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Autore: Onaila    12/10/2016    7 recensioni
Quanto possono essere diverse due persone dopo dieci anni?
Quanto il passato può influenzare una persona?
Genere: Fluff, Malinconico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Slash, FemSlash | Personaggi: Clarke Griffin, Costia, Lexa, Octavia Blake, Raven Reyes
Note: AU, OOC | Avvertimenti: nessuno
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NA: All'inizio di ogni paragrafo troverete il nome del Point of View del personaggio, buona lettura
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LEXA

 

Si alzò lentamente, ignorando il dolore lancinante proveniente dalla gamba livida o il bruciare cocente dei suoi polmoni ad ogni boccata d'aria che prendeva e si trascinò fino a raggiungere il bicchiere d'acqua che le aveva portato o almeno era quello che sembrava << La dottoressa verrà tra poco a farti visita >> la informò Roan mentre lei si lasciava ricadere contro le sbarre esausta << Esci >> sussurrò cominciando a sentire le palpebre stanche << Ti fa tanto male? >> le chiese invece lui sedendolesi affianco e indicando la gamba, ma lei non gli rispose, troppo presa dal dolore dei tagli sulla schiena << Mi dispiace >> aggiunse lui, ormai iniziava ad abituarsi al modo di fare di quel pazzo, ma non al suo tocco e quando le sfiorò la mano lei la ritirò, posandosela in grembo << V-vattene >> fece ancora con più sicurezza anche se sapeva che lui non l'avrebbe fatto.
Aveva iniziato a smettere di ascoltarla e i giorni in sua compagnia erano divenuti più frequenti, impedendole anche di trovare un minimo di sollievo nella solitudine << E' il modo di Carl per dimostrarti il suo affetto >> continuò lui incrociando le braccia al petto e Lexa quasi istintivamente si allontanò un poco anche se dovette stringere i denti per il dolore.
Roan si voltò da lei, guardandola con occhi agognanti e languidi, soffermandosi sulla pelle visibile dell'addome e del petto, coperto semplicemente dalla fascia medica e Lexa non riuscì a non singhiozzare, così strizzò gli occhi, scacciando le lacrime << La seconda prova sarà bella non è vero? >>.
Sesso.
Quella parola la colpì come uno schiaffò e serrò le mani, concentrandosi sul dolore invece che su ciò che sarebbe potuto accadere << Ti prego vattene... >> quelle parole da prima sussurrate divennero una vera e propria supplica e Roan sospirò tristemente alzandosi in piedi per poi chinarsi di nuovo su di lei e prenderle il volto tra le mani << Io ti amo >> le sussurrò praticamente sulle labbra, per poi depositarvi un bacio e calde lacrime bagnarono il viso di Lexa mentre sentiva il sapore della sua lingua all'interno di lei.
Avrebbe voluto allontanarlo se solo il suo corpo non fosse stato del tutto martoriato e stanco.
Cercò Clarke nell'asso di tempo in cui la sua tortura continuava, ma quando riaprì gli occhi non trovò quelli blu della donna che amava, quelli di fronte a lei, erano scuri come la pece, privi di umanità << A domani >> le disse sfiorandole con il pollice le labbra prima di uscire dalla cella e dalla stanza.
Aria.
Sentì i polmoni bloccarsi e l'aria scomparire mentre il suo cuore batteva incessante, come a volerle uscirle dal petto.
Si era sempre chiesta come si sentisse Clarke e adesso poteva capirlo.
In trappola.
Il suo corpo era divenuto una trappola da cui non poteva fuggire.
Cercò di raggiungere il materasso, ma crollò prima ancora di mettersi in piedi.
Annaspò un ultima volta prima di perdere i sensi.

