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Autore: koralblu    13/10/2016    2 recensioni
Dal testo [...]
Troppo sangue era stato versato a causa mia.
E ora, la vista di Kurapika me l'avrebbe ricordato ogni dannato momento della mia vita.
Ero riuscita a controllarlo, dopo anni e anni di pianti disperati e dolore inflitto a me stessa. Ero riuscita a controllare questo senso di colpa, illudendomi ingenuamente di essere stata ingannata e persuasa a fare ciò.
Ma vedendo Kurapika, vedendo il dolore che IO gli avevo procurato, tutte le mie scuse erano crollate.
Lui era il passato che non avrei mai scordato; il passato che mi avrebbe sempre perseguitata, ricordandomi chi ero stata, e chi sono tutt'ora: un mostro. Un essere abominevole, che non merita altro che il dolore eterno.
Genere: Avventura, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Gon Freecss, Killua Zaoldyeck, Kurapika, Nuovo personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Pov Caren

Era come se tutti i miei peggiori incubi si fossero materializzati in un istante. Sbattei le palpebre più volte, convinta di stare ancora dormendo e che presto mi sarei svegliata nel mio letto, urlando e piangendo come ormai d'abitudine.
Ma non questa volta. 
L'incubo era realtà.
La pura e semplice realtà.
Musoda. 
Bastava solo il suo nome per scaturire in me una paura cieca, folle, tanto forte da dovermi ogni volta aggrappare a qualcosa, per non cadere a terra.
Il nome che aveva popolato i miei incubi da quella fatidica notte. 
Avevo agito da incosciente, da irresponsabile, pensando di fare, per una volta, la cosa giusta. Mi ero lasciata manipolare da mio fratello, l'unico che conoscesse alla perfezione tutti i miei punti deboli; l'unico capace di sfruttarli a suo piacimento in ogni situazione. 
E aveva vinto anche quella volta.
Ero completamente distrutta, annientata dal senso di colpa e dal dolore; troppo cieca per comprendere lucidamente la realtà dei fatti. Asuka aveva bisogno di un sostegno, di qualcuno che le stesse vicino. 
E invece l'ho tradita. 
Collaborai con suo padre, certa di stare facendo la cosa più giusta, per un bene che andava oltre.
Non pensai minimamente alle conseguenze. Credevo che Asuka sarebbe stata abbastanza forte da sopportarlo. 
Lo speravo.
Non pensai minimamente a quello che lei avrebbe dovuto sopportare. Fui egoista, rovinando la vita all'unica persona che mi era rimasta da amare. 
E adesso, ora che Musoda si era impadronito del suo corpo un'altra volta, non riuscivo a non pensare che tutto questo fosse colpa mia. 
Un ringhio acuto e penetrante mi ridestò dai miei pensieri, facendomi ripiombare nell'incubo di quella realtà. 
Rimasi pietrificata sul posto, gli occhi puntati su quell'enorme creatura che, seppur a decine di metri sotto di noi, sentivo a pochi centimetri di distanza. 
Nessun aggettivo umano avrebbe potuto descriverlo. 
Sembrava quasi irreale. 
Il pelo nero e lucente che ricopriva il suo corpo lo faceva assomigliare ad un demone, la materializzazione delle paura più intrinseche dell'animo umano.
Ma il suo portamento, la fierezza e la superiorità che trasmetteva il suo sguardo, avrebbe fatto inginocchiare al suo cospetto ogni re, sovrano e imperatore vissuto e vivente su questa terra. 
Musoda era in ogni modo, in ogni aspetto superiore a qualsiasi creature vivente che io avessi mai visto. 
La sua forza, poi, doveva essere straordinaria. 
Era stato incatenato per anni nel corpo di Asuka, e solo una volta si era risvegliato. Di certo doveva essere ancora frastornato e stanco; ma percepivo ugualmente una forza spaventosa in lui; qualcosa che andava oltre ogni immaginazione. Una potenza che, se sprigionata al massimo, avrebbe potuto distruggere intere nazioni in pochi secondi.
Hisoka era stato un incosciente, un folle. Aveva risvegliato dagli inferi un demone dormiente, ed ora tutti noi ne avremmo pagato le conseguenze.
Il momento per agire era davvero poco. Presto si sarebbe ripreso completamente, assorbendo definitivamente Asuka dentro di se, così che di lei non sarebbe mai più rimasta traccia. 
L'unica chance che avevamo erano quei pochi minuti di vantaggio che il suo intorpidimento ci stava regalando. Dovevamo agire immediatamente, attivando il sigillo e pregando che Asuka facesse il resto.  
Mi girai verso gli altri. Leorio, Gon e Killua erano totalmente immobili, quasi si fossero tramutati in statue di pietra. Lo stupore e lo sconcerto sul loro viso era palpabile, quasi concreto. 
Ma non era nulla in confronto alla confusione e al terrore dipinto sul volto di Kurapika. I suoi occhi erano diventati così spenti che, per un solo attimo, ebbi paura che il suo cuore si fosse fermato. Continuava a guardare sotto di lui, senza però vedere realmente. 
Ebbi come la sensazione che se l'avessimo anche solo sfiorato, il suo corpo sarebbe andato in mille pezzi, diventando cenere. 
Sentì un tocco gentile sulla spalla, e girandomi, vidi il Presidente Netero farmi un cenno con il capo. Quello era il segnale. Sentimmo un leggero spostamento d'aria, e capii che il dirigibile di soccorso doveva essere arrivato; tutti quanti dovevano salire su di esso, allontanandosi il prima possibile da quel luogo. 
-Dovete andarvene.- pronunciai laconica, sapendo benissimo che avrei ottenuto quattro categorici rifiuti. 
-Stai scherzando, spero..- pronunciò minaccioso Killua, guardandomi come se fossi pazza. 
-No, Killua. Qui è diventato troppo pericoloso. Abbiamo chiamato il dirigibile di soccorso che in pochi minuti vi porterà lontani da qui. Non possiamo permetterci vittime, e in questo momento..- mi morsi il labbro, conscia che ciò che stavo per pronunciare, avrebbe fatto esplodere definitivamente il rimanente autocontrollo di Kurapika. 
-.. e in questo momento, Asuka rappresenta un pericolo. Rappresenta il nemico. - dissi tutto d'un fiato, chiudendo gli occhi e aspettandomi lo scoppio definitivo. 
Ma non arrivò.
Aprii lentamente gli occhi, rimanendo totalmente sgomenta davanti a quella scena, che mai mi sarei aspettata di trovarmi di fronte. 
La mano di Leorio era protesa a mezz'aria, mentre Kurapika gli stava bloccando il polso, impedendogli così di colpirmi. 
I miei occhi si riempirono di lacrime, fissando quelle pozze azzurre che mi guardavano con un'odio che mai avrei creduto possibile. 
