Fumetti/Cartoni americani > Danny Phantom
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Autore: Mychron    02/10/2016    1 recensioni
È da un anno ormai che Danny e Valerie combattono fianco a fianco. Questa tregua, però, potrebbe portare a qualcos'altro... se i due riuscissero ad affrontare i propri demoni interiori, e ad aprirsi l'un l'altro. DxV. Phantom Planet non è mai avvenuto.
Genere: Introspettivo, Romantico, Sovrannaturale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri, Daniel Fenton/Danny Phantom
Note: AU, What if? | Avvertimenti: Tematiche delicate
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La giornata era passata con uno strano senso di sospensione. La scuola sarebbe ricominciata solo la settimana successiva, e Danny, in mancanza di attacchi sovrannaturali, stava tentando di leggere Cime Tempestose. Tentando, perché il pensiero ricadeva continuamente su Valerie e sulla “festa”; di conseguenza, nelle ultime tre ore era andato avanti di cinque pagine.
Alla fine, sospirando, chiuse il libro con un forte schiocco di pagine e, alzandosi, lo lasciò sulla scrivania. Si stirò per bene, piegandosi all'indietro, e la schiena emise un sonoro “Pop!”. Studiare lo irrigidiva. O leggere libri noiosi. Prendendo il telefono, entrò nella chat in cui Jazz non c'era, Everlasting Trio:
Danny: Ragazzi, ditemi che uno di voi ha letto Cime Tempestose :o
Sam: io sì, ma lo sai che Lancer si accorge se ti scrivo io le relazioni, quindi non stare neanche a chiederlo.
TF: nooope, ma ho trovato un sito FaVoLoSo con relazioni e riassunti per studiare. Poi ti passo il link B)
Sam: Foley, Fenton, verrete beccati malissimo
Danny: naah, credo di aver capito il suo metodo ormai
Sam: hanno mai funzionato i vostri tentativi di imbrogliarlo?
Sam: è una domanda retorica
TF: fidati Sam, questa è la volta buona \v_v/
Sam: LEGGETE
Sam: QUEL
Sam: LIBRO
Danny: ci sto provando, ma se non ci sn riuscito oggi, che è stata una giornata “tranquilla”...
Sam: qualcosa mi dice che avevi i pensieri altrove.
TF: uuuhhh è vero che oggi c'è la FESTAAA :DDD
TF: portati i palloncini bro B))
TF: e SAI che palloncini intendo B)))))))
Danny: TUCK
Sam è uscita dalla conversazione
Danny: TUCK NO
Bastardo. Pensò Danny, rosso fino alle radici dei capelli. Non ricevendo altre risposte, mise in carica il cellulare sul comodino accanto al letto, poi si sdraiò sul letto coprendosi la faccia con un braccio.
La “festa” con Valerie non era poi così importante. Nello scenario migliore possibile, avrebbero mangiato qualcosa senza offendersi a vicenda, senza nessun fantasma a interrompere la quiete. Nello scenario peggiore, avrebbero rotto la tregua; ma Danny non voleva neanche pensare a quell'eventualità. Guardò l'ora sul telefono, e vedendo che erano già le quattro, pensò che non fosse troppo presto per cominciare a prepararsi. L'appuntamento era intorno alle sei, e probabilmente sarebbe arrivato in anticipo anche se fosse andato a piedi e si fosse fermato per strada a comprare qualcosa. Inoltre avrebbe fatto qualunque cosa,  pur di non leggere quel libro e ritrovarsi da solo con i propri pensieri.
Decise di farsi una doccia. Ne aveva già fatta una la mattina, ma il caldo di fine Agostoera ancora intenso e non voleva arrivare più sudato del necessario.
Non che io sudi, in forma spettrale, pensò sorridendo tra sé e sé. Non dovrò neanche scegliere cosa mettermi, o pettinarmi. Eh, i vantaggi di essere mezzi morti.
 
