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Autore: Victoria93    11/10/2016    10 recensioni
Tratto dalla storia:
-"Sai cosa sei? Una stronza. Una MALEDETTA stronza. Ti piace giocare a fare Dio, ti piace fingere d'essere perfetta, ti piace fingere di odiarmi, ti piace ripetere che ti faccio schifo, ma sono tutte STRONZATE. La verità è che tu non riesci a staccarti da me, non riesci a disprezzarmi come vorresti, non riesci a smettere! Proprio come me, Eliza. IO NON RIESCO A SMETTERE. Chiamala come vuoi; chiamala mania, ossessione, disturbo, non me ne frega niente! Ma smettila di raccontarmi balle, smettila di rendermi le cose ancora più difficili!".
"Che cazzo di problema hai, Mello?!".
"Maledizione, ragazzina, TU sei il mio problema!!".
"Perché?!".
"Perché ti amo!!".
SEGUITO DI 'SUGAR AND PAIN': non leggetela se non avete letto la prima storia.
Vent'anni dopo il caso Kira, Eliza, convocata da Near, si reca in Inghilterra per risolvere un caso di omicidi seriali. Qui fa la conoscenza di un uomo cupo, tormentato, taciturno e irascibile, che le sconvolgerà per sempre la vita.
Riusciranno Eliza e Mello a superare le loro diversità, a combattere per il loro amore e a vincere contro un nuovo, temibile avversario?
Combattere contro un mostro è difficile: combattere contro se stessi è molto peggio.
SOSPESA.
Genere: Drammatico, Romantico, Song-fic | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Mello, Near, Nuovo personaggio, Un po' tutti
Note: Lemon, OOC, What if? | Avvertimenti: Contenuti forti, Incompiuta, Violenza
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'SUGAR AND PAIN'
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Capitolo 6- Activated
 
La mattina successiva, Near si accomodò con la massima calma sul pavimento della sala monitor del quartier generale, circondato, come d’abitudine, dalla sua adorata pista di macchinine e da alcuni dei suoi pupazzi preferiti; i suoi occhi grigi, privi apparentemente d’espressione, si concentrarono su di essi per un paio di secondi, prima che le sue mani affusolate ne prendessero in mano uno, iniziando a schiacciarne la testa con tocco leggero e annoiato.
Il ronzio dei computer gli arrivava alle orecchie senza che lui se ne accorgesse, accompagnato dallo stridio dell’impianto condizionatore e dal piccolo allarme che il fax lanciava di quando in quando; come di consueto, Nate River sembrava completamente estraneo alla realtà che lo circondava.
La sua mente glaciale e calcolatrice, impenetrabile per chiunque, stava lentamente disponendo di fronte a sé gli elementi del caso di cui era già in possesso, valutando la mossa successiva a cui avrebbe dovuto dedicarsi. Aveva bisogno di un indizio, un singolo indizio che collegasse gli omicidi fra loro e che permettesse al puzzle di cominciare ad avere un senso.
Arrivarci non sarebbe stato un problema. Non lo era mai. La questione era come concretizzare il suo obiettivo seguente: trovare la tessera successiva. Se Kira era davvero tornato, avrebbe avuto a che fare con qualcosa che trascendeva la pura logica razionale: non che questo lo spaventasse realmente, ma senza dubbio avrebbe avuto bisogno di analizzare il fenomeno con più attenzione, rispetto all’ordinario. La componente paranormale era un’ovvietà spaventosamente ovvia, e su quel particolare aspetto del caso non trovava opportuno soffermarsi troppo a lungo.
L’unico modo per comprendere definitivamente come quel potere potesse davvero funzionare in maniera effettiva era trovare il colpevole, come aveva dovuto fare Elle quando si era trattato di recuperare il Death Note. Non era escluso, d’altro canto, che quella fosse proprio l’arma di distruzione di massa che stavano cercando.
L’elemento determinante, al momento, era capire cosa spingesse il killer ad agire e quale fosse il suo intento a lungo e a breve termine.
*Gli omicidi non sono volti unicamente a provocare la morte della vittima. Fanno parte di un quadro, di uno schema ben preciso che si sta dipanando di fronte all’attenzione di chi assiste al massacro e di chi cerca di fermarlo. Adherent è senza dubbio un killer provvisto di manie di protagonismo, ed è infantile quanto Kira. D’altro canto, se cerca di imitarlo e auspica una sorta di ‘resurrezione’ del suo maestro, questo è piuttosto evidente. Ma quale sarà il suo vero scopo? Vuole proseguire l’opera di Kira o cerca di dimostrare qualcos’altro? Qual è la chiave di volta? Un senso della giustizia deviato e malsano. Se le vittime sono collocate rispettivamente all’interno del perimetro di Londra e Parigi, allora questa non può essere una casualità. Un omicida così metodico non sceglierebbe la propria scena del delitto puramente sulla base di un capriccio o della sua impulsività. E le uniche cose che gli assassinati hanno in comune al momento sembrano essere i loro precedenti penali, tutti riconducibili a fattispecie analoghe*.
“Near” intervenne Gevanni, interrompendo il flusso dei suoi pensieri “Questi sono i dati relativi ai procedimenti giudiziari a carico delle vittime del killer che mi avevi chiesto”.
“Grazie, Gevanni” replicò Near, allungando la mano con il solito fare annoiato, senza degnare il suo sottoposto di un solo sguardo.
Dalla sua posizione raccolta in terra, Near sfogliò brevemente il fascicolo, tormentandosi alcune ciocche di capelli con la mano libera: alle sue spalle, Gevanni e Lester, come d’abitudine, attendevano un responso, consapevoli che esso sarebbe presto arrivato. Con Near, non c’era il rischio di non giungere in fretta a un risultato.
“Bene, direi che adesso è chiaro” commentò infine Near, dopo un paio di minuti.
“Come sarebbe?” replicò Lester, stranito.
“C’è un filo rosso che lega le vittime degli omicidi avvenuti finora. La componente principale che hanno in comune riguarda i loro precedenti penali: tutti loro avevano alle spalle un procedimento giudiziario, archiviato o pendente che fosse, riguardante reati a sfondo sessuale. Due di loro erano stati persino accusati di stupro ai danni di minori di quattordici anni. Analizzando la documentazione relativa al periodo in cui i processi hanno effettivamente avuto luogo, si può giungere a una conclusione piuttosto ovvia”.
Fece una breve pausa, tormentandosi con più intensità le ciocche nivee e giocherellando distrattamente con un dado.
“Tutte le cause sono state poste sotto il patrocinio di un singolo pubblico ministero. La sua carriera è cominciata in Francia, ma ben presto si è trasferito in Inghilterra. Recentemente, le sue qualifiche professionali ed accademiche gli hanno dato accesso all’High Court. Se le mie supposizioni fossero esatte, avremmo a che fare con un alto esponente della classe dirigente e della magistratura inglese. Nel caso in cui fosse in qualche modo collegato agli omicidi, dovremo muoverci con circospezione”.
“Di chi stiamo parlando?” domandò Lester.
Prima che Near potesse materialmente rispondere, i due ingressi automatici di cui la stanza era predisposta si spalancarono di colpo: nel giro di un paio di secondi, Eliza e Mello giunsero al tavolo centrale della stanza, già ingombro di documenti e fotografie, sbattendo sulla sua superficie due dossier identici, su cui troneggiava in primo piano l’immagine di un uomo distinto, probabilmente facente parte di una classe sociale decisamente altolocata.
Sul volto di entrambi troneggiava un’espressione luccicante di trionfo: per un momento, sembrava che nessuno dei due fosse consapevole della presenza dell’altro.
“Edward Greyfox!!” sbottarono all’unisono.
L’aver pronunciato insieme lo stesso nome li riportò a un tratto alla realtà, in cui dovettero improvvisamente convivere con l’idea di essere giunti alla medesima conclusione quasi in simultanea, e di averla persino pronunciata a voce alta nello stesso istante.
Ormai consci della cosa, presero a lanciarsi occhiate infuocate, unite a espressioni colme di reciproco disgusto, mentre Eliza incrociava le braccia e Mello addentava rabbiosamente la tavoletta di cioccolato che aveva appena estratto dalla tasca.
“Mi sembrava di averti detto di non starmi fra i piedi, ragazzina” commentò Mello, senza più degnarla di uno sguardo.
“E a me sembrava di averti detto di andare a farti fottere” sottolineò Eliza “E comunque, non sono qui per perdere il mio tempo con te. Ci sono novità sul caso”.
“Non ho bisogno di farmi illustrare niente da una mocciosa del tuo calibro. Queste sono le mie indagini” sottolineò Mello, con fare tagliente.