Mi sentii annientata, completamente distrutta. 
I suoi occhi fecero più male dello schiaffo che, se non ci fosse stato Kurapika, lui mi avrebbe sicuramente tirato. 
-Non è questo che vorrebbe Asuka..- sussurrò lui, lasciandogli stizzito il polso e fissando il suo sguardo nel mio. 
-Non salirò su quel dirigibile.- disse atono, senza nessuna inflessione della voce. Tornò a guardare in basso, e il suo sguardo vuoto vacillò per un secondo, riempendosi di quello sconforto e di quell'urgenza che rivelavano realmente il tumulto di emozioni dentro di lui. 
Fu un attimo. 
Si lanciò senza pensarci giù dal dirigibile, Gon e Leorio che lo chiamarono inutilmente, disperati per le sciocchezze che avrebbe potuto commettere. 
Li fermai appena in tempo, colpendo entrambi in modo che cadessero svenuti a terra. 
-Killua, sei il solo su cui possa contare in questo momento.- gli dissi con urgenza, cercando di trasmettergli l'importanza del suo compito. 
-Nessuno deve scendere da questo dirigibile. Dovete andarvene, e in fretta.- 
Lui annuì, avendo capito la gravità della situazione. 
-Conta su di me.- 
Annuì, seguendo il presidente Netero che si era lanciato anch'egli giù dal dirigibile. 
Creai un piccolo cuscino di Nen, in modo tale da attutire la caduta. 
Mi rialzai in fretta, cercando con urgenza Kurapika intorno a me. 
Lo trovai poco distante, zoppicante. Lui non sapeva ancora maneggiare il Nen, e per quanto le sue capacità andassero oltre la norma, un salto di oltre cinquanta metri doveva essersi fatto sentire. Mi avvicinai a lui, cercando di  fare il meno rumore possibile. 
-Kurapika..- sussurrai, facendo volgere verso di me la sua chioma bionda. 
-Non è questo il momento di agire. Dobbiamo aspettare che il Presidente Netero neutralizzi Hisoka; solo a quel punto potrà bloccare Musoda, così da permettermi di attivare il sigillo. Per favore, sii ragionevole.- lo supplicai, sperando che la sua parte razionale prevalesse sul suo istinto. 
Lui scosse la testa, lanciandomi uno sguardo di fuoco. 
-Non ho alcuna intenzione di aspettare che quel mostro faccia ancora del male ad Asuka.- pronunciò solenne, senza nessuna esitazione. 
Lo scongiurai con lo sguardo, cercando di afferrarlo prima che fosse troppo tardi.
Ma lui non mi ascoltò, ed alzandosi di scatto zoppicò in direzione del campo di battaglia. Scattai  nella sua direzione, e dopo averlo agguantato per una manica lo trascinai indietro, per farlo desistere. 
-MOLLAMI!- urlò lui, cercando di divincolarsi dalla mia presa. 
Tremai, completamente terrorizzata dalla possibilità che Musoda avesse potuto sentirci. 
-Ti prego, Kurpika..- lo scongiurai, quasi con le lacrime agli occhi. 
Ma lui negò con la testa, urlandomi ancora una volta di lasciarlo andare. 
E fu quando egli urlò più volte il nome di Asuka, che la creatura si girò, distraendosi dalla battaglia feroce che aveva intrapreso contro Hisoka. 
I suoi occhi vacillarono per un istante, increduli davanti a quella visione. 
Lacrime di gioia iniziarono a scendere lungo le mie guance.
Era mia nipote. 
La riconobbi inconfondibilmente, dietro a quelle iridi troppo scure per essere le sue. Ma la vidi. 
Eravamo ancora in tempo. 
Fu un attimo. 
Bastò un secondo di distrazione perchè quel bastardo approfittasse della situazione, conficcando nella spalla della creatura la katana che era caduta dalla cintura di Asuka durante la trasformazione. 
Un ululato agghiacciante uscì dalla bocca di Musoda, e in esso riconobbi inconfondibilmente l'urlo di dolore di Asuka. 
Un singhiozzo proruppe dalla mia gola, mentre vidi il corpo di Kurapika tremare dalla rabbia. 
-Kurapika..- provai a chiamarlo con un filo di voce, sperando che non commettesse pazzie. 
Ma lui non mi ascoltò, correndo come una disperato nella direzione di Hisoka. 
-TI UCCIDO, BASTARDO!- 
Accadde tutto il pochi secondi. 
Kurapika venne scaraventato via da un colpo di coda di Musoda, andando a sbattere contro un mucchio di rocce che gli mozzò il respiro. Ma non svenne, continuando a tenere gli occhi fissi in quelli della creatura. 
Musoda indietreggiò, quasi fosse incredulo per ciò che aveva appena fatto. Si prese la testa fra le mani, emettendo ululati disperati e feroci, che fecero tremare la terra sotto i nostri piedi. 
Il presidente Netero non perse nemmeno un secondo. 
Atterrando Hisoka con un colpo ben assestato alla schiena, si diresse spedito verso la creatura, bloccandole le braccia dietro la schiena. 
-Riuscirò a trattenerlo per poco. Presto!- mi incalzò, guardandomi severo. 
Toccava a me. 
Mi ridestai in un istante, concentrando il Nen nella mano destra. 
Tremavo. 
Le gambe parevano di piombo, e per un attimo tutto intorno a me si fece nero. Le immagini di quella notte si sovrapposero alla scena che avevo davanti agli occhi, facendomi sussultare. 
-Presto, Caren!- mi incalzò il Presidente, guardandomi con un'urgenza tale da farmi riprendere. 
Non dovevo esitare. Non questa volta. C'erano in gioco le vite delle persone che amavo, e che questa volta avrei protetto a tutti i costi.
Arrivai in un baleno davanti a Musoda, e per un attimo i nostri sguardi si incontrarono.
E vacillai. 
Tremai come una foglia, il cuore che batteva talmente forte da rimbombarmi nelle orecchie. I suoi occhi promettevano solo morte. Non c'era nessuna traccia della mia Asuka. Non c'era più traccia di quel color verde smeraldo che tanto avevo amato, risucchiato dall'oscurità di quegli occhi bestiali. 
In un attimo le ferite del passato si riaprirono, mozzandomi il respiro e appannando la mia vista di lacrime. Rividi mio fratello strapparmi dalle mani Asuka, intimandomi di non farmi più vedere. Rividi i suoi occhi terrorizzati quando, quella notte, mi aprì la porta, in preda alla disperazione totale. E poi rividi lei. Sakura. La mia migliore amica.  La rividi su quel letto, coperta di sudore, gli occhi fasciati e zuppi di sangue, la sua preghiera che ancora risuonava nella mia mente, indelebile. 
