Fanfic su artisti musicali > Bangtan boys (BTS)
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Autore: Seeph    16/09/2016    3 recensioni
Rimosse la sicura e posizionò l’indice sul grilletto.
Poteva farlo, doveva.
Era pronto.
{ yoonmin } || 1785 words
Genere: Angst, Drammatico, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Min Yoongi/ Suga, Park Jimin
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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Cremisi


 
Il flebile scroscio della pioggia li circondava, coprendo ogni suono all’infuori del proprio e ogni traccia, ogni olezzo e la notte stava lentamente incombendo su di loro e su quel vasto luogo. Faceva freddo. Il bosco di notte faceva paura, molta, ma ciò che li stava cercando suscitava in loro un vero e proprio sentimento di terrore.
 
Dovevano fuggire. E salvarsi.
 
I due ragazzi erano nascosti, accovacciati, l’uno accanto all’altro. Respiravano affannosamente, feriti, deboli e sfiniti; ma cercavano di farlo il più silenziosamente possibile per non essere sentiti.
 
“Cazzo, si congela.”
 
Il corpo di Jimin tremò contro quello di Yoongi, non seppe dire se più per il freddo o per la paura.
 
Il maggiore posò una mano sul braccio di Jimin sfregando e creando dell’attrito nella speranza di regalargli almeno un po’ di calore. Jimin si voltò verso di lui e sorrise, grato per quel piccolo ma immenso gesto.
 
E Min Yoongi, riscoprendo quel meraviglioso sorriso, in quell’istante inconsciamente realizzò che non gli sarebbe importato poi molto di ciò che gli sarebbe successo quella notte. Vivere o morire non sarebbe stato rilevante, a patto che avrebbe potuto tenere per sempre con sé quel sorriso.
 
“Non lascerò che ci prendano.”
 
Jimin fece per annuire e per un attimo, solo un brevissimo istante, fu convinto del fatto che ce l’avrebbero fatta, ma smise di respirare quando sentì dei rumori provenire dall’esterno del loro nascondiglio. Rimase a fissare Yoongi, spaventato.
 
“Li sento. Hyung, si stanno avvicinando.”
 
Yoongi faticò a comprendere le parole che Jimin pronunciò in un sussurro.
 
“Sta’ tranquillo, ne usciremo.”
 
Yoongi disse quella frase, senza però crederci davvero. E nemmeno Jimin gli credette  ma, Dio, se avrebbe voluto farlo.
 
Jimin ricordò come, proprio quella stessa mattina, si fosse risvegliato con il corpo caldo di Yoongi aderente al suo. Ricordò lo scorrere delle  mani gentili del maggiore sulla sua figura, dopo essersi svegliato, e come l’avessero fatto sentire amato quelle piccole attenzioni. Rammentò il lungo bacio che si scambiarono prima di ridestarsi da quel letto e abbandonare le coperte, dando inizio ad una nuova giornata. Tenne presente tutto ciò e si chiese come avessero fatto a ritrovarsi lì, in quel bosco, feriti e a morire di freddo, impauriti e aspettando la fine.
 
Perché era quella che stavano aspettando. Entrambi lo sapevano bene, ma nessuno aveva il coraggio di dar voce a quel pensiero. Era come se quella verità, una volta pronunciata ad alta voce, sarebbe diventata sul serio reale.
 
Rimasero a lungo immobili, in silenzio, con le orecchie tese pronti a percepire qualsiasi vibrazione proveniente dall’esterno.
 
La notte arrivò e quella calma e cupa oscurità li avvolse pian piano, lentamente e completamente.
 
“E’ finita.”
 
Fu Jimin, quella notte, a prendere il coraggio a due mani e decretare quella loro condizione.
 
Il più piccolo tra i due ragazzi, con una lentezza snervante, fece scivolare una mano nella tasca della felpa scura, frugò al suo interno per pochi secondi e poi la riestrasse chiusa in un pugno. Fu quando Jimin riaprì  la mano, mostrandone al maggiore il contenuto, che quest’ultimo rabbrividì impercettibilmente.
 
Cinque proiettili.
 
I fiochi raggi lunari, quei pochi che riuscivano a spingersi fin dentro il loro nascondiglio, accarezzarono debolmente l’ottone posto nel palmo della mano di Jimin, facendolo risplendere di uno strano e tetro bagliore.
 
Yoongi deglutì, fissando ciò che Jimin reggeva con una delle sue mani, sentendosi inutile e impotente. Riportò poi il suo sguardo in quello dell’altro che lo stava già scrutando, forse un po’ impaurito, forse un po’ rassegnato.
 
