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Autore: Dahu    02/10/2016    1 recensioni
Michel è un giovane di umili origini, originario delle Isole di Ferro e destinato a viaggiare attraverso Westeros ed Essos.
Attraverso le sue avventure vivrà gli eventi della guerra dei cinque re dal punto di vista di chi non ha grandi piani politici o questioni d'onore da redimere, ma semplicemente il desiderio di vivere e, perché no, arricchirsi, grazie alle proprie capacità.
Genere: Avventura, Fantasy, Guerra | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Bronn, Robb Stark, Victarion Greyjoy, Walder Frey
Note: Missing Moments, Otherverse, What if? | Avvertimenti: Contenuti forti, Tematiche delicate, Violenza
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Un’onda s’infranse con un cupo rimbombo in mille rivoli di schiuma che colarono tra il fasciame della nave.
Il Mare Stretto era agitato e minacciava di peggiorare, come testimoniavano i triangoli delle vele Tyroshi, spiegate di ogni centimetro nello sforzo di riportare velocemente le imbarcazioni ed i loro pavidi equipaggi al sicuro nel porto.
Michael poteva immaginare gli uomini affannarsi a cercare il vento e rivolgere qualche preghiera al loro dio rosso, o qualunque altra cosa pregassero.
A bordo della Giumenta dei Flutti nessuno appariva teso, non che la nave lunga avesse molte possibilità in più delle caracche Tyroshi di superare indenne una tempesta, semplicemente l’equipaggio era formato interamente da abitanti di Piccola Wyk e gli uomini di ferro non temevano nulla.
Mentre la nave era sollevata da cavalloni sempre più potenti, il giovane marinaio vide il Capitano, Roger Pyke, sporgersi negligentemente all’esterno dello scafo, reggendosi all’attrezzatura con la sola mano sinistra.
Non appena la prua superò il culmine dell’onda, un mare dischiuma invase il ponte ed il Capitano scomparve per alcuni secondi, solo per riapparire esattamente nella stessa posizione, bagnato fradicio.
Roger Pyke si passò una mano tra i capelli scuri e fradici, ridendo spavaldamente.
-Il Dio Abissale mi ha annegato! Certo sarebbe stato meglio nella birra!- Ringhiò al di sopra del fragore delle onde che s’infrangevano sulla chiglia.
-O fra le cosce d’una dorniana!- Aggiunse il nostromo, suscitando uno scroscio di risa nell’equipaggio.
Michael lasciò la cima, alla quale si stava reggendo per il timore di essere sbalzato fuori bordo, ed ebbe un moto di vergogna per la propria codardia.
Un uomo di ferro rideva della morte, non la temeva.
Pur non avendo il coraggio di replicare il gesto del Capitano, il giovane decise di rimanere in piedi al centro del ponte, per dimostrare di non essere un ragazzino piagnucoloso.
Era stato accettato a bordo da poche settimane, al compimento del suo diciottesimo anno, o almeno di quello che supponeva esserlo, come marinaio semplice.
Il Capitano provava per lui una specie di affetto, forse perché entrambi erano dei bastardi, dei Pyke, o forse per riguardo alla sua defunta madre, della quale era un cliente fisso, ma non lo avrebbe tenuto nell’equipaggio se non si fosse dimostrato un vero uomo di ferro.
Gli spruzzi infradiciarono completamente il giovane marinaio, che dovette stropicciarsi gli occhi per scacciare il fastidioso bruciore causato dal sale.
La “Giumenta” scalciava come se cercasse di gettarlo fuori bordo e le assi scivolose del ponte certo non lo aiutavano nell’impresa di assumere una posizione stabile, Michael era così impegnato nel mantenere l’equilibrio che quasi non sentì l’urlo del Capitano.
-Nave a dritta! Un mercantile Tyroshi! Con questa tempesta nessuno potrà accusare noi se quella bagnarola non farà ritorno al suo porto! Avanti uomini di ferro, andiamo a comprare la nostra ricchezza con l’acciaio!-
Mentre parlava, Roger Pyke aveva sganciato dalla cintura una delle sue asce da lancio, con un entusiasmo che si diffuse nell’equipaggio come altofuoco.
Michael sentì il Nostromo berciare di stare lontani dalle donne che avrebbero trovato a bordo, perché in quanto marinaio più anziano era a lui che spettava scegliere la moglie del sale più bella.
Un fitta pioggia gelida prese ad abbattersi sul ponte della “Giumenta” ed il giovane uomo di ferro vide che la vicina costa di Essos era svanita, inghiottita da un fronte di nubi nere come pece.
Nessuno avrebbe mai saputo di quanto stava per accadere e Michael ebbe un moto d’eccitazione nel vedere lo scafo del mercantile Tyroshi che rollava in difficoltà poco oltre la prua rinforzata della nave lunga.
Era il suo primo viaggio per mare ed aveva l’occasione di depredare, come i suoi antenati facevano ai tempi in cui Robert non era ancora Re.
Con foga afferrò dalla rastrelliera sul ponte un lancia d’arrembaggio e la strinse fino a farsi venire bianche le nocche delle dita intirizzite dal freddo.
Tutti gli uomini erano sul ponte, armati di lance corte, asce e qualche spada, pronti all’arrembaggio.