Prenditi cura di Asuka.
Mi fece promettere. 
Mi strinse la mano prima di morire, sorridendomi dolce. 
Lei non ebbe paura. Affrontò anche la morte con il sorriso sulle labbra, a testa alta come aveva sempre fatto. 
Mentre io ero qui, ferma davanti alla creatura che aveva rovinato le nostre vite, e che voleva portarmi via l'unica persona al mondo che ancora riuscissi ad amare.
Fu come uno schiaffo in pieno viso.
Non potevo permetterlo. 
Avevo fatto una promessa, e l'avrei mantenuta anche a costo della vita. 
Ricaricai il Nen nella mano, e con una rabbia che nemmeno pensavo di poter provare, feci un grosso balzo, arrivando all'altezza del cuore di Musoda. 
-Non questa volta.- lo sbeffeggiai, sorridendogli in segno di sfida.
I suoi occhi si riempirono di rabbia, e prima che potesse sfuggire alla presa del presidente Netero, il mio palmo si scontrò con il suo petto, rilasciando il Nen che attivò il sigillo.
Ci allontanammo immediatamente da Musoda, in preda a spasmi e urla agghiaccianti. 
Le sue mani erano artigliate al terreno, mentre la sua schiena si incurvava in maniera innaturale, quasi disumana. 
E poi lo sentimmo. 
Un grido. 
Una voce. 
La sua voce. 
E crollai a terra, le gambe che non riuscivano più a reggere il peso del mio corpo. 
Stava tornando. 
Asuka stava tornando da noi. 

Pov Asuka

Tutto era confuso. 
Luci, colori, odori, sensazioni; era tutto così diverso, tutto così strano ma al tempo stesso familiare. 
Un torpore rassicurante mi avvolgeva, facendomi sentire per la prima volta serena, in pace con tutto. 
Non erano mai esistite la morte, la distruzione, i sensi di colpa, la disperazione. Era tutto un bruttissimo incubo. 
Perchè era quella la vera vita. 
Quel calore familiare era stata la mia vita. 
Nulla avrebbe mai potuto strapparmici via. Non esisteva niente e nessuno. Solo quella sensazione. 
Vaghi e offuscate immagini comparivano a tratti nella mia mente; volti e nomi che credevo di aver sognato, in quell'idilliaco ed eterno sonno in cui sapevo di trovarmi.
Un solo volto mi procurava una fitta al cuore, qualcosa che non riuscivo a spiegare. Erano ricordi sfocati, quasi sbiaditi, ma riuscivo ad intravedere ugualmente i lineamenti di quel viso. Quei capelli biondi, quel sorriso dolce, e quegli occhi color oceano erano troppo vividi, troppo reali per appartenere solo ad un sogno. 
Iniziai ad agitarmi, e quell'oscurità che prima mi era sembrata così rassicurante, ora aveva iniziato ad irritarmi. 
Volevo sapere di più.
Aprii gli occhi, ritrovandomi davanti scene che si susseguivano velocemente l'una all'altra, e da cui non riuscivo a capirci nulla. 
Vedevo un uomo vestito in modo strano, che ghignava sadico nella mia direzione. schivando i colpo che il mio corpo stava lanciando. 
Il mio corpo..
Strinsi i pugni, cercando di controllare i movimenti; ma non ci riuscivo.
E non capivo. 
Perchè non riuscivo a controllarmi? 
Perchè il mio corpo non rispondeva a ciò che gli ordinavo?
Era così frustante. 
Mi voltai, volendo solo tornare a quel torpore idilliaco che fino a pochi secondi prima mi stava avvolgendo, regalandomi una sensazione di pace mai provata prima. 
Ma qualcuno me lo impedì.
Lui, me lo impedì.
Di nuovo, l'immagine di quel ragazzo mi colpì come un fulmine, facendomi arretrare di qualche passo. Ma più io mi allontanavo, più lui mi inseguiva, con i suoi occhi pieni di amore e il sorriso dolce sulle labbra. 
Un sensazione totalizzante mi appannò la vista, costringendomi a fermare la mia ritirata. Il cuore batteva come un forsennato, mentre le orecchie avevano preso a fischiare rumorosamente. Improvvisamente, senza alcuna ragione, mi portai una mano sul viso, scoprendo le guance stranamente bagnate. 
E fu come se un pugno mi avesse colpito in pieno petto, mozzandomi il respiro. Una scarica di adrenalina mi pervase, lasciandomi totalmente pietrificata sul posto. 
Lasciai cadere le lacrime, comprendendo a poco a poco che quel torpore, quella che io avevo considerato ''Vita'', era in realtà una prigione. 
Mi resi conto che questo non era il mio vero corpo. 
Io avevo vissuto fuori di li, in un mondo in cui il cielo era azzurro, e i prati verdi, in cui il brusio dei villaggi si alternava al suono pacifico del vento che soffiava sulle onde del mare. 
Compresi che in realtà io avevo avuto intorno persone che mi avevano amata, protetta. 
Ma non ricordavo altro.
Non riuscivo a ricordare nient'altro. 
C'era come un muro; un divisorio tra la verità e quel mondo fatto di finzione. 
Come mi chiamavo realmente? 
Qual era il mio nome?
Più cercavo di ricordarlo, e più la testa mi doleva. 
Così tanta confusione, eppure lo sapevo. 
Dietro quel muro c'erano tutte le mie risposte. C'era la mia vita, i miei ricordi..
Perchè non riuscivo ad abbatterlo?
Perchè, dannazione?!
Ero sul punto di mollare, di lasciar perdere tutto quanto, quanto sentii una voce. 
Mi girai di scatto, mentre l'immagine di quel ragazzo dai capelli biondi mi ricomparve davanti, questa volta, però, completamente diversa. 
Correva verso la mia direzione, gli occhi vitrei solcati da un terrore così penetrante, che di riflesso sbarrai gli occhi, spiazzata da quella scena che mi sembrava surreale. 
Perchè stava soffrendo così tanto?
D'istinto mi mossi verso di lui, desiderosa di raggiungerlo e di stringerlo così forte da fargli dimenticare per sempre quel dolore. 
E non riuscivo a capacitarmi dell'assurdità dei miei pensieri. 
Perchè, benchè fossi conscia di non sapere minimamente chi lui fosse, il mio unico desiderio era quello di proteggerlo dal mondo intero.
E disse ancora quel nome. 
Mi sporsi ancora più verso di lui, fremendo per sapere che nome stesse pronunciando. 
Ancora. 
Ma io non lo colsi. 
E così urlai, chiedendogli di alzare la voce, perchè non riuscivo a comprendere: perchè non volevo comprendere. 
Perchè la realtà era che quel nome, io non lo volevo ascoltare. 