“Le tue indagini?! Nei tuoi sogni, signor primadonna! A proposito, non è l’ora della prova costume? Perché non te ne torni in camerino?!” sbottò la ragazza, alzando drasticamente la voce.
“Calmatevi, insomma!” sbottò Lester, alzando gli occhi al cielo “Che cos’è questa storia? Chi è questo Greyfox?”.
“Il giudice dell’High Court di cui stavamo parlando poco fa. Mello, Eliza, siete arrivati al momento opportuno” affermò Near, assestando un colpetto a uno dei suoi robot giocattolo e mandandolo disteso sul pavimento.
Sentendolo parlare così, i due assunsero un’espressione furibonda e schifata: se avessero potuto averne coscienza, ben presto si sarebbero resi conto che le loro facce comunicavano la stessa identica cosa.
“Se sapevi già di Greyfox, perché non hai pensato di mettermene a parte?” domandò Eliza, alzando un sopracciglio con aria fredda.
“Se hai intenzione di farmi perdere tempo, dillo da subito, nanerottolo. Mi prendo i tuoi soldi e tolgo il disturbo senza più occuparmi di risolvere i tuoi cazzo di problemi” precisò Mello, stringendo minacciosamente la presa intorno al bordo del tavolo.
“State saltando a conclusioni affrettate. Sono giunto a formulare l’ipotesi che Greyfox sia meritevole della nostra attenzione solo tre minuti fa: d’altro canto, essa ha solo il 17% di possibilità di potersi rivelare una pista concreta e dai risultati soddisfacenti” precisò Near, andando ad appollaiarsi sulla sedia più vicina.
“Per i tuoi standard, è una stima da brivido” commentò Eliza, sedendosi di fronte a lui e accavallando le gambe, accompagnate dall’abituale ticchettio.
“Mi auguro che tu abbia idea di dove andare a parare, Near” sbuffò Mello, accendendosi una sigaretta “Da quello che risulta dalle scartoffie, questo tipo sembra un osso duro”.
“Non per l’SPK, naturalmente” precisò Near.
“È facile parlare, con il culo ben piantato in mezzo alla pista dei tuoi ridicoli trenini” ringhiò il biondo, lanciandogli un’occhiata di traverso.
“Scusatemi, ma non mi sembra molto chiaro il motivo per cui dovremmo concentrarci su questo magistrato” sospirò Gevanni, sorseggiando lentamente il suo caffè “Il fatto che le vittime del killer siano state processate da lui non implica necessariamente che questo sia un elemento determinante per le indagini”.
“Peccato che tutti loro siano stati contattati privatamente dallo stesso Greyfox esattamente ventiquattr’ore prima della loro morte” specificò Eliza, gettando sul tavolo la documentazione che faceva riferimento ai dati di cui parlava “Ho verificato i tabulati telefonici. L’ufficio della procura distrettuale di Greyfox ha preso contatti con tutti i criminali che Adherent ha ucciso di recente: sembra che Greyfox stesse cercando di far riesaminare i casi già archiviati che riguardavano alcuni di loro, probabilmente servendosi della sua nuova influenza di membro dell’High Court britannica. A quanto pare, gli sono state chiuse diverse porte in faccia, ma ha comunque ottenuto di poter formulare alcune convocazioni formali. Dopo questi episodi, sembra che gli assassinati abbiano subito forme di stalking, le settimane precedenti la morte. Nell’ultimo rapporto di polizia, dice che l’ultima vittima, Jack Therence, è stato visto vicino al London Bridge circa due giorni prima che ritrovassero il suo cadavere. I testimoni dicono che delirava e che parlava con entità invisibili, ma non mi risulta che la sua cartella clinica parlasse di episodi che profilassero uno stato psicotico provvisto di allucinazioni. Naturalmente, se avesse visto qualcosa come uno shinigami…”.
“Per farla breve, Greyfox deve aver trovato il modo di portare le vittime prescelte sull’orlo della follia, prima di ucciderle. Stringere la vittima in un angolo e farla sentire in trappola è un comportamento tipico di un killer con tendenze narcisistiche, che prova il bisogno di essere al centro dell’attenzione e di avere tutto sotto controllo” la interruppe Mello, addentando un altro pezzo di cioccolata.
“Potremmo anche parlare di qualcosa di reale, e non di allucinazioni. Se è riuscito a mettere le mani su un altro Death Note, non staremmo parlando di pura manipolazione. A meno che questa non fosse inclusa nel pacchetto precedente la morte della vittima stessa” puntualizzò Eliza, indispettita.
“Stiamo giocando su un terreno troppo instabile” scosse il capo Lester, mentre anche Halle entrava nella stanza, sorridendo ad Eliza e facendole un cenno gentile “Se questo Greyfox è il pezzo grosso di cui parlate, un paio di telefonate da parte del suo ex ufficio legale alle vittime del killer non basteranno per  convocarlo per un interrogatorio. Potrebbe anche essere stato incastrato”.
“Non ho mai parlato di volerlo convocare per un interrogatorio” precisò Near, iniziando a costruire il suo castello di carte.
“Ma…ma come?” replicò Gevanni, stranito.
“Le nostre supposizioni sono ancora troppo incomplete per poter fare una cosa del genere: in più, come stavate giustamente sottolineando, avremmo bisogno di più elementi per avere un’idea chiara di come procedere. Aspetteremo di saperne di più sui dettagli relativi al modus operandi che ci verranno forniti dalle autopsie definitive e confronteremo fra loro i precedenti penali delle vittime, facendo particolare attenzione ai procedimenti giudiziari che sono stati posti sotto l’attenzione di Greyfox. Dopodiché, se quest’analisi ci darà risultati soddisfacenti, provvederemo a monitorarlo più di quanto non staremo già facendo. Al momento, terremo d’occhio il suo ufficio e la sua abitazione con il satellite; se i nostri sospetti si incrementeranno, passeremo a un controllo serrato ventiquattr’ore su ventiquattro” spiegò l’albino, con il consueto tono piatto.
“Se aspettiamo troppo, rischiamo che la pista si raffreddi” obiettò Eliza, tamburellando nervosamente sulla superficie del tavolo “Considerando i mezzi di cui è fornito Greyfox, direi che faremmo meglio ad agire in maniera tempestiva”.
“Vorrai dire ‘in maniera impulsiva’” sospirò Near, alzando gli occhi al cielo “Non ho intenzione di impiegare risorse ed energie su una possibilità ancora provvista di un discreto margine d’incertezza, Eliza. Proseguiremo in questa direzione solo quando lo valuterò opportuno”.
Uno scatto improvviso da parte di Mello per poco non la fece sobbalzare: il biondo, infatti, si era appena alzato in piedi, scagliando un pugno sul tavolo e rivolgendo al capo dell’SPK uno sguardo di puro odio.
“Se ti sei convinto che ti consideri il mio capo, non hai capito un emerito cazzo, Near!! Questo bastardo potrebbe sapere qualcosa, e tu hai intenzione di lasciarlo andare a spasso come se niente fosse, quando potrebbe tranquillamente occultare prove a suo carico o corrompere chi di dovere affinché tenga la bocca chiusa!” gli esclamò contro, concitatamente.
“Mello, sto solo dicendo che dobbiamo attendere di avere una visione del quadro d’insieme più chiara e corretta. D’altro canto, se Greyfox è l’uomo che cerchiamo, lo capiremo comunque” replicò Near, senza guardarlo in faccia.
“Arrivarci non significa avere la possibilità di tagliargli la ritirata! Solo perché ti credi Dio, non significa che questo sia reale! Mai sentito parlare di corruzione, albino del cazzo? È un’arma di persuasione molto valida, di questi tempi! In alternativa, esiste il ricatto politico! Chissà di quante carte è provvisto un individuo del genere e quanti maledetti funzionari governativi è in grado di ricattare! La vuoi finire di pensare ai giochetti?!”.
“Appunto. Non posso esporre l’SPK al biasimo dell’autorità governativa internazionale. Quello che abbiamo in programma per le prossime settimane d’indagine è già molto rischioso, sotto questo profilo: non impiegherò i miei uomini in un’operazione che potrebbe farci chiudere i battenti, senza aver valutato attentamente i pro e i contro. Se pestiamo i piedi alla persona sbagliata, potremmo avere delle ritorsioni” constatò Near, con il solito fare annoiato.
“Sei il solito codardo del cazzo, Near. Mi chiedo come sia possibile che i maledetti federali e le fottute agenzie governative americane stiano ancora scegliendo di adattarsi alle tue maledette manie da primo della classe” lo gelò Mello, con espressione schifata.
