quella per impiccagione.
Beckett era furioso. -Sparate!- urlò con rabbia, ma prima che potessero solo alzare i fucili, Jack gli squarciò la camicia, lasciandogli un lungo e profondo taglio sul petto, sfregiandolo per sempre. Poi lo gettò a terra con un calcio intanto che i suoi uomini si gettavano dalle mura, lasciando le guardie basite. Si avvicinò anche lui sul ciglio mentre le guardie aiutavano Beckett a rialzarsi. Jack alzò il cappello, s’inchinò ghignando e disse -Ossequi, signor Beckett,-. Poi si buttò.
Beckett si sporse e vide gli uomini di Sparrow issarlo sulla nave che una volta era della Compagnia bagnato fradicio.
-Quell’uomo sarà anche totalmente pazzo,- aggiunse la guardia a sinistra ridendo, -ma non si può negare che sia un genio!
E, purtroppo per Beckett, aveva ragione.
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Eccola qui, la ff che mi era venuta in mente! ^^ Ho immaginato un Jack più giovane e leggermente meno geniale a causa della sua poca esperienza. Mi sono basata sulle dichiarazioni Disney che affermano che "Jack è stato marchiato a pirata dopo essersi rifiutato di trasportare un carico di schiavi per la Compagnia", ma a me piaceva renderlo ancora più eroico. Inoltre, Beckett dice in "La maledizione del Forziere Fantasma" che "si sono lasciati un marchio a vicenda", ma non dice qual era il suo, e così me lo sono inventato! In più, anche se ho il sospetto che fosse un corsaro al servizio dell'Inghilterra, l'ho voluto rendere "onesto" perchè  me lo sono immaginato ribelle a suo padre, Custode del Codice dei Pirati. Ehi, lo sapevate che secondo la leggenda Jack è nato nel bel mezzo di una bufera, su una nave, e che quindi ha acqua di mare nelle vene? Mi sembrava carino! ^^
Aggiornerò presto le altre due ff, da noi non c'è scuola per altri due giorni perchè manca l'acqua e avrò più tempo. Ditemi se vi è piaciuta!
  
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