Qualcosa, dentro di me, mi diceva che, se lo avessi conosciuto, tutto sarebbe tornato come prima; quel dolore, che qui dentro sentivo così assurdo e lontano, sapevo sarebbe tornato a sommergere la mia vita, facendomi annegare un' altra volta in quel mare di disperazione e sensi di colpa che qui, credevo di poter dimenticare. 
Ma, dentro di me, qualcosa mi diceva che non sarebbe servito a nulla. Vivere in questo modo, in un mondo fatto di illusioni e falsità, avrebbe solamente reso la mia esistenza come un guscio vuoto, privo di ogni significato. Quella parte, che ora stava urlando a squarciagola dentro la mia testa, mi ripeteva che non potevo più vivere nella paura. Non potevo più nascondermi. 
Non potevo più scappare da me stessa.
Così, senza pensare a niente, mi lasciai andare, seguendo per la prima volta il mio coraggio, e non la mia codardia. 
Aprii le orecchie, pronta ad ascoltare quel nome e tutto ciò che esso avrebbe portato con se. 
-ASUKA!- urlò quella voce, in modo talmente disperato da lasciarmi per un attimo senza respiro. 
Asuka.
E allora ricordai ogni cosa.
I ricordi di diciassette anni di vita apparvero nella mia mente come un fiume in piena, non dandomi nemmeno il tempo di rendermi conto di ciò che stesse succedendo. 
Immagini, ricordi, sensazioni.
Ogni cosa. 
Capii che la mia vera vita era li fuori, al fianco di quel ragazzo, che continuava a guardarmi disperato, nel tentativo di cogliere anche un solo, piccolissimo segno della mia presenza. 
E lo chiamai. 
Chiamai il suo nome con tutto il fiato che avevo in gola, facendo tremare il corpo della bestia che mi aveva intrappolato. 
Ma un dolore lancinante mi pervase così improvviso, da farmi cadere a terra senza respiro, mentre dalla mia bocca uscivano urla strozzate e agonizzanti. 
Vidi Kurapika correre come un pazzo nella mia direzione, e cercai di fermarlo in ogni modo. 
Ma Musoda lo scaraventò contro una roccia, strappandogli un gemito di dolore che fece più male della pugnalata di pochi istanti prima. 
Mi pervase un senso di impotenza mai provato prima.
Avevo lasciato che Musoda lo ferisse. 
Le immagini di quella notte riapparvero subdole nella mia memoria, facendomi urlare con tutto il fiato che avevo in gola. 
Volevo morire in quell'istante.
Volevo che, per una volta, quei sensi di colpa avessero la meglio, trascinandomi in quel baratro buio che mi avrebbe finalmente restituito la serenità.
Ma qualcuno mi chiamò.
Una voce strana, quasi surreale, che continuava imperterrita a chiamarmi, esortandomi ad alzarmi. 
Alzare il viso fu davvero faticoso, poichè la testa sembrava pesare quanto un macigno. Ma non appena i miei occhi si scontrarono con quelli della figura di fronte a me, il corpo sembrò sciogliersi come ghiaccio su un vulcano. 
I suoi stessi occhi.
I suoi stessi capelli. 
-Alzati, Asuka. Riprenditi ciò che è tuo.- incalzò quella voce, sorridendomi dolce. Poi si voltò, lasciandomi nell'oscurità più completa. 
Restai li per terra ancora per un po', incapace di formulare qualsiasi pensiero logico, incapace anche solo di respirare, completamente annientata dai sensi di colpa. 
Perchè l'avevo riconosciuta. 
Avevo riconosciuto quella donna dai tratti angelici fin dal primo momento, troppo simile al figlio per avere anche solo il più piccolo dubbio. 
E le lacrime intanto scorrevano, incapaci di fermarsi.
Forse ero io, a non volerle fermare. 
Perchè per una volta, era giusto che venissero fuori. 
Piangevano quel corpo senza vita che io stessa avevo mutilato, accecata dalla rabbia e dal desiderio di vendetta. 
Era colpa mia.
Era solamente colpa mia.
Alzati. Non lasciarti sopraffare ancora. Combatti.
Ancora lei. 
Un un ultimo singhiozzo proruppe involontario dalle mie labbra. Mi rialzai a fatica, cercando di asciugare le lacrime che mi appannavano la vista. Tutto era sfocato, confuso. Non riuscivo più a distinguere cosa fosse reale e cosa una finzione. Tutto ciò che riuscivo a percepire era solo il battito del mio cuore, completamente impazzito. Chiusi gli occhi concentrandomi, così come mi aveva insegnato anni prima mio padre. 
Non era più il momento di pensare.
Dovevo sentire. 
Dovevo sentirlo. 
Così cercai Musoda.
Cercai quelle catene, simbolo del nostro legame interno. Simbolo della nostra prigionia. Cercai di afferrarle, ma esse mi sfuggivano, forse comandate dal loro proprietario. Anche lui stava cercando di combattere. 
Non gettai la spugna. Il viso di quella donna, ancora vivido nella mia mente, continuava a ripetermi di non arrendermi. E così feci. Non mi arresi. Questa volta avrei combattuto. Musoda non avrebbe più fatto del male alle persone che amavo. 
Lottai con tutte le mie forze. 
Lo dovevo a loro. 
Tutti loro mi avevano dato, ogni giorno, la forza per superare le mie paure e i miei sensi di colpa. 
E non potevo permettere che mi fossero strappati via. Dovevo tornare da loro. A qualunque costo.
Riuscii a prendere il sopravvento su Musoda, e anche se furono appena pochi secondi, bastarono perchè qualcuno lo afferrasse da dietro, dando la possibilità a Caren di attivare il sigillo. 
Maledetta.
Musoda si oppose, cercando di sfuggire a quelle catene che lo avevano intrappolato per anni, e che ora, rischiavano di essere spezzate per sempre. 
Urlai con tutto il fiato che avevo in gola, alimentando con il mio Nen la potenza delle catene. 
-RIDAMMI IL MIO CORPO!- 
Una luce accecante proruppe nel buio, e così, come molti anni prima, sentii le catene avvolgere il corpo di Musoda, che ululava furibondo in mia direzione. 
Il dolore della conversione dei corpi fu fin da subito atroce, alimentato da quella ferita al braccio che continuava a sanguinare incessantemente. 
Ma prima che le catene potessero rinchiuderlo definitivamente, prima che egli fosse messo finalmente a tacere, riuscì per un'ultima volta a sfruttare quel legame, facendomi vedere un immagine presa dal futuro. 
E morì.
Quando i miei occhi si posarono su quell'immagine, tutto venne distrutto, annientato, cancellato definitivamente. 
-E sarà ancora una volta colpa tua.- sorrise maligno Musoda, prima di scomparire completamente sotto le catene di Nen.