“Questo è oltraggioso!” sbottò Gevanni, guadagnandosi subito un’occhiata inceneritrice da parte del motociclista.
Affatto turbato da quell’affermazione, Near tornò a tormentarsi alcune ciocche di capelli, per poi scagliare con infinita apatia l’ennesima freccetta contro il bersaglio.
“Se i nostri metodi d’indagine non ti soddisfano, sei libero di lasciare questo quartier generale e di sfruttare le tue abilità a modo tuo, Mello, proprio come hai sempre fatto. Ho deciso di proporti una collaborazione proprio perché ho ritenuto che le tue capacità avrebbero permesso all’SPK di risolvere questa faccenda prima di quanto fosse già auspicabile, ma comprenderò, se deciderai di tirarti indietro. Non posso pretendere che tu adegui le tue strategie operative alle esigenze politiche di un governo di cui non rispetti l’autorità. Il mio incarico presso la Casa Bianca prevede incombenze e responsabilità di cui devo rendere conto all’autorità internazionale, e non posso permettermi mosse azzardate e prive delle dovute considerazioni preliminari. Capisco che tu possa non condividere il mio punto di vista; come dicevo, se preferisci tirarti indietro…”.
La reazione di Mello fu capace di scatenare il caos nel giro di un paio di secondi: prima che uno di loro avesse avuto il tempo materiale di accorgersene, il tedesco aveva già estratto la pistola, arrivando a puntarla contro la fronte dell’albino, sfiorando persino la pelle del rivale con il metallo freddo dell’arma. Immediatamente, Gevanni e Lester lo circondarono, puntandogli a loro volta le pistole contro.
“Getta subito quell’arma, Mello!!” sbottò Lester, con tono minaccioso “Gettala, o giuro su Dio che passerai il resto della vita a Rikers Island!”.
Mello lo ignorò del tutto, gli occhi glaciali ridotti a fessure fissi sul profilo del rivale, che continuava a osservarlo con la massima indifferenza: alle spalle del rivale del capo dell’SPK, Eliza osservava la scena a braccia incrociate, un sopracciglio innalzato in mezzo alla fronte e un’espressione pensierosa dipinta sul viso, paragonabile a quella di una persona impegnata ad analizzare una situazione apparentemente semplice, ma infinitamente complessa.
“Butta quella maledetta pistola!” rincarò la dose Gevanni “Buttala, prima che…”.
“Se ci tieni tanto, allora sparagli”.
La voce di Eliza echeggiò nella stanza per un istante, facendo sì che tutti i presenti volgessero lo sguardo verso di lei; per un solo istante, la ragazza fu pronta a scommettere d’aver visto un’ombra di perplessità comparire sul volto di Near.
Gli occhi di Mello, d’altro canto, le regalarono subito uno sguardo fiammeggiante di rabbia.
Affatto turbata da quella scarica di puro odio che le era appena arrivata addosso, Eliza gli rivolse uno sguardo penetrante, lanciandosi un’occhiata di sufficienza alle unghie prima di riprendere a fissarlo.
“Allora? Sparagli. Negli ultimi due giorni, non hai fatto che minacciare di premere quel dannato grilletto. Non arrivi mai al punto, Mello. Se per te è così importante sparare a Near, procedi: otterrai l’incarcerazione a vita e magari anche un biglietto di sola andata per l’Inferno. Ad ogni modo, non dimostreresti che la tua era effettivamente la strategia vincente per prendere Adherent, ma ti confesso che renderesti felice quantomeno me, se mi dessi una valida scusa per sbatterti definitivamente fuori da questa collaborazione assurda e da questo quartier generale. Le scenette da attricetta isterica risparmiatele per Broadway. Qui abbiamo da fare”.
Con uno scatto felino e rapace, ma al tempo stesso provvisto di una calma glaciale che si estese anche ai suoi occhi, Mello spostò la traiettoria dell’arma da Near a Eliza, socchiudendo gli occhi in un’espressione di puro disgusto.
“Non prendo ordini o lezioni da te, dannata ragazzina dei miei stivali” sibilò, stringendo i denti in un ringhio cupo.
“Fidati: se intendessi darti degli ordini, persino tu lo capiresti. Quello era solo un avvertimento amichevole: una sorta d’invito a valutare i pro e i contro della situazione in cui ti trovi, così almeno eviterai di farci perdere altro tempo” replicò Eliza, carezzando lentamente il calcio della propria pistola, con un gesto suadente e minaccioso a un tempo.
“Nel caso il tuo cervellino non lo avesse compreso, se stiamo perdendo tempo è proprio per colpa del tuo prezioso omino bianco, che non ha voglia di sporcarsi le mani, come di consueto” sottolineò Mello, continuando a tenerla sotto tiro.
“La vuoi abbassare, quella maledetta pistola?!” sbottò Gevanni, furioso.
“Preferisci che spari a te?!” replicò Mello, lanciandogli un’occhiata omicida.
“Ma siamo in un maledetto manicomio o cosa?!” esclamò Halle, passandosi una mano sulla fronte “Calmatevi, tutti quanti!”.
“Ridner ha ragione” riprese Near, giocherellando con uno dei suoi pupazzi “Sarà meglio mantenere i nervi saldi: Mello, ti suggerisco di non sparare a Eliza, come di consueto. Avresti più problemi di quanto tu possa anche solo lontanamente immaginare”.
“Il suo unico problema sarebbe una pallottola nel cranio, Near. Il grilletto lo premerei prima io” affermò con noncuranza la ragazza, riprendendo a sfogliare la documentazione del caso come se niente fosse e ignorando diplomaticamente la pistola che Mello continuava a puntarle contro; quando lui infine l’abbassò, i suoi occhi glaciali non smisero di penetrarla da parte a parte.
“Vi dispiacerebbe se facessimo il punto della situazione?” domandò Lester, decisamente esasperato.
“La dottoressa Cooper mi ha contattato ieri sera: mi ha detto che ha accelerato le procedure d’imbarco e ha anticipato la sua partenza. Potrà essere qui prima del previsto, fra tre giorni: procederemo con l’analisi accurata dei cadaveri delle vittime e confronteremo i dati che ne ricaveremo con le informazioni di cui disponiamo riguardo al caso Kira e ai luoghi di ritrovamento dei corpi. Dopodiché, se il monitoraggio di Greyfox avrà dato risultati soddisfacenti e questi avessero un rilievo confrontati con le informazioni di cui disponiamo, allora attiveremo l’operazione che lo riguarda. Prima di allora, raccomando a tutti la massima cautela. Qualsiasi iniziativa personale non godrà del beneficio dell’organizzazione e, pertanto, non le verrà fornito il supporto di cui potrebbe eventualmente avere bisogno” concluse Near, atono come di consueto.
“In altre parole, chiunque pensi, a differenza di te, di alzare il culo e di andare là fuori a fare qualcosa di concreto, non potrà attingere ai tuoi dannati milioni” commentò Mello, addentando sdegnosamente un altro pezzo di cioccolata.
“Questa è la mia decisione finale. D’altro canto, con l’arrivo di Matt, attingere informazioni sul conto di Greyfox sarà molto meno complicato: illegale, ma molto meno complicato” sentenziò Near “Nel frattempo, avrò bisogno che lavoriate in modo dettagliato sul profilo psicologico del killer e sul confronto fra esso e quello di Light Yagami, ovvero Kira, come vi ho già esposto ieri”.
“Sì, sì, sì, abbiamo capito” sospirò Eliza, alzando gli occhi al cielo, la bocca distorta nell’espressione di chi ha appena ingoiato un limone “Dovremo occuparcene la primadonna e io”.
“Tu ci tieni proprio tanto a finire in una bara prima della risoluzione del caso, vero?!” sbottò Mello, estraendo nuovamente la pistola, subito imitato dalla ragazza.
“No, no, no, Marylin: è a TE che voglio mostrare le meraviglie del campo santo!” sottolineò Eliza, con un sorrisetto beffardo dipinto in  volto.
“Ma chi cazzo ti ha fatto uscire dall’asilo?!”.
“E tu perché cazzo non sei rimasto a firmare autografi sul palcoscenico? A proposito, ti si è sbavato il rossetto!” replicò la giovane, assottigliando gli occhi come aveva già fatto il biondo.
“Sei proprio sicuro che dovrebbero lavorare insieme?” domandò Lester a Near, con tono incerto e preoccupato.
“Assolutamente” annuì Near, facendo sollevare in aria il suo aeroplanino “Vedrete che la loro collaborazione sarà il nostro asso nella manica”.
“Sarà…al momento, più che una collaborazione, mi sembra una gara a chi uccide l’altro per primo” sospirò il comandante, passandosi una mano dietro la nuca bionda.
