Tatoo
Stava
soffrendo molto.
La
tortura aveva avuto inizio da solo venti minuti, e lui già voleva scappare via.
Ma come poteva darsi alla fuga proprio a metà
missione?
Perché quella per lui, era una vera e propria impresa. Ormai aveva
quindici anni, e doveva dimostrare di essere diventato un uomo coraggioso in
qualche modo. Quello, bè...era forse un modo un po’ infantile di dimostrare
coraggio, d’altronde non tutti riuscivano ad accettare una simile prova.
- Ehi, non metterti a tremare, altrimenti qua
succede un casino.- urlò la donna con i capelli più abbaglianti che lui avesse mai visto.
Erano
un concentrato di colori, tutti mescolati assieme: alcune ciocche rosa, altre
verdi affiancate da lunghe meches bionde e arancio,
due ciuffi a mo’ di frangetta neri e blu.
Era
rimasto sconcertato quando, entrando nel locale, l’aveva vista la prima volta. Quel
giorno aveva anche le lenti a contatto colorate,completamente
bianche; da morir d’infarto per uno non abituato come lui.
- Mi scusi, starò
più attento.-
Chiuse
gli occhi azzurri, cercando di concentrarsi su qualcos’altro. Pensò al suo atto
di coraggio, e a come lo avrebbero ammirato al Garden l’indomani. O forse si sarebbe beccato una punizione?
Cambiò
pensiero, e immaginò la reazione di sua madre, una donna molto comprensiva. Gli
avrebbe dato una bella pacca sulla spalla dicendogli quanto ne fosse
orgogliosa. No, ripensandoci forse si sarebbe incavolata così tanto da
sbatterlo fuori di casa.
Tremò
di nuovo. - Vuoi star fermo?- ripeté la donna con la sua voce bassa e roca. Gli
spinse con forza il viso sul tavolo per bloccargli il tremolio.
- Mi...mi dispiace...- provò a dire il
ragazzino.
- Se viene male, mi
pagherai lo stesso perché non è colpa mia...sappilo.-
Lui
annuì con un mugolio, e chiuse nuovamente gli occhi in cerca di distrazione.
Tentò d’inspirare profondamente, cercando però di rimanere immobile.
- Ma cosa vuol dire
questo strano simbolo?- gli chiese la donna all’improvviso, incuriosita, o
forse solo annoiata.
- Ehm...veramente non lo so...- ammise lui,
leggermente imbarazzato.
- Non sai che vuol dire, e vuoi tenerlo
addosso per tutta la vita? Certo che sei strano...-
Era
particolarmente permaloso, anche se non l’avrebbe mai ammesso, e quella frase
lo infastidì - L’ho sognato...ed io credo che i sogni
siano molto importanti. Lo stava disegnando mio nonno sulla
sabbia della spiaggia...- raccontò lui -...mio nonno è morto da qualche
anno. Io lo ammiravo molto, e sogno di diventare un grande
soldato valoroso come lui. Per questo da domani inizierò a frequentare il
Garden di Balamb!-
Non
vedeva l’ora che fosse il giorno successivo per
iniziare la strada verso il suo sogno.
- Ah ho capito...- iniziò la donna -...credi
che il tuo caro nonnino ti abbia dato questo simbolo come una specie di portafortuna
immagino...-
- Esatto, esatto...come l’hai capito?- chiese curioso, forse quella era una donna dotata di strani
poteri magici. Si sarebbe spiegata quella strana acconciatura almeno!
- Mah, hai la faccia da credulone,
quindi...intendi diventare un Seed eh?-
Affondò
con l’ago nella carne, e lui mugolò per il dolore improvviso dimenticandosi
dell’offesa sottile appena ricevuta.
- A me non piace quella gente...- continuava
lei incurante del dolore provocatogli -...quando camminano per la città sembra
esistano solo loro, ti squadrano dall’alto in basso e con uno sguardo di
compassione come per dire “guarda quella poveretta, non ha la fortuna di essere
come noi”...-
Forse dipende da come vai
pettinata in giro!