Ed aveva ragione. 
Sarebbe stata ancora una volta colpa mia


Pov Caren

-Come sta?- 
Chiusi la porta dell'ufficio del Presidente alle mie spalle, sospirando sconfortata. Mi voltai verso la sua direzione, rimanendo impalata a fissare il pavimento. Nonostante tutto ciò che era successo, la sua presenza mi incuteva ancora un po' di soggezione. Lui sembrò captare i miei pensieri poichè girandosi, mi invitò con un sorriso dolce ad avvicinarmi.
Mossi pochi passi, fermandomi ad alcuni metri da lui.
-Non bene..- risposi sconfortata, le sue urla che ancora erano vivide nella mia memoria. 
-Deve aver subito un trauma..- 
Si strofinò i baffi, lo sguardo perso in pensieri che non mi era lecito conoscere.
-Non è solo quello..- aggiunsi, torcendomi le mani per il nervosismo. 
Lui mi guardò confuso, non capendo cosa intendessi. 
-C'è qualcosa di più..- cercai di spiegarmi meglio. -L'altra volta..- mi bloccai, un magone che impedì alle parole di uscire. 
Abbassai il capo, cercando di farmi forza per non versare lacrime. 
Il Presidente non disse nulla, forse intuendo il dolore che quel racconto portava con se. Presi un respiro profondo, riprendendo a parlare. - sembra che ci sia qualcosa che la terrorizzi. Sembra caduta in uno stato di catalessi. Non mangia da giorni, non vuole vedere nessuno e non fa altro che tapparsi gli occhi, piangere e urlare. Sono seriamente preoccupata Presidente. Di questo passo Asuka rischia di..- e non riuscì a terminare, un singhiozzo che sfuggì involontario al mio controllo. 
- E' una situazione davvero complicata..- aggiunse lui sovrappensiero, continuando a grattarsi i baffi; era un gesto solito fare quando cercava di trovare una soluzione ad un problema. 
-Avete provato con il supporto psicologico?- 
Annuii, sempre più sconfortata per quella situazione. 
-Non vuole parlare. Si rifiuta categoricamente di pronunciare anche solo una parola. E' già tanto che voglia vedere me. Sono l'unica che riesca ad avvicinarsi..- 
-Capisco. Quindi sei l'unica che riesca ad avere un contatto diretto con lei.- 
-Si. Non vuole vedere nessun'altro.. nemmeno Kurapika. Anzi; soprattutto lui.- 
-Che intendi dire?- mi chiese il Presidente, guardandomi attentamente. 
-Abbiamo tentato di persuaderlo a non avvicinarsi a lei.. ma sa com'è fatto.- pronunciai con un tono amaro, ricordandomi della caparbietà di quel ragazzo. -è riuscito ugualmente ad entrare, e..- mi bloccai, un brivido che mi percorse la spina dorsale. - ed Asuka ha avuto un attacco di panico molto violento, per cui è stata sotto sedativi per ben due giorni. Appena lo ha visto ha iniziato ad urlare come se si fosse presentato davanti a lei un fantasma.- 
-Forse è proprio così.- concluse sovrappensiero il Presidente, agitando il capo a destra e a sinistra. -Dev'essere successo qualcosa quando Asuka si trovava all'interno del corpo della Creatura. Non vedo altra spiegazione. E ciò dev'essere connesso con il ragazzo.- 
Sgranai gli occhi, la consapevolezza delle sue parole che mi colpì pian piano. 
-Effettivamente potrebbe avere ragione. Non ci avevo pensato. Credevo fosse solo una reazione allo shock per ciò che era successo..- 
Mi diedi della stupida, non avendo ancora una volta capito nulla. 
Restammo in silenzio per molto tempo, ognuno immerso nei proprio pensieri. 
-E il ragazzo come sta?- chiese improvvisamente lui, riscuotendomi dai miei pensieri. 
-Male..- 
Molto male. 
-Non riesce a darsi pace. Abbiamo dovuto sedare anche lui per un po'. Ora sta meglio, ma anche lui non vuole vedere nessuno. La depressione di Asuka ha colpito inevitabilmente anche Kurapika.- 
Il Presidente annuì, un luccichio strano negli occhi. 
-Quei due ragazzi faranno molta strada. Hanno entrambi delle potenzialità enormi, che verranno fuori con l'allenamento e l'esperienza; e soprattutto diventeranno forti sostenendosi l'un l'altro. Non posso sfuggire a ciò che vuole il Fato.- 
Le sue parole mi colpirono, e il tono deciso e fiero con cui egli le pronunciò le rese ancora più significative. 
Ma poi ricordai che, alla base del loro rapporto appena nato, vi era un enorme e immenso ostacolo che difficilmente sarebbe stato superato. 
-Non sei d'accordo con me, Caren?- mi chiese lui, notando il mio repentino cambiamento d'umore. 
Scossi la testa, mordendomi la lingua per intimarmi di mantenere il silenzio. - No no, sono pienamente d'accordo con lei.- mentii, non riuscendo a fingere nemmeno lontanamente. 
- Sono a conoscenza di ciò che successe durante la notte dello sterminio della tribù Kuruta; e anche chi fu il responsabile.- 
Sgranai gli occhi, non riuscendo a credere a ciò che le mie orecchie avevano appena sentito.
-Lei..come..- chiesi con un filo di voce, le parole che uscirono strozzate. 
-Come faccio a conoscere la verità? Beh, semplice; fui io, pochi giorni dopo l'accaduto, a rintracciare ed interrogare un testimone di un villaggio vicino che, recatosi nel bosco per raccogliere dei frutti, assistette impotente a quello sterminio. Lui parla di un enorme Creatura con l'aspetto di un lupo mannaro, che sterminò in pochi minuti tutto il villaggio. Ho così riconosciuto dalla sua descrizione la Creatura di cui parlava; che destino orribile quello di sua nipote. Mi dispiace veramente.- concluse, un'espressione di sincera afflizione impressa sul suo volto. 
-Ovviamente lei è informato anche di questo..- dissi ironica, senza scompormi. 
-E' mio dovere informarmi scrupolosamente su chiunque venga ingaggiato nel mio Team di collaboratori.- mi spiegò gentile lui, senza alcun tipo di irritazione nella voce. 
-Lo capisco, e mi scuso per la sfacciataggine della mia affermazione.- 
Abbassai il capo, mordendomi la lingua per la mia impulsività nel parlare. A volte ero davvero una maleducata. 
-Suvvia, non c'è bisogno di scusarsi. In fondo, è un'affermazione che avrei fatto anche io.- mi sorrise comprensivo lui, rincuorandomi un poco. 
Una domanda nacque improvvisa nella mia mente, e dovetti mordermi a sangue la lingua per non rivolgerla immediatamente al Presidente. 
