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Autore: ElderClaud    07/05/2009    5 recensioni
La verità è quella condizione che più di tutte fa soffrire un individuo e lo fa percepire come vulnerabile agli altri. La verità, è anche quella cosa scomoda da accettare e difficile da capire. Che ti manda in confusione la testa e in automatico ti impone una domanda al tuo stesso “io”. Ovvero: Perchè? E la domanda “perché” rimbombava ormai quasi incessantemente nella testa di Ulquiorra Shiffer
[UlquiorraxOrihime]
Genere: Malinconico, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Inoue Orihime, Nnoitra Jilga, Schiffer Ulquiorra
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Salve a tutti!
Questa che vi apprestate a leggere è in assoluto la prima fanfiction su Bleach che scrivo!
Una UlquiorraOrihime anche se è più che altro incentrata su Ulquiorra e sui suoi pensieri. O presunti tali dal mio punto di vista.
Devo dire che come coppia mi affascina molto, e credo che ne dedicherò altre sia a loro, che a Bleach in generale. Andrò comunque con calma perché ho iniziato da poco a leggere il manga!
Come ultimo, vi chiedo di lasciare un commento se la leggete! Grazie per l'attenzione e buona lettura.



• { Veritas




La verità è quella condizione che più di tutte fa soffrire un individuo e lo fa percepire come vulnerabile agli altri.

La verità, è anche quella cosa scomoda da accettare e difficile da capire.
Che ti manda in confusione la testa e in automatico ti impone una domanda al tuo stesso “io”.
Ovvero: Perchè?

E la domanda “perché” rimbombava ormai quasi incessantemente nella testa di Ulquiorra Shiffer.
Un perché assurdo e insulso, una cosa che aveva le radici nel profondo del suo essere e del suo cuore.
Se mai ne avesse avuto uno si poteva aggiungere tranquillamente... E si sa, i demoni non possiedono cuore benché tentino in tutti i modi di somigliare ad esseri umani.
In aspetto e in carattere. Nei modi di fare e nella voglia di fare qualcosa. Una copertura perfetta che però a lui mal s'addiceva.
Una creatura superiore come lo era lui non doveva minimamente esporsi il problema di quell'irritante domanda.
Di quel perché infantile e fastidioso.
Invece rodeva come un tarlo sul legno e questo prima o poi lo avrebbe rovinato e fatto esporre agli altri in modo definitivo.
E il suo aspetto ieratico e distante non lo avrebbe più protetto da quella debolezza che aveva addirittura un volto e un nome.
Ma che lui preferiva solo identificare con un unica descrizione.

La donna.

La donna era quella cosa che negli ultimi tempi lo assillava con un costante “perché” che lo tormentava e lo irritava.
Era solo una umana, una stupida umana che non valeva certo la pena sgozzare e lasciare morire dissanguata. Una creatura infima che non valeva neppure la pena di disprezzare.
Perché egli era superiore a queste cose.
Eppure era perfida nel suo essere innocente. Eppure era preziosa nel suo essere mortale.
E senza neppure ferirti con un coltello ella ti uccideva lentamente dentro con quel dubbio che senso alcuno aveva.
Ti sondava l'anima con il suo sguardo.
Ti stordiva con il suo profumo.
Ti rendeva sordo con le poche parole che pronunciava quando ti vedeva. Solo con quello.
Odiava ogni singola sensazione che provava ogni qual volta si ritrovava a starle accanto, eppure, esattamente come una droga, non puoi fare a meno di ucciderti lentamente in questo modo.
Rimani affascinato da tale sotterfugio e di questo te ne vergogni.

“Ulquiorra...”

Preghi ogni giorno che nessuno si accorga della tua debolezza ma ogni volta è sempre peggio.

“Ehi Ulquiorra dico a te!”

Le tue difese cadono e negli occhi i tuoi fratelli vedono tutto. Vedono la tua sconfitta e il tuo vizio.
Perché la donna per te adesso è un puro vizio.

“Nh? Che vuoi Nnoitra?”

