Ciao a tutti^^!! Incredibile ma vero, dopo mesi di latitanza sono riuscita a tornare^^ ormai non ci speravo più, hihi^^ ma ce l'ho fatta! Mi dispiace tantissimo per questo ritardo enorme, scusateeeeeee!!!!! Sono stata super impegnata e nn sono più riuscita a scrivere nulla, sigh! Però mi impegno a postare con più frequenza, sul serio^^ anke perchè il prox cap sarà uno dei più importanti, ma già qui c'è una piccola sorpresa finale, anke se sn sicura che qualcuno di voi lo aveva già intuito ^^ nn vi dico altro, vi lascio al capitolo ^^ un grazie va a tutti quelli che hanno letto la mia ficcy e a quelli che l'hanno messa tra i preferiti^^ grazieeee^^!
Ringraziamenti:
Dj Kela: Ciao^^! Ce l'ho fatta a tornare, yuppie^^ e ho visto che anke tu hai aggiornato, al più presto leggerò il cappy, promesso^^ efp mi mancava troppo ^^ hih^^ Ti ringrazio per aver recensito il cap 10 e sn contenta che ti sia piaciuto, ^^ glasie^^ anke io dubito che esistano ancora ragazzi come Terence purtroppo, però la speranza è l'ultima a morire, siamo fiduciose dai^^ hihi^^ Sn felice ke la mamy e il papi di Maggie ti siano piaciuti, grazie^^ Angy purtroppo la stanno cercando con molto accanimento, il nome Sparrow è un catalizzatore di soldati già di per sé ma non sarà solo questo il motivo, tra poco si capirà meglio^^ La povera Maggie se la passerà brutta, xò è un'amica fedele e non aggiungo altro^^ La fossa per il nostro caro amico te la scavo io volentieri, odio più il suo personaggio di quello di Nap, hihi^^!! Il consiglio di alternare le vicende è ottimo e lo devo tenere presente, grazie^^ solo che i fatti del cap 10 dovevano per forza venire prima di questi del cap 11. Spero ke anke qst cappy ti piaccia, aspetto la tua recensione^^ tvtttttb kisskisses 68Keira68 ^^! PS: appena riesco correggo la "e" di Port Royal ^^ grazie per avermelo detto^^
sesshy94: Ciao!! Ma certo ke sei sempre in tempo e sono felicissima ke hai recensito e che ti sia piaciuto, grazie per i complimenti^^!! Maggie come ho detto nn passerà dei bei momenti, ma si vedrà meglio prossimamente^^ cmq credo che Terry vadi bene, o anke Ter^^ spero ke anke qst cappy ti piaccia e aspetto una tuo parere su qst cappy^^ kisskisses ^^ 68Keira68^^!
Auguro una buona lettura a tutti!
kisskiss
68Keira68
11_ Quando
il passato bussa alla porta
“TERRA!”
L’urlo
dell’uomo di
vedetta giunse dritto nelle orecchie di Angela. Era comodamente seduta
su uno
degli scalini che portavano al ponte di comando intenta a lucidare la
sua
preziosa spada ma appena udì quella magica parola,
balzò sul posto.
Terra!
Siamo arrivati, evviva! Non vedevo l’ora!
Si precipitò con gioia
al parapetto. Era una bella giornata, il sole picchiettava caldo e
sentiva i
suoi raggi sopra la nuca superare la lieve protezione del cappello.
Fortunatamente però la leggera brezza che soffiava
accarezzandole le gote le
dava il sollievo necessario per sopportare quel cerchio luminoso.
Erano passati tre
giorni da quando era salita a bordo, eppure le sembrava di far parte
della
ciurma da una vita. Non si era mai sentita così a suo agio
in nessun altro luogo,
neppure a Telia tra i posti che l’avevano vista nascere. Il
primo giorno era stata
la distrazione di turno per la ciurma, ogni pirata sembrava ansioso di
conoscerla per metterla alla prova. Ma lei si era distinta da subito,
sistemandoli il pomeriggio del secondo giorno a bordo, quando un ometto
di nome
Pintel le si era avvicinato con un sorriso sornione…
“Ehi bambolina!
Come andiamo? Vi trovate bene a bordo Miss Sparrow?”
Angela era
appoggiata con la schiena all’albero
maestro e osservava ammaliata suo padre, che dal ponte di comando
dirigeva
l’intera ciurma apparentemente senza il minimo sforzo.
Dettava ordini a
destra a manca e si assicurava di mantenere
la rotta. Se avesse dovuto coordinare lei tutta quella gente
probabilmente
La voce del pirata
la riportò alla realtà e rivolse uno sguardo
nella sua direzione. Un
bracconiere tra i quaranta e i cinquanta, quasi calvo, più
largo che alto, le
si parò dinanzi con un’aria furbetta. Lo aveva
già incontrato un paio di volte
quella mattina, ma non si era ancora avvicinato, limitandosi a
guardarla con
aria compiaciuta. Ad Angela stava antipatico di primo acchito. Aveva
chiesto a
Gibbs come si chiamasse, e se la memoria non la ingannava doveva
rispondere al
nome di Pintel.