 

CLARKE

 

Stava guardando la pistola che teneva tra le mani mentre le sue mani tremavano leggermente intorno al calcio, ma del resto anche se sapeva come usarla, non l'aveva mai fatto.
Dopo il corso di autodifesa intensivo, insegnatole dalla CIA, non aveva più impugnato un'arma, in parte perché non le era stato necessario in parte perché non le piaceva e fu felice che almeno in quello non fosse cambiata.
Prese un lungo respiro mentre vedeva gli uomini della Natblida scortarla all'interno del rifugio di Carl.
Sorpassò i cadaveri che quegli agenti decimavano ai suoi piedi e se la prima volta aveva sussultato un poco, quando vide il secondo, il terzo e infine un numero indescrivibile di persone o meglio di nemici perire, cominciò a farvi l'abitudine, per quanto sia possibile.
Sentì Raven, che era l'unica dell'intero gruppo ad averla accompagnata, parlare all'auricolare telegrafando i calori che riusciva a vedere attraverso lo schermo del suo pc, al sicuro all'interno della cabina della nave che gli aveva portati su quell'isola.
Il rifugio di Carl non era niente meno che un isola o meglio era all'interno di un isola, in qualche posto nell'atlantico.
Avevano impiegato almeno due giorni per raggiungerla e ormai la scadenza della seconda prova era imminente.
Sperava solo di essere arrivata in tempo per salvarla.
Avevano già sorpassato quella che le era sembrata la sua prigione, poiché vi aveva trovato la sua camicia sgualcita, gettata al fianco del letto e il suo cuore aveva sussultato, temeva davvero di essere arrivata troppo tardi.
Di averla persa per sempre.
Il cuore le batteva nel petto e la gola era secca ormai da tempo.
Da quando era scattato l'allarme che aveva annunciato il loro arrivo.
E anche se sapeva che Carl non aveva più vie di fuga, visto che tutte le vie d'uscita erano bloccate dai suoi agenti e i vari mezzi di trasporto che avevano trovato erano stati sabotati, temeva comunque di non prenderlo.
Che riuscisse a fuggire un'altra volta.
Vide Indra, una dei migliori agenti della Natblida, posizionarsi dietro una porta di legno massiccio, imitata immediatamente dai suoi compagni mentre uno rimase di fronte e prima che potessero irrompere fece segno a Clarke di venirle affianco, dopodiché sentì la porta cadere e i soldati scattarono all'interno.
Clarke non si mosse per tutto il tempo, come le avevano ordinato di fare.
Rimase lì, ferma all'angolo della porta, attendendo che finissero la loro ispezione e solo quando sentì chiamare il suo nome, entrò all'interno.
Di fronte a lei, inginocchio con le mani alzate, c'era stata quella che una volta avrebbe definito la “Dottoressa”, ma che adesso conosceva con il nome di Rosie.
Se c'era qualcuno in quel posto che poteva sapere dove si trovasse Lexa era proprio Rosie << Dov'è lei? >> la donna deglutì un poco a fatica prima di alzare il volto rigato dalle lacrime, ma sorridente << La troverai tra due stanze. L'unica porta di acciaio di questo corridoio >> Clarke sospirò di sollievo e fece per uscire mentre vedeva che una delle guardie aiutava la donna ad alzarsi << Clarke... >> la richiamò quella e la rossa si voltò un poco, stupita che riuscisse a ricordarsi il suo nome anche dopo tutto quel tempo << Grazie >> aggiunse per poi uscire scortata da una delle guardie << Andiamo >> disse ad Indra e ignorarono tutte le altre porte, sapendo che non avrebbero fatto lo stesso le squadre dietro di loro, poiché quella che accompagnava Clarke aveva solo come obbiettivo il recupero di Lexa.
Con lei all'interno dell'edificio erano venute cinque squadre.
Cinque squadre composte da cinque agenti che non avevano niente da perdere e nessuno che potesse piangere la loro morte.
Era stata una scelta meschina, il fatto che nessuno potesse ricordarli, ma quella era stata l'unica condizione che Clarke aveva posto a Lincoln.
Non voleva che qualche altra famiglia venisse distrutta per colpa di Carl.
Trattene il respiro quando arrivarono di fronte a quella porta e come quella precedente vide gli agenti posizionarsi alla medesima maniera, prima che Jordan, facesse saltare i cardini e cedere la porta con un tonfo sordo sul terreno.
