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Autore: Nihal_Dubhe    11/10/2016    3 recensioni
"«Sentendo quanto gli vuoi bene tuo nonno starà sicuramente già riposando meglio.»
Su quel giovane viso triste si aprì un sorriso.
«La ringrazio, ma non è mio nonno. - prese tra le sue mani le dita del vecchio - È lo zio di mia mamma, il fratello di mio nonno. Ma per me è sempre stato come un altro nonno, in effetti.»
«Ho capito. E i suoi figli o nipoti? Non lo vengono a trovare?»
[...]
«Lo zio dice che ha avuto un unico grande amore quando era giovane e che poi non ha più conosciuto nessuno con cui sentisse di voler avere una famiglia.»"
(Cap.1)
.
"«Allora? Mi vuoi dire cos'è successo al cinema?»
Jimin guardò altrove, quasi incapace di parlare per l'imbarazzo. Ma alla fine prese coraggio, puntò gli occhi nei suoi e rispose spiazzando completamente Yoongi.
«Solo quello che sarebbe successo nel sacco a pelo quella sera se tu non fossi stato preso dal panico.»"
(Cap.3)
.
[YoonMin]
Genere: Drammatico, Malinconico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Yaoi, Slash | Personaggi: Min Yoongi/ Suga, Park Jimin
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Silenzi. Tutti diversi.
Le stanze, i corridoi, i saloni: tutti avevano un silenzio diverso. Alcuni erano assoluti, altri spezzati dal respiro di qualcuno, altri ancora facevano rimbombare il suono delle prime auto che arrivavano nel parcheggio.
Ma non tutto il palazzo era silenzioso. Ai piani più bassi gli infermieri, i due medici e il personale vario era già al lavoro. Furono proprio un paio di assistenti che spezzarono il silenzio del corridoio fuori dalla stanza 101, forse con poco rispetto per tutte quelle anime che ancora dormivano.
Ancora chiacchieravano dei fatti loro quando iniziarono il primo "giro di ronda" della giornata.
Forse, rifletteva il signor Min già sveglio nel suo letto, forse "giro di ronda" era troppo poetico come nome: alla fine dovevano svegliare tutti, far vestire chi si reggeva ancora sulle sue gambe, vestire loro stessi chi non poteva nemmeno alzarsi da solo dal letto, controllare cateteri, accompagnare la gente fin dentro al cesso... Niente di molto poetico.
Alla fine l'irruzione avvenne anche nella stanza 101. La luce fu accesa e la porta sbatté alle spalle delle due signorine appena entrate.
«Buongiorno Yoongi. Già sveglio?»
La ragazza ignorò con un sorriso il suo sonoro e ben udibile grugnito di risposta. Era ovvio che fosse già sveglio, con tutto quel baccano. E non gli piaceva essere chiamato così per nome, senza nemmeno un onorifico, da una sconosciuta e per di più senza il suo permesso, come se fosse un bambino.
Ingoiò il rospo e si alzò, prima che fosse una di loro a sollevarlo. Lui ancora si reggeva tranquillamente in piedi da solo.
Entrambe però erano erano già impegnate con l'altro abitante della stanza 101. Gli stavano controllando il catetere e la flebo con mani ormai esperte e veloci. Con la stessa velocità gli passarono poi un panno umido sul viso e sulle braccia. L'uomo non aprì mai gli occhi, uscì solo dalla sua bocca qualche mugugnio quando una delle assistenti inavvertitamente gli face male.
Yoongi cercò di non pensare alla situazione dell'altro mentre si vestiva per scendere a fare colazione. Era meglio non pensare.
 