Lo squadrò
dall’alto
in basso con fare critico alzando un sopraciglio.
“Bisogno di
qualcosa?” chiese ironica, senza preoccuparsi di celare il
fastidio che le
procurava l’espressione dell’uomo.
“Come siamo
scortesi, volevo solo conoscervi!” fece un altro passo nella
sua direzione.
Angela non arretrò ma affilò lo sguardo. Puzzava
di rhum lontano un miglio,
tanto da farle storcere il naso. La falsa galanteria con la quale si
rivolgeva
a lei stonava terribilmente sulla sua bocca. Si vedeva che era fasulla
lontano
un miglio. Anche Gibbs la nominava sempre con l’appellativo
Miss, ma
pronunciato da lui acquisiva tutto un altro significato, più
sincero. Ad Angela
il buon vecchio marinaio ricordava i mentori buoni e quasi paterni
delle fiabe,
quelle persone dotate di una pazienza infinita, se si tralasciava per
un attimo
il fatto che rimaneva un pirata.
“Il mio nome lo
conoscete, mastro” gli rispose.
Pintel sogghignò.
“Sai, non pensavo che il nostro capitano avesse una figlia
tanto bella. È un
peccato che non ti abbia portata a bordo prima, avremmo avuto un
piacevole
passatempo nei momenti bui” insinuò viscido,
abbandonando definitivamente una
parvenza di cortesia.
La ragazza non poté
nascondere un ghigno divertito. Nonostante la rabbia che sentiva salire
prepotente e il disgusto che si faceva strada dentro di lei, non
poté non
provare un po’ di pena per l’uomo che le stava di
fronte. Era vecchio, grasso e
probabilmente tutto fumo e niente arrosto. Senza contare che non doveva
nemmeno
brillare per intelligenza se davvero pensava seriamente di provarci con
la
giovane. L’aveva presa per una fanciullina indifesa?
Sospirò, non voleva
tirare fuori la spada al secondo giorno di navigazione, però
se fosse stata
costretta non si sarebbe di certo fatta problemi del genere.
“Sai, io ti
consiglio vivamente di andartene, hai preso un abbaglio, gira a
largo.” Gli
intimò quasi divertita vedendo il mutarsi
dell’espressione di Pintel, da
spavaldo a sorpreso.
Ma il pirata si
riprese subito e riacquistato il sorrisetto di prima accostò
una mano
sull’albero maestro ove lei era appoggiata, stando alla sua
destra e accorciando
la distanza tra i due.
Ok,
ora sono problemi suoi.
“Ti ho
avvertito”
si limitò a sussurrare lei prima di svincolare abilmente
verso sinistra ed
estrarre fulminea la spada. La puntò alla gola
dell’uomo e lo fulminò con lo
sguardo, anche se parlò con un tono calmo.
“Giusto per mettere
le cose in chiaro. Sono qui unicamente per stare accanto a mio padre e
per
divenire un pirata a mia volta, non sono minimamente interessata ad
altro e ti
assicuro che ne necessitassi tu saresti l’ultima persona
dalla quale verrei.
Dal momento che non intendo aver problemi di alcuna sorta ti ripeto di
girarmi
a largo a meno che non ti rinfreschi le idee”
Pintel la guardò
confuso, ma non si soffermò molto sul volto della ragazza,
troppo preoccupato a
tenere lo sguardo fisso sulla lama puntata alla sua giugulare, ancora
sconvolto
dalla velocità con la cui aveva agito la figlia del suo
capitano e con che
freddezza tenesse in mano la spada. Si era sbagliato, quella giovane
era tutto
tranne che sprovveduta e di sicuro non era una facile preda. Era meglio
fare
marcia indietro.
“Va bene, va bene,
bambolina, non ti scaldare, stavo solo scherzando, ora me ne vado,
ok?”
farfugliò, facendo un tentativo di riconciliazione per farle
abbassare la lama.
Angela allargò il
sorriso, ironica. “Certamente, avevo compreso lo scherzo,
difatti stavo
giocando anche io, altrimenti a quest’ora ti assicuro che non
saresti più in
grado di stare in piedi. Comprendi?”
Pintel deglutì
vistosamente e si affrettò ad allontanarsi.
