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Autore: Blablia87    14/10/2016    5 recensioni
Non sempre è indispensabile che la nave sopravviva alla tempesta, per poter arrivare a riva.
Genere: Introspettivo, Malinconico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: John Watson, Sherlock Holmes
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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Sherlock se ne rende conto un tardo pomeriggio di marzo, le ombre di una pioggia leggera ad inseguirsi sul pavimento di Baker Street e John seduto di fronte a lui, una tazza di the caldo stretta tra le dita.

La consapevolezza è così forte da lasciarlo senza fiato, una nota stonata in bilico tra le corde del violino ed il suo petto.
 

Non potrei più vivere, senza di lui.”

 
La voce nella sua mente lo sussurra delicatamente, posandogli la verità tra le ciglia come una carezza, ma Sherlock reagisce con terrore. Improvvisamente percepisce il suo intero essere scivolargli tra le dita e sente, sa, che se toccherà il pavimento andrà in frantumi, i pezzi di vetro dell’anima che non credeva di avere aperti come la coda di un pavone di cristallo.

Ridicoli.

Inutili.

In silenzio - i movimenti impacciati - si alza, posando lo strumento su la poltrona.

John segue i suoi passi instabili attraverso la stanza con sguardo preoccupato, sollevando un sopracciglio.

«Sherlock…?» Prova a richiamare la sua attenzione, il tono di voce leggermente allarmato, mentre l’altro cerca febbrilmente il proprio cappotto attraverso il velo che gli copre gli occhi, rendendo opachi oggetti e pensieri.

«Ho bisogno di pensare» balbetta il detective, la gola stretta ed i polmoni in fiamme. «Non aspettarmi alzato.»
 

 
Quando arriva in strada le voci di Baker Street si stanno già spengendo, cedendo il passo alle luci dei lampioni che invece, pigre, si accendono una dopo l’altra ai bordi dei marciapiedi.

Sherlock combatte l’intinto di voltarsi verso le finestre dell’appartamento e - le mani affondate nelle tasche del cappotto - china la testa per ripararsi dalle gocce che cercano di farsi largo tra i suoi capelli, fino al viso.

Muove i primi passi senza avere un’idea chiara di dove andare, la paura che John possa seguirlo come unico motore. Sente il cuore riempirgli le orecchie, scardinargli il petto. E non riesce a capire.

Abbacinato - gli occhi socchiusi ed una mano stretta attorno al bavero per aiutarsi a proteggersi dal vento - svolta nella prima traversa, lasciandosi andare contro il muro di mattoni chiari e ruvidi del vicolo.

«Devo…» Tenta di riflettere, le parole che appaiono incerte mentre emergono a fatica dai flutti dei suoi pensieri caotici.

“Stai imbarcando acqua, Sherlock.” La voce di suo fratello, pacata e vagamente divertita, giunge alla sua coscienza con la risacca. “Devi riprendere il controllo, o la nave andrà alla deriva e poi, inesorabilmente, a picco.”

Il detective annuisce, sentendosi ridicolo nella sua paura. Impotente.

«Riprendere il controllo.» Sillaba, senza riuscire a capire davvero come poter fare.

Chiude gli occhi, aggirandosi per il proprio palazzo mentale in cerca di un modo, un rimedio razionale a quello che – ora se ne rende conto - non è altro che un problema e che, come tale, deve possedere una chiave adatta e specifica atta alla sua risoluzione.

“È l’approccio sbagliato.” Lo avverte Mycroft, pigramente. “La stiva è piena. Se vuoi rimanere a galla devi…”


«Devo fare uscire l’acqua…» si risponde e, per un attimo, in lui tutto tace.
 

“Bene, d’accordo…” si fa coraggio, deglutendo a fatica aria e pioggia. Stringe con più forza le palpebre, cercando di mettere a fuoco l’immagine di John. Si concentra sui dettagli del suo viso, sui movimenti delle sue dita attorno ad una tazza di the caldo. Vede se stesso, immobile sulla poltrona, il violino poggiato contro il petto e le dita a correre distratte sulle corde.

«John…?» Lo chiama, nel Mind Palace come nella realtà, a fior di labbra.

Il medico alza la testa, lo osserva, sorride.

Sherlock, di nuovo, prova l’istinto di fuggire. Ma non può: l’acqua bagna il viso di entrambi, adesso. Sta piovendo sopra di loro, attorno a loro, dentro di loro, ed il salotto sarà presto sommerso.

«John.» Riprova, e sente le corde entrare nella pelle mentre stringe con forza la tastiera di legno dello strumento.

