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Autore: _Nebbia    28/09/2016    0 recensioni
Due ulzzang, Yu SeungJun e Detlf Park che si ritrovano al loro primo incontro alle superiori.
E' una storia ideata su du pg di roleplay italiano, ma è a parte, per il puro intrattenimento.
I due sono al ripettivo ultimo e primo anno di liceo; il più venerato dalla scuola e quello che invece deve subire quotidianamente lo sfogo dei bulletti. Due ragazzi proveniente da due mondi completamente diversi.
Tanti, troppe le cose non dette. Si conosceranno e le loro vite cambieranno... come?
Genere: Angst, Fluff, Slice of life | Stato: in corso
Tipo di coppia: Shonen-ai, Yaoi, Slash
Note: OOC | Avvertimenti: Contenuti forti, Tematiche delicate | Contesto: Contesto generale/vago, Scolastico
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E' passato un mese dall'inizio della scuola: un mese da quando ho iniziato il liceo; un mese da quando la mia vita sarebbe dovuta cambiare radicalmente. 
 
Alle scuole medie non smettevo di fantasticare su come sarebbe stata la mia vita al liceo. Sognavo di farmi qualche amico, di esser invitato alle feste, partecipare a qualche attività nel dopo scuola, essere un semplice ragazzo della mia età che si gode la sua età insomma.  
Mia madre non smetteva di ripetermi che questo mio essere impopolare sarebbe stata solo una "fase", che tutto sarebbe cambiato, a parer suo, una volta al liceo. 
"Tutti vedranno quando io sia meraviglioso e tutti faranno follie per essere miei amici!". 
 
Sì mamma, come no.  


E' passato oltre un mese e io sono qui, seduto sul tavolo vicino all'immondizia a mangiare il mio pranzo, in completa solitudine. Nemmeno quello strano ragazzo brufoloso osa sedermisi accanto, temendo di rovinarsi la sua reputazione se si fosse fatto vedere in mia compagnia.   
La motivazione? Beh, da circa la seconda settimana dall'inizio delle lezioni si è sparsa la voce che io sia gay e per di più un poveraccio.  
Peccato che solo una delle due cose sia vera. 
Ma per quanto io l'abbia puntualizzato nessuno pare interessato alla verità. Il fatto che la mia famiglia non sia benestante in questa scuola forse suscita molto più scandalo che la mia ipotetica omosessualità. Questo è uno dei licei più facoltosi del distretto, e ci sono solo due modi per accedervi: o tramite un cospicuo "aiuto" da parte dei genitori o grazie ad una borsa di studio.  
E qui, la maggior parte degli studenti, entra grazie ai proprio genitori. Mi piace pensare che gli altri studenti mi evitino per una sorta di gelosia, ma questa è solo una bugia che mi ripeto ogni giorno: so molto bene che nessuno in questa scuola mi invidia; a nessuno importa essere intelligente, è molto meglio avere un bel pacco di soldi.  
 
Anche questo liceo, come tutti penso, è suddiviso in vari gruppetti. Ci sono gli sportivi, i puoi popolari della scuola nonché i più ricercati dalle ragazze,  i secchioni, quelli che anche nel dopo scuola si ritrovano nell'aula audiovisivi per parlare delle loro teoria complottistiche, gli artisti, le aspiranti idol, i festaioli, quelli controcorrente che odiano tutti, e poi ci sono i teppisti. Ecco, quella è forse la categoria che detesto di più. 
Sono ragazzi dell'ultimo anno, solitamente rimandati, e il loro divertimento più grande è quello di dar fastidio durante le lezioni, credendo di esser divertenti.  
 
Oltre che tormentare me, ovviamente. 
 
Secondo mio fratello una soluzione per porre fine ai miei problemi sarebbe quella di tagliarmi i capelli e di essere più mascolino. Ma mia madre, allo stesso tempo, mi ripete quanto io sia bello con questo aspetto, ammonendomi quando accenno al voler cambiare.  
Ma del resto i genitori sono così, per loro siamo belli anche con la faccia impiastricciata di marmellata e fango.  
Non penso siano i miei capelli o il  mio viso poco virile a rendermi la vittima ideale dei bulli. Penso sia il mio carattere. Certe volte sogno ad occhi aperti di rispondere a tono alle loro ridicole prese per i fondelli, di zittirli con una sfuriata. Ma ovviamente non l'ho mai fatto, non ne ho il coraggio.  Mi limito a star zitto, ad abbassare il capo e incassare il colpo, fingendo che le loro parole non mi tocchino, nonostante sia una menzogna. Sono abituato a mentire a me stesso, le bugie che mi dico ogni giorno sono la sola cosa che mi aiutano ad andare avanti. Alla fine anche il liceo finirà, come sono finite le scuole medie prima di esso.  
 