-Chiedimi pure ciò che stai cercando di trattenere.- 
Mollai la presa sulla lingua, stupendo ancora una volta di quanto egli fosse perspicace. 
-Ecco.. volevo chiederle; per quando riguarda gli esami..Asuka..- 
Lui mi guardò dispiaciuto, scuotendo la testa in segno di diniego. -Non posso passare sopra a ciò che è avvenuto su quell'isola; per quando mi dispiaccia, non posso permettere ad Asuka di continuare il suo esame. Inoltre, credo che le condizioni in cui versi non gliel'ho consentiranno ugualmente. Non posso aspettare che si riprenda; non questa volta. Mi dispiace molto Caren.- 
-No, la capisco. E' giusto che sia così.- gli risposi, conscia che non vi era altra soluzione. - E per quanto riguarda Kurapika?-
-Se il ragazzo si riprenderà in tempo, potrà senz'altro partecipare all'ultima prova. In fondo, si è classificato avendo portato a compimento l'obbiettivo della quarta prova anche prima del tempo prestabilito.-
-Si, capisco. Spero si riprenda in tempo.-
Sentimmo un piccolo colpo alla porta, e il segretario del Presidente entrare nella stanza. 
-Buongiorno Presidente. Buongiorno dottoressa.- ci salutò cortesemente lui, facendomi arrossire per il nome con cui mi aveva salutata. 
-Volevo solo avvisarla che l'incontro con i partecipanti all'esame inizierà fra pochi minuti.- disse tutto d'un fiato, attendendo la risposta del Presidente. 
-Ti ringrazio per avermi avvisato. Sarò nella sala principale in pochi minuti; lasciami solo congedare dalla Dottoressa.- rispose lui, sorridendomi complice quando pronunciò quell'appellativo
E le mie guance si tinsero ancora una volta di rosso, mentre il segretario annuì, uscendo silenziosamente dalla stanza.
-Temo che la nostra conversazione dovrà essere ripresa in un secondo momento..- mi disse il Presidente, avviandosi verso la porta principale. 
Lo seguii, scuotendo leggermente la testa. 
-Non si preoccupi Presidente; se ci saranno novità, verrò a riferirgliele immediatamente.- 
-Senz'altro..- rispose, una strana espressione in viso. -Mi dispiace molto per le sofferenze di quella ragazza. Spero si riprenderà nel minor tempo possibile; in tal caso..- fece una piccola pausa, fissando il suo sguardo serio nel mio. - in tal caso, vorrei veramente poterla allenare in quanto mia allieva. Ha molte cose da imparare, e una guida è ciò di cui lei ha bisogno.- 
Rimasi completamente paralizzata dalle parole del presidente, troppo confusa per credere che ciò che avevo appena sentito non fosse  un sogno. 
-L..ei..lo farebbe..?- gli chiesi, completamente sconvolta. 
Chi mai vorrebbe prendere come allieva una ragazza che custodisce al suo interno l'anima di un demone?
-Asuka ha delle potenzialità enormi, oltre ad una forza straordinaria, completamente estranea alla Creatura all'interno del suo corpo. Se le venisse insegnato a padroneggiare la propria forza, a controllare l'anima del demone che è dentro di lei, potrebbe davvero arrivare ad un livello straordinario. Vorrei veramente poter essere il suo maestro. Ma non sta a me decidere..- concluse, guardandomi eloquentemente. 
-Io non ho alcun potere in merito, Signor Presidente..- gli dissi sconsolata, ben conscia della cruda realtà di quelle parole. - è suo padre a decidere, fin tanto che Asuka non avrà compiuto l'età per decidere da sola.- 
Sul viso dell'anziano davanti a me comparve un sorriso strano, quasi ironico, completamente diverso da ogni espressione che gli avevo visto fare da quando lo conoscevo. 
-Caren; credo che sia passato da un pezzo il tempo in cui Asuka sia soggiogata al padre. O sbaglio?- 
E mi lasciò così, chiudendosi la porta alle spalle, la verità di quelle parole che ancora volteggiava nell'aria di quello studio. 
Era vero. 
Asuka era diventata adulta già da un po'. 


Pov Killua

Eravamo in questa stanza ormai da diversi minuti. Gon, al mio fianco, non faceva altro che battere il piede a terra, creandomi un immenso senso di fastidio. 
-La vuoi piantare?!- lo rimproverai stizzito, sbuffando.
La situazione era già abbastanza tesa senza che lui contribuisse. 
-Scusami Killua..- sospirò, guardandomi dispiaciuto.
Addolcii lo sguardo, intuendo i motivi del suo nervosismo. In fondo, essi erano anche i miei. 
Kurapika se ne stava in disparte appoggiato alla parete, gli occhi chiusi e le spalle abbassate, apparendo totalmente fragile e vulnerabile. 
Nessuno di noi riusciva più a vederlo così. Lui stava soffrendo più di tutti. La nostra preoccupazione e il nostro dolore doveva essere solo essere una punta, rispetto a tutto ciò che doveva affliggerlo in questo momento. Avevamo provato a consolarlo in ogni modo, standogli vicino come in ogni modo; ma lui non si lasciava aiutare, preferendo isolarsi da tutto e tutti. 
Il suo viso era sciupato, stanco; le occhiaie marcate rivelavano le sue notte insonni, di cui eravamo al corrente, date le urla che si espandevano di notte in tutto il dormitorio. Più volte eravamo corsi nella sua stanza, trovandolo sudato e in lacrime, gli occhi scarlatti ricolmi di dolore e sofferenza.
Non feci in tempo a rispondere a Gon, che il Presidente Netero apparve dalla porta, seguito da tutti gli esaminatori delle varie prove dell'esame. 
Si  fermò davanti a noi, restando in religioso silenzio ad osservarci, soffermando il suo sguardo attimi in più sulla figura di Kurapika, alle nostre spalle. 
-Voglio farvi le mie congratulazioni per aver superato egregiamente anche la quarta prova. Avete svolto tutti un ottimo lavoro.- esordì lui, aprendosi in un sorriso sincero. -Qui riunite ci sono le nove persone che passeranno..- ma non riuscì a finire la frase, poichè qualcuno lo interruppe bruscamente.
-Come sarebbe a dire nove!?- urlò su tutte le furie Kurapika, rivolgendo al Presidente Netero occhiate di fuoco. 
-Esattamente ciò che ho detto: nove.- gli rispose tranquillo lui, lasciando che Kurapika si sfogasse. 
-Non può! Asuka.. lei..- non riuscì a concludere, la voce che si incrinò e gli occhi che si riempirono di lacrime. 