Entrarono velocemente al suo interno e ancora una volta Clarke attese, ma le sembrò che il tempo non finisse mai, che durasse più del dovuto mentre il battere incessante del suo cuore le riempiva le orecchie e quando sentì il suo nome, non attese un secondo di più ed entrò.
Carl sapeva essere crudele, davvero crudele.
La stanza in cui era Lexa era la medesima in cui lei aveva vissuto i suoi ultimi quattro mesi di prigionia.
Riconosceva con facilità il letto matrimoniale dalle calde lenzuola, i quadri che lei stessa aveva dipinto ai muri e si chiese come fosse possibile che lui gli avesse e poi si ricordò di James, probabilmente era stato lui a portaglieli.
Istintivamente i suoi occhi caddero su un Roan ferito ai piedi di Indra che lo teneva sotto tiro e poi su di lei.
Lexa era distesa sul letto, in cui lei aveva dormito in quei mesi, con i polsi legati alla testata e il corpo che amava ben visibile << C-clarke... >> la chiamò e anche se aveva la voce intrisa di dolore e tristezza, non faticò a riconoscerla.
Anche se aveva il corpo ricoperto da ferite e il volto sporco, non faticò a riconoscere la donna che amava.
Si avvicinò a lei nascondendo l'arma che teneva ancora ben stretta, sapendo quanto potesse scuoterla vederla vicino << Lexa >> le fece, ma non perché volesse, ma perché doveva.
Sentir chiamare il proprio nome con la dolcezza con cui lo intrise, faceva bene, dopo quei giorni passati a non sentirlo affatto o intriso di odio, lei lo sapeva, perché per mesi aveva sognato che qualcuno lo facesse per lei.
La donna che le era sempre sembrata forte, che non aveva mai vacillato di fronte a lei, scoppiò a piangere e Clarke con delicatezza la liberò da quella catene che la tenevano ancora legata e la strinse forte a sé.
Assaporando quell'abbraccio che aveva temuto di non poter più dare né ricevere, memorizzò il suo odore e la sua voce mentre Lexa le piangeva contro la spalla.
Lasciò che si sfogasse, che versasse tutte le lacrime di cui aveva bisogno e fu proprio Lexa a scostarla per rispecchiarsi in lei.
Rimasero così per qualche secondo e a Clarke le si stringeva il cuore nel vederla così indifesa e tremante, così si tolse la giacca della divisa, con cui la coprì, fuggendo al suo sguardo, fuggendo da quegli occhi che le stavano rivelando molto di più di quanto volesse sapere << Clarke... >> la sentì dire e la rossa scosse la testa, sfregando le mani contro le sue spalle, cercando di riscaldarla << Clarke non...non... >> la vide tornare a piangere mentre cercava di rassicurarla e non poté non amarla anche in quel frangente, perché anche in quel momento di fragilità cercava di essere forte per lei e anche se desiderava baciarla più di ogni altra cosa, non lo fece << Va tutto bene Lexa >> le disse tornando ad abbracciarla, stringendola forte contro di sé mentre le accarezzava la testa, cercando di trasmetterle tutto il suo calore << Va tutto bene >> ripeté un po' per lei e un po' per se stessa << Abbiamo Carl >> sentì all'auricolare che era al suo orecchio e si raggelò per un secondo a quella notizia, tornando poi a preoccuparsi per Lexa.
Si guardò le mani coperte di sangue, del suo sangue e il cuore le si strinse in una morsa che minacciava di non volersene mai più andare.
Annabeth non si era risparmiata durante la seconda prova.
Le aveva martoriato la schiena con lunghi tagli e cerchi, le sue gambe erano livide e probabilmente quella destra aveva anche subito una frattura dal modo strano con cui era stesa e dal colore bluastro che aveva intorno al ginocchio.
Eppure Clarke si soffermò molto di più sui segni dei morsi e dei lividi lasciati da lui.
Dal mostro che avrebbe perseguitato l'incubi di Lexa per chissà quanto e fu in quel momento che prese la siringa che teneva in una delle numerose tasche e la portò al collo di Lexa, iniettandogliela.