Michael era l’unico a non vestire un qualche tipo di armatura, poiché non se la poteva permettere, ma pensò che dopo aver avuto la sua parte di bottino avrebbe potuto comprarne una.
Certo avrebbe preferito pagarla col ferro anziché con l’oro, ma dubitava fortemente che qualche Tyroshi la indossasse, quasi tutti i marinai tanto di Westeros quanto di Essos preferivano rischiare un fendente che una morte per annegamento.
Il Capitano si voltò verso il suo equipaggio e lanciò un urlo che venne ripreso e ripetuto da tutti, fino a trasformarsi in un ruggito di pura ferocia.
-Ciò che è morto non muoia mai!-
Michael urlò fino a sentire la propria gola in fiamme, poi le due navi urtarono e lui fu sbalzato violentemente a terra.
Il rumore del fasciame del mercantile che andava in pezzi sotto la spinta della nave lunga ricordava quello delle ossa spezzate, mentre nell’aria si diffondeva il cupo lamento del legno sottoposto a pressioni immani.
Michael si rialzò dalle assi umide e vide che molti suoi compagni erano già sul ponte nemico.
Se voleva guadagnare rispetto e bottino avrebbe dovuto essere tra i primi a combattere, quindi si affrettò verso lo scontro.
I due equipaggi si stavano affrontando tra i rottami della fiancata del mercantile e la prua della “Giumenta”, il giovane sentiva le urla ed il cozzare dell’acciaio, inframezzato dai potenti tuoni che avevano preso a spezzare le nubi, ma non riusciva a vedere nulla al di là della calca di uomini di ferro che premevano verso la prua, ansiosi di combattere.
Improvvisamente un’idea folle s’impadronì di lui, nella luce bianco cangiante di un lampo vide la sua strada verso la ricchezza e la colse.
L’uomo di ferro balzò oltre il parapetto della nave lunga e per un istante temette di cadere e scomparire tra i neri flutti spumosi che ribollivano fra i due scafi, ma poi atterrò sul ponte scivoloso del mercantile e quasi travolse un marinaio Tyroshi dallo sguardo stralunato, che menò un colpo alla cieca con la sua spada ricurva.
Michael evitò l’arma di misura e vibrò la lancia per puro istinto, cogliendo l’avversario in pieno volto.
Un caldo fiotto di sangue schizzò il viso dell’uomo di ferro, mentre un rivolo vermiglio scendeva lungo l’asta di legno, già resa viscosa dalla pioggia.
Non degnò l’avversario d’un altro sguardo, voltandosi invece istintivamente per cercare un altro nemico.
“Ho ucciso il mio primo nemico, sono un vero guerriero, sono un vero guerriero!”
Il cuore di Michael gli rimbombava nelle orecchie, rendendolo sordo a qualunque altro suono.
I suoi giorni da mozzo erano finiti, si era lanciato temerariamente all’arrembaggio, versando sangue ben prima di uomini che avevano più del doppio dei suoi anni, d’ora in poi sulla nave lunga ci sarebbe stato solo grande rispetto per Michael Pyke.
Questo pensava mentre un altro tyroshi gli si faceva incontro.
Il giovane notò che al marinaio mancavano quasi tutti i denti nella bocca incorniciata da una barba verde acceso e stravolta in un urlo a metà tra il terrore e la ferocia.
-Ciò che è morto non muoia mai!-
Gridò Michael nell’affondare la lancia.
Sfortunatamente per lui, il tyroshi schivò abilmente l’affondo e vibrò con forza la sua ascia.
Con gesto disperato l’uomo di ferro sollevò la propria arma, parando il colpo dell’avversario.
Un misto di pioggia e sangue scaturì dall’impatto, spruzzando il viso di Michael, che sentì il contraccolpo accendergli dolorosamente tutti i muscoli delle braccia, come se il suo sangue si fosse trasformato in fuoco liquido.
L’ascia agganciò l’asta e la strappò dalle mani intorpidite dell’uomo di ferro.
Il tyroshi era più forte di lui, non che ci volesse molto, essendo Michael piuttosto magro, nonostante le spalle large e la discreta altezza che supponeva di aver preso dall’ignoto padre.
Michael imprecò e cercò con mani tremanti il pugnale che portava alla cintura, invano tuttavia, poiché le sue dita intirizzite dal freddo non riuscirono a riconoscere l’impugnatura dell’arma.
Avrebbe dovuto abbassare lo sguardo per cercarla, ma non riusciva a staccare i suoi occhi grigi dall’ascia che stava per essergli vibrata contro.
Non voleva morire, non adesso che aveva appena ottenuto un simile successo, non poteva farsi ammazzare da un marinaio di mercantile, avrebbero riso di lui anche nella morte.
Balzò all’indietro appena in tempo per evitare un colpo circolare e finalmente la sua mano destra si decise ad estrarre l’arma dalla cintura, tuttavia sentì che qualcosa gli stava trattenendo le gambe.
Era ormai troppo tardi quando si rese conto che si trattava del parapetto della nave, con un urlo di puro terrore vide il ponte svanire, mentre precipitava fra i due scafi, verso il pauroso ribollire delle onde.
Poi fu solo il gelo delle nere acque del Mare Stretto.
   
 
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