Serie TV > Merlin
Ricorda la storia  |      
Autore: Ice Star    20/09/2016    1 recensioni
[...]Strinse le mani a pugni e poi le riaprì, tornando a tormentare il bordo del contenitore in modo da specchiarsi ancora nell'acqua limpida: i capelli neri erano umidi ed attaccati alla fronte, facendo risaltare la pelle candida e un paio di leggere occhiaie violacee che contornavano i suoi occhi blu notte che, in assenza di una qualche fonte di luce a colpirli, gli sembrarono stranamente vuoti e lontani, come se non gli appartenessero[...]
Genere: Angst, Introspettivo, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Gaius, Merlino, Principe Artù, Un po' tutti
Note: Missing Moments, OOC | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

Same clothes, same scars


Image and video hosting by TinyPic

 

“We die a little every day
and by degrees  we’re reborn
into different men,
older men in the same clothes,
with the same scars.” 
― Mark Lawrence





Il sole sembrava faticare ad uscire dalle nuvole, come se fosse restio ad abbandonare un morbido giaciglio di piume. Solo qualche scia di luce decise di illuminare leggermente la città di Camelot, riflettendosi nelle vetrate del maestoso castello che dominava il paesaggio con le bandiere placidamente spiegate dal morbido vento.
Fu proprio una di queste lame di luce ad entrare in una piccola finestra, illuminando il muro su cui erano fissi due occhi blu, aperti e attenti a ciò che accadeva intorno eppure così persi nel turbinio di vorticosi pensieri.
Svogliate, le iridi stanche rimasero fisse sulla parete debolmente illuminata, spostandosi poi alla finestra accompagnate da un leggerissimo sbuffo infastidito.
Merlino si alzò dalla posizione supina, sedendosi sul bordo del proprio giaciglio con i gomiti sulle ginocchia e le mani intente a stropicciare le palpebre appesantite dal sonno e i capelli ritti dal troppo pensare, come se le parole che gli ronzavano in testa stessero cercando di fuggire dalla sua mente solo per fargli smettere di pensare. Come se ciò fosse anche solo lontanamente possibile.
Si alzò dal letto e si sfilò svogliatamente la casacca che usava per dormire, gettandola in un angolo ed avvicinandosi al catino d'acqua abbandonato contro il muro.
Ascoltò distrattamente il tramestio di posate e ampolle che passava attraverso il legno della porta e si inginocchiò davanti al contenitore di metallo ancora pieno dell'acqua della sera prima, inutilizzata per la stanchezza ed i troppi pensieri che, alla fine, gli avevano impedito di dormire.
Affondò le mani a coppa nel liquido gelido e se le passò sul viso, sperando di lavare via le domande e le preoccupazioni assieme al suo sguardo triste e freddo; ma fu proprio quello sguardo a fermare le sue dita a pochi centimetri dal pelo dell'acqua, bloccandolo come se stesse fissando due iridi estranee e minacciose.
Fissò il proprio riflesso con la curiosità di un bambino di fronte a qualcosa di nuovo e sconosciuto. I pensieri cancellati come orme sulla battigia portate via dall'oceano.

“-Non salverò la vita ad un uomo destinato ad uccidere Artù-”