Il più perfido tra tutti gli arrancar si stagliava alto e longilineo su una bianca parete spoglia e pulita.
Il suo sorriso era tutt'altro che enigmatico e pareva essere un vero e proprio ghigno beffardo.
Perennemente stampato sul volto magro e ovale, lo faceva sembrare quasi una maschera tragicomica con delle tendenze non poco velate al grottesco e al sadico. Cosa marcata anche dal suo stesso sguardo con l'unico occhio buono che sbucava dai lunghi capelli d'ebano e ti osservava l'anima.
Sguardo folle e malizioso di una serpe che riesce nonostante tutto a guardarti dentro e a capire tutto.
Oltre il tuo sguardo pallido e malinconico.
Oltre i tuoi occhi freddi e disumani. Verdi iridi smeraldine che uccidono più della stessa spada.
Gli viene quasi naturale sghignazzare il solo vederti Ulquiorra... Stiamo cadendo in basso vero?
“Dunque... Anche oggi siamo stati a trovare il cucciolo eh? Ehe! Stiamo diventando insaziabili vedo!”
Nnoitra identificava nel “cucciolo” la donna. Un termine a suo avviso fin troppo malizioso che aveva il dovere di metterlo in imbarazzo, senza però avere un successo concreto.
Anche se ad essere sinceri, per quella volta ebbe un sussulto interno che non dette in nessun modo a vedere.
“Non ho la più pallida idea di cosa tu stia parlando... sto semplicemente eseguendo gli ordini. Ma lasciatelo dire sei decisamente volgare”
Negare Shiffer... negare sempre l'evidenza.
L'altro a quella fredda e pacata risposta si mise a ridere in maniera quasi cattiva, prima di ritornare a parlare e a pronunciare autentiche punzecchiature.
“Sì certo, ordini! Come se Aizen ti avesse ordinato di sorvegliarla anche quando va al cesso!
Oppure lo spendi in chiacchiere il tuo tempo? Anche se ad essere sinceri, non ti ci vedo porgerle un asciugamano dopo essersi fatta il bagno...”
Sguardo indagatore e perfido mentre pronunciava quasi in modo lascivo le ultime parole del suo volgare monologo.
Decisamente irritante ma sincero nella sua malizia.

Problema centrale, egli passava troppo tempo con la donna.
Un tempo che ormai non combaciava più con gli ordini dell'illustrissimo capo, ma andava oltre e si fermava ai propri voleri personali.
Il tutto per soddisfare la propria curiosità analitica di quella che era una autentica seccatura.
Per quanto ella fosse riservata e poco incline ad averlo accanto, lo accettava e se ne rimaneva zitta.
Come tutti era ovvio che anche lei avesse paura di lui. Perchè gli umani non potevano fare altro che tremare nella loro inutile esistenza. Possono negare la paura ma ciò non toglie che la provano in tutte le sue sfaccettature.
Tuttavia la femmina si era ritrovata a destare interesse in lui, perché quella tenacia che possedeva nel proprio cuore lui non se la ricordava ormai più da molto tempo.
Curioso il fatto di come si comportasse con tutti gli arrancar presenti nel palazzo, il fatto che li trattasse tutti come se fossero degli esseri umani era una cosa quasi inaudita. Se non da poveri ignoranti.
A parte l'aspetto nessuna creatura lì presente era umana.
Nessuno, neppure lui.
Erano esseri fatti di freddo e di emozioni negative, di dolore e di nostalgia.
Rabbia mista a frustrazione come una tempesta di ghiaccio fatta da neve ed acqua.
Lui era come l'inverno, la pelle del colore della neve e fredda al tatto come un lago ghiacciato. Gli occhi verdi e intensi, quasi brillanti, erano come quelli di un pipistrello che volteggia in una notte senza luna.
E un buco sul petto ove un tempo era presente il suo cuore.
Cuore ucciso da una spietata tristezza che lui ormai quasi non ricordava, ma tuttavia, era la donna a fargli ricordare ogni singola emozione ormai estinta in lui.
Come l'alta marea che bagna i secchi granelli di sabbia, egli venne letteralmente travolto e quasi la cosa lo sconvolse.
Odiava ricordare tutte quelle antiche sensazioni ma era quasi eccitante provarle di nuovo, anche se altro non erano che uno spettro del suo passato umano.
Sensazioni effimere vero, ma tanto bastava per “devastare” il suo essere fin nel principio.