Angela rinfoderò la
spada e, palesemente soddisfatta della sua piccola vittoria,
lanciò qualche
occhiata furtiva in giro per il ponte. Almeno la metà della
ciurma aveva
interrotto le sue attività per vedere il loro
“gentile” scambio
di battute. Alcuni avevano
un’espressione divertita e sghignazzavano in direzione di
Pintel, altri
guardavano semplicemente Angela stupefatti. La ragazza alzò
lo sguardo verso il
padre. Lui faceva parte della categoria che rideva sotto i baffi,
orgoglioso
della figlia. La ragazza gli sorrise facendogli l’occhiolino,
dopodichè si
diresse sotto coperta. L’ultima cosa che vide prima di
scendere la scaletta fu
Jack che andava verso Pintel con un’aria tutt’altro
che amichevole. Di certo il
pirata non avrebbe passato un piacevole momento.
Quella era stata la
prima lezione che aveva impartito ad un membro
dell’equipaggio. La seconda era
arrivata a breve distanza, per la precisione la sera stessa…
Angela stava
risalendo velocemente le scale diretta alla sua cabina. Aveva cenato
assieme al
resto della ciurma e soprattutto assieme a suo padre, ma ora si era
fatto tardi
e data la stanchezza aveva deciso di ritirarsi, mentre gli altri pirati
si
stavano intrattenendo con rhum e giochi vari. Ma il suo desiderio di
raggiungere il letto non venne esaudito, in quanto verso la fine della
piccola
rampa venne richiamata da uno schiamazzo.
“Ehi, Miss Sparrow,
non vorrai mica lasciarci a quest’ora? La notte è
giovane e non hai neppure
fatto una partita”
Se l’udito non
l’ingannava, la ragazza aveva già capito da chi
proveniva la voce. Con un
sospiro si girò verso la fonte del rumore. Come si
immaginava era stato il
piccolo ma nerboruto pirata che rispondeva al nome di Martin, il quale,
seduto
al tavolo da gioco, stava distrattamente mescolando un mazzo di carte
vecchio,
consunto e sicuramente truccato.
“Ha ragione, sei
qui da quasi due giorni e non hai ancora fatto nemmeno una partita, non
vorrai
offenderci” si intromise Raghetti, il bucaniere magro come un
chiodo e con una
benda alla destra di Martin.
La ragazza si
guardò attorno. Tutti quanti la stavano guardando, suo padre
compreso,
aspettando una risposta con un sorriso sornione.
Pensano
tutti che non sappia giocare, è chiaro. Mi ha invitata
perché spera di
spillarmi soldi facilmente.
Certamente
gioia, allora cosa fai, accetti? Stanno aspettando una risposta.
Ahahah,
certo che accetto, ho gli occhi di tutti puntati contro, curiosi, credo
che se
dicessi di no mi porterebbero al tavolo con la forza. Tanto quelli che
rimarranno delusi saranno loro.
Vacci
giù piano, se si arrabbiano potresti vedertela brutta.
Bazzecole,
e poi è lui che mi ha sfidato, se dorrà del suo
male non potrà che piangere se
stesso.
“Se proprio
insistete, non sia mai che vi faccia un torto” rispose,
trattenendo a stento un
ghigno. La frase venne seguita da una piccola ovazione da parte della
ciurma e
molti “vediamo cosa sa fare” si susseguirono per un
bel po’ mentre i pirati si
ammassavano attorno al tavolo per avere una visuale migliore della
partita.
Certo
che dicono che la curiosità è donna ma gli uomini
non sono da meno.
Dopo che ebbe preso
posto tra Martin e Robbery, un altro pirata, le carte vennero date e la
partita
ebbe inizio. La fortuna era dalla sua perché ebbe subito una
bella mano. Era
cosciente di partire svantaggiata, in quanto ogni pirata seduto a quel
tavolo
aveva di sicuro quattro assi nella manica, non uno, mentre il suo caro
mazzo
truccato era a casa sua a Telia. Ma poteva comunque contare su un bluff
che non
era secondo a nessuno.
Partì il primo giro
e con esso la prima puntata. Angela tenne un’espressione
neutra per tre giri e
tre puntate, alla quarta, iniziò ad avere un’aria
grave, seguita dal ghigno di
chi pregusta già la vittoria da almeno due degli altri
giocatori. Il
collegamento era automatico; aria grave-brutte carte. Quello che non
immaginavano era che dentro di sé la ragazza aveva
semplicemente un sorriso a
trentadue denti ben nascosto. Aveva un’ottima mano, in
più aveva osservato
attentamente ogni pirata nelle varie fasi di gioco. Martin socchiudeva
gli
occhi ogni volta che mentiva, mentre Raghetti aveva il vizio di
passarsi la
lingua sul labbro inferiore per ogni bluff. Infine Robbery
si grattava il mento. E per la
precisione, in questo ultimo turno sia Robbery che Raghetti si erano
fregati
dichiarando silenziosamente ad Angela che nessuno dei due aveva in mano
ciò che
invece facevano credere, ovvero delle carte vincenti. L’unico
che sembrava non
avere mentito era Martin e quindi era l’unica persona che si
frapponeva tra lei
e la vittoria. Guardò le sue carte, aveva un poker di re
più un otto di quadri,
era stata molto fortunata, lo ammetteva, ma poteva non essere
abbastanza per
assicurarle la vittoria. Il pirata poteva avere un poker
d’assi, naturalmente
barando, ma sarebbe stata dura dimostrare che aveva imbrogliato. In
più
accusare un pirata di barare in mezzo ad altri pirati, sarebbe stata
una scelta
saggia? Ne dubitava profondamente. Però non le sembrava di
aver visto qualche
azione sospetta, tipo soffiarsi il naso o far cadere
“accidentalmente” qualcosa
per terra e chinarsi a raccoglierla. Tipici gesti di chi vuole far
scivolare
delle carte dalla manica alla mano. Decise di rischiare.