“Questo è a causa della componente Q.E.” commentò Near, stringendosi nelle spalle “Direi che, nel loro caso, incide del 65% sul lavoro di squadra: ma questo non significa che il risultato sia negativo. Al contrario, lo spirito di competizione fa ben sperare”.
“SEI LA MOCCIOSA PIÙ IRRITANTE E DANNATAMENTE PRESUNTUOSA DELL’INTERA GALASSIA!!” gridò Mello, che nel frattempo, come Eliza, non aveva affatto prestato orecchio alla diagnosi di Near.
“E TU SEI SENZA DUBBIO IL PEGGIOR COGLIONE BORIOSO CON CUI POTESSI AVERE A CHE FARE IN TUTTA LA MIA VITA!!” replicò Eliza, improvvisamente rossa in viso.
“LA PROSSIMA COSA CHE FARÒ DOPO AVER CATTURATO QUESTO BASTARDO SARÀ VENIRE A CERCARTI PER REGOLARE DEFINITIVAMENTE I CONTI CON TE!!”.
“TI ASPETTERÒ AL VARCO, SIGNOR PRIMADONNA!!!”.
“BENE!!”.
BENE!!”.
Dopo essersi guardati in cagnesco per l’ultima volta, entrambi riposero la pistola e si dettero bruscamente le spalle, dirigendosi alle uscite opposte e varcandone la soglia a passo di marcia, senza degnare più di un’occhiata i presenti nella stanza.
I membri dell’SPK si lanciarono occhiate perplesse, tornando lentamente al lavoro con la massima discrezione, senza commentare ulteriormente l’accaduto.
In fondo, ciò che contava era tenere in piedi la baracca per un altro anno.
 
Mello salì le scale a passo di carica, rientrando nella sua stanza e sbattendosi la porta alle spalle: ancora preda della rabbia, assestò un sonoro calcio alla vicina cassettiera, facendone rimbalzare i cassetti ed espellendone perfino uno dai cardini, ormai cigolanti a causa della lesione del tempo.
“SI FOTTA QUESTO MALEDETTO POSTO!” esclamò, accendendosi frettolosamente una sigaretta “MA-LE-DET-TA RAGAZZINA!!”.
Dopo aver aspirato una notevole boccata di fumo, spalancò la finestra e si affacciò all’esterno, gli occhi glaciali, il cui sguardo era ancora corrotto dall’ira, concentrati sul giardino della scuola, dove alcuni bambini si rincorrevano, mentre altri se ne stavano in un angolo a giocare con le biglie, prendendo in giro quelli che si mettevano a piangere, non appena perdevano.
Chiuse gli occhi e prese un bel respiro profondo, la bocca contorta in un’espressione di disgusto e di disprezzo al pensiero della ragazzina di cui avrebbe dovuto sopportare la presenza per i mesi successivi. Ancora una volta, finì per constatare quanto il maledetto nanerottolo a capo dell’SPK fosse un autentico stronzo. Lo aveva fatto apposta, non c’erano dubbi.
Sapeva che quella mocciosa gli avrebbe fatto saltare i nervi e gli avrebbe impedito di avere la mente lucida, e così aveva pensato bene di imporgli di collaborare direttamente con lei sul profilo psicologico del killer.
*Speri che questo mi porti a rinunciare al caso, dopo avermi sottoposto la sfida, non è vero? Speri di dimostrare che sei più in gamba, che sei più intelligente, che sei migliore di me, come al solito. Beh, sai una cosa? COL CAZZO, Near. Questo psicopatico omicida non sarà l’unico a cui farò il culo, di qui a un anno. E lo stesso vale per quella maledetta, dannata, arrogante, psicolabile, fottuta RAGAZZINA DEI MIEI COGLIONI*.
Dopo aver gettato rabbiosamente la sigaretta dalla finestra, chiuse bruscamente le imposte e tornò a sedersi alla scrivania, accendendo il portatile e riprendendo a lavorare sul caso. Se quel Greyfox avesse rappresentato la pista giusta, avrebbe potuto decisamente rivelarsi molti più passi avanti al suo uomo di quanto potesse auspicare.
Addentando la sua cioccolata, lasciò scorrere i glaciali occhi azzurri sul profilo del soggetto, fissandone il volto provvisto di un’espressione sicura e di uno sguardo beffardo, tipico di chi è abituato a fregare il proprio avversario senza mai cancellarsi il sorriso dalle labbra.
*Da quello che si può evincere dal suo curriculum, questo Greyfox è più pulito di un dannato specchio di un centro commerciale. Nessun precedente penale, nessun problema con i piani alti o con la magistratura…diamine, ne è persino membro. Piano di studi impeccabile, carriera all’insegna del successo. È sposato con la stessa donna da vent’anni e ha una figlia adolescente. Laureato a Oxford, ha da sempre condotto battaglie per l’approvazione di leggi più rigide nei confronti di molestatori e stupratori. Questo è interessante. Scheletri nell’armadio, Greyfox? Questo spiegherebbe anche perché ci siano dei vuoti apparentemente privi di significato all’interno della cronologia che riguarda le sue attività curriculari al college. Forse ha fatto parte di qualche strana società segreta dedita ai rituali e preferisce che certe cose non vengano in superficie. È un tipo metodico, preciso, scrupoloso, molto attento all’opinione di chi lo circonda. È un po’ come se avesse scritto la sua vita basandosi sull’impressione che coloro che lo osservano nel quotidiano avrebbero potuto coglierne. Probabilmente, è convinto di essere sempre al centro dell’attenzione di tutti gli altri: per meglio dire, è qualcosa che vuole, ma di cui al tempo stesso ha un infinito terrore. Questo sì che è singolare. Greyfox ha molto in comune con gli elementi del profilo psicologico del nostro uomo. Per avere ciò che potrebbe servirci in definitiva per fare la giusta mossa, avrei bisogno della documentazione riservata che lo riguarda, e che naturalmente ha una chiave d’accesso di cui dispongono solo le alte cariche della magistratura. Per meglio dire, l’ideale sarebbe recuperare la merda sul suo conto che ha cercato di spazzare via. Sicuramente, ci dev’essere un qualche elemento che potrebbe condurmi in quella direzione. Diamine. Mi servono più elementi, più informazioni per mettere in piedi la maledetta operazione che quel BASTARDO non si decide ad autorizzare. Vuole che lo sputtani. Vuole che lo costringa materialmente ad ammettere che ho ragione e che questo Greyfox è la pista giusta? Va bene, omino bianco. Ti darò quello che vuoi. Però…per farlo, mi serve…*.
Un sonoro segnale di chiamata lo distolse dai suoi pensieri, facendo comparire sullo schermo la richiesta di comunicazione: al centro della schermata, era apparso anche il nome del mittente. Con un sospiro seccato, accompagnato a un sorriso appena percettibile, Mello premette il pulsante di accettazione.
All’inizio, tutto quello che vide sul monitor fu l’immagine di una stanza completamente in disordine, le cui pareti erano adorne di poster di svariati gruppi musicali, intenti a coprire la carta da parati ingiallita e scrostata. Sul letto singolo che si intravedeva era aperta una valigia vecchia e consunta, già piena per metà di vestiti gettati completamente alla rinfusa, mischiati a videogiochi dai titoli più disparati. Da quello che riusciva a intravedere, l’ambiente era invaso da una grossa nuvola di fumo, che si andava a infrangere contro i vetri chiusi della finestra, la cui vista forniva uno spettacolo misero sui bassifondi di Los Angeles; sul pavimento della stanza, erano accartocciati numerosi fogli, che si andavano a intrecciare con i fili di una console scassata, ma ancora funzionante. Prima che potesse aprire bocca per mandare improperi al suo migliore amico e alla sua proverbiale capacità di fargli perdere tempo, la voce di lui sommerse le parole che stava per pronunciare.
“AHA!! Trovato!! ‘Call of Duty: Black Cops’, non potevo partire senza di te!”.
“Matt, mi spieghi CHE CAZZO stai facendo?!” esordì il biondo, staccando con forza un altro pezzo di cioccolato dalla tavoletta, i denti bianchissimi che masticavano furiosamente.
Quell’esclamazione convinse il suo amico a tornare finalmente di fronte al portatile, gli occhi color verde acqua illuminati da un’espressione perplessa ed entusiasta al tempo stesso; come suo solito, indossava un paio di vistosi occhiali arancioni, sfoggiava una delle sue ridicole maglie a maniche lunghe a righe e un paio di pantaloni scuri trasandati e scoloriti, accompagnati ai suoi anfibi dalla suola consumata. I capelli castano rossicci gli cadevano sulla fronte, leggermente più lunghi del solito, e le sue labbra sottili, costantemente piegate in un sorriso ironico, stringevano appena il bordo di una sigaretta accesa: come era facile constatare dal posacenere colmo che si trovava nelle vicinanze, senza dubbio non era la prima della giornata.
