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Autore: Feliscia    04/05/2009    0 recensioni
Brittany dovrà fare i conti con un incidente grave che la vedrà coinvolta, il quale segnerà la sua vita per sempre. Le cose cambieranno quando incontrerà Kyle, reduce da un passato drammatico e tormentato. Pura coincidenza o destino? Un’appassionante storia d’amore che vi terrà con il fiato sospeso.
Genere: Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Ho reinserito questa FF in seguito ad un mio errore, scusate per il disagio.

Il respiro di un angelo

Capitolo 1

E’ tutta colpa mia.

Mi ripetei queste parole incessantemente sotto la pioggia, che mi bagnava il viso e mi scorreva sul corpo. E’ passato esattamente un anno. Accarezzai la lapide gelata e la abbracciai.

Era una mattina fredda, nessun rumore intorno, come se anche gli uccelli fossero in lutto.

Tutti mi guardavano con compassione e tristezza. Non piangevo, avrei voluto che tutto questo finisse. Avrei voluto gridare tra la folla, in fondo sapevo che era solo colpa mia.

Tua madre mi guardava, probabilmente mi odiava, come contraddirla, le avevo portato via la persona a cui teneva di più al mondo. Sbattevo le palpebre, come se mi volessi risvegliare da un incubo. Mi fecero accarezzare la tua bara, che cosa inutile, tanto tu non mi avresti mai più visto.

Mia madre continuava a parlare a macchinetta, la vidi diversa, forse stava solo fingendo, forse voleva soltanto la figlia di prima. In fondo aveva ragione, ero cambiata parecchio. Ricordo che un giorno l’avevo sentita parlare al telefono, diceva che non sorridevo più e non sapeva come comportarsi. Quel giorno mi lasciò davanti alla scuola e la vidi andare via. Quando era in fondo al vialetto girai le spalle ed entrai nell’edificio. Mi diressi verso l’armadietto velocemente, me ne fregavo altamente di quello che diceva la gente. Il gruppo popolare della scuola mi passò di fianco, questa volta non fece commenti spregevoli. Da quella notte nessuno mi diceva più le cose in faccia, però tutto il mondo parlava alle mie spalle, come se sapevano, invece no. Nessuno sapeva. Sbattei il mio armadietto forte, forse alcuni si voltarono, forse no. Per me era irrilevante. Al mio arrivo in classe tutti mi fissarono.

- Cosa avete da guardare?- urlai spazientita.

Loro mi guardarono sorpresi, non erano abituati a una Brittany cupa e nervosa. La prof mi guardò come se volesse rimproverarmi, ma subito dopo abbassò lo sguardo incominciando l’appello. Fuori iniziò a piovere e tutto mi riportò a quella notte, una lacrima mi bagnò il viso. Una serie di momenti ripercorsero la mia mente, la macchina, il litigio, il frastuono e l’ambulanza che ti portava via, mentre sussurrando mi ripetevi – il respiro di un angelo – Non saprò mai che cosa significava, non avrei mai più rivisto il tuo sorriso, mi mancavi.

Quel pomeriggio era strano, mia madre ogni tanto entrava in camera mia e mi guardava aprendo la porta come se volesse dirmi qualcosa, ma poi si allontanava subito. Finalmente la sera si decise a parlarmi. Il suo sguardo nascondeva qualcosa che però non ero riuscita a comprendere.

-Amore, tra poco finisce la scuola, avevo pensato che potevamo stare per un po’ dalla zia a Dallas e prenderci una pausa lontano da qui. – mi disse dolcemente.

Forse non aveva tutti torti, una pausa ci avrebbe fatto bene, avevo bisogno di allontanarmi dal posto che custodiva ogni singolo momento e ricordo della mia turbolenta vita. Io annuì e la abbracciai. Non mi ci volle molto a preparare i bagagli, non avevo una grande quantità di vestiti o accessori, mamma a volte diceva che forse qualche cosa di diverso dalle solite felpe o jeans non avrebbe guastato, ma non aveva mai tempo per fare shopping.

- A Dallas troveremo qualcosa di carino che potrai mettere – mi aveva detto la sera prima di partire.

Io avevo risposto con poco entusiasmo, forse troppo poco, perché mi disse di mostrarle un bel sorriso. La settimana passò abbastanza velocemente, tra i vari preparativi per la partenza e gli ultimi giorni di scuola. La mattina della partenza mi svegliai di buon’ora, mamma aveva detto che non aveva nessuna intenzione di tardare. Avremmo percorso 600 km con l’automobile. La mia paura era di non riuscire ad arrivare a destinazione, quella macchina aveva 20 anni, ma mamma era troppo affezionata” alla sua baby”, così la chiamava, per comprarne una nuova. Quando avevo cercato di protestare lei aveva ribadito che finchè sarebbe funzionata non avremmo cambiato nulla. Forse amava tanto quell’auto perché le ricordava tutte le sue avventure con papà, e quando girava il mondo. Alla mia nascita però avevano dovuto smettere. E dalla morte di David, mamma voleva farmi sorridere in tutti modi e pensava che un giro del mondo avrebbe cambiato le cose. Il viaggio fu abbastanza tranquillo, senza contare del fatto che rimanemmo bloccati nel traffico per circa un’ ora in quanto si era rovesciato il carico di un mezzo di trasporto e aveva fermato tutte le macchine, per fortuna non c’erano stati feriti.
  
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