“Rilancio” lo
pronunciò con aria insicura, per far credere che stesse solo
fingendo di avere
qualcosa in mano per la quale valesse la pena esporsi.
Martin non si fece
spaventare. “Rilancio anch’io” e la
guardò con aria di sfida.
Raghetti tentenò,
come fece anche Robbery. Angela aveva visto giusto. Avevano bluffato
prima, in
realtà non avevano nulla in mano. La posta stava diventando
alta però e nessuno
dei due fu così stolto da rischiare di perdere altri soldi
quando non avevano
una possibilità di vincere. Entrambi abbandonarono il gioco
e mostrarono le
loro carte. Due quattro, due sei e un tre Raghetti, un cinque due dieci
un
quattro e un due Robbery. Meno di zero.
Martin rilanciò
ancora. Angela trasse un lungo sospiro per sostenere la sua piccola
commedia e
infine rilanciò anche lei. Martin la fissò un
momento come per analizzarla. Stava
per rilanciare nuovamente, ma cambiò idea
all’ultimo. “Bene Miss, credo sia
arrivato il momento di scoprire le carte anche per noi, non credi? Non
c’è
altro motivo per rimandare, a meno che tu sia cosciente di non potermi
battere
e cerchi semplicemente un pretesto per rinviare la sconfitta”
parecchi risero.
Angela affilò lo
sguardo, ma quando si pronunciò la sua voce era calma, anche
se fredda come il
ghiaccio. “Ma quanto siamo sicuri di sé, veramente
io speravo solo di rimandare
la figuraccia che stai per fare di fronte a tutta la ciurma. Non
è mai
piacevole umiliare una persona di una certa età, soprattutto
se la
mortificazione arriva da una persona parecchio più giovane,
comprendi?”
Si elevò un coro di
“ohh” e altre esclamazioni sghignazzate. Martin la
fulminò con lo sguardo e lei
per tutta risposta gli sorrise angelicamente.
“Invece di parlare
perché non mi fai vedere che cos’hai in
mano?”
“Prima tu”
“Come vuoi” e
le
mostrò fiero un poker di regine più un dieci
nero.
Lei finse di
sospirare e scosse la testa rassegnata. Martina allargò il
sorriso. Sorriso che
gli morì subito dopo quando vide il volto di Angela
rialzarsi e sorridere
trionfalmente. “Poker di re, gioia, spiacente”.
Martin rimase di
sasso. Partì un coro di schiamazzi vari, chi incredulo, chi
contento che la
giovane avesse battuto il pirata.
Altri tre bucanieri
si alzarono quasi in sincrono. “Vediamo se riesci a battere
anche me” un uomo
nerboruto le si piazzò di fronte e con violenza
iniziò a mescolare il povero
mazzo di carte. “Se proprio ci tieni…”
rispose serafica lei per nulla
intimorita.
Dopo cinque mani
batté anche loro. Si susseguirono altre tre partite e quando
vinse anche
l’ultima si era ormai guadagnata l’ammirazione di
tutti.
“Avete un talento
innato Miss” Gibbs le si avvicinò con un sorriso
reso ancora più gaio da
qualche boccale di rhum di troppo. Angela gli sorrise allegra
ringraziandolo.
. Jack le si
avvicinò barcollando.
Ha
bevuto troppo anche lui, mi sa.
“Complimenti,
piccola, li hai stracciati!” si complimentò.
“Grazie, però
non
sembri sorpreso”
Jack la guardò
fiero. “Sei una Sparrow, perché mi dovrebbe
sorprendere? Il poker doveva per
forza essere una delle tue doti innate”
Angela rise, e poi
si guardò attorno. Proprio in quel momento Gibbs
urlò“CIURMA! Un bell’urrà per
Era stata
accettata.
