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Autore: Check    25/09/2016    0 recensioni
Accade tutto durante un viaggio in macchina di ritorno dalle vacanze: due coinquiline si trovano a scontrarsi su ciò che era successo negli ultimi mesi, tra amori finiti e sentimenti mai confessati. Una flusso di pensieri che rende la complessità della situazione e la dolcezza della complicità che comunque si è instaurata tra loro.
AVVERTIMENTO: le sezioni in corsivo indicano dei dialoghi avvenuti tempo prima tra la narratrice e la terza coinquilina (piccoli flashback insomma).
Genere: Introspettivo, Sentimentale, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago, Universitario
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- A costa stai pensando?
- A niente in realtà…
- Mi guardi, sorridi e sbuffi…troppi segni per dire che non stai pensando!
 
E forse aveva ragione lei. Mi stavo perdendo nei miei pensieri, nei ricordi di quei quattro giorni di vacanza appena conclusi, che mi avevano lasciato in bocca il sapore del mare e di qualche birra tra amici. Il tempo era trascorso senza che ce ne accorgessimo tra una partita in spiaggia, una nuotata e le spalle ancora scottate…
 
Erano passati solo un paio di mesi da quando si era lasciata con il proprio ragazzo e soltanto adesso Jodie aveva ricominciato a vivere. Era stato davvero un periodo pesante: pianti, chiamate disperate, silenzi e sguardi vacui. Una presenza che era diventata più "un'assenza" in casa e aveva messo tutti a dura prova.
 
- Sarà lei a chiedere aiuto quando ne avrà bisogno
- E se non ce lo dicesse? Se tenesse tutto dentro?

 
La mia vita aveva rallentato di botto; avevo trascurato gli studi, la famiglia, il ragazzo con cui uscivo…e tutto per lei! Perché lei era la mia priorità.
 
Un amico comune ci aveva invitate a trascorrere qualche giorno insieme e avevamo accettato senza pensarci due volte!
Quattro giorni splendidi, leggeri e carichi di risate. Pieni di semplici momenti che si erano insinuati nella mia mente costituendo piccoli granelli di sabbia nella tempesta di sentimenti che provavo.
 
- Hai parlato con Jodie?
- No…non mi fa avvicinare. Mi sono solo appoggiata allo stipite della porta e senza troppe pretese, con una piccola fitta al cuore, l'ho guardata dormire sul  letto. Ed era lì, stanchissima, crollata dopo la doccia, con le guance rosse rosse per il vapore i capelli tutti arruffati…ma no, non ho ci ho parlato
- Ehi, non puoi pensarci adesso, non è il tuo momento…

 
E durante quei quattro giorni insieme MAI era stato pronunciato il suo nome, il nome di QUELLO STRONZO!...che poi non lo era nemmeno tanto. Voleva delle motivazioni valide, perché quelle che lui aveva addotto erano semplicemente ridicole! voleva qualcosa di più; di più chiaro, di più deciso, di più semplice, di più compatibile con quello che pensava lei. Ma dall'esterno…le ragioni di lui, seppur banali, erano state più che sufficienti. Una piccola crepa in un perfetto muro di un castello che si reggeva in piedi da più di 7 anni; un castello che portava valori d'istinto e intesa, amore e sopportazione, bellezza e invidia; un castello però, fatto di sabbia. Questo era stato il problema di fondo: non c'erano foto, il vento lo aveva in parte eroso, il sole seccato e questo castello non era più riproducibile. Era stato buttato giù. E rialzarlo non sarebbe stato compito loro. Non insieme. Non adesso.
 