“Aha, eccoti qui! Speravo che questo coso funzionasse ancora, ci ho armeggiato sopra per almeno un paio d’ore! Mi auguro che i giocattolini di Near siano più efficienti, per ora non sono riuscito a permettermi di meglio” sospirò Matt, sedendosi definitivamente di fronte al computer.
“Questo perché negli ultimi dodici mesi ti sei riempito il frigorifero e il posacenere spacciando droga tagliata male a quei coglioni che bazzicano il molo”  sospirò il biondo, alzando gli occhi al cielo.
“Bisogna adeguarsi a quello che passa il convento, amico. Vediamo il lato positivo: stavolta abbiamo mandato in culo il convento e ci siamo trasferiti in un albergo a cinque stelle! Questo pazzo omicida ci frutterà un sacco di soldi! Sono quasi contento che abbia deciso di emulare Kira…” affermò Matt, con una risatina sardonica.
“Queste affermazioni potrebbero costarti un bel giro a San Quintino, lo sai?”.
“Ma dai, è solo una battuta!”.
“Già, e il fottuto omino bianco ha il senso dell’umorismo di Stalin” borbottò Mello “Vedi di piantarla con le tue boiate. Si può sapere che cosa ci fai ancora a Los Angeles?”.
“Tutto sotto controllo, Mells. Dovevo solo regolare un paio di conti in sospeso con i vecchi amici della Florida, ma adesso sono libero come l’aria. Prendo il primo volo per New York e salgo sulla carretta dell’SPK. Una ficata, eh? Sarò a Winchester entro un paio di giorni” dichiarò il suo migliore amico, continuando ad armeggiare nella miriade di fogli che invadevano la stanza.
“Che cazzo vuol dire ‘un paio di conti in sospeso con i vecchi amici della Florida’? Matt, non ti sarai di nuovo cacciato nei casini…” disse Mello, roteando gli occhi.
“Ma figurati!”.
“Ti hanno riempito di botte?” domandò il tedesco, con una nota minacciosa nel tono di voce.
“Niente del genere, Mells. Tutto liscio come l’olio, te lo assicuro. Sono tornati a Miami senza darmi fastidio: adesso, sono pronto per il caso Kira 2, o come diavolo lo chiama Lester” proseguì allegramente il suo compare.
“Near ha optato per ‘Adherent’”.
“Fico. Stiamo dando la caccia a una specie di allievo, giusto? Sono sicuro che sarà davvero pazzesco!”.
Mello si trattenne dal sollevare gli occhi al cielo: l’entusiasmo di Matt era dannatamente irritante, a volte.
“Se magari ti decidi a muovere quel culo e a raggiungermi in questa bettola, magari iniziamo a fare qualcosa di concreto, invece di saltellare come una sottospecie di fan arrapata al concerto del suo idolo” lo freddò, accendendosi a sua volta un’altra sigaretta.
“Sei simpatico come un cactus su per il culo, come al solito. Hai già qualche elemento in mano?” domandò Matt, lanciando un altro paio di videogiochi in valigia.
“Qualche dubbio in merito? Abbiamo già un nome. Se quel bastardo di Near si convince che la sua fottuta organizzazione governativa avrà le spalle parate nel corso dell’operazione che dovremo organizzare, potremo anche procedere. Al momento, lo stiamo monitorando via satellite. Mi servirai operativo, per questa parte della faccenda”.
“Aaah, capisco. Vuoi che scavi in profondità e che faccia emergere un po’ di letame sul conto del nostro bastardo?” sogghignò Matt, in modo complice.
“Precisamente. Com’era ovvio, il figlio di puttana ha un curriculum e una fedina penale disgustosamente puliti, ma ci sono dei buchi non indifferenti riguardo ad alcune attività che ha diretto al college e all’inizio della sua carriera. In particolar modo, è collegato in modo netto e inequivocabile a tutti i decessi delle settimane precedenti. Come definitivo calcio nei coglioni, ha anche molti punti in comune con il profilo psicologico del killer. In altre parole, Near e i suoi sgherri impomatati delle mie palle stanno solo aspettando di poter avere il culo parato, nel caso in cui questa parte delle indagini andasse a puttane” dichiarò Mello, con il solito tono sprezzante.
“Accidenti. Ma chi è questo tizio, il Presidente in carica?” commentò Matt, strabuzzando gli occhi.
“No, ma è un pezzo grosso dell’High Court britannica. Da quello che sono riuscito a scoprire, lui e la sua famiglia hanno le mani in pasta un po’ ovunque; un tipo del genere ha parecchie frecce al suo arco, qualora dovesse decidere di mirare al tuo culo. Appurato questo, lasciargli troppo tempo a disposizione per coprire le sue tracce è un’autentica minchiata. È per questo che mi servi qui: se troviamo qualcosa di schiacciante sul suo conto e rileviamo qualcosa di anormale nel suo comportamento, quel bastardo tinto nella candeggina dovrà approvare l’operazione a tutti i costi. E a quel punto, andrò a prendere il nostro figlio di puttana” affermò Mello, con noncuranza.
“Nessun problema, amico. Inviami il file sul bastardo e mi metto all’opera anche da qui: posso continuare a lavorarci anche in aereo. Entro una settimana, avrai la tua operazione di polizia servita su un piatto d’argento” promise Matt.
“Se stessimo parlando di tre giorni, ti direi che non c’è problema. Non ho tempo, Matt. Vedi di muovere quel culo”.
“Va bene, va bene! Farò il possibile! Ma se la faccenda è così complicata come la dipingi, già mi figuro almeno sei Firewall da superare e una decina di sistemi di sicurezza di backup da prendere per il culo. Ad ogni modo, sai come si dice, no? Nella fogna di Internet, difficilmente qualcosa va perduto in modo irreparabile. E poi, è un magistrato, giusto? Deve mantenere un profilo pubblico impeccabile, non può tenerne uno basso e apparentemente incolore. Come i politici, questi coglioni devono sempre dimostrare di essere non solo puliti, ma splendenti. Nella maggior parte dei casi, hanno più schifezze da nascondere di qualsiasi altro individuo sulla faccia della Terra” dichiarò Matt, strizzandogli l’occhio con fare complice.
“Il tuo dannato entusiasmo potrebbe fare alla bisogna. Ad ogni modo, sbrigati: voglio perdere meno tempo possibile” ribadì Mello per l’ennesima volta.
“Agli ordini, capo! Cerca di non uccidere nessuno, prima del mio arrivo” ridacchiò Matt, accendendosi un’altra sigaretta.
“Un altro motivo per muovere quel culo, Mail. Non vuoi vedermi a San Quintino o a Rikers Island? Allora, non costringermi a passare il tempo con queste dannate teste di cazzo più del necessario” sottolineò Mello.
“C’è la grande squadra al completo, immagino” disse Matt, stringendosi nelle spalle.
“La grande combriccola dei coglioni. Il pacchetto completo” replicò Mello, roteando gli occhi.
“Quindi lavori con Near, Lester, Gevanni e Ridner?”.
Il pensiero di Eliza gli balenò per la testa come un fuoco d’artificio, accecandolo per un istante, mentre gli occhi profondi e glaciali di lei gli rivolgevano uno sguardo di puro odio, misto a commiserazione e a superiorità. Strinse la presa sul proprio ginocchio, sforzandosi di non digrignare i denti.
“Mells…?”.
Tornando a fissare il suo amico, Mello si rese conto che Matt, da sotto gli occhiali colorati, gli stava indirizzando un’occhiata perplessa, accompagnata dalle sopracciglia leggermente sollevate.
“Ho un altro problema di cui occuparmi” confessò Mello, storcendo la bocca “Near e i suoi amichetti non sono l’unico calcio nei coglioni, stavolta. Quel bastardo dell’omino bianco ha pensato bene di infilarmi un’ulteriore spina nel fianco”.
“Che vuoi dire…? Aspetta!” sbottò Matt, sedendosi a un tratto più dritto sulla sedia “Stiamo parlando di quello a cui ho accennato nella mia precedente mail, a cui il mio educatissimo migliore amico si è ben guardato dal rispondere?!”.
“Matt, stai iniziando davvero a seccarmi. Manca solo che tu ti metta sul serio a saltellare per l’entusiasmo…” dichiarò Mello, incrociando le braccia con fare irritato.
“Ma piantala, Mells! È una vera ficata!” sbottò Matt, gli occhi che gli brillavano.