“Siamo
arrivati” la
voce calda di Jack colse la ragazza alla sorpresa, sottraendola dai
suoi
pensieri. Le si avvicinò e con noncuranza le
passò un braccio attorno alle
spalle, mentre guardava verso la piccola città portuale che
si accingevano a
raggiungere.
Angela nascose la
gioia che anche quel piccolo contatto le procurava. Era stata privata
dell’amore paterno per diciassette anni e ora che lo aveva
trovato le pareva
vitale come l’aria. Ogni momento che poteva lo trascorreva
accanto a lui ed
ogni dimostrazione d’affetto era un regalo tanto agognato
quanto inatteso da parerle
immaginario.
“Non vedo l’ora
di
conoscere la signora Turner sai? È la sposa di un
personaggio leggendario,
accidenti!”
Jack sorrise.
“Bhè, di
certo è una donna imprevedibile, qualche tempo addietro non
avrei mai creduto
che si sarebbe calata nel ruolo della brava mogliettina, pareva troppo
inadatto
con la sua indole guerriera.” Aveva lo sguardo di chi sta
rivivendo momenti
passati anni addietro, e probabilmente era proprio così.
Chissà
quante ne avranno passate lui, Will ed Elizabeth. Li invidio
tantissimo, devono
aver avuto una vita davvero eccitante…
“Le persone
cambiano”
azzardò Angela, nella speranza di far scendere il padre
dalle nuvole.
Jack si riscosse.
“Certo, certo, ma sono altrettanto sicuro che alcune persone
non sanno
resistere ai vecchi vizi quando il passato ti bussa alla porta.
Comprendi?”
“Alla
perfezione.” E
si fecero l’occhiolino, complici e perfettamente in sintonia.
*
“Noi siamo pirati e ci
piace perché…
la vita è fatta per noi!
Yo-oh yo-oh
la spada, il corvo, il mare…
I veri amici, di noi pirati, che…”
“Ancora quella canzone Dan? Non hai niente di meglio da fare
che romperci i
timpani?”
Dan alzò lo sguardo su un ragazzo grosso e grasso, e con un
ego ancora più
grande.
“Effettivamente, Lex, potrei sfidarti a duello e stracciarti.
L’ultima volta ho
vinto solo cinque volte su cinque e non ti ho nemmeno rotto il naso,
potevo
fare di meglio” lo provocò.
Lex storse il naso al ricordo. “Fortuna, solo quello. Ma
continua pure a
divertirti con le canzoncine” e si allontanò di
qualche passo, riavvicinandosi
ad altri otto ragazzi e cinque ragazze, all’incirca tutti
della stessa età.
Saggia decisione, pensò il
giovane. Tornò a rivolgere lo sguardo
all’orizzonte, in una posizione
privilegiata sotto le fronde di un albero posto in cima ad un
promontorio a
strapiombo sul mare. Non stava osservando niente di preciso, cercava
solo un
modo per estraniarsi dagli altri. Dieci minuti di pausa prima di
ricalarsi nel
ruolo di capo di quello sparuto gruppo di adolescenti dai quattordici
ai diciotto
anni che si dilettava a improvvisarsi pirati di una nave immaginaria.
Lui,
Daniel, era il capitano che guidava
“Ehi, come mai
quell’aria così pensierosa? Cosa occupa la tua
mente?” una
mano delicata gli accarezzò il volto e Denise si sedette
accanto a lui
appoggiando la sua testa sul suo collo.
È arrivata, strano che
non si sia fatta avanti prima, questa è peggio
di una piovra.
Provò semplicemente ad
ignorarla, muovendo scocciato le spalle nella
speranza di scrollarsela di dosso. La ragazza però non
demorse, anzi, si
strinse ancora di più a lui.
“Spero di non essere io a
tenerti impegnata la mente, ultimamente ho
notato che ti sei un po’ allontanato da me, se non sai cosa
fare per rimediare
lo sai che non ti devi preoccupare, basta che torni e per me
sarà tutto come
prima.” Aveva un tono così mieloso che poteva
procurargli il diabete solo
sentendolo.
Assurdo. Erano passati mesi da
quando si erano lasciati, ma lei
sembrava non aver ancora realizzato che la loro storia era finita.
Daniel decise che il silenzio con
le piovre non serviva. Doveva
risponderle, probabilmente male perché dubitava che sarebbe
riuscito a
trattenersi, ma qualcosa doveva dire. Ormai questa storia era durata
anche
troppo. Erano stati assieme un anno e mezzo, e lui non negava di averle
voluto
bene a suo tempo e di essere stato bene con lei. Ma adesso era
conclusa. Per
colpa di lei tra l’altro. Negli ultimi tempi passati assieme
si era fatta
incredibilmente appiccicosa, non lo lasciava respirare. Senza contare
la
gelosia spropositata che nutriva nei confronti di ogni essere di sesso
femmina
che si avvicinava a Daniel. Il rotto della cuffia era stata la scenata
che gli
aveva fatto davanti a tutti semplicemente perché
l’aveva visto ridere in
compagnia della figlia del panettiere. Da lì il giovane
aveva detto basta. E
non era intenzionato a tornare sulla sua decisione, nonostante gli
innumerevoli
tentativi di riconciliazione di lei. Anche perché dopo la
rottura si era fatta
ancora più appiccicosa e insistente di prima.
