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Autore: Lady R Of Rage    27/09/2016    3 recensioni
Nel True Lab della dottoressa Alphys abitano degli esseri misteriosi, orribili alla vista e insensati nelle azioni.
Mettaton è l’unico, oltre a lei, a conoscerne l’esistenza.
Tuttavia, a differenza di Alphys, non è in grado di comprenderne il dolore.
E una notte scoprirà che ci sono esperienze che nemmeno una sua canzone può far dimenticare.
[Lieve Mettaton/Lemon Bread]
Genere: Angst, Dark, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Alphys, Amalgamate, Mettaton
Note: Missing Moments, What if? | Avvertimenti: Contenuti forti, Spoiler!
- Questa storia fa parte della serie '#MTTBrandVitaDiM...'
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La Danza Dei Morti
 

I collect my moments
Into a correspondence
With a mightier power
Who just lacks my perspective
And who lacks my organics

And who covets my defects
(Regina Spektor, Machine)

 

Durante la sua prima intervista, una giornalista di Snowdin aveva chiesto a Mettaton qual era la cosa che gli piaceva di meno.
-Il buio.- aveva risposto lui, quasi senza pensarci.
Non era sicuro del perché avesse detto proprio quello. Era una risposta decisamente vaga, e piuttosto banale. Non avrebbe mai potuto dire “gli umani”, per quanto sapesse che c’era una buona parte di pubblico che avrebbe apprezzato.
Non aveva nemmeno problemi a mentire, almeno solitamente: una star doveva essere in grado di fare quello e anche altro.
Ma come ogni brava star, Mettaton aveva dei segreti. 