“Tu usi quella dannata parola almeno un centinaio di volte al giorno” gli fece notare Mello, un sopracciglio alzato sulla fronte.
“Sì, ma stavolta è vero. Che diavolo aspettavi a dirmelo? Ci ho azzeccato, eh? La figlia del grande capo sta lavorando al quartier generale!” esclamò il rosso, alzando le braccia in segno di vittoria.
“Se proprio ci tieni a definire così la situazione” disse Mello, stringendosi nelle spalle.
“Allora?”.
“Allora cosa?”.
“Ma insomma! Che tipo è?!” insistette Matt.
“Tu non scopi da troppo tempo, Mail. Lasciatelo dire” lo prese in giro Mello, sogghignando.
“Questa tua insinuazione mi fa riflettere bene sull’argomento” sorrise Matt, incrociando a sua volta le braccia sul piano della scrivania e poggiandoci sopra la testa “Si sentono un sacco di cose, sul conto di Eliza Havisham. Ha un discreto curriculetto, la ragazza. Un sacco di gente la vorrebbe stecchita, qui in California, il che fa davvero ben sperare sulle sue qualità. Dicono che sia parecchio in gamba. Ho saputo del suo arrivo a Winchester solo perché quel gran trombone di Lester si è lasciato sfuggire un paio di cose al telefono riguardo al ‘ruolo di Miss Havisham’. A proposito, ‘Havisham’? Dai, si aspettano sul serio che ci crediamo! Che cazzo è, un romanzo di Jane Austen?!”.
“Se lo fosse, almeno quella dannata ragazzina non avrebbe la possibilità materiale di starmi fra i piedi” ringhiò Mello “Near vuole che io le faccia da babysitter mentre delineiamo il profilo psicologico del killer. È fortunato che i suoi maledetti soldi mi facciano comodo, al momento”.
Matt fece una breve pausa, rivolgendo all’amico un’occhiata dubbiosa.
“A giudicare da quel che ho letto e da quanto si sente in giro, direi che la Havisham ha tutto fuorché il bisogno di un babysitter, Mells. È davvero così grave? Insomma, davvero sei già arrivato a caricare la pistola?” gli chiese, misurando bene le parole.
“Vorrei vedere te, se dovessi avere a che fare con una mocciosa irritante, petulante, arrogante, sfacciata e presuntuosa ogni fottuto giorno e se dovessi lavorare a stretto contatto con lei per risolvere il caso di un maledetto serial killer! Near vuole persino che mi occupi di coprirle il maledetto culo mentre è in missione operativa sul campo, quando l’unica cosa che vorrei fare è vuotarle un caricatore in testa. Se fosse per me, l’avrei già rispedita all’asilo. D’altro canto, è la stramaledetta figlia di Elle. Non si discute, maledizione; anche se, in effetti, lui stesso non l’avrebbe voluta per questo caso. Per la verità, non avrebbe voluto nemmeno che se ne occupasse Near” disse Mello, con tono a metà fra l’adirato e l’apparentemente indifferente.
“Beh, considerando il collegamento con il caso Kira, non mi sorprende troppo. È un bene che abbia cambiato idea: magari vuole che la piccola si metta alla prova, ma, da quanto vedo, in realtà non penso che ne abbia davvero bisogno” ribadì Matt.
“Ah, piantala. Ne ho già fin sopra i capelli di elogi alla principessa. Se vuoi la mia opinione, Gevanni aspetta solo il momento giusto per sbattersela come si deve” commentò Mello “E comunque sia, è una piaga. Una delle ragioni per cui non vedo l’ora di chiudere il caso è quella di togliermela dai piedi definitivamente. Potrei anche considerare l’eventualità di ucciderla, se se ne presentassero le condizioni”.
“Seh, come no. Non ti aiuterei a nascondere il cadavere, in ogni caso: spacciare cocaina agli idioti di Los Angeles? Nessun problema. Ma non ci tengo a essere braccato a vita dalla CIA, dall’FBI, dal Mossad e dall’MI6 per tutto il globo. La reputazione di Ruri Dakota la precede, e non dimentichiamoci della controparte. Elle, hai presente?” disse Matt, sottolineando il nome del primo detective al mondo.
“Sì, sì, sì, ho capito. Ad ogni modo, prima risolviamo questa faccenda, meglio è. I soldi di Near ci permetteranno di stare lontani dal merdaio per un po’. Ergo, muoviti, Mail”.
“Ricevuto!”.
In quel momento, un rumore improvviso e dannatamente fastidioso lo costrinse ad alzare lo sguardo: nel giro di pochi secondi, sul suo volto si era già dipinta un’espressione furiosa e colma d’odio.
La porta della stanza, che aveva puntualmente dimenticato di chiudere a chiave, era stata spalancata con la massima noncuranza, oltre che con una certa violenza e spocchia: sulla soglia, la figura di Eliza Havisham lo osservava con la massima indifferenza, il volto dalla pelle diafana provvisto di una smorfia di superiorità e di uno sguardo di sufficienza, indirizzato a tratti a lui e a tratti alle sue unghie lucide. Stava appoggiata allo stipite della porta, le braccia incrociate e le caviglie accavallate, con gli stivaletti neri che si sfioravano l’un l’altro; scrutandola con più attenzione, si rese conto che doveva essere uscita da poco dalla doccia, a giudicare dai capelli più scompigliati del solito e dal cambio di vestiti, che adesso consistevano in un paio di pantaloni scuri, in una giacca del medesimo colore e in una camicetta bianca.
Con un’ulteriore occhiata, si rese a un tratto conto che quest’ultima era decisamente trasparente.
I suoi occhi, spietati e freddi come un iceberg, la scrutarono per un altro istante dalla testa ai piedi, le unghie conficcate nella stoffa dei guanti e in quella dei pantaloni di pelle nera.
“Mi stai fissando, signor primadonna”.
La sua voce, sarcastica e ironica come sempre, sembrò aver occultato per un istante l’ennesimo sorrisetto di superiorità.
“Sbaglio o dovevi stare fuori dal mio perimetro, ragazzina?! Chi cazzo ti credi di essere?! E cosa cazzo vuoi, soprattutto?!” sbraitò, balzando in piedi, la mano già pronta a scattare in direzione della pistola.
“Dopo la tua scenetta isterica di poco fa, ti sei fregato i miei appunti sul caso Adherent. Senza contare che mi serve il faldone sul caso Kira di cui ti sei appropriato mentre eravamo in sala monitor. Molla l’osso, attricetta” gli disse Eliza, il tono ancora annoiato.
“MA CHE CAZZO DI PROBLEMA HAI, MOCCIOSA?!? E MENO MALE CHE DOVEVO ESSERE IO A STARE FUORI DALLA TUA STANZA!!” gridò Mello, esasperato.
“Devo ripeterlo più lentamente, così che i tuoi neuroni riescano a mettersi in contatto fra loro? Ah già, dimenticavo che, con ogni probabilità, in testa hai dei criceti morti, piuttosto che un sistema nervoso paragonabile a quello di chiunque altro”.
Mentre Eliza entrava definitivamente nella stanza, Mello estrasse del tutto la pistola, riprendendo a puntargliela contro, l’espressione del volto corrotta dall’odio e dalla rabbia.
“Vuoi proprio darmi una scusa per spararti, ragazzina?!” sbottò il biondo, il dito già pronto sul grilletto.
“Mi serve il faldone sul caso Kira, devo dirtelo in arabo? Andiamo, Marylin, dove lo tieni? Non ho tutto il giorno” sospirò la ragazza, iniziando a frugare in mezzo ai fogli di cui la scrivania era ingombra.
Senza attendere ulteriormente, Mello attraversò la camera da letto con un paio di grosse falcate, afferrandola per un polso e facendola girare di scatto, così da posizionare la canna della pistola sotto il suo mento.
“Tu prova soltanto a toccare ancora la mia dannata roba, stronzetta, e posso assicurarti che il faldone dello stramaledetto caso Kira sarà l’ultimo dei tuoi problemi!!”.
Contrariamente alle sue aspettative, Eliza, invece di dare in escandescenze, gli rivolse un altro sorrisetto di superiorità, alzando un sopracciglio sull’ampia fronte bianca.
“E io posso assicurarti che se non mi togli immediatamente le mani di dosso, l’ultima cosa di cui dovrai preoccuparti è che io possa romperti i coglioni. Perché, indovina un po’, signor primadonna? Sarà una bella occasione per verificare se ce li hai davvero. Immagino che questa variabile inciderebbe parecchio sull’esito di ciò che avrei tanta voglia di fare”.