“Denise, non ricominciare, ne abbiamo già parlato,
la nostra storia è finita,
conclusa senza possibilità di tornare indietro. E ti
assicuro che hai smesso
parecchio tempo fa di occupare così tanto i miei pensieri,
per me ora è un
capitolo chiuso.”
Denise non fece una piega e tornò subito alla carica.
“Non ci credo, un anno e
mezzo non può essere dimenticato così facilmente,
con tutti i bei momenti che
abbiamo passato assieme. Eravamo la coppia più bella della
città, lo devi
ammettere, eravamo fatti l’uno per l’altra. E
potremmo ancora esserlo, se solo
tu…”
Daniel sospirò e si volse per guardarla dritto in faccia.
“Hai detto bene,
eravamo. Ora non lo siamo più, siamo cresciuti, siamo
cambiati, bisogna andare
avanti, non credi? Tu continui a rimanere aggrappata al passato e non
ti rendi
conto che non si può tornare indietro. Quel che è
fatto è fatto, finita lì. Non
nego che siamo stati bene, ma adesso si deve voltare pagina, se
continui a
provarci con me perdi solo tempo.” E se la scrollò
con uno strattone dalla
spalla tornando a fissare il mare. Stavolta la giovane non
replicò, ma rimase
in silenzio accanto a lui, come pietrificata. Dopo cinque minuti Daniel
azzardò
un sguardo di sottecchi verso Denise. Aveva rannicchiato le gambe al
petto e
guardava fisso davanti a sé con un’espressione
contrita. Daniel si rimproverò.
Non che non pensasse davvero quello che aveva detto, ma era stato
troppo duro.
In fin dei conti, anche se la ragazza era davvero una rottura di
scatole, era
semplicemente ancora innamorata. Cercò di rimediare.
“Ascolta Denise, io tengo ancora a te, ma come amica, quel
tempo è finito.
Perché non provi a cercarti un altro ragazzo? Uno che ti ami
davvero e non uno
che ti illudi che ti ami ancora? Davvero, prima passi oltre questa
storia
meglio è per tutti, tu per prima ti sentirai
bene.” Aveva addolcito il tono
della voce, e probabilmente fu quello più che le sue parole
a convincere Denise
ad alzare gli occhi verso di lui.
“Lo sapevo. Vedi che non riesci nemmeno a tenermi il broncio
che già ti senti
in colpa? È come ho detto io, ti piaccio ancora. Se hai
semplicemente bisogno
di un po’ di tempo basta chiedere. Io sono qui,
aspetterò. Non metterci troppo
però, mi raccomando” gli fece un sorriso radioso e
un occhiolino. Dopodichè si
alzò e se ne andò saltellando, senza dare al
ragazzo la possibilità di
replicare.
Certa gente è veramente
incredibile, non si arrendono neppure quando
sbattano la testa contro un muro di cinta. Povero me, che ho fatto di
male per
meritarmi ciò?
Si passò una mano sulla
testa e si tolse il cappello da pirata.
Appoggiò la testa contro il tronco dell’albero e
chiuse gli occhi. Iniziò a
contare. Dieci, nove, otto, sette, sei, cinque, quattro, tre, due,
uno…
“Daniel! Hai intenzione
di fare qualcosa oggi ho vuoi rimanere lì
impalato tutto il giorno?” Era la voce di Peter, che
scherzoso richiamava la
sua attenzione.
“Lascialo perdere, oggi il nostro capitano è
troppo impegnato con le sue
canzoncine per dar retta a noi” Questo invece era Lex
accompagnato dal suo tono
scocciato e provocatorio.
Erano passati esattamente dieci
minuti da quando si era seduto accanto
all’albero, e dieci minuti era il tempo massimo che i ragazzi
gli concedevano
per rilassarsi, prima di aver nuovamente bisogno di lui. A volte gli
sembravano
dei bambini piccoli in cerca di una figura paterna. Loro erano ragazzi
allo
sbaraglio in cerca di una guida, e lui si era assunto la
responsabilità di
comandarli. Era il capitano, l’uomo che li aveva portati alla
vittoria in più
di una battaglia contro Lo Squalo e che li superava tutti come
spadaccino.
Si alzò e si
risistemò il cappello sulla testa. Con passo decise
tornò
dalla sua ciurma per poi rivolgersi a Lex.