L'altra scattò in allerta, tornando immediatamente a guardarla con occhi confusi << Quando ti sveglierai sarò al tuo fianco, te lo prometto >> le fece, facendo cenno ad una delle guardie di avvicinarsi a lei mentre Lexa scuoteva la testa, probabilmente intuendo che cosa avesse in mente << Clarke..no... >> la sentì dire mentre Jordan la sollevava delicatamente dal letto e la vide cercare di combattere il medicinale e le palpebre pesanti così si avvicinò di nuovo a lei, prendendole la mano penzolante nelle sue << Rilassati, andrà tutto bene Lexa >> le sussurrò depositandovi un piccolo bacio prima di posargliela in grembo << Clar... >> si addormentò con ancora il suo nome tra le labbra e non riuscì a non sorridere tristemente << Non perderla di vista nemmeno per un secondo Jordan o giuro che ti uccido >> lo minacciò e l'altro annuì mentre uscivano dalla porta.
Il suo sguardo si trasformò immediatamente, da caldo e gentile divenne freddo e crudele.
Si voltò verso Roan ancora per terra e non seppe bene che cosa vide nei suoi occhi, ma cominciò a tremare sotto lo sguardo attonito di tutti e iniziò ad indietreggiare mentre Clarke si avvicinava lentamente ed estraeva il coltello a farfalla che teneva nel cinturino della divisa, cominciando a giocarvi lentamente.
Roan sussultò quando sentì la parete colpire la sua schiena e bloccare il suo sfuggirle.
La rossa non poté impedirsi di sorridere mentre si piegava sui talloni di fronte a lui, senza smettere di muovere il coltello in suoni precisi e netti, facendolo scattare.
Aveva di fronte a lei, l'uomo che aveva ferito Lexa e non osò per un attimo provare pietà per lui, anche se era conscia che fosse l'ennesima vittima del suo mostro personale.
Sapeva che Roan non era nient'altro che un'altra vittima, ma non esitò a far percorrere la lama del pugnale lungo la sua gamba nuda, incidendolo come aveva inciso sulla vita della donna che amava.
Quando l'udì gridare e sostituire un poco le urla di Lexa che ormai risuonavano nelle sue orecchie ininterrottamente da giorni, si sentì meglio, anche se sapeva che non avrebbe dovuto.
Cosa la differenziava da tutti gli altri?
Da lui?
Sospirò fermandosi dove iniziavano i boxer e anche se non voleva, anche se cercò di cacciare quell'orribile ricordo non vi riuscì.
Rivide lui, su Lexa, rivide lui, che la mordeva, lo rivide mentre la spezzava e fu in quel momento che il suo corpo decise per lei.
Affondò il pugnale o meglio penetrò all'interno del suo intimo, facendolo gridare come un animale, come era << Chi è l'uomo adesso? >> gli sussurrò all'orecchio mentre il sangue di Roan le sporcava la mano, ma non si ritrasse ancora, anzi girò la lama, facendoli ancora più male, ferendolo ancora di più come lui aveva osato ferire Lexa, ferire lei << Chi è l'uomo adesso?! >> gridò fino a sentire i polmoni svuotarsi e attese ancora qualche secondo prima di estrarre la lama verso l'alto, graffiandoli leggermente l'addome nell'alzarsi in piedi disgustata.
Si diresse verso il materasso per pulirsi le mani e la lama sulle lenzuola per poi rimetterla al suo posto, dopodiché tornò su di lui.
Sulla figura misera, agonizzante ai suoi piedi e si chinò ancora una volta per poterlo vedere in volto e quando non vi riuscì lo afferrò per i capelli, costringendolo ad alzare lo sguardo su di lei, costringendolo come lui aveva costretto Lexa << A te non servono più, no? >> lo colpì con un pugno, anche se sapeva che non gli avrebbe mai fatto male quanto avrebbe voluto, ma forse a causa del dolore o della quantità di sangue che si stava riversando sul pavimento, Roan perse i sensi.
Non le importava a che cosa stessero pensando gli agenti che l'avevano scortata fino a lì, né che cosa pensassero di lei.
Non era venuta fin lì per provare pietà.
Estrasse la pistola mentre si dirigeva alla porta spalleggiata immediatamente da Indra e dalla sua squadra << Dove vi trovate? >> chiese all'interlocutore che le aveva comunicato la cattura di Carl << Piano inferiore, terza stanza a destra >> si voltò uscendo da quella camera, volendo dimenticare ogni ricordo che conteneva, non volendo pensare agli ultimi minuti che Lexa aveva passato in compagnia di quell'essere, ringraziando il cielo che quella dannatissima stanza fosse insonorizzata, altrimenti sarebbero potuti scappare o peggio...
Serrò le mani mentre il ricordo ancora vivido nella sua mente di Lexa tremante tra le sue braccia, la invadeva.
Non si sarebbe mai perdonata per quello che le avevano fatto e probabilmente se lo meritava.