~oOo~
 
La camera di Valerie era un campo di battaglia. Tre vestiti diversi sul letto, uno su ognuna delle due sedie, e il pavimento era coperto di scarpe. Se c'era una cosa che la povertà non le aveva portato via, erano i suoi bei vestiti. Aveva pensato, a un certo punto, di venderli, ma per qualche ragione non era mai riuscita a sbarazzarsene.
Ci deve essere ancora un'oncia di vanità nel mio subconscio, da qualche parte, pensò la ragazza con un sorriso divertito, osservando parte della sua collezione sparpagliata in giro. Dopo qualche istante, però, il sorriso divenne una smorfia amara.
Si ricordava bene l'ultima volta che aveva fatto una cosa del genere. Era la prima metà del primo anno di superiori, e lei, Paulina e Starr si erano ritrovate a casa sua in preparazione del loro primo ballo scolastico. Avevano riso, scherzato, parlato male degli altri membri del gruppo Lista-A, preso in giro i perdenti. Per uno scherzo del destino, quella sera lei sarebbe dovuta uscire con Tucker Foley, e Paulina con Danny... le ragazzine avevano riso fino alle lacrime, pensando alle cose stupide che i due nerd avrebbero detto e fatto.
E poi quell'idiota di Tucker le aveva dato buca. Lei aveva passato mezz'ora ad aspettarlo, seduta in salotto, vestita come una principessa. Quando aveva capito che non si sarebbe presentato nessuno, aveva fatto spallucce e si era andata a mettere in pigiama, pensando che, dopotutto, quello fosse solo il primo di una lunga serie di balli e feste, e magari la prossima volta sarebbe riuscita ad andarci con Kwan.
E quasi due anni dopo, eccola lì. A prepararsi come una disperata, per un pic-nic con un morto.
La ragazza si accasciò a terra, tenendosi la testa fra le mani.
Era davvero caduta così in basso? Possibile che non ci fosse, per lei, la speranza di una vita normale? Con amici normali? Passatempi normali? Un futuro pieno di promesse, e non di angoscia?
In quel momento si sentì più sola che mai. Eppure era stata lei a scegliere questa strada.
Ripensò a Danny. L'altro Danny, il Fenton. Pensare a lui, al suo sorriso, ai suoi occhi limpidi, la riempiva di calma. Ogni volta che aveva uno di questi attacchi, si chiedeva se avesse fatto la scelta giusta, a lasciarlo andare. E ogni volta che ripensava a lui, decideva che sì, l'incolumità del ragazzo valeva più della propria felicità.
Ho giurato che non avrei messo in pericolo nessuno a causa della mia identità. Pensò, con una nuova ondata di determinazione a scaldarla da dentro. Devo prendermi le mie responsabilità. E se non posso frequentare i vivi, senza metterli in pericolo...
La ragazza si rialzò, asciugandosi un'ombra di lacrima dall'occhio.
...Tanto vale divertirsi con i morti.
Iniziò a provarsi i vari abiti che aveva scelto. Mentre si guardava allo specchio attaccato all'anta del suo armadio, improvvisamente si chiese se quel vestitino floreale sarebbe piaciuto a Phantom. La ragazza roteò gli occhi a se' stessa, domandandosi da quando in qua gliene importasse qualcosa.
Lo stai facendo per te stessa, ragazza. Concentrati.
Al terzo cambio d'abito, decise che forse il primo vestito non fosse così male, e così se lo rimise. Iniziò quindi la caccia alle scarpe e al cappello. Era così presa da quello che stava facendo, che non si accorse del bussare alla sua porta.
“Val, ci sei?”
La ragazza sussultò. Era così tesa, che al suono della voce aveva già evocato una placca di armatura dietro la nuca. Espirando, si concentrò su riprendere il controllo, facendo scomparire la placca rossa sotto la pelle. A volte, il pensiero di quello che si celava sotto la sua epidermide le dava i brividi.
“Entra, Pa'.”
Un omone nero di mezz'età, con grossi baffi e uno spesso paio di occhiali, si affacciò alla porta.
“Ehm, mi stavo chiedendo cosa volessi per cena... anche se evidentemente hai altri programmi.” osservò Damon Gray, alzando un sopracciglio di fronte al marasma meglio noto come la camera di sua figlia.
Le guance di Valerie diventarono di tre sfumature più scure.
“Uh, già, devo essermi dimenticata di dirtelo.” borbottò. La verità è che aveva sperato di non incrociare suo padre quel weekend. L'uomo si destreggiava tra doppi turni e momenti di sonno sporadici, e a causa dell'attività peculiare di lei, a volte passavano giorni prima che i due potessero scambiarsi qualche parola.
“Valerie.” sospirò il padre. “Lo sai che non può funzionare. Il nostro patto era chiaro: io avrei accettato il tuo... “lavoro da vigilante” in cambio di assoluta chiarezza e trasparenza. Non riesco a darmi pace se non so dove sei e se tornerai. Vivi una vita troppo pericolosa per permetterti dei segreti.”
La ragazza sospirò a sua volta.
“Lo so. Non è niente di che, davvero... solo un pic-nic al parco, con un amico. Conto di tornare prima delle dieci... probabilmente ci annoieremo a morte.”
“Un... amico?” chiese il padre, ammiccando. Valerie sbuffò.
“Già, solo un amico. Una ragazza può avere anche amici maschi, sai?” replicò lei, stizzita da quello che suo padre stava insinuando.
“Non fraintendermi, a me fa piacere che tu sia tornata a farti amici dopo... tutto quello che è successo. Tuttavia... mi piacerebbe conoscerlo di persona, questo tuo amico.”
“Bah! Sei sempre il solito. E comunque... lo conosci.” Val esibì un sorriso furbetto.
“Non sarà mica... di nuovo quel Fenton?” chiese suo padre, titubante. L'uomo aveva ancora opinioni miste riguardo al figlio degli acchiappafantasmi.
Il sorriso sul volto di Valerie si spense. “No. È solo Phantom.”
“Uh? Il ragazzo fantasma? Che..?”
“Oggi è l'anniversario della nostra tregua. Abbiamo pensato di festeggiare un po', tutto qui.”
L'uomo osservò la figlia, che teneva lo sguardo basso e sembrava persa nei propri pensieri.
“Ah!” sbuffò, con aria sollevata. “Sono contento che stiate diventando amici. Le cose non potranno che migliorare, da qui in poi.”
La figlia alzò gli occhi per guardarlo, con aria dubbiosa. “Perché dici così?”
Per tutta risposta, il padre si alzò e si apprestò a uscire dalla camera. “Divertiti!” fu l'ultima cosa che le disse, prima di lasciarsi cadere sul divano a guardare la tv.
Valerie sbuffò, irritata. Con un'occhiata al cellulare si rese conto che ormai era ora di partire.
Alla fine decise di indossare un paio di ballerine color paglia e una fascia per capelli dello stesso colore. Quel colore era vistoso, ma addosso le stava d'incanto. Andò in cucina, e tirò fuori dal frigo quello che aveva preparato la mattina: riso freddo, un paio di tramezzini farciti con tutto, e qualche polpetta di ceci. Mise il tutto in un cestino, insieme a una tovaglia, posate in plastica per due, e due bottigliette di cola. Non aveva idea dei gusti del fantasma... le pareva che una volta avesse accennato a quanto fossero insapori i piatti vegani. Alla fine, se quello che c'era non gli fosse piaciuto, il ragazzo avrebbe potuto dire qualche baggianata sul fatto che essendo puro spirito, non potesse mangiare nulla. Lei era certa che quella regola non si applicasse ai mezzi fantasmi, ma essendo quell'argomento un tabù tra loro, lei non avrebbe replicato.
Con il cestino, tornò in camera sua e spalancò per bene le imposte già mezze aperte. Evocò la sua armatura, che si materializzò sopra il vestito (con l'inevitabile effetto di stropicciarlo per bene), e il suo jet, e spiccò il volo.
 
