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Autore: Ciulla    07/10/2016    6 recensioni
Quali saranno state le prime parole pronunciate da Death The Kid? E a quale conseguenza avranno portato?
“Coraggio, piccolo... Perché non parli? Perché non dici papà?” Mormorò afflitto. Il volto di Kid si fece serio, come se avesse avvertito nel tono del padre la sua tristezza, il senso di colpa che provava per non essere nemmeno stato in grado di crescere un figlio come si deve. Accarezzò piano la sua maschera, infilandosela sulla testa e scrutando il volto del genitore, che solo per lui non era un mistero sempre nascosto.
Genere: Comico, Demenziale, Fluff | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Death the Kid, Sommo Shinigami
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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PRIME PAROLE




Era una tranquilla e uggiosa giornata a Death City. Shinigami-Sama, creatore della scuola per armi e maestri d’armi, si godeva alcuni istanti di meritato riposo: quel giorno sembrava che tutti gli insegnanti e gli studenti avessero imparato a fare a meno di lui e, per qualche ora, il grande dio non poteva che esserne felice. Ultimamente il lavoro lo aveva tenuto lontano dall’aspetto più importante della sua vita immortale: suo figlio, Death The Kid, un pargolo di soli cinque anni, momentaneamente impegnato ad impilare gioiosamente i mattoncini di costruzioni.
In mezzo alla sala spoglia in cui suo figlio stava giocando si trovava, dopo sole poche ore da che aveva iniziato, una costruzione immensa, impossibile da realizzare per un qualunque umano di quell’età. Le pareti, progressivamente inclinate verso l’interno, si concludevano con una punta acuminata, e sulla facciata frontale si stagliava una figura dettagliata e complicata, vagamente simile ad un gatto nero. Shinigami-Sama l’avrebbe definita una copia quasi perfetta della piramide di Anubi, se non fosse stato praticamente certo del fatto che il figlio non avesse modo di conoscere tale meraviglia.
Inutile precisarlo, l’immensa opera che il piccolo shinigami aveva rappresentato era perfettamente simmetrica; il bambino aveva mostrato fin dalla sua nascita un amore e una smania eccessiva per la simmetria, tanto da distruggere qualunque cosa non soddisfacesse pienamente tale requisito o, in alternativa, scoppiare disperatamente a piangere finché qualcuno non interveniva a distruggerla al posto suo. Il povero padre temeva il giorno in cui, guardandosi allo specchio, Kid si fosse realmente reso conto di quelle tre strisce che deturpavano la sua magnifica simmetria contaminando i suoi capelli. Nel migliore dei casi avrebbe distrutto lo specchio, nel peggiore dei casi... Shinigami-Sama non osava nemmeno pensarci.
Sorridendo intenerito, il dio si sedette di fronte al piccolo che, avvertendo un elemento di disturbo nella sua precisa composizione architettonica, alzò lo sguardo sulla figura nera. Immediatamente sorrise felice, alzandosi in piedi e afferrando una delle grosse mani del padre. Quando era più piccolo adorava accucciarsi tra quelle due enormi mani, in quella che sembrava una culla fatta su misura per lui, e non aveva mai accettato il fatto di essere cresciuto e di non entrare più in quello spazio confortevole. Del resto, non era certamente cresciuto tanto dal punto di vista comportamentale quanto lo era dal punto di vista fisico. Giocava agli stessi giochi a cui giocava tre anni prima, rideva agli stessi dispetti e, come il padre non mancava mai di notare disperatamente, non aveva ancora pronunciato una parola che una. Mai, nella sua vita, dalla sua tenera boccuccia era uscita una parola di senso compiuto; solo versi, risate e gorgheggi infantili che divertivano e rattristavano il padre allo stesso tempo.
“Kid... Ehi, Kid”, chiamò Shinigami-Sama, attirando a sé l’attenzione del figlio. Kid smise immediatamente di tentare di spiaccicarsi sulla sua enorme mano e rivolse l’attenzione alla sua maschera. “Kid, prova a dire papà!”
“Uiooooo” esclamò obbediente Kid, allungando una manina per afferrare la maschera dell’adulto. Questi lasciò che il figlio gliela sfilasse, poi avvicinò il volto al suo e gli sorrise, provando ancora una volta a farlo parlare. “Coraggio, piccolo... Perché non parli? Perché non dici papà?” Mormorò afflitto. Il volto di Kid si fece serio, come se avesse avvertito nel tono del padre la sua tristezza, il senso di colpa che provava per non essere nemmeno stato in grado di crescere un figlio come si deve. Accarezzò piano la sua maschera, infilandosela sulla testa e scrutando il volto del genitore, che solo per lui non era un mistero sempre nascosto. Si guardarono a lungo negli occhi, finché sconfortato Shinigami-Sama non sentì il suono di qualcuno che lo chiamava. Gemendo rassegnato si alzò, recuperando la maschera dalla testa del figlio e dirigendosi verso lo specchio, pronto a rispondere a chiunque avesse bisogno di lui.
Fu in quel momento che alle sue spalle udì una voce flebile, una voce non abituata a parlare che faceva sentire le sue prime parole, delle parole magiche, magnifiche, delle parole così melodiose sulle sue labbra che qualunque padre avrebbe probabilmente pagato oro per sentirle dire dal proprio figlio.
Di fronte a lui, nello specchio, un giovane Franken Stein tentava di attirare l’attenzione del dio, stranamente inebetito.
“Pronto? Shinigami-Sama? Mi sente? Volevo chiederle se...”
Senza attendere che finisse, lo Shinigami lo zittì. “Sì, sì”, esclamò. “Tutto quello che vuoi. Ora devo andare, ciao”.
Chiuse la chiamata e immediatamente, con lacrime di commozione nascoste dalla maschera bianca, si precipitò verso il figlio e lo prese in braccio, stringendolo a sé con gioia immensa, mentre nelle orecchie ancora risuonavano quelle parole stupende: "Papà, lo specchio sulla parete è leggermente storto”.
 

Poco lontano, Spirit attendeva con ansia il ritorno di Stein. Appena lo vide, balzò improvvisamente in piedi e gli si precipitò incontro. “Allora? Gli hai parlato?”
Stein annuì con solennità. “Ha detto di sì. Posso dissezionarti quando voglio”.
Spirit agitò con rabbia un pugno in aria. “Maledetto Shinigami!”
   
 
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