“Tranquillo Lex, dato che evidentemente ti stai annoiando il
tuo capitano
lascerà le canzoncine da parte per
sfidarti a duello. Dovresti essere
contento, sfuggirai all’inattività e avrai
un’occasione per dimostrare quando
effettivamente le tue doti di combattimento non vanno sprecate in
pomeriggi
oziosi” lo invitò con tono canzonatorio.
Lex impallidì, ma gli
altri ragazzi erano già eccitati all’idea di
assistere ad un duello tanto che formarono subito un cerchio attorno ai
due
contendenti, come per delimitare il loro campo d’azione. Era
raro che Daniel
dovesse usare la spada contro uno dei suoi, nessuno era così
pazzo da volere
farsi umiliare pubblicamente. Ma in quel periodo Lex si stava prendendo
troppe
libertà. Era il più grande della compagnia, aveva
compiuto diciott’anni il mese
scorso ed era fermamente convinto che la nomina di capitano gli
spettasse di
diritto com’era stato prima che Daniel lo surclassasse.
Daniel e Lex non si
erano mai potuti soffrire e quando Daniel aveva compiuto quindici anni,
il
giovane non aveva esitato a sfidare Lex per il comando. Il duello era
stato
lungo e senza esclusione di colpi, ma alla fine Daniel lo aveva battuto
divenendo capitano. Da allora non aveva più perso un duello,
diventando un
avversario imbattibile e la sua attitudine al comando gli aveva
procurato il
rispetto e l’approvazione della ciurma. Lex però
non aveva mai mandato giù il
rospo e dopo che aveva raggiunto i diciotto era diventato
incredibilmente
irritante. Evidentemente aveva bisogno di qualcuno che gli ricordasse
perché
non era più a capo della Spada Rossa, e Daniel non si
sarebbe fatto pregare per
indossare quel ruolo.
“Avanti, sfodera la
spada” lo intimò, facendo altrettanto con la sua,
una bellissima lama lucente che terminava con un’impugnatura
ricordante le onde
del mare grazie alle rifiniture in oro che la decoravano. La sua arma,
la sua
spada, la sua fedele compagnia. Gliela aveva regalata suo padre sette
anni
prima, e da allora non se ne era mai separato.
Quando anche Lex fu pronto per il duello, Daniel urlò
“in guardia!” e la sfida
ebbe inizio.
Lex aveva i riflessi lenti, una
difesa inesistente e uno schema
d’attacco prevedibile e quindi poco efficace.
L’unico punto a suo favore era la
forza. Colpiva sempre dall’alto, con lo scopo di sopraffare
l’avversario grazie
alla sua mole consistente. Daniel invece aveva un fisico più
slanciato, ben
proporzionato al suo metro e ottanta, ma non per questo era
più debole. Giocava
anche lui molto di forza, ma contava anche
sull’agilità e una tecnica
nettamente superiore a quella del ragazzo che gli stava di fronte.
Il duello era paragonabile ad una
danza condotta da Daniel. Lex tentò
subito un affondo che andò a vuoto. Daniel non si scompose
neppure, si limitò a
pararlo con la lama. Girarono attorno per qualche minuti studiandosi a
vicenda,
Daniel calmo e concentrato, Lex pieno di rabbia e smanioso di
attaccare. Il
tutto arricchito dalle urla di incoraggiamento degli altri ragazzi, che
parteggiavano tutti per il loro capitano.
Lex decise di partire alla carica con un altro affondo, poi un altro e
un altro
ancora, nella speranza di fare arretrare il suo avversario. Dan li
parò tutti o
li schivò senza il minimo sforzo.
“Andiamo Lex puoi fare di meglio, ora sono io quello che si
annoia.” Lo provocò
con un sorriso sghembo.
Lex urlò e cercò di attaccarlo
dall’alto, ma Daniel evitò la sua spada scartando
di lato all’ultimo secondo. Più Lex si arrabbiava,
meno i suoi colpi erano
efficaci e precisi, e questo Daniel lo sapeva eccome. Per farlo adirare
ancora
di più tornò a cantare il motivetto di poco
prima.
“Non è una gara canora, piantale di cincischiare e
prova a fare un affondo
invece!” gli sbraitò dietro Lex.
Daniel sorrise ancora di più. “Come
vuoi” e velocissimo incominciò un attacco
serrato. Il suo avversario iniziò ad arretrare, cedendo ai
colpi sicuri e
accurati di Daniel. “E dai, lo sai che non sto facendo
nemmeno sul serio, non
vorrai dirmi che veramente sei già stanco?” Fece
altri due affondi che
sfiorarono le gambe di Lex. Rise esclamando “Ora basta, mi
sono divertito
abbastanza” e con un’aggraziata manovra
disarmò il rivale che cadde a terra
come un sacco di patate.