Suona la campanella che segna la fine della pausa pranzo e io sto ancora giocherellando con le bacchette e la mia frittata mangiucchiata. Un'orda di studenti si alza dai tavoli, in modo ordinato e con quel tipico chiacchiericcio degli adolescenti, lasciando la sala mensa a poco a poco. E' mia abitudine aspettare in silenzio al mio posto che la sala si svuoti, preferisco uscire per ultimo e fare un paio di minuti di ritardo piuttosto che incappare in uno dei soliti scherzi dei ragazzi dell'ultimo anno.  
Do una rapida occhiata alla sala, cerco di riconoscere i volti di uno dei miei nemici naturali prima di alzarmi, e  dopo essermi accertato si essere al sicuro mi alzo per portare il vassoio al suo posto.  
O almeno questa era la mia intenzione.  
Non faccio nemmeno in tempo ad arrivare al carrello porta vivande che mi ritrovo il succo mirtillo sulla camicia, e il vassoio con tutto il cibo avanzato sparso a terra.  
E' una risata sprezzante a farmi capire cosa fosse successo e alzando lo sguardo confermo i miei timori: Hong Min Yu, del terzo, è davanti a me con quel suo sorriso beffardo, circondato dai suoi amici trogloditi.  
 
- Finocchio e pure imbranato. - sibila il ragazzo con quell'irritante sorriso, lasciando la sala non prima di avermi dato una spallata che mi fa barcollare sul posto.  

Ancora una volta non rispondo. 
Non avrebbe senso, avrei comunque la peggio. Il mio piano è quello di tenere un profilo basso, prima o poi si stancheranno di prendersi gioco di me. Spero che il prossimo anno ci sia una matricola più penosa e ambigua di me. Mi dispiacerà per lui, indubbiamente, ma non vedo l'ora di tornare nell'ombra.  
 
Era fuori discussione che sarei andato in classe con quell'enorme macchia di succo di mirtillo sulla camicia, dovevo almeno provare a sistemare le cose in bagno. I corridoi erano deserti fortunatamente, questo mi risparmia ulteriori seccature, non ne ero proprio dell'umore. 
Il bagno dell'ultimo piano solitamente è quello meno frequentato, quindi l'ideale per dare una pulita alla mia camicia. Ma appena apro la porta mi rendo conto che al suo interno c'era uno strano odore acre. Il bagno era come avvolto da una cortina di fumo, fitta, come se fosse nebbia.  
Quell'odore inizia a irritarmi la gola, tossisco mentre mi avvicino ai lavandini per poter dare una sistemata alla mia camicia.  
 
Non avrei mai pensato che in quel bagno sarebbe avvenuta la tanto attesa svolta. Non avrei mai pensato che quell'odore, piano piano, sarebbe diventato un odore che avrei associato a qualcosa di bello.  
 
__________________________ 
 
Giorno numero 29. 
Mi ritrovo a camminare frenetico nel giardino della scuola, percorrendolo da parte a parte sino al retro, al cancello sud. 
 
La particolarità di questa entrata è che non vi sono edifici del complesso vicini, solo il grande campo da calcio, adattabile a basket e la cabinetta del giardiniere, che ovviamente sapevo perfettamente essere in pausa pranzo in quel momento. 
 
Appoggio le mani alle fredde sbarre della mia prigione. Fuori il mondo libero, dentro la prigionia di un'istituzione che dovrebbe portare intelletto ma che in realtà finisce a classificare ogni essere umano al suo interno, nella stupidità di una struttura a piramide. E io? Io sono ai piani alti. 
Un viso mi si para davanti, familiare e un sorriso increspa le mie labbra ghignanti. E' JaeHo, l'unica via di fuga da me stesso. Gli passo i soldi attraverso il cancello e lui un pacchetto marroncino. 
 
Le lezioni? Ovviamente sono in corso, ma non per me. Nessuno bada alla mia alta figura che lentamente, ora, percorre i corridoi. Non potevano farci nulla: eravamo giunti ad un tacito accordo in cui io faccio quello che mi pare e possono riprendermi quanto vogliono ma non una parola sarebbe uscita da queste mura, sino ai miei genitori. Il mio volere in cambio dei loro soldi. 
 
Sì, perchè io sono SeungJun Yu, secondogenito della famiglia Yu di Suwon, una delle più rinomate e ricche della capitale non che grande contribuente dei fondi scolastici. Come mio fratello, Ha Min, sono stato costretto pure io a frequentare questa scuola, e ora sono al terzo anno, prendendo la sua fama ed il suo rispetto. 
Ma a differenza sua, venticinquenne plurilaureato in carriera, io sono semplicemente Jun. 
 
La mia meta è il bagno dell'ultimo piano, solitamente vuoto durante o fuori lezione. La campanella che scandiva l'inizio del pranzo suona, mi ritrovo circondato da una marea di ragazzini che al solo scorgermi si toglievano dal mio cammino, come se fossi Mosè a domare le acque. 
La cosa non mi dispiace particolarmente, perchè in questi tre anni che io chiamo di "reclusione" potevo averla facile, sempre, ma il loro scostarsi dal mio cammino significava anche evitare la mia vita, la mia possibile amicizia. 
 
Mi lascio cadere sulla sporgenza del termosifone in fondo al bagno, appoggiato di schiena ad uno stipite della finestra, e le gambe all'altro, perchè sono troppo alto per stare comodo altrimenti. Fuori il trambusto si faceva via via più distante, mentre tutti andavano in caffetteria ed eravamo solo io, e la mia canna. 
 
"Puoi permetterti questa bella camicia solo perché ci ho messo la fama io per te, frocio. Quindi sai cosa fare, fratellino..." 
 

Sbocco. 
No, non sono io a tossire come un lebbroso. 
Un altro essere umano è entrato nel mio bagno. Non è un bello spettacolo con la divisa sporca i lunghi capelli arruffati e lo scatarro di mio nonno. 
-Questo è il bagno degli uomini, penso abbia sbagliato signorina.-
  
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