~oOo~
 
Quando Phantom arrivò fluttuando sopra gli alberi del parco, trovò ad aspettarlo una cacciatrice comodamente seduta sul proprio jet.
“Wow, e io che pensavo di essere in anticipo.” salutò il ragazzo.
Valerie fece spallucce. “Niente attacchi oggi, onestamente non avevo di meglio da fare.”
“Yep, giornata pacifica. Cos'hai lì?” chiese Danny, adocchiando il cestino che Valerie portava in grembo.
La ragazza notò per la prima volta che anche il fantasma aveva con sé un sacchetto. “Potrei farti la stessa domanda. Aspetta, vieni con me.” fece virare la tavola verso il basso, infilandosi nel bosco, e Danny la seguì prontamente. Dopo un centinaio di metri, quando furono ben lontani dall'aria frequentata, la Cacciatrice atterrò in un piccolo spiazzo tra gli alberi, dove l'erba era bassa e verde e l'aria soffiava fresca tra le foglie degli alberi. Era un bel posto.
Una volta a terra, fece sparire jet e armatura, rivelando un vestitino carino e pieno di pieghe nei posti in cui l'armatura aveva compresso la stoffa. Danny sembrò non fare caso al disordine di lei e la guardò ammirato.
“Oh! Sei... uhm...” balbettò. Non sapeva neanche lui cosa dire. Le guance gli si accesero di verde. Voleva farle un complimento che però non suonasse esagerato o falso, ben sapendo quanto questi la facessero arrabbiare.
“Sì?” disse lei con non-chalance. Aveva iniziato a tirare fuori l'occorrente per apparecchiare, e stava già spiegando la tovaglia, rossa e verde, sul prato tra loro.
“Pulita.” vomitò Danny in un attimo di panico. Valerie lo guardò con occhi sbarrati.
“Come?”
“Non che di solito tu non lo sia... è il vestito che... cioè, non è che di solito i tuoi vestiti siano sporchi... è la pelle! NO ASPETTA NON IN QUEL SENSO. Ommioddio sparami in testa e poni  fine alle mie sofferenze una volta per tutte.”
Valerie rimase a guardarlo contorcersi ancora per qualche istante, e poi scoppiò a ridere. Rise per tre minuti e quarantasette secondi. Alla fine, asciugandosi le lacrime, riuscì a calmarsi. Poi, di colpo tornò serissima.
“Dì un'altra frase vagamente razzista e ti sparo sul serio. Ma nel nucleo. Chiaro?”
“Chiaro.” rispose Danny, ancora verde dall'imbarazzo.
La situazione era così strana e tesa che i due finirono di apparecchiare in perfetto silenzio. Alla fine, Danny aveva portato un paio di birre analcoliche, un pacco di mashmellow, noccioline, patatine e caramelle gommose. Molte caramelle gommose. Valerie sospirò di fronte alla scelta del fantasma, ma fra sé e sé era contenta di potersi sfondare di schifezze.
Quando furono finalmente seduti uno di fronte all'altro, Danny sorrise timidamente e Valerie tirò un sospiro di sollievo. Ce la potevano fare.
Il fantasma aprì le birre con le mani, senza sforzo, e ne offrì una all'amica. Tenendo in alto la sua bottiglia di vetro, fece cenno di brindare.
“Alla nostra tregua, e a un pic-nic memorabile!”
Valerie sorrise e raggiunse la birra dell'altro con la propria.
“Alla nostra tregua, a questa festa e al nostro futuro.”
   
 
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