Bloccò
il pensiero per una volta, felice di essere riuscito a trattenerlo nella sua
testa.
- Ma capisco perché
voi ragazzini volete diventare come loro...nelle loro uniformi così costose,
nei loro Garden così luccicanti...è una vita militare di lusso quella. Sei
fortunato ad essere riuscito a iscriverti.-
Lo
spinse ancora più forte contro il tavolo, mentre il poveretto a stento
tratteneva la voce per il dolore. Avvertiva quell’ago malefico entrargli e
uscirgli dalla pelle, tingendola d’inchiostro nero.
Ma quanto sarebbe durata ancora? Quella donna non gli piaceva
granché, e il male iniziava a farsi insopportabile.
- Manca ancora molto?- chiese con la voce
piccola piccola. La donna lo squadrò confusa e sorpresa.
- Non starai sentendo dolore, vero?-
Lui
scosse gli occhi, poiché la testa era bloccata dalle mani della sua
torturatrice. - Bene, perché nessuno può sentir male con
me...sono la più abile a fare questo genere di cose, in tutto il mondo.-
Ma perché adesso si sta vantando?
Sospirò,
sicuro che la risposta non gli sarebbe arrivata mai. Nel silenzio che seguì si
domandò più volte perché avesse deciso di fare una sciocchezza del genere, e
l’unica cosa che gli veniva in mente come risposta erano
gli occhi azzurri di quel tipo incontrato al Garden il giorno dell’iscrizione.
L’aveva accompagnato sua madre, e insieme nella hall
stavano aspettando una professoressa per terminare effettivamente la sua
ammissione al Garden di Balamb. Era eccitatissimo e non faceva altro che vagare
con gli occhi per quell’edificio così grande, sugli studenti nelle loro
uniformi e ripensando all’uomo gentile poco prima incontrato che aveva rivelato
essere il preside.
Poi
aveva sentito una voce maschile alle sue spalle, dal tono molto arrogante. Si
era voltato, e aveva visto questo ragazzo di circa la sua età, con un lungo
cappotto bianco e dei capelli biondo-rossiccio arruffati.
Si erano guardati per un istante, fino a che il ragazzo non gli aveva rivelato
un ghigno sprezzante sul viso.
- Ah accidenti...- aveva iniziato a dire ai
suoi due amici, un ragazzo piuttosto robusto ed una ragazza dagli strani
capelli argentati -...ecco qui un altro novellino. E si è fatto addirittura
portare dalla sua mammina, povero piccolo.-
Da
quell’istante era stato odio puro, impulsivo com’era si era scagliato contro il
ragazzo, finendo però a terra sottomesso dalla sua
incredibile forza. - Guarda che non ti conviene attacar briga con
me...galletto.-
Si
era alzato, e se n’era andato assieme alla sua risata altezzosa. Lui era
rimasto seduto a terra, mentre la madre lo raggiungeva preoccupata.
Così
si era ripromesso che gliel’avrebbe fatta pagare non
appena fosse entrato al Garden e lo avesse visto.
Seifer
si chiamava, o così gli avevano detto poco dopo. Aggiungendo di starci alla larga, che era solo un arrogante e
attaccabrighe. Lui però non riusciva a non ribattere a quelle provocazioni.
La
prova di coraggio era dovuta anche a quello che era
successo, per far capire che lui era davvero un ragazzo meritevole di diventare
un Seed.
- Ecco fatto...ho
finito.-
Non
se n’era accorto, ma la donna sembrava aver finito il suo lavoro. Gli rinfrescò
la guancia con un panno bagnato, mentre lui cercava i soldi per pagarla.