-Mi dispiace molto ragazzo..- ammise sinceramente dispiaciuto il Presidente. -Purtroppo Asuka non sarà in grado di riprendere l'esame, date le sue condizioni. Potrà ritentare senza dubbio l'anno prossimo.- 
Kurapika tacque, forse ricordando ciò che era avvenuto alcune notti fa, quando Asuka aveva urlato alla sua vista, allontanandosi da lui come se fosse un mostro. Kurapika era rimasto scioccato dal suo comportamento, tanto che, per alcuni giorni, non parlò con nessuno, chiudendosi in un mutismo assoluto. 
Fu quando gli comunicammo che Asuka si stava riprendendo pian piano che lui si rasserenò; lo convincemmo del fatto che, se avesse voluto parlare con lei, non poteva di certo mostrarsi in quello stato, poichè allora lei lo avrebbe veramente preso per un mostro. Fu con quella battuta che Leorio riuscì a strappargli il primo, vero sorriso, dopo settimane intere in cui l'unica espressione che aveva stampata in viso era quella della sofferenza. 
E con la scusa di saperne di più su Asuka, l'avevamo convinto a presentarsi alla riunione, in cui ora, aleggiava un'aria tesa, triste.
-L'esame finale si terrà fra tre giorni in un hotel gestito dal comitato, affittato per l'occasione; recuperate le forze per superare quest'ultima prova al massimo delle forze.- concluse, sorridendoci incoraggiante. 
-Ora, Kurapika, potresti seguirmi un'attimo nel mio ufficio?- 
Tutti i nostri sguardi saettarono immediatamente nella direzione del diretto interessato, increduli e confusi. 
Kurapika fissò il Presidente come se stesse guardando una forma di vita sconosciuta, ma non si oppose, iniziando a camminare in sua direzione. 
E quando la porta si chiuse, accennati bisbigli riempirono l'aria della sala principale. 
-Cosa vorrà dirgli?- - Si tratterà forse di quello che è successo sul luogo della quarta prova d'esame?- -Sono così curioso!- 
Poi, improvvisamente, una risata sadica interruppe quel vociare, zittendo tutti i presenti. 
Lanciai sguardi di fuoco nella direzione di Hisoka, cercando di polverizzarlo con la sola forza dello sguardo. 
-Guarda che non riuscirai a farmi fuori con le tue occhiatacce..- mi sfidò lui, un ghigno strafottente stampato in viso. 
Sentii il sangue ribollirmi nelle vene, e un sadico desiderio di ucciderlo si fece presto largo in me. Ma Gon mi fermò, mettendomi una mano sulla spalla e scuotendo la testa. 
-Non ne vale la pena..- mi sussurrò, piantando poi lo sguardo sulla figura del clown. 
-Andiamo..- 
Leorio ci prese per le braccia, scortandoci fuori dalla stanza prima che la situazione precipitasse. 
-Vorrei spaccargli quella faccia da schiaffi a suon di pugni.- ammise feroce lui, torcendosi le mani per il nervosismo. 
Gon gli diede una pacca sulla spalla, sorridendogli gentile. -Non prendertela. Lui è fatto così.- 
Ed aprendosi in un sorriso ingenuo, ancora una volta mi fece perdere la pazienza.
-Come fai ad essere sempre così tranquillo?- sbottai, sinceramente stupito dalla sua tranquillità.
-Perchè cerco di pensare alle cose più importanti. E in questo momento la nostra priorità sono Asuka e Kurapika.- 
Io e Leorio annuimmo, sapendo già che cosa avremmo dovuto fare. 
-Innanzitutto dobbiamo cercare Caren; potrebbero esserci delle novità.- consigliai, guardando eloquentemente Leorio, intento a fissare insistentemente i piedi. 
Gon sorrise, contento di potersi finalmente rendere utile, ed incamminandosi ci intimò di sbrigarci. 
-Arriviamo, aspetta solo un'attimo.- sbuffai in sua direzione, facendogli capire con lo sguardo di lasciarci soli per un po'. Gon annuì, sparendo dietro l'angolo e lasciandoci così un po' di privacy.
-Non puoi evitarla per sempre.- passai subito al punto, senza girarci intorno. 
Lui alzò la testa di scatto, guardandomi stralunato. 
-Ma io non sto..- provò a giustificarsi. 
-E invece si. Stai scappando. Fai l'uomo per una volta e affronta le conseguenze delle tue azioni; la situazione è già abbastanza tesa, e dobbiamo tutti cercare di rimanere il più uniti possibile.-
Leorio non si mosse. Continuò a guardarmi ancora con quello sguardo stordito, come se volesse chiedermi qualcosa ma non ne trovasse il coraggio. 
-Tu..- iniziò incerto, spostando lo sguardo su un punto indefinito del pavimento. - ..dici che mi perdonerà?- chiese titubante, spaventato da una possibile risposta negativa.
-Tu l'avresti colpita?- gli chiesi a mia volta. senza inflessione della voce. 
-No!- quasi urlò lui, alzando il tono della voce. 
Gli feci un piccolo sorriso ironico, rivelandogli così la mia risposta. Lui mi sorrise, capendo. 
-Grazie, Killua.- 
Non seppi come rispondere; con una veloce alzata di spalle mi diressi verso il corridoio principale, felice di poter essere stato utile a quel vecchio noioso almeno per una volta. 


Pov Caren

Sospirai, le lacrime che mi offuscavano la vista e la testa che girava vorticosamente. 
Chiusi la porta alle mie spalle, ed appoggiandomi alla parete adiacente chiusi gli occhi, cercando di spazzare via dalla mia mente ciò che avevo appena visto. 
-Caren!- 
Sentì una voce chiamarmi; ma non ebbi la forza di rispondere, tanto il mio corpo era spossato. 
-Caren, che ti è successo?- 
Qualcuno mi scosse, con un urgenza tale da farmi spalancare immediatamente gli occhi. Mi ritrovai davanti due pozze color acquamarina; il cuore iniziò a trottare come un forsennato, mentre le gambe iniziarono a tremare, sfuggendo al mio controllo. E senza rendermene conto, mi tuffai nelle sue braccia, piangendo per ciò che i miei occhi avevano visto pochi secondi prima. Lui non mi respinse, stringendomi al contrario a lui, talmente forte da mozzarmi il fiato. 
-No..n posso..veder..la così.- singhiozzai disperata, sentendo ancora il calore del suo sangue sulle mie mani. 
Lui mi strinse, se possibile, ancora più forte, accarezzandomi i capelli, per tranquillizzarmi. Ma non ci riuscì. Passò molto tempo prima che i miei singhiozzi terminassero, prima che le lacrime smettessero di bagnarmi le guance e il respiro si regolarizzasse. 
Cercai di darmi un contegno, non volendo attirare troppo l'attenzione su di noi. 