Lex per tutta risposta si levò da terra da solo, rifiutando
l’aiuto. “è stata
solo fortuna, ricordatelo” sputò tra i denti, nero
in volto.
“Certamente, come le altre trecentottanta mila volte, sono un
ragazzo molto
fortunato.” Lo canzonò. Un grido eccitato
interruppe quel gentile scambio di
battute.
“Ragazzi! Arriva una nave! Laggiù
guardate!” Susan, una ragazzina di appena
quattordici anni, indicava entusiasta l’orizzonte,
catalizzando l’attenzione di
tutti su di lei.
“Susy, ti rircondo che questo è un porto, ogni
giorno arriva almeno una nave”
commentò con calma Peter, guardandolo attonito.
Susan lo fulminò con lo sguardo. “Al posto di fare
commenti stupidi guarda
meglio l’orizzonte sapientone. Quel veliero è
senza colori, vuol dire che è una
nave pirata!” Quattordici teste scattarono in sincronia dalla
giovane
all’orizzonte. “Caspita
hai ragione!”
esclamò sorpreso Peter.
“Oddio, non saranno venuti qui per depredarci,
vero?” Denise si portò una mano
alla bocca preoccupata. La paura prese il posto
dell’eccitazione. Sin da quando
erano bambini giocavano a fare i pirati, ma nessuno di loro provava
simpatia
per quella categoria. L’unico sentimento verso i bucanieri
era la paura.
Depredavano, saccheggiavano e uccidevano. Ciò era quello che
veniva insegnato
loro dai genitori e questo era quello che
Mormorii preoccupati si alzarono finché tutti non si
rivolsero verso Daniel.
“Capitano, che facciamo?” gli chiese Peter ansioso.
Ma Daniel era lontano anni luce con la mente. Il suo cuore aveva perso
due
battiti quando aveva scorto il veliero all’orizzonte, per poi
iniziare una
corsa sfrenata. Mille pensieri si erano accavallati l’un
l’altro, lasciandolo
stordito.
“Daniel, ehi Daniel sveglia! Non hai paura,
accidenti!?” Peter lo strattonò per
riportarlo con i piedi per terra.
Il giovane gli rivolse uno sguardo vacuo. Paura? E di cosa?
“Perché dovrei
averne?”
Peter lo squadrò incredulo. “I pirati, capitano!
Stanno arrivando, dobbiamo
avvertire la città!”
Daniel finalmente comprese. Loro avevano paura.
Per quanto potesse
sembrargli assurdo, loro li temevano. Ma
d’altro canto, loro non
potevano sapere quello che sapeva lui. Se non fosse preda di altri
sentimenti,
sarebbe scoppiato a ridere davanti a quelle facce tirate. Ma aveva
altro da
fare al momento.
“Andate a casa, ma non avvertite nessuno. Non vengono per
depredare.” Disse velocemente.
Doveva correre a casa anche lui, e in fretta. Ma quando si volse per
andarsene,
Peter lo trattenne per la giacca. “Cosa? Daniel, forse non ha
i capito, stanno
arrivando dei bracconieri per ridurre tutto a ferro e fuoco!”
gli urlò.
“Sei tu che non capisci. Non sono qui per farci del male,
fidatevi. Ora filate
a casa, ci vediamo domani. E state tranquilli, non vi
accadrà niente” Aggiunse
poi rivolto agli altri. Con uno strattone si liberò della
presa di Peter e
iniziò a correre verso casa.
Ad
ogni passo una gioia
selvaggia si impadroniva di lui, doveva assolutamente andare dalla
madre a
darle la notizia. Probabilmente sarebbe scoppiata dalla contentezza.
Lui per
primo si tratteneva a stento dall’urlare, felice come non
mai. Erano passati
tre anni dall’ultima volta, ma avrebbe riconosciuto quel
veliero tra mille.
Ormai temeva che si fosse dimenticato di loro!
In poco tempo raggiunse una
casupola ai confini della periferia della
cittadina. Si fiondò dentro sbattendo la porta in legno.
“Madre!” gridò,
ansimando per la corsa.
Sua madre, una bella donna sulla quarantina, era in cucina, intenta a
preparare
il pranzo, ma quando udì la voce del figlio si
girò di scatto, preoccupata,
agitando i capelli castano chiaro, lunghi e lisci.
“Daniel, che
succede?” domandò avvicinandosi al ragazzo.
“Madre”
ripeté Daniel, appoggiato alla parete, senza più
fiato in
corpo. Fece qualche respiro profondo per riprendersi. “Madre,
sta arrivando al
porto, non ci crederai ma l’ho vista con i miei occhi!
È qui” tentò di
spiegarsi.
Sua madre lo guardò
confusa. “Dan, cosa stai dicendo? Chi è
arrivato?”
Daniel le rivolse un sorriso a
trentadue denti. “