Ad un tratto, una fredda sensazione all’altezza dell’inguine lo costrinse ad abbassare gli occhi, capendo così a cosa si stava riferendo quella malefica ragazzina insolente: senza avere la minima idea di come avesse materialmente fatto, si accorse infine che la mano sinistra di Eliza era saldamente chiusa intorno alla pistola, la cui canna era pericolosamente vicina al cavallo dei suoi pantaloni.
Eliza gli sorrise beffardamente, un lampo di trionfo dipinto negli occhi.
“L’abbassi, quel revolver, o facciamo a chi arriva prima a premere il grilletto?” gli domandò, con aria di derisione.
Mello continuò a guardarla dritto negli occhi, senza accennare a voler fare quanto lei gli richiedeva: starle così vicino gli permetteva di analizzare al meglio le sfaccettature del volto che aveva già preso a odiare con tutto se stesso.
Guardandola con tutta quell’attenzione e con quella minuzia, notò un paio di lentiggini situate sotto lo zigomo sinistro, accompagnate a lineamenti più sottili e ben disegnati di quanto avesse notato in precedenza. I suoi occhi, grandi, profondi e provvisti di un’espressione sottile e sagace, non si staccavano per un momento dai suoi, come nel tentativo di seguire il flusso dei suoi pensieri. Ancora una volta, capì che ricambiavano in pieno lo sguardo carico d’odio che lui stesso le stava indirizzando, la presa ancora ferrea sul suo polso e la canna della pistola posizionata saldamente sotto il mento di lei. Senza accorgersene del tutto, sfiorò inavvertitamente il suo profilo con il proprio, nel tentativo di scostarsi dalla traiettoria dell’arma di lei senza variare quella del suo stesso revolver, ma senza risultato.
“Mi piacerebbe sfidarti a provarci, mocciosa. Scommetto che non hai le palle” sibilò, carezzandole il collo con il metallo freddo della pistola.
“Detto da uno che rischia di perdere le proprie, è tutto dire. Hai presente, no? BOOM, BOOM” replicò Eliza, muovendo a sua volta la canna della pistola verso il centro dell’inguine.
Senza sapere perché, capì a un tratto che quel gesto gli aveva donato un brivido non indifferente. Dannata ragazzina con i riflessi pronti.
In quel preciso istante, un singolo suono portò entrambi a voltarsi di scatto in direzione del portatile: la scena a cui assistettero, a seguito della quale si resero a un tratto conto della posizione assurda in cui avevano finito per ritrovarsi, gelò il sangue nelle vene a entrambi.
Ancora in collegamento audiovisivo, Matt se ne stava appoggiato al palmo della mano destra, il gomito disteso sulla scrivania e l’altra mano intenta a reggere la sigaretta, da cui aspirava di quando in quando, con espressione soddisfatta. Persino da quella distanza, e malgrado gli occhiali arancioni, entrambi riuscirono a scorgergli in volto un’espressione divertita e sorniona.
A quanto pareva, il rumore che avevano avvertito altro non era che un imbarazzante colpetto di tosse, che il rosso aveva appena lasciato andare.
“Ehilà! Posso anche chiudere il collegamento, se volete un po’ di privacy” disse, stringendosi nelle spalle con noncuranza.
Senza dargli alcun tipo di preavviso, Eliza piegò il ginocchio, approfittandosi della distrazione di Mello, e lo spinse via da sé senza troppe cerimonie, lanciando occhiate furibonde sia al monitor del computer che al biondo.
“E questo chi sarebbe, attricetta? Il tuo manager?” domandò Eliza, con aria di scherno.
“Piacere di conoscerti, cara! Io sono il genio dell’informatica di cui avete richiesto i servigi!” rispose Matt, prima che Mello potesse pronunciare una parola “Per gli amici, Matt. Come ti va?”.
Eliza non rispose, indirizzandogli un’occhiata stralunata, poco dopo che le sue mani sottili ebbero finalmente afferrato ciò che stava cercando.
“E dai, non avercela già con me. Non volevo essere invadente, giuro. Mells, me lo potevi anche dire che aspettavi compagnia. A dire il vero, non mi avevi nemmeno detto di esserti fatto la ragazza” si strinse nelle spalle il rosso.
“MA VAFFANCULO, MATT!!” sbottò Mello, adesso furioso “VUOI CHE FACCIA UN BUCO IN TESTA ANCHE A TE, NON APPENA METTERAI PIEDE QUI?!?”.
“Il giorno che prenderò in considerazione una cosa del genere, sarà il giorno in cui autorizzerò la mia lobotomia” dichiarò Eliza, disgustata.
“Ah, ma dai! Sei davvero inflessibile. Ma comunque…complimenti alla mamma, se posso dirlo”.
“MATT, LA VUOI PIANTARE CON LE TUE PUTTANATE?!” gridò Mello, mentre Matt scoppiava spasmodicamente a ridere ed Eliza assumeva un’espressione confusa, come di chi non ha compreso il riferimento.
Stringendosi nelle spalle, la ragazza tirò fuori una barretta di cioccolato, che addentò con la consueta eleganza, e passò davanti a Mello ignorandolo, lanciando solo una breve occhiata in direzione del computer.
“Cerca di essere qui il prima possibile. Dobbiamo iniziare a lavorare al caso in maniera definitiva al più presto. E tu, attricetta, vedi di dedicarti all’analisi del profilo psicologico. Ci aggiorniamo fra un paio di giorni, non te lo dimenticare” disse la ragazza, avviandosi verso l’uscita.
“Hai bisogno che te lo incida sulla fronte, mocciosa? NON-PRENDO-ORDINI-DA-TE” ringhiò Mello, incrociando le braccia.
“Sì, sì, come vuoi. Ricordati, piuttosto, che la prossima volta che provi a toccarmi, dirai definitivamente addio al tuo giocattolo preferito” sottolineò la ragazza, stringendosi nelle spalle.
“La prossima volta che osi pensare di potermi trattare come se fossi uno dei tuoi amici parrucconi del cazzo, farò in modo che tu finisca carbonizzata viva nell’ultimo vicolo del Bronx, mocciosetta! Immagino che avrei l’approvazione di molti di quelli che ti vogliono morta!” sottolineò Mello, stringendo la mano libera in un pugno minaccioso.
“Facciamo a chi arriva prima, signor cabaret. Buona giornata. Ah, e vaffanculo” concluse Eliza, sbattendosi la porta alle spalle.
Non appena se ne fu andata, Mello si sforzò di chiudere gli occhi e di prendere un respiro profondo, nel tentativo di non gettare dalla finestra l’intera libreria a causa del nervoso che la presenza di quella ragazzina gli aveva appena messo addosso.
Solo un suono gutturale, proveniente dal computer, lo convinse a riportare lo sguardo in quella direzione; assottigliando gli occhi in un’espressione di pura irritazione, capì che Matt si stava vistosamente trattenendo dallo scoppiare a ridere, le labbra ritratte all’indietro e gli occhi che luccicavano in un’aria di trionfo.
“Ti consiglio di stare vivamente attento a quello che dici, Matt. Te lo dico da amico” lo avvertì Mello, appoggiandosi con le spalle al muro e incrociando di nuovo le braccia.
Senza più riuscire a trattenersi, Matt scoppiò in una sonora risata, a cui persino un paio di lacrime finirono per accompagnarsi.
“TI CHIAMA ‘ATTRICETTA’?!? AHAHAHAHAHA, MELLS, QUESTA ME LA SEGNO SUL CALENDARIO!!”.
Mello scagliò una lattina di birra vuota contro il monitor, facendola rimbalzare su di esso ed estraendo di nuovo la sua pistola, che prese a lustrare con aria minacciosa.
“La vedi questa, Mail? Sarà la prima cosa con cui farai i conti, non appena atterrato in questo letamaio che chiamano scuola”.
Terminata la risata, Matt lasciò andare un fischio prolungato, a cui seguì un gran sorriso sornione.
“Alla faccia, Mells! Che carattere! E che culo! Chi diavolo era quella sventola?!” sbottò, gli occhi leggermente spalancati.
“La maledetta ragazzina con cui devo lavorare” borbottò Mello, tornando a sedersi di fronte al monitor.
Matt lo osservò per un paio di istanti senza replicare: alla fine, sollevò per un istante un dito della mano guantata, per poi riabbassarlo, aprì e richiuse la bocca per un paio di volte e aggrottò le sopracciglia. In definitiva, sbatté forte una mano sul tavolo, facendo quasi rimbalzare il portacenere stracolmo.
“No, no, no, no, no, no, no, no, no, no. Ferma tutto. Aspetta, aspetta, aspetta, aspetta. Che?!?” sbottò, tirandosi su gli occhiali per guardarlo meglio in faccia.