Guardò
nel portafogli, e si rese conto con terrore di averli dimenticati sul comodino
di casa. Sudò freddo per un istante, restando immobile senza lasciar trapelare
i suoi pensieri. Anche questo, dopotutto, faceva parte
dell’allenamento per diventare un buon Seed.
Le
sorrise brevemente, mentre la donna lo osservava confusa, poi iniziò a frugare nello zainetto blu che si era portato dietro.
Doveva pur avere dei soldi di riserva da qualche parte!
Come
un’illuminazione, gli capitò fra le mani una bustina con tutte le monete che
stava mettendo via da mesi, nell’eventualità appunto di restare senza soldi. La
prese, sorrise di nuovo alla donna che nel frattempo
innervosita, si avvolgeva una ciocca di capelli rosa attorno al dito con
fare annoiato. Poi iniziò a estrarre le monetine una
per volta, posandole con cura sul bancone creando piccole torrette da 10 guil
l’una.
-...35...36...37...-
La
donna lo osservava spiazzata, mentre lui aggiungeva un’altra torretta di monete
alla lista per il pagamento. -...63...64...65...-
Doveva
arrivare a 3 mila guil, e non sapeva se ce l’avrebbe
mai fatta, dal canto suo la donna stava già pensando a dove avrebbe messo
quelle tremila monete una volta finito il pagamento.
Mentre impilava l’ultimo guil per completare i primi 100, starnutì
improvvisamente. Con la cresta dei capelli colpì accidentalmente una penna
stilografica che stava lì posata nel portapenne, cadde e rotolò fino a colpire
la prima torretta di monete. Questa si distrusse in un rumore metallico, sopra
alle restanti, ed una per volta tutte le monetine finirono a terra compiendo un
lungo salto nel vuoto. Il tutto successe in pochi, minuziosissimi millimetri di
secondo.
Il
ragazzo restò imbambolato ad osservare la scena, mentre alla donna sfuggiva una risata sfrenata. Negli occhi azzurri di lui si formarono due grossi lacrimoni, poi si accucciò per cercare
di recuperare ogni singola moneta.
Alzò
lo sguardo e la vide scuotere la testa - No
tieniteli...mi sei simpatico e ti faccio un regalo.-
- Ma è sicura?-
La
donna aveva annuito con enfasi - Promettimi solo di
diventare un Seed che non mi guarderà dall’alto in basso. E
portami qualche tuo amico un giorno.- gli fece l’occhiolino mentre lui si
avviava alla porta del negozio.
- Ok, lo prometto.-
Uscì
dal locale, e s’incamminò verso casa, con la guancia dolorante e la paura per
la reazione della madre. Mentre passeggiava lungo la
strada, gli capitò di guardare alla sua sinistra, in una vetrina. Il suo
riflesso s’intravedeva nella luce del tramonto.
Si
avvicinò e si guardò bene il viso. Sul lato sinistro adesso stava ben disegnato
un tatuaggio nero, dal simbolo sconosciuto ma per lui molto importante. Sorrise
allegro al se stesso del riflesso.
Eccomi, un nuovo Zell. Vedrai Seifer, mangerai la mia polvere un giorno.
Questa è una promessa.
Fine
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Ah, l’avevo detto che prima o poi avrei scritto qualcosa su Zell ^^ dunque eccomi
qua, con una piccola gag su di lui, il pg più
spassoso, dolcioso e cuccioloso di tutta la serie di Final Fantasy!
Scusatemi, ma io lo adoro, è uno
dei miei preferiti in assoluto *_*
Spero vi siate divertiti a leggere
questa fic, almeno la metà di quanto mi sia divertita
io nello scriverla ^^
Ringraziamenti dovuti alla mia
Beta *_* se non ci fosse stata lei che mentre
parlavamo mi ha dato l’illuminazione, la storia delle monetine potevate
scordarvela XD
Bene, vado...chiedervi
una piccola recensione è chiedere troppo forse? ç_ç
Kiss, Selhin