Certo l'aveva vendicata, ma non sarebbe stato sufficiente.
Il suo sangue cominciò a scorrere ad una velocità terrificante, quasi fino a farle dolere il cuore nel petto.
I suoni cominciarono ad arrivare ovattati come se fosse stata all'interno di una bolla e si chiese se fosse a causa di ciò che aveva fatto a Roan o perché stava per rincontrare lui.
Non era più al sicuro dietro uno schermo, adesso l'avrebbe rivisto dal vivo, dopo dieci anni, l'avrebbe rivisto.
Avrebbe rivisto il suo incubo.
Svoltarono in un corridoio che portava ad una rampa di scale e trattene il respiro quando vide i numerosi prigionieri dei giochi di Carl e si chiese per l'ennesima volta il perché.
Perché condannare così tante persone a quelle torture?
Vide gli uomini della Natblida Corp. drappeggiare sulle spalle di alcune delle vittime una coperta termica e fu in quel momento mentre passava in mezzo a loro che la notò.
Annabeth.
Tremava sotto la spalla di una guardia e alzò lo sguardo verso di lei, quando Clarke le passò accanto, quella le sorrise dolcemente come a ringraziarla, ma la rossa non riuscì a ricambiare, non poteva vederla per la ragazza che era dopo che l'aveva vista torturare la donna che amava.
Carl sapeva tirare fuori il peggio dagli altri e lei ne era la prova vivente.
Probabilmente era per quello che lo faceva.
Voleva dimostrare che tutti sanno essere crudeli di fronte alla sopravvivenza.
Scosse la testa scacciando quel pensiero e si diresse con sguardo basso verso di lui.
Verso l'uomo che l'aveva tormentata per dieci lunghi anni.
L'uomo che al solo pronunciare il suo nome lei sussultava in preda agli incubi.
L'uomo che l'aveva segnata per tutta la vita, eppure quando se lo trovò di fronte, inginocchio provò solo pietà per lui.
Era più vecchio, gli occhi chiari erano circondati da piccole rughe e da stanchezza.
Sembrava malato e probabilmente lo era, vista la pelle pallida.
Indossava il suo dannatissimo completo bianco ben stirato, le mani erano esattamente come se le ricordava, pulite e linde, con una magnifica manicure.
Odiò il modo con cui era perfettamente a suo agio anche in quella posizione scomoda.
Odiò il modo con cui guardava l'agente di fronte a lui, come a sfidarlo di premere il grilletto.
Odiava il modo con cui si credeva di essere superiore agli altri, ma ciò non le impedì di provare riluttanza al solo guardarlo.
<< Clarke >> quando risentì quell'accento marcato, intriso di speranza e dolcezza, non riuscì ad impedirsi di colpirlo.
Non seppe da dove venne tutta quella forza, ma il colpo al volto che gli diede, sembrò stordirlo per qualche secondo, ma poi tornò su di lei con quegli occhi pieni di desiderio << Sei diventata bellissima >> continuò lui sorridendole.
Clarke lo guardò ancora per qualche secondo e cominciò a ridere.
Non seppe perché, ma lo fece.
Inizio a ridere come una ragazzina e non le sembrò strano solo a lei, ma anche a lui e agli uomini che la stavano proteggendo.
Solo quando si calmò si rese conto del perché di quella reazione.
Non aveva paura.
Dopo anni, non aveva paura per la prima volta.
Con le lacrime agli occhi a causa di quella risata fragorosa, si mise di fronte a lui con la pistola tesa verso la sua fronte.
Non voleva altro.
Per anni si era sognata di torturarlo, di fargli passare ciò che lui aveva fatto passare a lei, ma in quel momento non voleva altro che pace e probabilmente lo lesse nel suo volto, perché per la prima volta lo vide per l'uomo che era.
Debole e vulnerabile come ogni creatura che Dio aveva gettato in quel mondo.
Le sembrò quasi che stesse per piangere, ma non aspettò che quel sentimento crescesse in lei.
Premette il grilletto e dopo il rombo della pistola non ci fu altro che silenzio.

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NA: Ciao carissime/i stiamo arrivando quasi alla fine eh...*piange* comunque che ne pensate di questo capitolo? Vi è piaciuto o vi aspettavate qualcos'altro? Fatemi sapere tutto, le vostre emozioni e i vostri pensieri che mi fa sempre piacere leggere ;) Alla prossima per l'ultimo capitolo :D!

 

 
   
 
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