La porta che conduceva al laboratorio era sigillata, ma per lui non era un problema. Aveva rubato la chiave ad Alphys quello stesso pomeriggio, mentre lei dormiva sulla poltrona guardando quegli orribili cartoni umani. Non gli fu difficile aprirla e farsi avanti.
Nella mano destra teneva uno stereo e nella sinistra un pacchetto di papatine prese dal distributore.
“Loro le adorano, se non erro”, aveva pensato.
Avanzò lungo il corridoio senza luce, senza guardarsi indietro, sondando ogni angolo con i suoi occhi termici.
“Che stupidaggine.” pensò imboccando una curva. “Loro sono freddi.”
Raggiunse la camera da letto. Un silenzio tombale ammantava ogni cosa, e nella penombra gli era difficile distinguere i contorni dei mobili che arredavano lo stanzone, prevalentemente letti sfatti e troppo impolverati per dormirci.
C’era un’aura di paura, di inquietudine, in quel luogo dimenticato da tutti.
Ma lui era Mettaton, la star che tutti desideravano.
E avrebbe avuto coraggio.
Salì su uno dei letti vuoti e si mise in posa come solo lui sapeva fare.
-Buonasera, True Lab.- cantilenò nel vuoto.
La sua voce metallica rimbombò per tutta la stanza nel silenzio pesante e polveroso della stanza abbandonata.
Si udì un fruscio dal soffitto, e una lampadina semi fulminata sfarfallò spandendo scintille attorno alla capsula di vetro che la conteneva.
Capì che si trattava di Memoryhead, la creatura che sapeva muoversi nelle linee elettriche.
Rabbrividì. Era quello che gli piaceva di meno di tutti, e che in qualunque momento avrebbe potuto distruggergli il corpo.
Nascose le mani dietro la schiena per celarne il tremore.
-Stasera, solo per voi, vi presentiamo uno show tutto speciale.-
Attese un altro secondo, aspettando una risposta.
-MTT Show: True Lab edition.-
Attese qualche secondo, per meglio permettere alle sue parole di eccheggiare nelle menti, se c'erano, del pubblico.
Dopo pochi attimi, si fecero avanti, un po’ incuriositi, un po’ attratti dalle papatine che aveva portato con sé.
Erano ancora più brutti e deformi di quanto li immaginava. Lui non li aveva mai visti, ma Alphys li aveva descritti in uno dei suoi file, minuziosamente, fino ai minimi dettagli.
Poi, distratta com’era, aveva lasciato il file allo scoperto mentre andava a scaldarsi dei tagliolini istantanei per pranzo.
Lui era casualmente passato in quella stanza, sfoggiando da solo la propria forma EX, ancora celata a tutti quanti, per chiederle un’opinione su un suo nuovo pezzo che aveva scritto dedicato alle sue gambe, e uno scatto di occhi robotici aveva colto le parole sul foglio e le aveva memorizzate istantaneamente.
Era corso via, sgomento, a chiudersi in un ripostiglio a pensare a ciò che aveva letto.
Alphys… gli era sempre sembrata così innocente, così inoffensiva… come aveva potuto creare qualcosa del genere?
Ma quando, dopo una lunga e assai tortuosa riflessione fra sé e sé, era riuscito a calmarsi e ad accettare quello che aveva letto (evitando accuratamente ogni contatto con Alphys nel frattempo), era giunto a una conclusione.
Loro erano morti e brutti, lui era vivo e bellissimo.
Sarebbe stato inaccettabile, da parte sua, non provare pietà per una simile situazione, e non mettere a disposizione il proprio status di superstar a quegli esseri così infelici.
Ne era certo: avevano un disperato bisogno di qualcuno che portasse loro un sorriso.
Alphys avrebbe compreso, anzi, magari lo avrebbe ringraziato.
Così aveva preparato nella sua testa una canzone per ciascuno di loro.
Un “regalo da star”, come li chiamava lui.
“Tutti meritano un regalo da star”, era solito dire a sé stesso. “Ed è mio compito portarne quanti più possibile a quanta più gente possibile”.
Lemon Bread erano le sue preferite. Aveva conosciuto la sorella di Shyren quando era ancora un timido fantasmino rosa, e sapeva come prenderle e cosa dire loro. Si lasciò andare nelle loro braccia muscolose, facendosi sollevare come una ballerina, e si complimentò con loro per la grazia delle sue mosse. Sorrise a Memoryhead e dedicò loro un applauso per la loro abilità di entrare nei fili elettrici. Accarezzò Endogeny chiamandoli “cucciolo” e lasciò che lappassero la sua faccia dal buco che aveva al posto del viso, guastandogli tutto il trucco. Ammirò i colori smorti e distorti di Reaper Bird e fece loro i complimenti per le loro “piume fluide e soffici”. Baciò la penna della madre di Snowdrake, mascherando abilmente il disgusto per la loro consistenza semisolida, e pronunciò qualche brutta battuta sulla neve per fare loro piacere.
-Suo marito è uno dei miei dipendenti più squisiti.- disse sorridendo come davanti a una signora qualsiasi.
-Sn… sn… o… w… y…- biascicarono la creatura, con un fil di voci.
Il suono stentato e strozzato bastò a impietrire Mettaton. Gli Amalgamati avevano voci impossibili, nate dalla mescolanza di almeno cinque toni diversi. Ogni volta sembrava di sentire una folla urlante in preda a un dolore incomprensibile.
Eppure, Mettaton si sentiva pronto ad affrontarli. Doveva farlo. Era il compito di una star, e lui ad esso avrebbe adempiuto.
Accese lo stereo e cantò.
Cantò a squarciagola, con le braccia aperte o strette attorno al corpo, gettando papatine al suo strano pubblico. Cantò con una forza che non credeva di avere, danzando da un letto all’altro con mosse sinuose, mettendosi in posa sui materassi e appoggiando le gambe alle testiere. Cantò da strapparsi il cuore, in tutta la sua potenza e la sua grazia, mentre gli occhi-non-occhi del suo pubblico lo seguivano in ogni suo gesto.
Concluse la sua esibizione con una piroetta spettacolare, girando su sé stesso più e più volte, senza bisogno di fermarsi per prendere fiato.
Quando si fermò, i cinque esseri lo circondavano da ogni lato.
Mettaton si guardò intorno, sentendosi quasi in trappola.
Poi li vide che applaudivano, se dei non-morti potevano farlo.
E cominciò a rilassarsi, soddisfatto  e fiero del proprio talento.