*
 
Nel primo pomeriggio fece ritorno nella sua stanza. Quella breve passeggiata che aveva fatto lo aveva stancato, come se il peso delle sue gambe fosse diventato all'improvviso pari a quello dei suoi anni. Sapeva che non c'era nulla di cui stupirsi, ma continuava a credere che fosse il Karma ad averlo punito. Era stato pigro per buona parte della sua vita e ora che voleva tenersi attivo, anche solo per ricordarsi che era ancora vivo, il suo corpo lo tradiva facendolo stancare dopo pochi passi.
Ora stare fermo lo spaventava. Aveva visto la sorte che toccava in quel posto a chi non poteva muoversi da solo. La maggior parte di questi veniva parcheggiata da qualche parte, ognuno nella sua sedie a rotelle, se andava bene nel salone vicino a qualcuno, ma se l'assistente aveva fretta nel corridoio davanti alla propria stanza.
Min Yoongi non avrebbe passato i suoi ultimi anni a fissare uno stupido asettico muro. Avrebbe fatto funzionare a tutti i costi quelle dannate gambe, anche se poi era costretto a riposarsi dopo solo una breve passeggiata.
Si stese quindi nuovamente nel suo letto e si massaggiò un po' le cosce fin dove arrivava con le mani rimanendo in posizione supina prima di chiudere gli occhi. Sentì l'altro uomo respirare tranquillo e regolare: anche lui dormiva.
Solo pochi minuti dopo, però, la loro porta si aprì con un leggero cigolio. Di certo non potevano essere gli infermieri, loro non avrebbero camminato silenziosi, quasi in punta di piedi.
Yoongi sbirciò con un occhio chi fosse entrato, chiedendosi chi venisse a far visita nella stanza di quei due vecchi.
Una ragazzetta, vent'anni o poco più, si stava adoperando in silenzio religioso per spostare una delle due sedie a disposizione nella stanza per posizionarla più vicino al letto dell'altro ospite. Quando si accorse che lui aveva ormai entrambi gli occhi svegli, sobbalzò appena con le spalle.
«Signor Min! Mi dispiace averla svegliata, stava dormendo.»
Yoongi scosse la testa, mentre si metteva nuovamente seduto.
«Buongiorno signorina. Non preoccuparti, avevo solo chiuso un po' gli occhi.»
Lei gli sorrise gentile.
«Sei venuta a fargli visita?»
La ragazza annuì piano.
«Si, voglio stargli vicino, è sempre più debole...»
La sua voce si spezzò in modo commovente su quell'ultima parola.
«Sentendo quanto gli vuoi bene tuo nonno starà sicuramente già riposando meglio.»
Non era sicuro del loro grado di parentela, dopotutto quando l'altro era arrivato lì, appena dimesso dall'ospedale, aveva avuto sempre meno momenti di lucidità. Avevano parlato giusto un paio di volte, ma credeva che l'altro facesse fatica a riconoscerlo ogni volta.
Sul giovane viso triste si aprì un sorriso alle sue parole.
«La ringrazio, ma non è mio nonno. - prese tra le sue mani le dita del vecchio - È lo zio di mia mamma, il fratello di mio nonno. Ma per me è sempre stato come un altro nonno, in effetti.»
«Ho capito. E i suoi figli o nipoti? Non lo vengono a trovare?»
Nella stanza 101 non c'erano quasi mai stati visitatori in quel periodo, ma Yoongi fino a quel momento non ci aveva fatto troppo caso: lui non si era mai costruito una famiglia propria e aveva già detto molti ultimi addii a diversi parenti ed amici, aveva pochi legami ormai. Quando non aveva più sopportato di rimanere solo con se stesso nella sua piccola casa, senza nessuno che lo andasse a trovare, aveva preferito trasferirsi lì in quella casa di riposo con i risparmi di una vita, dove almeno non doveva più sbrigare i noiosi e stancanti lavori di casa. E dove almeno non era solo.
Adesso si rendeva conto, però, che anche il compagno di stanza riceva visite molto sporadicamente, qualcuna in più ora che la sua condizione si era aggravata ancora.
«Lo zio dice che ha avuto un unico grande amore quando era giovane e che poi non ha più conosciuto nessuno con cui sentisse di voler avere una famiglia. Io e i miei viviamo a Seoul ed è difficile per noi venire spesso fin qui. »
La ragazza guardò lo zio addormentato con tenerezza, nei suoi occhi sembrava quasi di scorgere i ricordi di quando lui stesso le raccontava la sua storia. Tuttavia si vedeva altrettanto bene nel suo sguardo il dolore che provava ad abitargli lontano. Capì che per il momento lei non avrebbe detto altro.
«Ho capito. Ti dispiace se mi metto a riposare un po'? Resta pure quanto vuoi, non mi dai fastidio.»
«Va bene, la ringrazio.»
Yoongi si distese di nuovo. La passeggiata nel parco lo aveva stancato anche più di quanto avesse pensato. In pochi secondi si appisolò.
 
*
 
Un paio di ore più tardi il signor Min era nuovamente sveglio. Rimase sdraiato ancora un po'. Sentiva la ragazza sussurrare piano qualcosa, china sull'altro letto.
«E ti ricordi zio quando siamo andati a prendere il gelato sotto casa tua? Quella volta in cui ho voluto comprarlo a tutti i costi con quattro gusti e poi non riuscivo più a finirlo. Ci siamo seduti sulla panchina lì fuori e alla fine sei stato obbligato a mangiarlo tu. Era davvero un bel pomeriggio, lo ricordo ancora bene anche se avevo solo nove anni. Sono sicura che lo ricordi anche tu! Oh, zio...»
La voce si spezzò e Yoongi vide le sue spalle che tremavano. Non riuscì a dire nulla, rimase solo in silenzio ad ascoltare i suoi singhiozzi leggeri mentre richiudeva gli occhi continuando a fingere di dormire. Dentro di sé intanto sperò con tutto se stesso che l'altro potesse ancora sentire, anche se non aveva più le forze per rispondere o aprire gli occhi, così da potersi comunque rendere conto di tutto l'amore che quella ragazzina provava per lui.
 