Realizzarono di essere davvero vicini, solo un paio di centimetri tra i loro visi. Avrebbero potuto far scontare le loro labbra e perdersi in quello che, forse, sarebbe stato l’ultimo, agognato bacio. Entrambi, osservando furtivamente le labbra schiuse dell’altro, ebbero quel pensiero, eppure rimasero immobili.
 
Attesero.
 
“E’ l’unico modo.”
 
Fu ancora Jimin a parlare alzando poi le spalle, arreso.
 
Tutto ciò che però Yoongi riuscì a fare, udendo quelle parole, fu scuotere ripetutamente il capo in segno di negazione; perché no, non era possibile tutto quello, c’era sempre un modo, doveva esserci, per forza. Si rifiutò categoricamente di dar spazio a quella possibilità, rigettandola via dai suoi pensieri.
 
“Hyung...”
 
La voce di Jimin arrivò alle orecchie di Yoongi come un urlo, nonostante il minore avesse a stento mormorato quell’unica parola, riscuotendolo dai suoi pensieri. Il maggiore intrecciò il suo sguardo con quello quell’altro. Jimin parve davvero intenzionato a non tornare su quella sua decisione e Yoongi, per la seconda volta quella notte, si sentì inutile e avvertì un senso di vuoto all’interno del suo petto.
 
“Andrà bene, hyung. Vedrai.”
 
Jimin mostrò un sorriso rassicurante e il maggiore non poté far altro che affidarsi a lui.
 
“Come fai a dirlo?”
 
Jimin non rispose a quella domanda, non perché non volle farlo, semplicemente non seppe con quali parole avrebbe potuto replicare. Nemmeno lui in realtà sapeva se sarebbe davvero andata bene o meno, ma quale altra speranza avevano?
 
“Sarà solo un attimo.”
 
Yoongi osservò ancora le pallottole, ascoltando quella frase così spaventosa, e poi prese a scartare quelle inservibili. Con mano tremante afferrò il primo proiettile e, dopo averlo studiato, lo gettò via; lo stesso trattamento venne riservato al secondo che esaminò e poi all’ultimo. Ne rimasero due.
 
Per tutta la durata nella quale Yoongi compì l’azione successiva, a Jimin sembrò di vederlo spostarsi a rallentatore. Non apparve come qualcosa di reale.
 
Il minore, mentre reggeva ancora i due proiettili rimanenti, osservò Yoongi recuperare la pistola da dietro la schiena, aprire il caricatore e inserire cautamente quelle pallottole al suo interno. Caricò infine l’arma e, rigirandosela tra le mani, l’osservò a lungo e Jimin fece lo stesso.
 
 “Sì, solo un attimo.”
 
Yoongi ripeté a voce bassa le parole pronunciate da Jimin qualche attimo prima. Assunse un’espressione decisa e ritornò a guardare l’altro, ma si sorprese nel ritrovare i suoi occhi tristi e colmi di lacrime e, proprio in quel momento, realizzò di avere lui stesso il medesimo sguardo.
 
Il maggiore quasi si sentì mancare quando vide Jimin piangere. Una lacrima solitaria abbandonò la sua origine, dando inizio ad una lenta discesa. Un raggio lunare la fece scintillare e Yoongi comprese che quelli sarebbero stati davvero gli ultimi istanti. Nessuna ultima possibilità. Nessun ripensamento.
 
Nessun miracolo.
 
Yoongi sollevò la mano libera, quella che non teneva la pistola, e andò ad accarezzare la guancia di Jimin. Scacciò via quell’unica lacrima con un gesto del pollice ma fu inutile, perché altre lacrime presero il suo posto.
 
“Dio, perché?!”
 
Yoongi serrò i denti e chiese delle risposte, risposte che mai avrebbe avuto, a nessuno in particolare. Frustrazione. Tristezza. Rabbia. Una moltitudine di emozioni si concentrarono dentro di lui  mentre continuò ad accarezzare delicatamente il viso di Jimin.
 
“Mi dispiace così tanto.”
 
Jimin scosse piano il capo, sorridendogli ancora.
 
“Non è colpa tua, hyung.”
 
Yoongi adagiò la pistola sul suo grembo per andare a posare la mano sull’altra guancia di Jimin, incorniciandogli il volto.
 