Poi, Lemon Bread gli si avvicinarono, strisciando sulla lunga coda di anfibi, lasciando melma sul pavimento dove passavano.Sovrastando il robot di un buon palmo presero a fargli domande.
-Mi trovi carina?- chiesero le sue mille voci.
La frase si ripeté all’infinito nei sistemi auditivi della star.
-Mi trovi carina?-
-Mi trovi carina?-
-Mi trovi carina?-
-Mi trovi carina?-
-Mi trovi carina?-
Mettaton fu preso alla sprovvista solo per un attimo, ma nel momento di agire ritrovò la sua prontezza di spirito.
Sbatté le lunghe ciglia in modo seducente, si sfilò il guanto, e dall’unghia aguzza laccata di smalto nero mandò un bacetto alla creatura infernale.
-Tesoro…- disse, nel suo miglior tono da seduttore. -Ti trovo bellissima.-
Non lo pensava, mai avrebbe potuto. Era una bugia da star. Non c’era nulla di bello in Lemon Bread, come in nessun altro di loro.
Lui era vivo e bellissimo, loro erano morti e brutti.
Probabilmente nessuno mai più avrebbe cantato per loro.
E così sia: avrebbe cantato per loro fino a scaricarsi, se necessario, ballando nelle luci traballanti del laboratorio come uno spirito inquieto.
Mettaton completò una piroetta, e si accorse di avere di nuovo Lemon Bread davanti, a braccia aperte, la bocca dentata aperta in qualcosa di vagamente simile a un sorriso.
Mille voci si levarono all’unisono dalle fauci mollicce.
-Mettaton.-
-Mettaton.-
-Mettaton.-
-Mettaton.-
-Mettaton.-
La loro mano si tese verso di lui, chiamandolo a sé, accogliendolo nell’Inferno Speciale degli Amalgamati.
La Madre di Snowdrake agitarono le ali squamose in qualcosa che sembrava un applauso.
Irrigidito dallo spavento, Mettaton prese la mano di Lemon Bread, e appena la sentì stretta alla sua si sentì triste come non era mai stato.
“Ho toccato la morte”
Perse totalmente il controllo dei propri pensieri. Pensò a Shyren, ad Aaron e a Moldbygg, che aveva conosciuto, con cui aveva parlato…
E si sentì improvvisamente in colpa.
La stanza cominciò a girare, lentamente, come una giostra ormai in disuso, mentre la luce sfarfallava su di loro in un calo di corrente.
Le voci impazzite degli Amalgamati circondarono il robot da ogni parte.
I suoi sistemi presero a tremare di febbre come se si fossero improvvisamente rotti.
Voleva andarsene.
Ma avrebbe avuto cuore di abbandonare di nuovo i morti nella loro tomba?
A quel pensiero, Mettaton cadde in ginocchio sul pavimento impolverato. Due lacrime gli scesero lungo le guance.
Vide che gli Amalgamati gli si facevano attorno, guardandolo, toccandolo, riempiendo il silenzio con i loro versi. L’ala della Madre di Snowdrake gli accarezzò il volto, e l’olio nero delle lacrime si mescolò alla melma che la componeva, contaminandosi e contaminandola.
-Vogliate scusarmi, gentile pubblico.- sussurrò cercando di sorridere.
-Questa star ha avuto un… un cedimento.-
Lemon Bread lo aiutarono ad alzarsi. Reaper Bird gli sistemarono i capelli con il becco. Endogeny gli leccarono gli stivali in una quintupla abbaiata.
Mettaton avrebbe dovuto rilassarsi, ma non ci riuscì. Sentiva un panico crescente scorrergli nei circuiti e voleva solo scappare.
Ma una star non poteva abbandonare il suo pubblico.
La luce sfarfallò ancora, e Mettaton si sentì malissimo: se avesse conosciuto la nausea l’avrebbe subito riconosciuta.
-Chiedo scusa, mio pubblico.- disse stancamente, e si mise a sedere su uno dei letti vuoti. -Sono un po’ affaticato. Ma è stato un piacere ballare con voi.-
-E’ stato un piacere.- -Sei davvero una star.- -Torna di nuovo, per favore.- strepitarono Reaper Bird. Le sue tre voci parlavano all’unisono, come sempre, ma il cervello elettronico di Mettaton riusciva a distinguerle alla perfezione.
-Già! Devi tornare!- esclamarono Lemon Bread.
-Devi tornare!-
-Devi tornare!-
-Devi tornare!-
-Devi tornare!-
“No”, avrebbe voluto dire Mettaton, ma non riuscì ad emettere alcun suono. Se avesse potuto si sarebbe rannicchiato sotto le coperte, nascondendosi dalle atroci visioni, ma il dovere di una star era tutt’altro. Rimase atterrito sul posto, tremando come un macchinario rotto, circondato dai morti.
-Devi tornare!- continuarono imperterrite Lemon Bread
-S… t… a…. r…- mugugnavano la Madre di Snowdrake.
-Devi tornare!-
-AWOOO!- ululavano Endogeny.
-Sei una stella!- -Noi siamo soli!- -Vogliamo una stella tutta nostra.- strillavano Reaper Bird.
-UNISCITI A NOI!- schiamazzavano Memoryhead.
“No”, gridò Mettaton nella propria testa.
-M… et… tta.. to… n…-
-AWOOOOOO!-
-STAR! STAR! STAR!-
-DEVI VENIRE!-
-DEVI TORNARE!-
-NO!-

