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Autore: Ayumi Yoshida    08/05/2009    8 recensioni
“Ehi tu, libera la corsia!” esclamò con forza una piccola Miwako Sato, capelli corti e temperamento particolarmente peperino, sistemandosi meglio gli occhialini da piscina sul naso. [...]
Guardando davanti a sé, la superficie dell’acqua appariva intrisa dell’odore abituale di cloro, piatta e cristallina.
Tranne che in un punto.
[Takagi/Sato]
Genere: Commedia, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Miwako Sato, Wataru Takagi
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Suffissi (Can’t you swim?)

A Katia, perché il merito è tutto suo.
Grazie.




“Ehi tu, libera la corsia!” esclamò con forza una piccola Miwako Sato, capelli corti e temperamento particolarmente peperino, sistemandosi meglio gli occhialini da piscina sul naso. Nella piscina coperta del quartiere frequentata soltanto da bambini era nota per essere l’unica che, alla sua età, sapesse nuotare alla perfezione. Nessuno riusciva a raggiungerla.
Guardando davanti a sé, la superficie dell’acqua appariva intrisa dell’odore abituale di cloro, piatta e cristallina. Tranne che in un punto.
Il bambino dagli occhi e i capelli castani a cui si era rivolta, Wataru Takagi, attaccato con tutte le sue forze al bordo marmoreo della vasca, la fissò con gli occhi spauriti.
Sembrava terrorizzato da lei, dalla piscina, dall’acqua e da tutto ciò che gli stava intorno. Forse era per quel motivo che, da quando era entrato in acqua – sempre in punta di piedi - , non si era mosso di un centimetro.
“Io… va bene” mormorò un po’ rosso in viso e, con attenzione, ancora ben stretto alle piastrelle, si spostò di qualche centimetro verso sinistra. La bambina sbuffò sonoramente.
Era strano. Cosa ci faceva in piscina se continuava a starsene schiacciato contro il bordo della vasca?
Con una scrollata di spalle, Miwako inspirò più aria che poteva e si tuffò, planando sulla piscina a volo di uccello e infrangendo la superficie dell’acqua. Poi cominciò a battere i piedi e a descrivere cerchi muovendo le braccia. Giunse fino a metà corsia, nuotando sempre diritta, poi, con una capovolta spettacolare, rotolò su se stessa e cominciò a percorrere la vasca nel verso opposto .
Wataru continuava a fissarla con gli occhi spalancati, incredulo. Mai aveva visto qualcuno nuotare in un modo così perfetto, con una tale eleganza. Le sue gote si tinsero improvvisamente di rosso, quando notò che la bambina, lo sguardo fisso sul suo viso, stava nuotando verso di lui.
Tu” esclamò di nuovo la piccola, quasi imperiosa, fermandoglisi di scatto davanti “che ci fai ancora lì?”
Il bambino si morse un labbro e spostò lo sguardo lontano dai suoi occhi marroni, mentre cercava le parole adatte da articolare. Quando li aveva incontrati, all’improvviso non aveva saputo più cosa pensare.
“Io…” cercò lui di spiegarsi, ma immediatamente Miwako lo interruppe con un sorriso: “Non sai nuotare, non è vero?”
Il viso di Wataru toccò di scatto una sfumatura rosso vivo.
“Non… non ne sono tanto capace” sussurrò a testa bassa, desiderando ardentemente di sprofondare negli abissi più profondi della piscina “ho imparato da poco.”
La sua voce si abbassava sempre più di tono; le sue mani, ormai bianche dallo sforzo, stringevano ancora saldamente il bordo della vasca.
Che vergogna.

La bocca di Miwako si curvò ancora, disegnando un sorriso più esteso.
“Potrei darti una mano” gli propose, contenta.
Il rossore sulle guance di quel bambino appena conosciuto già le stava simpatico.
Wataru alzò gli occhi, sorpreso. “Lo faresti davvero?” domandò, la bocca ancora spalancata.
Era proprio l’ultima cosa che avrebbe immaginato.
La bambina rise piano. “Certamente. Se vuoi.”
Lui annuì energicamente, cercando di non arrossire di più, di mantenere contegno, ma non ci riuscì.
Quella bambina aveva fatto scappare via tutto il suo coraggio.
Miwako rideva ancora, quando gli strinse la mano.
“Piacere, Miwako. Seguimi.” disse semplicemente.
Lui la strinse forte con la sua. Era piccola e morbida.
“Wataru. Grazie mille, Miwako san*” replicò lui, candidamente.
“Ehi, perché ‘san’?” protestò la bambina infervorata, battendo violentemente le mani sull’acqua.
 Il bambino sbatté le palpebre, dubbioso, mentre spruzzi caldi e trasparenti gli inondavano il viso.
“Ma…” cominciò a dire preoccupato. Era sicurissimo di non aver fatto nulla di male: aveva applicato tutte le regole per una conoscenza rispettosa, le aveva dato del lei. Cos’era, quindi, che non andava?
Miwako,però, non gli diede spiegazioni. Aveva già celato la sua irritazione e, un sorriso divertito stampato sul volto, lo trascinò velocemente dietro di sé.
Perché, dopo qualche esercitazione di nuoto - ne era certa - tra loro non ci sarebbero stati più suffissi.



*^*^*



*"San" è un suffisso giapponese che viene usato in situazioni formali.


Una piccola Sato/Takagi (per me la prima) dedicata alla carissima Katia  - Rinalamisteriosa -  perché  mi ha dato l'idea della piscina, perché ci divertiamo da matte quando chiacchieriamo, perché è troppo gentile con me. <3
Questa storia si è praticamente scritta da sola. Katia mi ha proposto di scrivere una Takagi/Sato ambientata in una piscina, io li ho immaginati bambini e questo è il risultato.
Spero possa piacervi almeno un pò. ^^
Mi farebbe piacere ricevere un parere, bello o brutto che sia, perché ho davvero paura di aver rovinato questi splendidi personaggi. ç_ç
Grazie mille. ^^

Un bacio,
Ayumi





   
 
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