Non aveva davvero detto quelle parole. Non era sua la voce che ricordava. Non era suo il riflesso nell'acqua.
Quello non era lui.
Strinse le labbra chiare in una linea dritta, facendo risaltare gli zigomi pallidi solcati ancora da goccioline d'acqua che, impigliate nei capelli, percorrevano placidamente quella pelle lattea priva di imperfezioni.
Non riuscì a non pensare che l'uomo destinato ad uccidere Artù era ancora vivo e si trovava solamente a pochi corridoi da lui, probabilmente ancora addormentato su morbide coltri ed avvolto da un sonno ignaro e dolce.
Era stato tutto inutile.
Le labbra serrate assunsero una linea sbilenca, incerte se piegarsi all'insù in un riso amaro e stizzito o all'ingiù, in una tristezza ancor più amara e sciocca.
Aveva fallito.
Non importava quale fosse la sua missione o quanti ostacoli doveva superare, lui non poteva permettersi di fallire per nessun motivo.
Ancora.
Erano morti in troppi proteggendolo. Erano troppi gli sguardi che, arrabbiati e supplichevoli, lo perseguitavano notte dopo notte, incubo dopo incubo.
Calde gocce si mescolarono all'acqua sul suo viso, inumidendogli di sale le labbra mentre lo sguardo si appannava leggermente. Le dita magre strinsero così forte il bordo di metallo da sbiancare fino all'inverosimile, mentre i denti affondavano nella carne del labbro inferiore, causandogli un dolore che non sentì, troppo preso a cercare di respirare con un macigno nel petto.
Era stanco, Merlino.
Era un giovane ragazzo dotato di poteri straordinari e costretto a portare sulle proprie spalle non solo il destino di un uomo, ma quello di un intero popolo che da troppo tempo era costretto a nascondersi e fuggire come un branco di animali inseguito da bestie feroci o, peggio, da esseri umani. Perché era in quel modo che si sentiva: costretto a nascondere il proprio dono e stare in guardia ogni volta che veniva chiamata in causa la magia. Era disgustato nel sentire le persone che parlavano di quell'uomo o quella donna che catturato da qualche parte nel regno ed arso sul rogo o gettato in qualche fiume o, peggio, impiccato e lasciato a marcire nei becchi dei corvi.
E lui non stava facendo nulla.
Pallido e in preda ad un pianto silenzioso, Merlino rabbrividì sempre di più con le gocce che, lungo il collo, scendevano sulla sua pelle come ad accarezzarlo e consolarlo con inutile dolcezza.
Non riusciva ad immaginare come potessero vivere le streghe e i maghi sempre in fuga, costretti a guardarsi le spalle mentre lui doveva assicurarsi che Albione sorgesse per salvare le loro vite, per fare in modo che la luce del sole potesse accarezzare iridi dorate e mostrare al mondo la bellezza della magia.
Un compito gravoso era posato sulle spalle fragili di quel ragazzo le cui ossa andavano piegandosi, rafforzandosi e spezzandosi ogni giorno.
Si chinò un poco sulla tinozza, sbattendo le palpebre per scacciare qualche lacrima.
Le dita si rilassarono e si portò le mani davanti al viso, spostando l'attenzione dal riflesso dei suoi occhi ai palmi delle sue mani.
Riprese a respirare lentamente, calmandosi e smettendo di piangere mentre il suo volto assumeva un'espressione vuota, persa in mille domande che, invece di risolversi in risposte, si accumulavano l'una sull'altra fino ad appesantire la sua testa, causandogli emicranie incurabili persino per i rimedi di Gaius. E se Gaius non poteva fare nulla, la situazione doveva essere grave.
-Perché io? Perché...perché grava proprio su di me un destino tanto confuso e...irto di ostacoli?- si chiese in un sussurro, faticando a riconoscere la propria voce in quel sibilo basso e incrinato dalla rabbia e dalla tristezza.
Strinse le mani a pugni e poi le riaprì, tornando a tormentare il bordo del contenitore in modo da specchiarsi ancora nell'acqua limpida: i capelli neri erano umidi ed attaccati alla fronte, facendo risaltare la pelle candida e un paio di leggere occhiaie violacee che contornavano i suoi occhi blu notte che, in assenza di una qualche fonte di luce a colpirli, gli sembrarono stranamente vuoti e lontani, come se non gli appartenessero.

“-Che è successo a quel ragazzino che è arrivato da me soltanto qualche anno fa?-”