*
 
«Mi accompagneresti di sotto a prendere un caffè? Mi pare che tuo zio ora dorma»
La ragazza si alzò in piedi dalla sedia dove era rimasta per tutto quel tempo.
«Volentieri. Poi penso tornerò a casa. Meglio lasciarlo dormire.»
Anche senza che Yoongi le dicesse nulla, la ragazza adattò il suo passo a quello più lento del vecchio, lasciandolo passare per primo ad ogni porta con rispetto. Arrivarono pian piano al bar e lì alla fine entrambi optarono per una cioccolata dolce piuttosto che per un caffè amaro.
«Allora, com'è che ti chiami tesoro?»
Quel nomignolo gli uscì spontaneo, alla faccia di chi gli aveva sempre detto di essere scorbutico. Semplicemente sapeva trattare bene solo chi lo faceva con lui, non aveva mai avuto parole dolci da sprecare con chi non era gentile con lui.
«Choi Sunmin, signore» rispose lei, prima di assaporare un sorso di cioccolata bollente.
«E cosa fai di bello? Sei una studentessa?»
«Sì, sono all'ultimo anno del liceo, ma sono un po' preoccupata. Ora dovrò decidere cosa fare dopo, nella mia vita.»
Yoongi annuì serio
«È un periodo che spaventa, lo so»
Avrebbe voluto dirle di più, qualcosa per rassicurarla, ma non sapeva davvero cosa. Non era quel tipo di vecchio che attaccava a raccontare a tutti cosa aveva fatto lui in gioventù spacciandosi per modello di vita. Anche perché cosa poteva raccontarle, dello scavezzacollo che era lui alla sua età?
Entrambi ripresero a bere in silenzio.
«S...signor Min, le posso fare una domanda? Prima mi ha chiesto dei miei parenti, ma i suoi? I suoi figli, ad esempio?»
Il vecchio scrollò la testa.
«Niente figli. E le persone della mia vita ormai sono quasi tutte solo più qui.»
Si battè sul petto, all'altezza del cuore.
«Oh, mi dispiace»
Sunmin abbassò lo sguardo, probabilmente pensando che non avrebbe mai dovuto chiedere.
«Raccontami un po' di tuo zio, ti va?»
Rialzò subito la testa, con un mezzo sorriso.
«Volentieri! Lo zio è sempre stato una persona fantastica. È da quando sono piccola che passo le estati con lui, mi ha sempre viziata e coccolata. Lui abitava qui, in questo paesino. Ci si era trasferito appena andato in pensione. Diceva che era qui che aveva vissuto i giorni più felici della sua vita.
Sa, spesso mi ha raccontato di aver incontrato qui in vacanza una ragazza, credo, che gli aveva fatto girare la testa. Devono essere stati davvero molto innamorati. A quanto pare, non so come, la loro storia finì. Lo zio poi mi ha sempre detto di non essersi innamorato di nessun'altro allo stesso modo. Così non ha mai avuto una famiglia sua, è rimasto unito alla mia. Non glielo dica, ma io un po' sono contenta di averlo avuto tutto solo per me.»
Con le mani si coprì la bocca, come se avesse appena rivelato una cosa da non dire e poi rise, finalmente di cuore.
Yoongi sorrise a sua volta. Un sorriso che nascondeva una vita intera di pensieri, felicità e tristezze che quel racconto aveva riportato a galla con forza.
«È una persona davvero speciale per te, lo capisco bene.»
 
*
 
Di nuovo davanti alla stanza 101. Era bloccato lì davanti alla porta semi-chiusa. Aveva insistito con Sunmin perché non lo riaccompagnasse fin su. Non voleva obbligare quella ragazza a passare tutto quel tempo con un vecchio sconosciuto come lui, in quel luogo per di più.
Prese un respiro profondo. Entrare in quella stanza aveva un altro senso ora.
Spinse leggermente la porta.
Lui era sempre lì, fermo in quel letto, così vicino.
A piccoli passi arrivò fino al suo letto. Lo osservò, senza avvicinarsi troppo.
Non era sicuro dormisse, anche se il respiro era sempre regolare.
Guardò quella fronte rugosa, quelle guance un po' incavate, quegli occhi chiuso, quel petto sotto le lenzuola che si alzava e abbassava quasi impercettibilmente.
«Sei rimasto il solito, scemo Jimin.»
  
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