Alzai piano il viso dall'incavo del suo collo, stando ben attenta a non incrociare il suo sguardo. Solo allora mi accorsi delle altre due presenza che, per tutto il mio sfogo, erano state alle spalle di Leorio, silenziosi, rispettando il mio dolore.
-Ci siete anche voi..- 
Loro mi sorrisero dolci, facendomi capire di comprendermi, di sostenermi anche in questa situazione. Abbracciai di slancio entrambi, trasmettendogli tutto l'affetto che provavo per loro. Era vero, ci conoscevamo da poco; ma le circostanze ci avevano portato a legare molto gli uni con gli altri. Noi dovevamo essere la forza e il sostegno di Kurapika e Asuka. E per essere ciò, dovevamo restare uniti. Nel bene e nel male. 
Perciò non potevo avercela veramente con Leorio. Ciò che avevo detto era sbagliato, e ne comprendevo la gravità; lui aveva solo reagito impulsivamente, mosso dalle emozioni del momento. 
E poi sapevo che non mi avrebbe realmente colpito. 
O almeno, lo speravo. 
-Ora ci vuoi dire che è successo?- mi chiese impaziente Gon una volta sciolto l'abbraccio.
Il mio sguardo si incupì, e quel poco di serenità che avevo ritrovato con i loro abbracci, svanì completamente.
-Io non so se..- provai a dire, essendo, però, immediatamente interrotta da Killua. 
-Non siamo dei bambini; almeno, non mentalmente. Puoi dirci quello che è successo senza preoccuparti di spaventarci.- disse lui, mentre Gon annuiva, dandogli man forte.
E ancora una volta, mi stupii della maturità di entrambi; all'apparenza potevano sembrare dei bambini, ma in realtà mostravano in ogni situazione una forza d'animo davvero invidiabile. 
-D'accordo.- acconsentii, guardandomi intorno per accertarmi che non vi fosse nessuno. 
-Sono stata da Asuka prima..- iniziai, stringendo forte le unghie nella carne, in modo da mantenere lucidità. -Non la trovai subito. Provai a chiamarla, ma lei non mi rispondeva. Iniziai seriamente a preoccuparmi, quando sentii un singhiozzo provenire dall'armadio. Lo aprii e trovai al suo interno un' Asuka completamente sconvolta, le mani e e braccia piene di tagli che..- sbattei un pugno sul muro, cercando di scaricare la rabbia e il dolore che sentivo. - ..che si era procurata lei. Continuava a ripetere che era tutta colpa sua, e che lo sarebbe ancora stata. Ora è sotto sedativi, e sta volta ho raddoppiato la dose, in modo da tenerla più sotto controllo.-
Non ebbi il coraggio di alzare il viso e vedere il mio stesso dolore riflesso nei volti degli altri. Così tenni gli occhi bassi, cercando di placare il tumulto di emozioni che si era scatenato dentro il mio corpo.
Tutto era in silenzio; nessuno riusciva a parlare. 
Improvvisamente, però, sentimmo un rumore, e quando ci accorgemmo di chi aveva origliato la conversazione, era troppo tardi; Kurapika era già corso via. 
-No, fermo.- bloccai Leorio, lanciandogli un occhiata eloquente. -Tocca a me parlargli. Per favore.- lo pregai. 
Lui acconsentì, il dubbio che aleggiava comunque nel suo sguardo. 
E così mi lanciai all'inseguimento di Kurapika, pregando che non commettesse un'altra delle sue pazzie. 



 

Buon pomeriggio a tutti!
Prima che iniziate ad alzare i forconi, voglio scusarmi tantissimo per il ritardo mostruoso con cui pubblico questo capitolo. E' passato davvero molto tempo, e vi chiedo davvero scusa. Sono successe talmente tante cose che mi hanno scombussolata che non basterebbe una giornata intera per raccontarle. Mi dispiace seriamente, e vi chiedo scusa con tutto il cuore. 

Bando alle ciance, passiamo al commento di questo capitolo. 
Sono successe un sacco di cose, tutte talmente forti che non so davvero dove cominciare. 
Partiamo in ordine alfabetico. 
Asuka.
E' uno strazio farle passare tutti questi dolori; mi sento un mostro a gettare su di lei tutto questo dolore. Forse qualcuno potrebbe trovare esagerato il suo modo di reagire. Ma, come forse qualcuno ha capito, ciò che vede va ad annientare la sua più inconscia speranza di felicità. Musoda la conosce, sa ciò potrebbe distruggerla; ha sfruttato ancora una volta questo legame per ferirla, distruggerla. 
Ma non abbiatecela con lui. Se Musoda si comporta così c'è una spiegazione, che al momento rimane bloccata nella mia (contorta) mente, ma che prometto vi spiegherò più avanti.
Sembra non esserci nessuna speranza per questi due poveri disgraziati di cominciare una relazione stabile. Ma non vi preccupate. Tempo al tempo e vedrete che le cose si risistemeranno. 
Kurapika. 
Quanto sono stata male in queste settimane pensando a cosa gli avrei dovuto far passare. Il dolore e la chiusura di Asuka si riflettono inevitabilmente anche su di lui; come potrebbe essere altrimenti? E per quanto sia inevitabile, tutto questo sarà necessario per la sua crescita. 
Caren e Leorio (*hanno forse cambiato l'alfabeto*)
Non avrei mai lasciato che Leorio la colpisse; e non dobbiamo nemmeno fargliene una colpa, perchè se non ci fosse statao Kurapika non l'avrebbe comunque colpita. Si sarebbe sicuramente fermato in tempo. 
Ho scelto di scrivere questa scena perchè volevo rendere Leorio umano; nei suoi pregi e nei suoi difetti, nelle cose giuste e negli sbagli. 
E credo che Caren questo lo abbia capito, e lo abbia ampiamente perdonato. Lei è saggia, e ha capito. 
Amo sempre di più questo personaggio, così come amo sempre di più i due piccoli del gruppo. Li ho sempre ritenuti estremamente maturi per la loro età ( anche se comunque a volte la loro natura da bambini esce fuori); in questo capitolo volevo mettere in luce questo aspetto, cercando di renderlo al meglio. 
Da adesso in poi mi darò una regolata, e cercherò il meglio possibile di organizzare tutti gli impegni tra casa e scuola. 

Vi ringrazio davvero per la pazienza che avete avuto; soprattutto a coloro che aspettano il mio commento alle recensioni da un'po. 
Provvederò il prima possibile. 
Vi ringrazio davvero tanto e mi scuso ancora immensamente. Grazie a coloro che hanno speso del tempo per leggere questo capitolo, a coloro che mi seguono e che mi hanno sempre sostenuta. 
Un grosso abbraccio.
A presto! 
La vostra Koralblu
   
 
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