E Yoongi si perse ad osservare per un’ultima volta il ragazzo di fronte a lui, studiando attentamente i tratti dolci e gentili del suo bel viso. Per secondi interminabili scrutò gli occhi scurissimi e profondi di Jimin, occhi che, nonostante lasciassero trasparire paura, lo guardavano ancora con attenzione e adorazione. Quelle guance che riuscivano, nonostante la bassissima temperatura, ad essere tiepide e offrire calore alle sue mani gelide. E poi quella bocca. Yoongi avrebbe passato il resto dei suoi miseri giorni a baciare e lambire quelle labbra piene e perfette che mai si sarebbe stancato di far sue.
 
Impresse a fuoco quel viso nella sua memoria di modo che, qualora ci fosse stato un dopo, lui l’avrebbe ricordato nitidamente anche allora.
 
Yoongi lasciò andare un singhiozzo, il primo di tanti, e il groppo in gola iniziò a fare meno male.
 
No, non se lo meritavano, nessuno meritava una fine del genere. Cos’avevano fatto di male per essersi meritati quel simile trattamento? Lui non lo sapeva, così come non lo sapeva Jimin. Non l’avrebbero mai saputo.
 
E fu così che Yoongi, annullando tutto il resto, attaccò senza pietà le labbra di Jimin. Il minore non poté far altro che ricambiare quel contatto e finalmente ci fu quello scambio di passione così ardentemente desiderato. Si baciarono a lungo, profondamente. Velocemente e poi lentamente. Con rabbia e con amore. Si spinsero di più verso l’altro per sentirsi fino in fondo, comprendendo che mai più avrebbero potuto farlo. Strinsero  tra le dita ciocche di capelli e inspirarono forte l’inebriante profumo dell’altro, non volendo sentire nient’altro.
 
Piansero tanto quella notte e molte lacrime scesero lungo i loro volti, rendendo salato e forse un po’ malinconico quel folle, ultimo bacio.
 
S’allontanarono lentamente, risollevando piano le palpebre e guardandosi a lungo negli occhi, fronte contro fronte. Ripresero gradualmente fiato, ma le lacrime non smisero mai, nemmeno per un secondo, di abbandonare i loro occhi.
 
Jimin, dopo un tempo che parve interminabile, andò a recuperare la pistola, porgendola a Yoongi, il quale la strinse tra le mani titubante.
 
"Sparami."
 
Yoongi però scosse la testa mentre, nel buio del nascondiglio rischiarato solo dai raggi di quella luna piena, Jimin vide i suoi occhi sbarrarsi a quel folle ordine.
 
"N-non... Non posso."
 
Le sue mani,  tra le quali ora stringeva saldamente quell’arma già pronta a far fuoco, tremarono ma Jimin le strinse prontamente tra le sue.
 
“Jimin, non hai paura?”
 
Il minore annuì.
 
“Un sacco.”
 
Yoongi deglutì non producendo alcun suono.
 
“Chiudi gli occhi.”
 
Jimin tirò su col naso, poi espirò forte prima di obbedire a quell’ordine.
 
Puntò la canna della pistola alla tempia del minore e questi sussultò, continuando comunque a tenere gli occhi chiusi.
 
Anche Yoongi si chiese come fossero arrivati a trovarsi in quell’orrenda situazione. Lui che aveva promesso a se stesso e a tutti gli altri di proteggere Jimin. Lui che aveva giurato solennemente che mai, nemmeno per un istante, Jimin avrebbe dovuto soffrire.
 
Adesso però era proprio lui, Min Yoongi, a star puntando un’arma contro Park Jimin.
 
Rimosse la sicura e posizionò l’indice sul grilletto.
 
Poteva farlo, doveva.
 
Era pronto.
 
“Yoongi.”
 
La voce dolce di Jimin raggiunse il maggiore facendolo trasalire; rimase in attesa.
 
“Ti amo.”
 
Yoongi esitò per un istante, assaporando appieno quelle parole miste a quell’inconfondibile timbro. Si morse il labbro inferiore fino a farlo sanguinare, pur di non lasciare andare alcun lamento. Altre lacrime abbandonarono i suoi occhi, ma Jimin non poté vederle.
 
“Anche io, Jimin, non puoi immaginare quanto.”
 
E così la fine arrivò, molto più spaventosa di come quei due ragazzi l’avessero immaginata. In ogni caso, però, avrebbero scelto comunque di metter fine a tutto. Mai sarebbero tornati suoi loro passi.
 
“Ti prego, perdonami se puoi.”
 
Il boato di uno sparo riecheggiò a lungo per tutta l'area circostante; poi un secondo sparo.
 
E il silenzio ritornò a regnare.

 
   
 
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