Già, cosa gli era successo in quegli anni passati a Camelot? Come aveva fatto quel giovane ragazzo pieno di vita a trasformarsi in un uomo quasi senza cuore e disposto ad uccidere qualcuno per portare a termine i propri?
In fondo, non era poi tanto diverso da coloro con cui si era scontrato...
Digrignò i denti, disgustato anche solo all'idea di aver architettato la morte di qualcuno e, inoltre, di doverla progettare in futuro.
Perché lui doveva uccidere Mordred. Doveva impedirgli di fare del male ad Artù, anche se aveva letto sincerità e bontà nelle sue iridi chiare.
Si sentì disgustato perfino da se stesso, incapace di pensare ad un'altra soluzione che non comportasse un omicidio come faceva anni or sono, cercando sempre qualcosa di buono in tutto ciò che gli accadeva e provando a salvare tutti, persino i propri nemici.
Ma com'era andata a finire con quelli che aveva risparmiato? Mordred era destinato ad uccidere il re e Morgana, che un tempo aveva aiutato e capito, era diventata una donna priva di sentimenti e disposta a tutto pur di distruggere Artù ed impossessarsi del trono.
La sua bontà non avevano portato a nulla oltre all'odio di coloro che aveva cercato di proteggere e alla morte delle persone da lui amate.
Continuò a fissare con sguardo vacuo la superficie scura dell'acqua.
Era lui l'uomo riflesso?
Si portò due dita alle labbra, osservando il ragazzo nell'acqua fare lo stesso.
Si sentiva strano osservando quella figura pallida e magra ricopiare i suoi movimenti.
Aveva perso così tanto.
Chiuse lentamente le palpebre, lasciando che una lacrima scivolasse via freddamente e cadesse nel catino.
La sua immagine venne distorta dalle onde per un momento.
Ripensò a Freya, ai suoi grandi occhi curiosi ed il fantasma di un leggero sorriso piegò per qualche istante le sue labbra, ancora premute su quelle morbide di lei in un dolce ricordo.
Appartenenza. Fiducia. Comprensione. Amore.
Non aveva mai più provato nulla del genere nei confronti di una ragazza, o di una qualsiasi persona che avesse incrociato la sua via.
Altre lacrime scesero lungo le sue guance ormai asciutte dall'acqua, lacrime che non aveva versato sul corpo di suo padre per non far capire ad Artù cosa lo legasse a quell'uomo.
Non aveva potuto amarlo.
Non aveva potuto piangerlo.
Si premette un pugno contro le labbra chiuse quando un singhiozzo sfuggì ad esse e fece appena in tempo a trattenerne uno più forte.
Chino su quella tinozza e sempre più curvo verso l'acqua, sentì le spalle sussultare lievemente a quel pianto silenzioso.
Incrociò le braccia e si portò le mani sulle spalle, abbracciando e consolando se stesso.
Ora non aveva neanche se stesso a consolarsi.
Nessuno avrebbe mai potuto consolarlo da ciò che lo affliggeva, così come nessuno ci era mai riuscito.
“Quasi nessuno”, pensò con un salato sorriso che scomparve in meno di un'istante.
Il tempo di un bagliore.
Il ricordo di Will che gli sorrideva dopo che gli aveva rivelato il suo segreto era uno dei suoi tesori più preziosi.
Quando la gente scopriva il suo dono, di solito, fuggivano spaventati da lui, come se quegli occhi d'oro fossero la quintessenza del demonio stesso.
Quel ragazzo, invece, era semplicemente ammutolito per qualche istante e poi, ridendo a crepapelle, gli aveva chiesto di compiere magie assurde. Stregare la scopa della vecchietta scorbutica che vendeva il pane per farla spaventare a morte e poi farsi inseguire da quella stessa vecchietta ed essere picchiati con quella stessa scopa era tra quelle. Anche se non era certo che i lividi fossero stati contemplati nel piano originale.
Rise in un sussurro, asciugandosi le lacrime dal viso con il dorso del pugno chiuso.
Tutti quei volti passarono nella sua mente come una processione il cui unico scopo era far sanguinare sempre di più il suo cuore straziato e rattoppato.
Come se fosse possibile.

“-È più maturo-”

Ingoiò a vuoto un paio di volte, continuando ad asciugarsi il viso con le mani ed alzandosi in piedi.
Era dovuto crescere, assimilando il dolore di quelle perdite premature e l'odio di coloro che avevano tentato, più volte, di fermare il suo destino.
Aveva dovuto fare tante cose e poche di queste coincidevano con ciò che avrebbe voluto fare.
E nessuna di esse era avvenuta prima del suo arrivo a Camelot.
Altro che regno di pace, quel posto sembrava una calamita di sventure per la sua consunta pazienza.
Il sorriso si spense lievemente sul suo viso.Il pensiero dello sguardo che Gaius gli aveva lanciato sentendo quella risposta gli fece tornare in mente la sequela di brutti pensieri che lo avevano colto in quel momento con la guardia bassa.
Stentava a riconoscere se stesso, Merlino.
Aveva votato se stesso al destino di Artù e all'ascesa di Albione e nulla aveva più toccato il suo cuore, spento assieme alla sua anima dal tempo e dal freddo.
Nessuno aveva notato quel cambiamento nel suo essere, eccetto il cerusico che, avendolo costantemente sotto gli occhi, non poteva non aver capito quanto fossero fragili i sorrisi di Merlino.
Sorrideva, il mago, di un sorriso leggero quanto la fiamma di una candela che va spegnendosi, così fragile che un soffio di brezza avrebbe potuto farlo scomparire come niente.
Non ricordava più cosa volesse dire amare qualcuno senza la costante paura di un pericolo. Non era nemmeno certo di ricordare quelle sensazioni che aveva provato il primo giorno arrivato lì, ai piedi di quel castello che dominava tutto e tutti.
Sorrise velatamente, osservando la finestra e ripensando al momento in cui si era affacciato per la prima volta da lì: si era sentito sul tetto del mondo e così vicino al cielo da poterlo toccare. Solo cavalcare la schiena del Grande Drago aveva superato di gran lunga quella sensazione, riducendola ad un formicolio sulle dita e alla paura di cadere da tale altezza.
Tutto ciò che gli era rimasto di quei giorni lontani era la spossatezza di ciò che pesava sul suo capo accompagnata dal senso del dovere, unica cosa a tenerlo in vita.