«Io so che…»

Il medico si fa serio, gli occhi fissi nei suoi, ed il blu delle iridi diviene più chiaro.

«Io lo so che non potrà mai esserci futuro, per noi.» Tossisce Sherlock, e il mare ora è sotto le sue ciglia. «Lo so.» Si sforza di spingere le parole fuori dalla gola, nella sua mente come nel vicolo. Non gli importa di quanto vulnerabile possa apparire, vuole solo che il suo autocontrollo riemerga dal fondo, una volta terminato quel momento, una volta fatta uscire l’ultima goccia del suo amore che lo chiama verso il fondo delle sue paure.

«Ma vorrei che tu sapessi… è importante, per me, che tu sappia…» si corregge, inciampando nei sentimenti, ferendosi con le emozioni «che tu hai cambiato la mia vita, il mio scopo.»

La voce si fa più ferma, ed il respiro più regolare.

«E che io ti conosco… riconosco i tuoi passi, i tuoi movimenti, il tuo odore. E non mi vergogno ad ammettere di averti guardato dormire, e di aver desiderato di potermi sdraiare al tuo fianco. E…» Sherlock stringe i pugni, affonda le unghie nei palmi. «Non mi vergogno ad ammettere di voler passare il resto della mia vita con te…» Sherlock ispira, le lacrime a danzare sul suo viso assieme alla pioggia. «Ma ho paura.» Si blocca, la verità tra le dita serrate.

«Ho paura di te. E della persona che riesci a farmi essere.»

John socchiude le labbra, ma il detective non gli dà tempo di reagire: spalanca gli occhi e Baker Street scompare, lasciando il posto ad un vicolo umido.

Sospira.

La nave è salva, la stiva nuovamente vuota di fardelli pericolosi.

Le zavorre della sua umanità riposano tra le rocce del fondale dell’Io più profondo, al sicuro.
 


«Sherlock…?» La voce di John suona così lontana che il detective scuote la testa, come se quell’eco fosse quanto rimane al risveglio di un sogno particolarmente ostinato.

Solo quando la mano dell’altro lo sfiora, capisce di non essere più solo.
 

Rimane a fissarlo per qualche secondo, la consapevolezza che abbia sentito ogni parola che si fa sempre più largo nel suo petto, specchio incrinato di quanto vede prendere forma tra i lineamenti del volto del medico.

Inchiodato al suolo, le spalle premute contro il muro e il respiro che si spenge nello sguardo perso di John, Sherlock china la testa, sconfitto.

Non è servito scappare.

Alla fine è comunque finito in pezzi, schegge di legno della chiglia della persona che credeva di essere tra loro, a riempire il silenzio.
 

Solo qualche attimo dopo, Sherlock realizza con stupore che non è indispensabile che la nave sopravviva alla tempesta, per poter arrivare a riva.
 

E mentre il mare si richiude sopra di loro, scopre di non temere più nemmeno l’oceano più profondo nel quale si sente sprofondare: per sopravvivere, per riuscire a respirare, basta che le sue labbra siano posate su quelle di John.
 


 
Angolo dell’autrice:

attimo di follia al termine di quattro giorni in quel di Marsiglia all’insegna della sfortuna più nera. ^_^’

Se la rete internet dell’albergo dovesse abbandonarmi a metà del caricamento di questa OS, non potrebbe che essere il giusto coronamento a questo primo viaggio! XD

Diciamo che, alla fine, abbiamo trovato una bella casa grande dove passare i prossimi dodici mesi. Tra il nostro arrivo e questo (sudatissimo!) traguardo di tutto e di più, compresa l’agenzia immobiliare che vende dopo 24h il primo appartamento che avevamo trovato (e amavamo alla follia) ed io che mi lusso (lievemente, per fortuna!) la mandibola in terra straniera e vivo quindi di budini da un paio di giorni, in attesa di poter tornare a Roma. XD

Giunta al termine di cotante gioie, mi sono detta: "provo a scrivere, magari mi rincuoro un po’…" Spero solo che il risultato abbia un qualche senso, dato che non è mia prassi abituale comporre qualcosa tramite cellulare e non aver quindi modo di rimaneggiare e correggere adeguatamente prima di pubblicare.
Insomma, in caso sia terribile, abbiate pazienza: rimedierò non appena a casa, a manovra di Nelaton compiuta. XD

Grazie, come sempre, a chiunque abbia letto fin qui.
Un abbraccio marsigliese!
B.
   
 
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