Sospirò in modo impercettibile prima di rispondere ancora una volta a quell'odioso e viscido individuo.
“Sto con la donna il tempo necessario per eseguire tutti gli ordini di Aizen-sama, Nnoitra. E dubito che la cosa possa destarti interesse dato che hai altre mansioni. Le tue sono inutili illazioni”
Lo sguardo serpentino del secondo espada si assottigliò assai vistosamente a testuali dichiarazioni.
Poco incline a credere a quelle parole che puzzavano di balle gratuite.
“Sempre ordini eh?”
Scettico e divertito al contempo nella sua perfida voce. Shiffer che si faceva ballista era uno spettacolo unico.
“Ora sei tu a raccontare balle Ulquiorra... Ehe”

No, ad essere sinceri lui non era così come lo additava con malizia l'allampanato secondo, non era sua abitudine mentire ma si trattava solo di semplice e segreta riservatezza.
Ovvio che la femmina non si limitava a rimembrare in lui solo sentimenti umani, risvegliati dalla cocciutaggine di quest'ultima non resasi conto della loro natura e di come lo affrontava ogni volta.
Opponendosi ai suoi educati ordini e a volte persino prendendolo a schiaffi per la sua schiettezza.
Ella risvegliava anche le sue membra morte da tempo facendolo soffrire in modo immane.
Poiché a differenza di molti altri suoi “colleghi” che non disdegnavano a prendere in giro gli esseri umani prima di divorarli, lui seguiva la via dell'ascetismo.
Cercando inutilmente di non pensare a quanto fosse bella e quanto fosse viva.
La carne di un colore latteo e delicato, i capelli luminosi dai colori dell'autunno e lo sguardo da cerbiatta.
Viva e bellissima.
Delicata come le farfalle sbocciate in una tarda primavera sepolta nei ricordi della sua remota e morta infanzia, e calda come una sera d'estate.
Poetica si poteva aggiungere, anche nelle note potenzialmente negative del suo carattere.
Era bello in fin dei conti poter provare a ritornare in un qualche modo vivo. In un turbine di nostalgia in cui sei comunque cosciente che non c'è modo di tornare indietro.
Sensazione bella, bellissima, quella di sentirla respirare. Sentire l'odore del suo respiro.
Perchè quasi sicuramente anche lui un tempo respirava.
Sentire il suo respiro incanalarsi giù per la trachea ed immergersi nei polmoni. Che si dilatavano nel prendere ossigeno e poi lievemente e con calma rilasciavano l'anidride carbonica.
Un respiro di molto mozzato perché lui era ovvio che le faceva paura, soprattutto quando si avvicinava troppo.
E in contrasto con il respiro che si quietava, aumentava il pompaggio del cuore.
Un “tam tam” che veniva da dentro la cassa toracica della giovane. E più si avvicinava, più quel battito aumentava, carico di emozioni che si contorcevano tra loro come un fico strangolatore.
C'era paura questo era vero, poi però subentravano tutte le altre dettate dalla paura stessa, che come a chiamare aiuto richiamava a se tutte le emozioni umane come la rabbia, l'indignazione, l'imbarazzo e il dubbio.
Bello notare come lo sguardo della donna si facesse contrariato – ma comunque sempre bloccato dal buonsenso – quando lui le spostava una ciocca di capelli ribelli dal volto per portarla dietro un orecchio.
La pelle lattea si increspava sotto il suo tocco in quella che un tempo lui chiamava pelle d'oca. E le guance le si imporporavano fino ad un violento rossore quando non si trattava più di spostare semplicemente delle ciocche di capelli.
Che culminava con lui che premendo il lato destro del volto sul suo sterno sentiva quel battito cardiaco impazzito e quei polmoni che esasperati ed esausti del respiro ansante sembravano chiedere pietà.

Shiffer non c'era arrivato a capire che ciò che faceva poteva anche essere collegato a molestie vere e proprie.
Nella sua curiosità infantile che si faceva sempre più adulta certi problemi non se li poneva. La femmina era ferma nel suo essere una comune mortale imprigionata com'era da quella gabbia di sentimenti.