“-...e sa cos'è il senso del dovere- “

Si voltò con calma e si avvicinò al proprio armadio, tirandone fuori dei vestiti puliti da indossare.
Si cambiò lentamente con movimenti meccanici, infilandosi la casacca blu e scompigliandosi i capelli nell'inutile tentativo di sistemarli un poco.
Non cercò neppure di osservare la propria immagine riflessa, spaventato all'idea di doversi scontrare ancora con quegli occhi freddi e lontani che si rifiutava di riconoscere come propri.
-Merlino, sei in ritardo!- la voce di Gaius raggiunse la sua mente, dipanando lentamente la coltre dei suoi pensieri.
Fece per raggiungere la porta ma si voltò ed andò a raccattare qualcosa dall'armadio.
-Merlino!-
Spalancò leggermente gli occhi, annodandosi troppo strettamente il fazzoletto rosso e rischiando di soffocarsi da solo.
- Dove ti sei cacciato, buono a nulla?!- Artù continuò ad urlare improperi contro il suo servitore che, con il fantasma di un sorriso sulle labbra, ascoltava le parole rifilate da Gaius al re.
Artù era ancora vivo, Albione sarebbe sorta e, presto, il suo compito sarebbe stato compiuto.
Un brivido percorse la sua schiena e il pensiero di cosa sarebbe potuto accadere dopo gli annebbiò la vista per qualche istante.
Come sarebbe andata a finire, non gli era dato saperlo e non riusciva a capire se fosse o meno una cosa negativa.
D'altra parte lui era un mago ma non poteva cert-
-Merlino!!!- Artù continuò ad urlare e la porta si aprì di scatto, costringendolo ad arretrare di un paio di passi con le iridi spalancate.
-S-Sire...- disse a fil di voce, inchinandosi leggermente.
Il re arcuò un sopracciglio a quella strana ed inaspettata dimostrazione di sussiegoso rispetto. Allungò una mano e afferrò il ragazzo per la collottola senza troppe cerimonie, tirandoselo dietro fino all'ingresso dello studio medico.
-Sapevo che eri un servitore inutile ed incapace ma credevo che non avresti più dimenticato di svegliarmi. A quanto pare mi sbagliavo- disse con tono petulante, facendo sorridere lievemente il mago.
-Mi scusi per non averla svegliata, vostra pigrezza- affermò scherzosamente, liberandosi dalla presa del biondo per infilarsi la giacca.
Artù lo osservò appoggiato allo stipite della porta aperta, incamminandosi poi con i suoi passi alle spalle mentre gli rispondeva a tono, intavolando la solita guerra di epiteti sciocchi e scappellotti volanti.
Gaius osservò con un sopracciglio sollevato la porta che si chiudeva lentamente, attutendo la voce dei due giovani che si allontanavano. Scosse la testa, togliendo dal tavolo la colazione intoccata di Merlino e borbottando qualcosa sulla gioventù moderna.
Si fermò con un'ampolla a mezz'aria, perdendo lo sguardo nel vuoto.
Poteva solo immaginare cosa stesse passando quel giovane mago, piegato sotto il peso di un destino che non avrebbe dovuto gravare su nessuno, ben che meno su Merlino.
Sorrise leggermente, ricordandosi di dover ripetere più spesso a quel ragazzo quanto fosse orgoglioso di lui.
Forse, avrebbe potuto cucinare il piatto preferito del ragazzo, a cena, impedendogli così di pensare per un po' alla sua anima incrinata.
Incrinata come un vetro rotto dal freddo.










A.N.
Salve a tutti e grazie per aver sopportato la mia storia fino a qui senza bisogno di sacchetti e contenitori vari!
È la prima volta in assoluto che scrivo qualcosa su Merlino ed è da molto che non scrivo in generale, per cui commenti e critiche sono ben accette :D
Linciatemi pure u.u
Sono certa di aver sfociato nell'OOC ma io e l'angst, un giorno, convoleremo a nozze ed ho perso il conto delle shot che ha trasfigurato rendendole deprimenti u.u
Comunque, vi lascio il video che mi ha un poco ispirata nello scrivere questa storia [
Merlin Tribute || Safe & Sound]  ed auguro a tutti una buona giornata/notte

Un bacio,
Star 










 

  
Leggi le 1 recensioni
Ricorda la storia  |       |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Torna indietro / Vai alla categoria: Serie TV > Merlin / Vai alla pagina dell'autore: Ice Star