Mettaton colpì il vuoto, gridando nel buio, mentre le lacrime gli scendevano rapide e copiose lungo le guance. La mano rimase impigliata nella melma che formava il corpo di Endogeny, nel mezzo della schiena bianchiccia. Se la creatura avesse avuto un volto, quello si sarebbe contorto dal terrore.
-No!- gridò ancora Mettaton. Si voltò all’indietro, spaventato e inquieto, vedendosi circondato da ogni angolo, in trappola come un ragazzino caduto in una palude. -No!- continuò a gridare. -No! No!-
Si pulì il guanto appiccicaticcio nei leggings e cercò di fuggire.
-Resta con noi!- cantilenavano Memoryhead dai fili elettrici. Sentiva la loro voce rimbombargli nei circuiti, inseguirlo nel profondo di un corridoio buio, e buttarlo a terra come un manichino. Cannoneggiò la stanza con i suoi laser, senza prendere nemmeno la mira, ma più colpiva, più le creature lo sovrastavano. Sembravano gonfiarsi come bubboni a ogni nuovo colpo.
-No!-. Una star non poteva brillare in quel luogo maledetto, dimenticato dal mondo. “Voglio vivere, voglio cantare!”. -No!- Si accorse di avere gli occhi talmente offuscati dal pianto da non vedere dove andava. Correndo alla cieca, inciampò in uno dei letti e cadde lungo disteso sul materasso, rovesciando coperte e cuscini. -No! No! No!-
Troneggiavano sopra di lui, cantando, piangendo, gemendo, ululando la loro agonia di spiriti inquieti. Volevano tenerlo con loro, come una bambola di porcellana da mettere su una mensola o uno scaffale. Che gli andasse o meno, così sarebbe finita.
Mettaton si inginocchiò ai loro piedi, piangendo fiocamente nel cuscino del letto che aveva rovesciato, stringendosi a esso come un bambino spaventato.
-Me…tta…ton…-
-Non ci lasciare!- -Sei bellissimo!- -Voglio tenerti per sempre con me!-
-AWOOOOOOOOO!-
-Unisciti al divertimento!-
-LA NOSTRA STAR!-
-LA NOSTRA STAR!-
-LA NOSTRA STAR!-
-LA NOSTRA STAR!-
-LA NOSTRA STAR!-
-Nooo… non voglio… no…-
-Ehi… R-ragazzi!-
Una voce normale, non agghiacciante, si fece largo nell’inferno che lo circondava. Una voce amica, a lui conosciuta.
Alphys era spuntata dalla porta del laboratorio, le braccia piene di papatine e gli occhi dilatati dietro gli occhialini.
-Su, r-ragazzi.- disse, cercando di mantenere un tono fermo. -L-lasciate in pace q-questo poveretto. È g-giunta per lui l’ora d-di andare a casa.-
-St…a….a… r…- biascicarono la Madre di Snowdrake.
-L-lo so.- balbettò Alphys. Depose le papatine su un letto e allungò una mano verso quelle di Mettaton. Il robot la prese come se fosse stata una fune di salvataggio in un mare di tempesta.
-L-lui è una star, e una star… n-non può stare q-qui. Se n-ne avrà voglia, p-potrà tornare a t-trovarvi. Ma normalmente… il s-suo posto è là f-fuori. Alla luce.-
A quanto pare, ad Alphys avrebbero obbedito. Mettaton cercò di mantenere la calma, ripetendosi all’infinito che l’incubo era finito, che sarebbe stato bene. Fu solo quando, guidati dalla voce di Alphys, gli esseri svanirono dalla stanza, che riuscì in qualche modo a rialzarsi.
Lemon Bread furono le ultime ad andarsene. Si voltarono verso di lui varcando la porta, cercandolo con degli occhi che non c’erano.
Dalle loro fauci grottesche uscì un ultima volta, strozzata e distorta, la loro frase.
-Mi trovi carina?-
Mettaton non rispose. Rimase a guardarla, attonito, incapace anche solo di sbattere le palpebre.
Poi si accorse della mano di Alphys, che ancora stringeva la sua. Gli occhi della scienziata luccicavano di angoscia e senso di colpa.
Mettaton avrebbe voluto esserle grato per averlo tirato via da là, ma non ci riuscì. Si sentiva rigido, appesantito, incapace di provare e di sentire.
-V-vieni via, M-Mettaton…- balbettò la dottoressa aiutandolo ad alzarsi. -Ti scaldo… un po’ di olio… come ti piace…-
Non si dissero nessuna parola per tutto il percorso in salita fino al laboratorio. Mettaton si stringeva nelle braccia: un robot non poteva avere freddo, ma lui sentiva lo stesso un gelo paralizzante su tutto il corpo.
Non avrebbe dimenticato.