Non era solo e semplice sesso.
Quello lo fanno gli esseri umani tanto per svagarsi. Lo fanno le bestie per sopravvivenza.
Il suo era come un ritorno alla vita, e lo spettro della sua vita passava dal petto della donna.
Dal sentire il suo cuore umano pompare sangue velocemente dentro la cassa toracica, poterlo avvertire solo appoggiando l'orecchio su quella pelle umida e morbida.
Bagnata da discrete gocce di sudore, bollenti come la pelle che le generava. La pelle d'oca cessava di esistere e dopo subentravano solo i brividi per lei.
Lui la toccava, e la donna rabbrividiva di ogni sensazione esistente. E anche se si tratteneva ella gemeva sempre.
Ed ogni volta, ogni santissima volta che si consumava l'atto, se ne usciva sempre con quella domanda che alla fine sapeva di scontato.
Da un leggero retrogusto amaro.
“Donna... Hai paura di me adesso?”
E alla solita domanda ella rispondeva sempre con la solita risposta, scontata anche quella ma mai banale.
Anche se detta con voce tremante rotta da un respiro che ancora correva preda di mille emozioni.
“No... Non ho paura”

Per Ulquiorra Shiffer quella dolce bugia che provava solo con quella maledetta figura femminile valeva il gioco della candela.
Valeva il farsi scoprire dai propri compagni e quindi di farsi ricoprire di ridicolo.
Di essere visti come dei deboli sentimentalisti e nostalgici, di quelli che pensano a come poteva essere la vita passata trascurando il presente.
O peggio ancora l'infamia di trasgredire gli ordini.

Ma per fortuna, non appariva come traditore all'unico occhio buono del collega che aveva di fronte.
Ma che anzi, pareva assai divertito delle troppe contraddizioni velate che il numero quattro tra gli espada riusciva a pronunciare.
Ed era una cosa che ad un tipo come lui non s'addiceva.
“Se hai finito con le tue domande Nnoitra, ora dovrei andare”
Era stanco di quella conversazione e voleva al più presto ritornare ad immergersi nei propri pensieri. Ritornare a pensare alla primavera che riscaldava il suo inverno.
Ritornare a pensare a quel “perché” irritante e al fatto che non poteva fare a meno di domandarselo.
Nonostante conoscesse la risposta ma troppo difficile da accettare proprio come la realtà.
“Beh Ulquiorra... non era mia intenzione farti arrabbiare! - iniziò ancora il dannato ficcanaso, non ancora stanco di divertirsi e facendosi più vicino al compagno importunato - Ma l'odore che ti porti dietro mi faceva dedurre che non ti limitavi solo ad eseguire gli ordini e basta...”
Pessima battuta davvero. Molto pessima e molto fuori luogo.
Ignorò totalmente la presenza del secondo perché ormai era diventata una futile presenza. Ignorò il fatto che con malizia gli si era avvicinato abbastanza per poterlo sondare meglio sia con la vista che con l'olfatto.
Lo poteva sentire inalare l'aria circostante e avvertì disgusto quando la sua lingua lunga passò in rassegna le labbra sottili del proprio padrone. Pronunciando poi parole sottili e sibilate.
Tanto basse che solo chi era vicino a lui poteva udirlo.
“Hai odore di femmina addosso... Non negarlo amico mio”
Stanco, decisamente stanco di lui. Annoiato da una stupida malizia che doveva cercare di metterlo in una concreta difficoltà facendo però acqua da tutte le parti.
Non si trattava di fare paura ad un semplice sottoposto, ad una inutile fracctiòn. Qui si parlava nientemeno che di Ulquiorra Shiffer, la notte fatta ad espada e di conseguenza quasi invincibile.
Creatura distante e riservata. Fredda e gelida.
Morta anche.
Ma viva nei suoi pensieri perduti. Viva nelle sue domande dove onore e senso del dovere si battevano con reazioni più terrene e materialistiche.
Ad ogni modo, non dette ne sguardo, ne risposta al molesto compagno e decise di riprendere a camminare diretto per la sua strada e per i propri intimi pensieri.
Lasciandolo a bocca asciutta mentre stupito borbottava un qualcosa che lui non udì affatto.
Deciso a tutti i costi a non darla vinta a quel bastardo ficcanaso.


Per quanto la verità faccia male, per quanto possa essere scomoda e difficile da accettare per uno come lui, per uno come Shiffer, quella era la pura verità.
Non la capiva ma l'accettava ugualmente.
Anche a costo di arrivare alla totale rovina, avrebbe percorso quella via perché nella sua incoscienza era la donna stessa ad imporglielo.





Finita dunque!
Il mio terrore è di essere entrata in OOC. Spero di no ma comunque questo dovete deciderlo voi!
Ringrazio Black Rose per avermi dato una mano.
   
 
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