Ma in quelle due ore in macchina era stato pronunciato quel nome, un po' a caso, buttato lì in una discorso in cui nulla aveva a che fare. E poteva passare inosservato, lo giuro, ma non era stato così…e d'improvviso scoppiò qualcosa che per mesi era stato nascosto…
 
- Ho provato a starti vicina, ma non sapevo come fare…
- Non serviva. Non dovevi. Non potevi aiutarmi
- Ma non potevo vederti così…viviamo insieme santoddio!
- Io non ti ho mai chiesto nulla. Avresti potuto stare nel tuo questa volta, come tutte le altre poi…ti era stato detto, no? Perché hai voluto fare di testa tua?  Con quale diritto hai pensato di aver capito tutto di me?
 
Uno. Due. Bam! Tre colpi al cuore assestati di violenza proprio. Volevo quasi piangere, stavo morendo dentro e non sapevo più cosa dire, perché ero frustrata. Ero arrabbiata. Arrabbiata perché nonostante ci avessi messo il cuore…questo non era bastato. Non pretendevo gratitudine eterna, certo. Mai avevo avuto la presunzione di possedere le risposte a qualunque problema, eppure questa era stata una bella doccia fredda. Sentirsi rimproverare dopo mesi di distanza per aver agito nel modo sbagliato era stato scorretto. C'erano troppe emozioni nel mezzo, troppe cose non dette e sensazioni nascoste che avevano solo creato alte mura intorno a chiunque e ognuno aveva agito nel migliore dei modi possibili secondo la propria percezione del problema, perché non era mai stata individuata una "versione ufficiale" a cui rifarsi.
 
"Volevo semplicemente esserci di più e avrei voluto esserci nel modo giusto, ma mi hai sempre tenuta distante! Poi, quando e come vuoi, mi avvicini come non mai: mi abbracci. Mi tocchi la schiena. Metti le tue mani fredde e affusolate sotto la mia maglietta - "perché sei calda" - mi dici. Mi svegli la mattina con un leggero tocco sulla gamba. Ti svegli piano e ancora assonnata ti avvicini, ti distendi ranicchiandoti di fianco a me. Mi prendi il braccio e lo stringi stretto stretto, sento che ne hai bisogno. Poi ti alzi, mi guardi con gli occhi rossi, prendi il mio viso tra le mani e mi baci sulla guancia…e io muoio lì. Ogni volta. E di nuovo cominci a parlarmi di lui...come lui ti capiva subito e come le cose fossero facili prima della rottura: lui era la tua persona. E mi sono sempre fatta da parte, sono stata al mio posto nonostante dentro di me ci fosse ben altro che un semplice desiderio di consolarti a parole. Ora mi sento nuovamente presa in giro, accusata di essermi preoccupata "troppo" e di aver voluto fare l'eroina! Un'amica sbagliata, una coinquilina invadente, una persona con troppa convinzione…"
 
Lì, in quell'istante, avrei voluto dirti solo queste parole, ma dalla mia bocca uscì solo un sommesso…
 
- Scusa, probabilmente hai ragione tu… 

Si era fatto buio e ormai eravamo arrivate a casa. In quei dieci minuti era riuscita ad abbattere il mio umore con la stessa facilità con cui si faceva cadere un castello di carte, ma dentro di me c'era stato molto più rumore. E magari aveva davvero ragione lei: non ero stata all'altezza delle aspettative, ma la stavo ancora conoscendo ed ero cieca e fiduciosa di ciò che provavo, convinta che bastasse quello a rimettere i pezzi al loro posto. Avevo esagerato e non mi aveva fermata prima di superare la linea di confine, ma allo stesso tempo era nata una certa complicità che non sembrava dispiacerle.
Scesi dall'auto, la salutai e ancora persa nei miei pensieri mi avviai verso casa…le ruote del trolley grattavano sullo sterrato, coprivano i tamburi che ormai avevo in testa a suon di rimuginare e quindi non sentii nemmeno Jodie che mi sbatteva contro la schiena, in lacrime, stringendomi forte…
 
- Se crolli tu, crollo anche io…
- Jodie, mi stai facendo male…
 
Mi guardò un attimo con gli occhi sbarrati e gonfi
 
- …ho la schiena tutta bruciata
   
 
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