Due cose furono certe, a Mettaton, quella sera.
La prima, che desiderava andare via dal Sottosuolo il prima possibile.
La seconda, che non avrebbe più visto la sua amica Alphys nello stesso modo.
Mai più.


Angolo della Lady:
Una fanfiction #MTTBrandVitaDiMerda con gli Amalmamati s'aveva da fare. Sono personaggi stranissimi e affascinanti, anche se difficili da trattare. E usarli come scusa per tormentare nuovamente la mia vittima meccanica era un passo obbligatorio.

Insomma, ora sappiamo perché Mettaton è offeso con Alphys.
Altre cose da sapere sono:
1. “papatine” non è un errore di battitura. E’ il mio modo di tradurre “popato chisps".
2. Regina Spektor entra nella Top 10 delle cantanti più sottovalutate della STORIA. So che ha un fanbase minore da qualche parte, ma credetemi, è una pazzerella incredibile e meravigliosa. La canzone Machine, facente parte del bellissimo album Far pubblicato nel 2009, fa parte anche di una mia playlist di Deezer, dedicata appunto a #MTTBrandVitaDiMerda, che potete trovare qui. Un ciclo di canzoni che cercherebbero di dare a Mettaton una caratterizzazione completa e complessa, tutte provenienti dal Grande e Magnifico Pop.
3. Lemon Bread è femmina nel mio headcanon. Tecnicamente gli Amalgamati non avrebbero genere, questo sì, ma dato che nell'italiano manca il neutro mi sono dovuta arrangiare. Reaper, Memoryhead ed Endogeny sono prevalentemente maschi, ma Lemon Bread, assieme alla Madre di Snowdrake, tiene alte le quote rosa degli Amalgamati.

Un abbraccio a tutti.
Lady R

  
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