Mello roteò gli occhi, staccando un morso dalla sua amata cioccolata; detestava Matt e il suo modo di fare così esplicito.
“Hai capito bene” sbottò, tamburellando nervosamente sul piano della scrivania.
QUELLA è la dannatissima figlia del grande capo?! Insomma…parliamo della stessa leggenda?!”.
“È solo una mocciosa” lo corresse Mello, con il massimo disprezzo.
“Una mocciosa?!? Cazzo, Mello! Mi immaginavo una specie di topo da biblioteca, una sorta di Near al femminile! Devi aver pestato il cervello più volte, che cazzo ti dice la testa?!” lo rimproverò Matt, alzando gli occhi al cielo.
“Che cazzo di problema hai, Mail? Mi stai davvero seccando” lo avvisò Mello.
“Io? Figurati, nessuno. Sei tu che lavori con un gran pezzo di gnocca e te ne vai in giro parlando di una ‘ragazzina’, o di una ‘mocciosa’. Anche se, magari, è solo una copertura. Vi divertite un sacco, scommetto” ghignò Matt, con espressione trionfante.
“Quando arriverai qui, giuro su quello che ti pare che ti infilerò i trenini del nano uno per uno su per il…”.
“Accidenti, non è mai stato così tardi!” sbottò il rosso, lanciando un’occhiata al polso, dove non spiccava nessun orologio “Devo scappare, amico, o non finirò in tempo per prendere il mio aereo! Ci vediamo dopodomani al massimo! Nel frattempo, mi occuperò della documentazione che mi hai mandato, vedrai che lo incastreremo, quel topo di fogna! Salutami la tua ragazza! E quando avrai bisogno di un babysitter per i marmocchi, ricordati che zio Matt è più che disponibile a insegnargli a giocare ai videogiochi! Senza dimenticare Harry Potter! Non puoi farli crescere senza Harry Potter! Già avranno la sfiga di un padre Babbano, dovrò pur porre rimedio in qualche modo!”.
“MATT, GIURO SU DIO CHE TI STRAPPO LE CORDE VOCALI E CI FACCIO…”.
“Un bel violino o una bella chitarra in miniatura per Matt junior! Approvo! Devo discuterne con Eliza quando arrivo, sono sicuro che approverà le mie scelte educative! A presto, compare! E non uccidere la mia futura cognata, devo ancora stringerle la mano! Hasta la vista!”.
Matt interruppe bruscamente la comunicazione, impedendo così a Mello di lanciargli ulteriori improperi, già pronti a spiccare il volo con la massima solerzia; con un sospiro seccato, constatò, per l’ennesima volta, che il suo migliore amico era un autentico idiota.
Ma prima che potesse riflettere per un secondo su quello che aveva scoperto su Greyfox, sulla conversazione appena conclusasi con Matt, sulle stronzate che il suo compare aveva appena pronunciato, o, peggio ancora, sulla stramaledetta ragazzina e sulle situazioni assurde in cui continuava a cacciarlo, un nuovo segnale sonoro attirò la sua attenzione.
Assumendo un’aria stranita, si rese conto che era un messaggio da parte di Near.
Aprendo l’email, l’espressione del suo volto cambiò notevolmente, passando da stralunata, a infuriata, a impassibile: di fronte ai suoi occhi color del ghiaccio, erano appena apparse le fotografie di una nuova scena del crimine, al centro della quale troneggiava il cadavere dell’undicesima vittima. Allegate ad esse, vi erano solo poche righe da parte del rivale della sua vita.
 
Il nuovo omicidio ha avuto luogo a Firenze. Riunione operativa alle 18 in punto. La dottoressa Cooper ci fornirà i risultati dell’autopsia in diretta. Se entro una settimana avrò i risultati che voglio, procederemo come tu ed Eliza avete suggerito. In quel caso, sarete operativi sul campo. ACTIVATED, Mello. Sai cosa significa.
 
Mello si pronunciò in un sorrisetto soddisfatto. Dimostrare a Near d’avere ragione era una delle sensazioni migliori di tutta la sua esistenza.
Missione Attivata. Se i pezzi cominciavano a muoversi, non era più possibile fermare la partita. E a quel punto, né lui, né il suo avversario, avrebbero più potuto tirarsi indietro.
Senza neanche sapere perché, ripensò improvvisamente a Eliza, e all’immagine di lei impegnata concretamente in una missione come quella che avrebbero dovuto affrontare.
*Vedremo se sarai all’altezza della tua reputazione, ragazzina*.
Ancora non sapeva che, entro un paio di giorni, molte altre cose sarebbero cambiate.
 
Continua…
 
Nota dell’Autrice: Ragazziiiiii, eccomiiiii!!! Come state?? Mi stavate già mancando moltissimo!! Allora, cosa posso dirvi? Innanzitutto, scusatemi infinitamente per il ritardo, sono strapiena di impegni, e sono anche lentissima, soprattutto in questi primi capitoli dove i Melliza, per ovvi motivi, devono ancora spiccare il volo! Pazientate, pazientate! Già dal prossimo ci saranno sviluppi interessanti! Quanto al caso, posso dire la stessa cosa, ma spero di avervi incuriosito almeno un po’, per il momento :D Per farvi comprendere la mia infinita lentezza, ci ho messo quasi dodici ore per finire ‘sto cavolo di capitolo (fra le mille cose che stavo facendo oggi pomeriggio, ovviamente). Contavo di pubblicarlo entro le 18, e sono già passate le 22. No, ma brava Victoria. BRAVA. Colgo anche l’occasione per scusarmi con tutti voi per l’infinito ritardo con cui rispondo alle recensioni, lo so, sono vergognosa. Ma non dubitate mai che lo farò! Arrivo in ritardo, ma arrivo XD Non dubitate! Allora, una piccola precisazione: ero infinitamente indecisa su quali nomi adottare riguardo ai membri dell’SPK, perché su Internet ho letto che la pronuncia ufficiale del nome del comandante e di quello di Halle sono rispettivamente ‘Rester’ e ‘Lidner’, quindi inizialmente li avevo scritti così. Ma sapete una cosa? Riguardare l’anime e sentire le pronunce invertite mi disturba parecchio XD Così ho deciso di correggere il tutto passando a ‘Lester’ e ‘Ridner’, spero che non vi dia fastidio. In questo capitolo, ho già operato il cambiamento, appena ho un istante correggo la cosa anche sui capitoli precedenti. Altra cosa che non vi avevo ancora detto: come vi avevo accennato, la fanfiction ha la sua colonna sonora. Diversamente da quanto facevo con ‘Sugar and Pain’, ho deciso di inserire in neretto il titolo della canzone e il gruppo musicale/cantante di riferimento, così da non costringervi ad andarvi a cercare il tutto in fondo alle Note dell’Autrice e da, se la cosa ovviamente vi piacesse, potervi ascoltare la canzone durante la lettura del capitolo, per dargli la giusta atmosfera (mi viene subito in mente Robyn98, che apprezzò moltissimo, con mia immensa gioia, l’accompagnamento di ‘New York’ al capitolo 15 di ‘Sugar and Pain’. Fra l’altro, colgo l’occasione per dire che la ringrazio infinitamente per quel particolare commento, perché quella è definitivamente la canzone dei Relle, e quel momento mi provoca un sacco di feels tutt’oggi, a ripensarci).Veniamo subito ai ringraziamenti! Grazie a Always_Potter, a Robyn98 (appunto XD), a MaryYagamy_96, a SelflessGuard per aver commentato il capitolo 5, grazie a May_Barrett e a _Grayl_ per aver inserito la storia fra le preferite, a MetalheadGirl e di nuovo a May_Barrett per aver inserito la storia fra le ricordate, di nuovo a entrambe per aver inserito la storia fra le preferite. Un immenso GRAZIE a un grande ritorno, ossia a Potterhead394, che ha inserito la storia fra le preferite e le seguite e che, in un solo pomeriggio, ha recensito i capitoli 1, 2, 3 e 5, EPICA!! Perdonami se non ti ho ancora risposto, rimedio subito (la stessa cosa vale per SelflessGuard, scusami infinitamente!). E infine, il ringraziamento più grande va alla mia Lilian Potter in Malfoy, che è diventata la mia editor ufficiale e che sta contribuendo materialmente, emotivamente, spiritualmente, psicologicamente e chi più ne ha, più ne metta, allo sviluppo di ‘Our Sweet Darkness’. Dirti che la serie ti è dedicata è riduttivo, sul serio. D’accordo, adesso ho finito di ciarlare! Farò il possibile per tornare presto con il prossimo capitolo, lo prometto!! Un bacione grosso grosso, Victoria <3      
   
 
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